B. Nell'ipotesi di sopravvenuta compresenza nello stesso campionato di due o più società oggetto della comunicazione di cui alla lett. A), la FIGC assegna ai soggetti
III. 1. Cenni introduttivi e disciplina applicabile alle cooperative
Si è rilevato come lo schema dell’azionariato popolare sportivo in senso stretto - rintracciabile esattamente solo nell’esempio spagnolo - possa trovare una corrispondenza - nel ventaglio delle possibilità offerte dal diritto italiano - nel modello della società cooperativa. Forma societaria, tale ultima, i cui elementi caratterizzanti sono il perseguimento dello scopo mutualistico, la variabilità del capitale e della relativa compagine e il principio democratico “una testa un voto”.
Una disamina dello stesso, allora, consente di definire i possibili futuri scenari per l’azionariato popolare sportivo nel nostro Paese.
Come visto, il dato fattuale e l’analisi empirica evidenziano come lo schema tipico della società di capitali - sia essa con capitale rappresentato da azioni piuttosto che da quote - non rappresenti l’archetipo primario al fine di dare enfasi ai principi insisti nell’azionariato popolare. La regola capitalistica sottesa alle regole di circolazione del capitale delle stesse ed alle discipline che prevedono la possibilità di incidere sulla gestione sociale delle stesse proporzionalmente al capitale posseduto, infatti, costituiscono un limite ai principi di rappresentatività perpetrati dall’azionariato popolare.
Ciò anche ove lo schema della società di capitali venga ad esser dilatato secondo declinazioni che parrebbero valorizzare il ruolo del soggetto di minoranza, quali la partecipazione dei dipendenti alla gestione sociale, diretta (dipendente azionista per dipendente azionista) o mediata (tramite comitati dei lavoratori) o più ancora in caso di diffusione dei titoli azionari tra un numero considerevole ed eterogeneo di soci. Anche in tale ultimo caso, infatti, ed anche nel caso in cui il socio di maggioranza relativa detenga una percentuale di voti non marginale, l’influenza sulla gestione di tale ultimo è di contro assorbente e totalizzante.
72 Di fatto, il limite scolastico che traccia la distinzione tra modello partecipativo e schema archetipo di società capitali è dato proprio dalla regola capitalistica insista in tale ultimo, scolpita nell’art. 2368 cod. civ78
e nell’art. 2479 cod. civ.79
Limiti, tali ultimi, che appaiono insormontabili anche qualora resi spuri per il tramite di ipotetiche applicazioni delle facoltà di cui, ad esempio, al secondo comma dell’art. 2351 del cod. civ., ovverosia prevedendo la creazione di azioni senza diritto di voto da attribuire, evidentemente, al socio di maggioranza (nel caso cui si verte, socio investitore), sì da rendere effettiva l’influenza dei soci di minoranza (soci tifosi). Una tale previsione, difatti, potrebbe costituire un’eccezione per stravolgere la regola, ma non costituisce la soluzione per favorire la partecipazione dei tifosi nella gestione del Club.
Di contro, l’esperienza corporativa permette e ha permesso di enfatizzare i principi di democraticità interna alle società.
Nel sistema giuridico italiano gli enti associativi (e, dunque, non solo le società) che perseguono uno scopo mutualistico trovano un riconoscimento addirittura a livello costituzionale, nella misura in cui l’art. 45 della Costituzione sancisce che «la
Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata», demandando altresì alla legge di promuoverne e
favorirne l’incremento.
Venendo alle fonti primarie e con specifico riferimento agli enti mutualistici costituiti in forma societaria, la disciplina cui fare riferimento è soprattutto quella contenuta nel codice civile agli artt. da 2511 a 2545, completata da una pluralità di leggi speciali finalizzate a favorire particolari e specifiche manifestazioni del fenomeno cooperativo definendo, ad esempio, gli elementi necessari dello statuto di cooperative operanti in determinati settori.
L’insieme delle leggi speciali che si sono affiancate alla disciplina codicistica - che hanno la finalità, tra l'altro, di limitare l’abuso dello strumento cooperativo potenzialmente derivante dagli incentivi e dalle agevolazioni fiscali80 ed amministrativi
78 In particolare ove coordinato con gli artt. gli artt. 2346, 2348 e 2351 del cod. civ..
79
Si richiama ovviamente anche la disposizione contenuta nell’art. 2468 del cod. civ.: «Salvo quanto
disposto dal terzo comma del presente articolo, i diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduta». Interessante, per altro verso, la disamina sulle ipotesi di
controllo su società cooperative: in M.LAMANDINI, Il controllo, Giuffrè, Milano, 1995, 142-150.
80
La Corte di Giustizia UE, Sez. I, Ministero dell’Economia e delle Finanze ed altri c. Paint Graphos
Soc. coop. a r.l. ed altri, 8 settembre 2011, ha di recente ribadito che la diversa situazione fattuale e
giuridica delle cooperative rispetto alle altre società può giustificare il diverso trattamento delle due forme societarie secondo il diritto tributario italiano. A commento di tale pronuncia si veda V. CONTARINO,
73 - è alla base, secondo alcuni, di un sistema “articolato, complesso e disordinato”.81 Nel contesto descritto è intervenuta la riforma societaria del 2003, che lascia nella sostanza inalterata la disciplina contenuta nelle leggi speciali, apportando viceversa rilevanti modifiche alla disciplina generale del codice civile cui si è appena fatto cenno.82
Appare di fondamentale importanza, in via di premessa, fare riferimento al richiamo contenuto nell'art. 2519 cod. civ. a norma del quale, salve eccezioni, alle società cooperative si applicheranno le disposizioni in tema di società per azioni.83 Il secondo comma della medesima disposizione consente inoltre - per le società cooperative medie o piccole (con un numero di soci cooperatori inferiore a venti o con un attivo dello stato patrimoniale inferiore ad un milione di Euro) - che lo statuto preveda l'applicazione della disciplina sulle S.r.l.,84 la cui applicazione sarà invece obbligatoria per le cooperative con più di tre ma meno di nove soci (art. 2522, secondo comma cod. civ.).85
un'analisi del problema prima della citata pronuncia dei giudici comunitari, ID., Le nuove sfide della
cooperazione, in Le Società, 10/2010, 1213 ss.
81 G.F.CAMPOBASSO, Diritto Commerciale, 2. - Diritto delle società, Utet, Torino, 2012, 601.
82 Si veda, per i principali lineamenti della riforma del 2003 sulla disciplina delle società cooperative, con particolare riferimento alla distinzione tra cooperative a mutualità prevalente ed altre cooperative, A. BASSI, Profili generali della riforma delle cooperative, in P.ABBADESSA,G.B.PORTALE (a cura di), Il
Nuovo Diritto delle Società - Liber Amicorum Gian Franco Campobasso, IV, Utet, Torino, 2007, 565 ss.
Per una panoramica della disciplina antecedente alle menzionata riforma si rimanda, tra gli altri, a A. CECCHERINI, voce Società cooperative, in Enc. Dir., Agg., VI, Giuffrè, Milano, 2002, 1011 ss.
83
In argomento, all’indomani della riforma del 2003, A. ZOPPINI, Le società cooperative disciplinate
mediante il richiamo alle regole della società per azioni, in Riv. Coop., 3/2004, 19 ss. e, più diffusamente,
A.BARTALENA, sub 2519, in G.PRESTI (a cura di), Società cooperative, Commentario alla riforma della
società diretto da Marchetti - Bianchi - Ghezzi - Notari, Egea, Milano, 2006, 91 ss.
84
Si veda diffusamente, a questo proposito, A.A.DOLMETTA, Cooperative con «applicazione necessaria»
della (compatibile) disciplina delle s.p.a. ex art. 2519 c.c. e struttura delle partecipazioni sociali, in Riv. Soc., 2005, 187 ss. e 190 in particolare, ove si sottolineano le criticità connesse alla possibilità che lo
statuto di una cooperativa richiami in parte la disciplina delle S.p.A. ed in parte quella delle S.r.l. creando così “commistioni sempre più spinte […] sino alla costruzione di ibridi senza capo”.
85 Merita rilevare altresì come la riforma del 2003 abbia fatto venire meno del tutto la distinzione tra cooperative con soci a responsabilità limitata e quelle con soci a responsabilità illimitata, nella misura in cui l'attuale art. 2518 cod. civ. dispone che «per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il
suo patrimonio»: in argomento E.ROCCHI, sub 2518, in G.PRESTI (a cura di), Società cooperative, cit., 89 s.. A tale proposito si può inoltre rilevare come la sottoposizione di una cooperativa alla disciplina delle società per azioni o delle società a responsabilità limitata non implichi la creazione di due tipi societari diversi, tanto che la dottrina ritiene che il passaggio dal modello organizzativo delle S.p.A. a quello delle S.r.l. o viceversa non possa configurare una vera e propria trasformazione: in questo senso, tra gli altri, G.F. CAMPOBASSO, cit., 609 e, più approfonditamente, P. MARANO, Numero minimo di soci nella
cooperativa e applicazione della disciplina su S.p.A. o S.r.l., in P.ABBADESSA,G.B.PORTALE (a cura di),
cit., 753 ss. (754 in particolare per l'esposizione degli argomenti alla base della tesi che sostiene la non
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III.2 Lo scopo mutualistico: le cooperative a mutualità prevalente e le altre