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Classificazione delle ADR in base alla loro natura

Nel 1958 fu proposta a livello internazionale, da parte di Wajne, una prima suddivisione delle ADR che distinse gli eventi avversi da farmaci in prevedibili e non prevedibili [Wajne EJ, 1958]. Nel 1973 Levine distinse le reazioni avverse in dose dipendenti e indipendenti, suddividendole inoltre in acute, sub acute e croniche [Levine RR, 1973]. In seguito Wade e Beeley ampliarono la distinzione inserendo anche gli effetti teratogeni [Wade OL, Beeley L, 1976]. Le ADR vennero in seguito classificate da Rawlins e Thompson in reazioni di tipo A (dose dipendenti e prevedibili) e di tipo B (dose indipendenti e imprevedibili) [Rawlins MD, 1981].

Una classificazione più recente, che riprende e amplia quella di Rawlins ed è oggi internazionalmente adottata, è quella proposta da Aronson ed Edwards, che suddivide le reazioni avverse in sei gruppi, come di seguito riportato [Edwards IR et al, 2000]. La classificazione è basata sia sul meccanismo sia su altri elementi distintivi e utilizza, come quella proposta da Rawlins e Thompson, la prima lettera della parola inglese che maggiormente caratterizza quel particolare tipo di reazione. Effetti collaterali e tossici (distinzione sottile e non sempre appropriata) vengono inclusi da Edwards Aronson nelle ADR sia di tipo A sia di tipo C e D, le reazioni allergiche e farmacogenetiche nel tipo B, la farmacodipendenza nel tipo E.

Di particolare rilievo è l’inclusione tra le ADR del fallimento terapeutico inatteso. Non sempre le terapie farmacologiche sono efficaci, soprattutto esiste una ben nota variabilità individuale di risposta ai farmaci alla base di molti fallimenti terapeutici. Pertanto non è sorprendente, per esempio, che un paziente iperteso non risponda a un determinato antipertensivo o che una terapia antitumorale non abbia successo. Al contrario per certi farmaci, efficaci nella stragrande maggioranza dei pazienti, un fallimento terapeutico è inaspettato, per esempio avvertire dolore dopo la somministrazione di un anestetico o rimanere incinta pur assumendo contraccettivi orali. Considerare come ADR questi insuccessi inaspettati significa segnalarli, studiarli e quando possibile individuarne le cause sottostanti.

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Reazioni avverse di tipo A (Augmented)

Sono le più frequenti (dal 25 al 40% dei pazienti, fino al 100% nel caso di antineoplastici) e vengono anche definite dall’OMS effetti collaterali. Sono comuni, dose dipendenti (più frequenti e gravi con dosi più elevate), in gran parte prevedibili e talvolta evitabili utilizzando dosaggi più bassi per il singolo paziente. Possono rappresentare un eccesso dell’azione farmacologica principale (per esempio cefalea da nitroderivati, secchezza delle fauci da antimuscarinici, eccetera) o di un’attività farmacologica secondaria (come diarrea da penicilline o stitichezza da morfina). Hanno incidenza e morbilità elevate, ma raramente mettono in pericolo la vita del paziente. Una volta che siano note e inserite nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP), tali ADR sono di minore importanza nell’ambito della farmacovigilanza, pur rappresentando la stragrande maggioranza delle ADR gravi. La maggioranza delle ADR di tipo A si potrebbe prevenire riducendo così i rischi per i pazienti e i costi sanitari per la società. Tali reazioni possono, di norma, essere riprodotte sperimentalmente e vengono spesso rilevate prima della commercializzazione del farmaco. La dispepsia da farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) è un esempio di reazione avversa di tipo A.

Reazioni avverse di tipo B (Bizzarre)

Sono spesso di natura allergica o idiosincrasica, insorgono solo in una minoranza di pazienti e sono di norma inaspettate e imprevedibili. Sono di solito gravi, hanno scarsa o nessuna relazione con la dose, sono indipendenti dall’azione farmacologica e, per diverse ragioni, sono difficili da identificare, soprattutto prima della commercializzazione del farmaco. Nelle reazioni di tipo B le ragioni che inducono a sospettare il farmaco quale causa del danno sono soprattutto la relazione temporale e la bassa frequenza dell’evento osservato.

Alcune reazioni riconoscono una base immunologica e vanno dal rash cutaneo all’anafilassi, dalle vasculiti all’anemia emolitica. Tranne quella da ipersensibilità immediata (anafilassi), tali reazioni compaiono in genere dopo almeno cinque giorni dall’inizio del trattamento; non vi è però un limite temporale massimo e la maggior parte di esse insorge entro dodici settimane. I pazienti hanno condizioni

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predisponenti, non sempre identificabili, e una corretta anamnesi farmacologica può consentire di identificare i soggetti allergici. Altre reazioni riconoscono una predisposizione in un errore congenito del metabolismo o in una deficienza acquisita di un certo enzima, con conseguente anomala via metabolica o accumulo di metaboliti tossici (per esempio epatite da isoniazide). Queste reazioni vengono anche definite di tipo farmacogenetico e sono uno dei campi di ricerca più interessanti nell’ambito della farmacologia. A oggi sono ancora pochi i test messi a punto per identificare i pazienti portatori di modifiche genetiche che possono influenzare la risposta ai farmaci, si può citare come esempio di test entrato nella pratica clinica quello per l’identificazione di pazienti ipersensibili all’abacavir.

Reazioni avverse di tipo C (Chronic)

I farmaci, specialmente quando assunti per periodi di tempo molto prolungati, possono indurre nuove malattie o aumentare l’incidenza di quelle verso le quali esiste già una predisposizione individuale (per esempio l’aumento di incidenza di tumori della mammella o di complicazioni tromboemboliche indotte da contraccettivi orali). Prendere in considerazione il decorso temporale della relazione farmaco/evento avverso in singoli individui ha permesso di individuare l’associazione tra alotano ed epatite e di distinguere ADR simili tra loro, come le due forme di trombocitopenia da eparina, le due forme di anemia da cloramfenicolo, nonché le reazioni di fotoallergia e fotosensibilità.

L’insorgenza tardiva della malattia, tuttavia, può rendere difficile riconoscerla come una patologia farmaco-correlata; inoltre, la coincidenza e la causalità possono talora essere difficili da dimostrare. La relazione temporale non è talvolta di nessun aiuto, così che può risultare impossibile provare o respingere il nesso di causalità.

Se poi il farmaco è ampiamente utilizzato e il numero assoluto di pazienti affetti dalla patologia sospettata come reazione avversa è elevato, la frazione aggiuntiva di incidenza di malattia indotta dal farmaco potrebbe essere troppo piccola per permettere di dimostrare (o respingere) il nesso di causalità. La valutazione a lungo termine dei benefici e dei danni causati dal trattamento delle malattie croniche richiede tempo e creazione di banche dati di morbilità e farmacoutilizzazione.

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Reazioni avverse di tipo D (Delayed)

Si tratta di ADR a insorgenza tardiva, poco frequenti. Poiché insorgono a distanza di tempo, non è possibile osservarle nelle fasi della sperimentazione pre marketing e non è facile riconoscerne l’origine farmacologica. Questi effetti ritardati si possono verificare anche nei figli dei pazienti trattati, come nel caso del dietilstilbestrolo che ha causato carcinomi vaginali nelle figlie di donne che in gravidanza hanno assunto questo farmaco.

Reazioni avverse di tipo E (End of use)

Sono reazioni, poco frequenti causate da sospensione dell’assunzione di un determinato farmaco.

In generale si verificano quando:

• la sospensione del trattamento è brusca;

• il trattamento con il farmaco è stato sufficientemente protratto nel tempo da determinare meccanismi di dipendenza fisica;

• l’emivita del farmaco sospettato è sufficientemente breve.

Alcuni esempi la sindrome d’astinenza da oppioidi e l’ischemia miocardica da sospensione di betabloccanti.

Quando questo tipo di ADR è noto, il medico dovrebbe sempre informare il paziente che la terapia non va mai interrotta bruscamente, spiegargli quali possono essere i sintomi del rebound e cosa fare di fronte alla loro insorgenza (riassunzione del farmaco a dose ridotta, sostituzione con un altro farmaco, eccetera).

Reazioni avverse di tipo F (Failure)

Non si tratta di vere e proprie reazioni avverse da farmaci in quanto comprendono gli inaspettati fallimenti di una terapia farmacologica. Aronson ed Edwards hanno voluto creare questa categoria in quanto l’inaspettato fallimento è spesso legato a fattori che è importante conoscere e indagare. Le più frequenti cause di inaspettato insuccesso terapeutico di un farmaco sono le interazioni tra farmaci, gli errori nel

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processo di produzione di un lotto di farmaco, i polimorfismi genetici influenzanti la farmacocinetica o la farmacodinamica e di conseguenza la risposta farmacologica.

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