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2.1 Tra agricoltura tradizionale e agricoltura convenzionale

2.2 Lavoro sociale e nuovi bisogn

3.1.1 Il Rosmarino e il Fiorrancino

Quando ancora mi trovavo a Venezia (prima di ritrasferirmi in provincia di Milano) ho iniziato a cercare delle aziende agricole/cooperative sociali vicine che fossero legate all'agricoltura sociale. Il canale di ricerca più immediato era internet. Tramite il Forum Nazionale dell'Agricoltura Sociale, ho trovato un'azienda agricola a Marcon, a pochi chilometri da Venezia. Dopo aver letto informazioni dettagliate sui progetti sociali nel sito web dell'azienda, ho telefonato e chiesto di poterla visitare. Il Rosmarino, questo il suo nome, ha una vocazione sociale sviluppatasi dalla sensibilità della famiglia che la gestisce (mi verrà esplicitamente dichiarata anche la vocazione cattolica dei proprietari). Nel Rosmarino si coltivano e si allevano animali, vi è un punto vendita e nel terreno dell'azienda si trova anche la casa dei proprietari. Vi lavorano circa 10 persone e vengono ospitati ragazzi tramite il Wwoof66.

Quando arrivo presso il Rosmarino, vi è ad accogliermi il responsabile che parlando con me, mostra una conoscenza approfondita, teorica e pratica, per quanto riguarda il lavoro sociale. Mi spiega che sono state inserite in azienda persone con svantaggi di diverso tipo (ex-detenuti, persone con dipendenza, persone con disabilità) ma, per problemi di riorganizzazione, al momento vi è rimasta solo una persona con lieve disabilità mentale. Al termine della chiacchierata, mi propone di fermarmi a pranzo da loro per conoscerci meglio in un momento di convivialità. Io accetto e mi rendo disponibile a dare una mano nei lavori dell'azienda. Così mi ritrovo ad affiancare una ragazza tedesca, una wwoofer per l'appunto, con la quale trascorro il resto della mattinata e il pomeriggio. Resto stupita del fatto che sia difficile restare occupati. Ci troviamo infatti a dover rincorrere le persone per chiedere di continuo «cosa possiamo fare?». La ragazza mi confida che la situazione è così da quando lei è lì e che a suo parere la mancanza di organizzazione deriva dai disaccordi che ci sono tra i due responsabili dell'azienda.

Al termine della giornata prendo un passaggio in auto da due operai agricoli e anche questa si rivela una buona occasione per raccogliere informazioni. Mi

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dicono che ciò che vi è di più bello nel loro lavoro è il clima relazionale tra le persone. José (venezuelano) mi dice inoltre che per il lavoro in azienda ha lasciato un posto da commesso in un grande magazzino. È contento perché ora può stare all'aria aperta e non deve pensare solo a vendere. Anche se adesso ha più responsabilità in quanto parte di un gruppo, è più tranquillo e soddisfatto. Critica il consumismo e i lavori alienanti come quello che svolgeva lui in passato. Mentre siamo per strada, mi indica il terreno di un'azienda agricola di cui conosce il giovane proprietario. Non lo so ancora, ma sarà la prossima azienda che visiterò.

In questa prima giornata emergono tanti spunti per la mia tesi sia sul piano metodologico, sia sul tema centrale dell'agricoltura sociale.

Comprendo che per avviare progetti di agricoltura sociale è necessario che vi sia una certa sensibilità ai temi sociali, è necessario essere parte di una rete di soggetti (tra cui associazioni, servizi sociali e istituzioni, ecc.) che coniughino risorse ed esigenze per realizzare un progetto comune, è quindi fondamentale non essere soli ma avere supporto esterno all'azienda. Essenziale è una buona organizzazione e una conoscenza tecnica e teorica per strutturare e, sopratutto, portare avanti dei progetti.

Sul piano metodologico appare evidente che una semplice intervista al responsabile dell'azienda non avrebbe fatto emergere molti elementi. L'immagine che si tende a dare di un progetto è naturalmente positiva ma per cogliere gli aspetti negativi, che sono a mio parere i più interessanti perché stimolano al miglioramento e alla riflessione, è necessario cercare di assumere più punti di vista nell'osservazione. Perciò, un'osservazione distaccata non sarebbe sufficiente, ma tramite un'osservazione partecipante67 si può iniziare timidamente a comprendere. Sembra poco una giornata ma con questa esperienza e con altre successive mi sono resa conto di quanto invece ci si possa avvicinare alle persone anche in un tempo così apparentemente breve. Al termine di una giornata si ha condiviso qualcosa e si entra già a far parte di un gruppo. Certamente, tengo presente che in una giornata possono sfuggire molte cose e

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World-Wide Opportunities on Organic Farms è un'organizzazione che mette in contatto le fattorie biologiche con chi voglia, viaggiando, offrire il proprio aiuto in cambio di vitto e alloggio. 67 Si veda Semi G., L’osservazione partecipante. Una guida pratica, Il Mulino, Bologna 2010.

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se ne possono fraintendere altre. Lo scopo di queste visite è quello di individuare spunti pratici per poi focalizzarmi su un'esperienza in particolare e confrontare la pratica con la teoria dell'agricoltura sociale.

Attraverso il mercato di prodotti biologici che si tiene settimanalmente a Venezia, conosco Matteo, poco più di 30 anni, giovane imprenditore agricolo insieme alla sua ragazza Laura. Dopo aver chiesto loro se conoscono progetti di agricoltura sociale nella zona, essi stessi mi propongono di andare a visitare i loro campi perché, dopotutto, sono anche loro un po' «sociali». Capisco meglio perché, trascorrendo con loro una giornata. A lavorare i campi vi è Matteo, laureato in scienze forestali, la sua ragazza a tempo part-time poiché fa la maestra in un asilo nido, infine un terzo ragazzo che consegna a privati la verdura in bicicletta. Il Fiorrancino, insieme a un'azienda agricola vicina che visiterò successivamente, fornisce gas e vende nei mercati biologici della zona limitrofa a Venezia.

Nella seconda azienda agricola vi lavorano, oltre al proprietario, due ragazzi a tempo pieno e un ragazzo con disabilità mentale, per mezza giornata. Quest'ultimo è stato inserito da un servizio sociale che, attraverso la conoscenza diretta tra assistente sociale e imprenditore agricolo, ha proposto la collaborazione. Gli altri due giovani mi spiegano che hanno abbandonato le loro occupazioni precedenti perché incompatibili con il loro ideale di vita. Hanno iniziato a dedicarsi alla campagna con passione e ne sono contenti, anche se è richiesto molto sforzo fisico ed economicamente parlando, il guadagno è bassissimo. Oltre alla scelta di vita, emerge in maniera preponderante il riferimento ai valori ambientali. Per questi ragazzi, fare i contadini significa prendersi cura della terra e stare bene grazie ai rimandi di tale cura. Il senso del loro fare si contrappone, spiegano, alle numerose cementificazioni del territorio circostante che inquinano e creano danni ambientali.

Nel Fiorrancino vi è particolare vicinanza all'idea della multifunzionalità nell'agricoltura. Mi vengono infatti esposti due progetti, per ora solo ideali, a cui stanno pensando. Un progetto tenderebbe ad unire la risorsa della campagna con la professione di maestra di Laura, nella realizzazione di un agri-nido presso l'azienda. La seconda idea si aprirebbe verso l'esterno in una collaborazione con

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la Cooperativa sociale Il Villaggio Globale che si occupa, tra le altre cose, di supporto abitativo a richiedenti asilo. Presso una delle residenze per richiedenti asilo, vi sono dei terreni che dispongono di serre per la coltivazione. Il Fiorrancino vede in queste serre e nei ragazzi lì residenti una risorsa per entrambi. L'idea è mettere a disposizione supporto e competenza in agronomia, coinvolgendo alcuni ragazzi e utilizzando le serre. In tal modo l'azienda agricola si amplierebbe e i prodotti del lavoro dei ragazzi potrebbero essere venduti attraverso i canali dell'azienda. Sarebbe un'opportunità formativa e un possibile inserimento lavorativo per alcuni richiedenti asilo.

Dalla conoscenza di queste due realtà, emergono ancora nuovi spunti. La motivazione che spinge giovani ragazzi a intraprendere il lavoro di contadino è fortemente connotata dalla scelta di vita che si lega a valori ambientali e sociali di riferimento. Vale molto di più un «ritorno» non economico come la tutela del territorio o il clima lavorativo positivo. I problemi economici, come ho visto qui e come vedrò in altre aziende, sono sempre presenti. A questo proposito, mi viene da pensare che progetti di agricoltura sociale possano costituire una risorsa per le aziende agricole che hanno intenzione di sviluppare funzionalità diverse.

Al termine della giornata trascorsa con questi ragazzi mi porto a casa il loro entusiasmo, la loro voglia di aprirsi verso l'esterno e di connettersi ad altre esperienze. Mi chiedo se sia un caso che mi sia trovata bene con questi ragazzi. È forse dai giovani che si può pensare di partire per mettere in campo idee nuove? Attivare progetti di agricoltura sociale significa, nel caso di aziende già esistenti, la necessità di rinnovarsi, capacità che secondo la mia ipotesi i giovani possiedono maggiormente.

Dopo aver zappato mattina e pomeriggio tra le file di cavoli e cavolfiori, non mi sento stanca. Il giorno seguente, però, nonostante i consigli ricevuti sulla posizione da tenere per evitare di sforzare la schiena, il male arriva. Sperimento la durezza del lavoro, altro che paesaggi bucolici, quanta fatica, mi viene da pensare. Oltre a questo, inizio a capire che i risultati del lavoro agricolo non si vedono che nel lungo periodo. Alle giornate di lavoro manuale, il sole e la pioggia possono essere di aiuto o di ostacolo. Il rischio che non tutto ciò che si è seminato possa crescere ed essere raccolto è alto. Mi viene da pensare alla lentezza del

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lavoro agricolo come a una metafora che rappresenta un lento processo di guarigione personale. Una persona svantaggiata che svolge lavoro agricolo è allo stesso tempo sola e autonoma in ciò che fa, ma è anche accompagnata da altri nella condivisione dei successi e degli insuccessi.

Ho notato infine che per avviare progetti di agricoltura sociale riguardanti singole persone (è il caso degli inserimenti lavorativi) è sufficiente la conoscenza informale tra soggetti diversi come può essere quella tra contadino e assistente sociale. È quindi relativamente semplice attivare questo tipo di rapporto tra servizio sociale e azienda ove: il servizio attiva una semplice borsa lavoro, l'azienda accoglie la persona concordando modalità, tempi e funzioni con l'assistente sociale o l'educatore di riferimento. Invece, per progetti più complessi (come, nel caso del Fiorrancino, l'agri-nido e la collaborazione con una cooperativa sociale) è necessaria una progettualità maggiore e che i promotori dedichino tempo e reperiscano risorse per tale progettualità. Questo può apparire ovvio ma ci permette di riflettere sul potenziale che molte aziende agricole avrebbero se non fossero oberate di lavoro e di problemi economici che ne impediscono una riorganizzazione. L'ipotesi che ne consegue, è che se le istituzioni si facessero carico di essere promotori e attivatori di partecipazione, le risposte non mancherebbero68.

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