2.1 Tra agricoltura tradizionale e agricoltura convenzionale
3.3 Il consorzio Niba
3.3.2 Il centro diurno per disabil
Nella bella stagione, i quindici ragazzi del centro diurno stanno in cortile, nello spazio adiacente al ristorante. Qualcuno gioca a calcetto, altri a palla, altri ancora fanno lavori con la carta. Non ho ancora visto educatori, così un giorno decido di entrare nella stanza della cooperativa ove un cartello indica «bussare!» sulla porta. Conosco Emanuela, un'educatrice, che mi accoglie e risponde alle mie domande. Chiedo alcune informazioni sulla cooperativa, qual'è il suo ruolo all'interno della cascina Nibai e se vi sono elementi riconducibili al tema dell'agricoltura sociale.
Emanuela mi spiega che la presenza di Agorà in Nibai è storica e che, nel corso degli anni, le attività si sono trasformate. Per alcuni anni, qualche ragazzo era impiegato nell'attività di assemblaggio di materiale elettronico. Sono state fatte attività con gli animali, consistenti per esempio nel dargli da magiare, ma ora non vengono più svolte a causa di una normativa sanitaria. Tale norma indica come obbligatorie alcune regole, come quella di munirsi di tuta, che hanno reso impossibile la continuazione di tale attività. La disabilità delle persone è grave e la sola preparazione richiesta dalle norme prenderebbe troppo tempo, così è stato scelto di praticare altri laboratori. Raccolgo un altro punto di vista sul consorzio, infatti mi viene spiegato che farebbe da cornice burocratica per la gestione degli immobili della cascina. Emanuela risponde affermativamente alla mia domanda se i ragazzi hanno provato a coltivare un orto, ma questo non è andato a buon fine perché troppo faticoso per loro.
Parlo poi con il responsabile della cooperativa Agorà, Giuseppe, che mi spiega in modo più esteso come è organizzata la cooperativa (che ha altre due sedi). Anche Giuseppe lavora qui da tanti anni ma mi appare come una persona «slegata» dal luogo in cui si trova. Tento più volte di affacciarmi al tema dell'agricoltura ma non sembra esservi particolare sensibilità in questo senso, anzi, pensa che i prodotti biologici e della Nibai costino troppo (sic!). Da questi
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due incontri rimango soddisfatta per le informazioni ricevute ma piuttosto confusa. Mi chiedo come mai un centro diurno che si trova in un luogo così particolare come la cascina Nibai, in quanto ad attività portate avanti potrebbe trovarsi ovunque, anche in un centro città. Forse un po' ingenuamente, penso che le possibilità che vi sono non siano sfruttate.
3.3.3 Il ristorante
Negli ultimi mesi ho mangiato al ristorante di Nibai in varie occasioni. Quest'inverno il ristorante era aperto a pranzo ai soli lavoratori delle cooperative, così mi ci sono recata due volte per poter incontrare le persone (spesso sfuggenti e occupate) e per osservare cosa accade in un momento conviviale. Daniele, responsabile del ristorante, da questa primavera ha voluto aprire anche a persone esterne proponendo un menù per lavoratori. Inoltre, mi è capitato di partecipare ad alcune cene in Nibai organizzate dalla stessa cascina per alcune feste particolari o da un'associazione cernuschese85 che affitta la cucina. Per dare un'idea di come la rete di relazioni locali si intersechi, tra i più attivi nell'associazione vi è Daniele, uno dei tre soci della società Corbari.
Se non si conosce Nibai, è difficile rendersi conto dall'esterno che entro queste mura vi sia un consorzio e un ristorante poiché non vi sono cartelli contenenti indicazioni e si può solo intravedere ciò che si trova dentro. Il ristorante ha una parte di tavoli disposti in due sale interne e una parte nel cortile. L'ambiente è piuttosto accogliente e conserva le caratteristiche tradizionali della cascina.
Sono incuriosita dal funzionamento della cucina, così una mattina decido di affacciarmici e conosco i cuochi, Carlo e Stefano. Loro mi fanno entrare e con simpatia mi accolgono offrendomi una fetta di torta mentre stanno preparando sugo con salsicce per il pranzo. Mi spiegano che sono dipendenti (e non soci) del consorzio, ove vi lavorano rispettivamente da sette anni e un anno. Sono occupati
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Operazione Cachoeira de Pedras che si occupa di cooperazione con il Brasile. Organizzano almeno due cene all'anno in Nibai a cui partecipano circa 150 persone. Ad ogni evento vedo che vi sono quasi tutti i lavoratori della Corbari ma pochi della Nibai.
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sopratutto i fine settimana per eventi come i matrimoni. Carlo mi spiega che quella del ristorante è un'attività importante per la Nibai poiché è una delle principali fonti di entrata economica e permette di mantenere vivi i rapporti con soggetti esterni. In cucina lavorano anche altre due persone a tempo parziale e, saltuariamente, vi sono collaborazioni con le persone seguite dalle cooperative Nuovi Orizzonti e Agorà. Il loro impiego non è formalizzato ma si tratta di piccole proposte in giornate che richiedono più lavoro del solito. In tal caso, si chiede a Daniele una persona disponibile e capace di svolgere la tal mansione. Per farmi un esempio, parlano di Biagio le cui collaborazioni, da saltuarie, sono diventate permanenti. Chiedo loro se si trovano a contatto con le persone che vivono nell'appartamento sito in cascina e se si confrontino con gli operatori sociali di riferimento. Mi rispondono che il contatto con persone svantaggiate è quotidiano ma non vi sono scambi con gli operatori.
Carlo mi spiega ancora che l'abbinamento tra persona e mansione deve essere adatta. È necessaria la capacità di entrare in contatto con la clientela e di sostenere un ritmo di lavoro abbastanza frenetico. Da parte della persona vi deve essere poi la disponibilità e il desiderio di collaborare.
Dicevo che ho avuto occasione di pranzare in Nibai quando ancora il ristorante non era aperto all'esterno. Mi aspettavo di trovare una gran tavolata di lavoratori ma ne ho incontrati invece pochi (4-5 persone) che casualmente si erano trovati lì allo stesso momento. Mi spiegavano infatti che ognuno ha tempi differenti di lavoro e che se si incontrano, accade per caso. La conversazione è rivolta sopratutto a temi organizzativi riguardanti la cascina. Un giorno incrocio Marcello (vedi par. sopra) che sta finendo il suo pranzo in disparte rispetto a tre responsabili. Ha uno sguardo molto serio e accenna solo un saluto verso di me quando si alza per andarsene. Mi sembra di vedere un'altra persona rispetto alla giornata che ho condiviso con lui e Biagio. Lo incontro poi nei giorni seguenti e mi dice di essere parecchio giù di morale a causa della situazione abitativa “sempre più pesante”.
L'idea che mi faccio dopo la chiacchierata con i cuochi e la partecipazione ad alcuni pranzi e cene, alimenta la mia ipotesi rispetto ad una grande presenza di risorse mal utilizzate. Le sensazioni che mi comunicano i lavoratori di Nibai
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(che inevitabilmente metto un po' a confronto con l'esperienza in Corbari) tendono alla preoccupazione, alla precarietà e alla sfiducia.