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Quando il quasi ventenne Cesare Baronio giunse a Roma nel 1557 non aveva grandi ambizioni.233 Rispondendo ad una lettera nella quale era severamente ripreso dal padre per la scarsa dedizione allo studio, il giovane tentava di confortare il padre assicurandogli che “quà non c'è otio di pensare a vagabondezze, ne pan soverchio di empirci il ventre, ma ci sono altri pensieri, altre faccende, et altre considerationi”.234 Di lì a qualche tempo fece uno degli incontri che avrebbe più inciso sulla sua vita e influenzato la sua maturazione come uomo di Chiesa e storico al servizio di essa, quello con Filippo Neri.235 Nel momento in cui avvenne l'incontro con Baronio, erano già in 233 Il giovane Cesare arrivava da Napoli, dove l'anno prima si era trasferito per studiare legge e da dove era venuto via a causa del timore di essere coinvolto nel conflitto in corso fra gli Asburgo di Spagna ed Enrico II. In mancanza di una moderna biografia di Baronio (lacuna che si auspica venga presto colmata) bisogna fare ancora riferimento a Generoso Calenzio, La vita e gli scritti del cardinale

Cesare Baronio della Congregazione dell'Oratorio Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, Roma,

Tipografia Vaticana, 1907; si veda anche la voce di Alberto Pincherle, “Cesare Baronio”, in DBI (abbr. In legenda), vol.6 (1964) (consultato on-line il 17/08/'16); sintetico ma ricco di osservazioni utili è Hubert Jedin, Kardinal Caesar Baronius: der Anfange der katholischen

Kirkengeschichttschreibung in 16. Jahrhundert, Münster, Aschendorff, 1978 (trad. ital. 1982); molto

spesso inesatto ed inaffidabile è Cyriac K. Pullapilly, Caesar Baronius. Counter-Reformation

historian, Notre Dame, London University of Notre Dame, 1975; non si può classificare come una

biografia ma il lavoro di Stefano Zen, Baronio storico: Controriforma e crisi del metodo umanistico, Napoli, Vivarium, 1994 è innovativo per impostazione e originale nei contributi. Fondamentali sono anche gli atti dei convegni che al cardinale sono stati dedicati. Baronio storico e la Controriforma. Atti del Convegno internazionale di studi, Sora 6-10 dicembre 1979, a cura di R. de Maio, L. Gulia, A. Mazzacane, Sora, Centro di studi sorani, 1982; Baronio e l'arte, Atti del convegno internazionale di studi, Sora 10-13 ottobre 1984, a cura di R. de Maio, A. Borromeo, L. Gulia, G. Lutz, A, Mazzacane, Sora, Centro studi sorani, 1985; Baronio e le sue fonti, Atti del convegno internazionale di studi, Sora 10-13 ottobre 2007, Sora, Centro di studi sorani, 2009; Cesare Baronio tra santità e

scrittura storica, a cura di G. A. Guazzelli, R. Michetti, F. Scorza Barcellona, Roma, Viella, 2012.

234 G. Calenzio, La vita cit., p.13 lettera dell'8 dicembre 1557.

235 L'ecclesiastico fiorentino poi fondatore dell'Oratorio, era giunto a Roma nel 1534 nelle vesti di precettore presso la famiglia Caccia, prima di una profonda esperienza mistica che la tradizione data al 1544. Filippo Neri è stato oggetto di numerose biografie di spiccato sapore agiografiche che nel corso dei secoli gli sono state dedicate, si vedano oggi Giorgio Papasoglio, Filippo Neri, un secolo, un

uomo, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2002; Francesco Danieli, San Filippo Neri. La nascita dell'Oratorio e lo sviluppo dell'arte cristiana al tempo della Riforma, Cinisello Balsamo, San Paolo,

2009; la voce nel DBI, “Filippo Neri” curata da Vittorio Frajese, vol.47 (1997) (consultat on-line in data 17/08/2016); sui primi decenni dell'Oratorio è fondamentale Antonio Cistellini, San Filippo Neri,

l'Oratorio e la Congregazione oratoriana, storia e spiritualità, 3 voll., Brescia, Morcelliana, 1989. A

cura dello stesso Cistellini è uscita anche la riedizione dei suoi scritti (San Filippo Neri. Gli scritti e le

corso presso l'ostello di San Girolamo della Carità le consuete riunioni in cui Filippo e i suoi discepoli discorrevano liberamente senza uno schema predefinito.236 Baronio entrò in contatto con i partecipanti alle riunioni dell'Oratorio grazie ad un conoscente conterraneo di Sora, Marco da Casalvero “il quale all'hora seguitava il Benedetto Padre, et ne diceva molto bene, lodandolo per santo”, e ne rimase profondamente colpito.237 L'incontro con Filippo Neri lo convinse a dedicarsi a opere di bene, lasciando per il momento gli studi giurisprudenziali su cui tanto aveva investito suo padre.238 Su indicazione di Neri però, oramai fidato punto di riferimento del giovane, non abbandonò del tutto gli studi, dividendosi quindi fra le riunioni dell'Oratorio, alle quali gli fu anche permesso di parlare benché ancora laico, la sua attività di precettore e le attività caritative.239 Baronio non aveva dunque avuto fino a quel momento una particolare propensione verso gli studi storici e filologici e, a conferma di ciò, quando Neri lo invitò a dedicarsi allo studio della storia ecclesiastica egli fu estremamente restio ad accettare. L'agiografia baroniana ha da sempre enfatizzato la provvidenziale intuizione di Neri nell'indirizzare il giovane verso questo percorso, conscio, primo fra tutti, del grave danno che sarebbe stato arrecato alla Chiesa dalla pubblicazione delle Centuriae. Generoso Calenzio ne offre un evidente esempio, quando scrive che Neri “prevede il gran danno che ne sarebbe venuto alla Chiesa di Dio, ed innanzi che sommi ingegni cattolici siano invitati o spinti a confutarle, egli non se ne sta in ozio, anzi è il primo ad

vita eremitica, “termine con cui occorre intendere non tanto una vita solitaria quanto piuttosto girovaga e priva di ufficio istituzionalmente definito” (V. Frajese, “Filippo Neri” cit., ).

236 Ivi. Gli incontri si tenevano in origine nella stanza di Filippo ma lo spazio arrivò a risultare insufficiente: nel 1554 il luogo degli incontri fu trasferito nel piano superiore e il locale prese il nome di “Oratorio”. Successivamente “per dare materia regolare alle conversazioni venne introdotto l'uso della lettura, soprattutto del quarto Vangelo e delle opere di J. de Gerson.”

237 G. Calenzio, La vita cit., p.15 cita dalle memorie di Baronio trascritte dal confratello Francesco Zazzara ( Memorie del P. Francesco Zazzara, pp.79-80).

238 Ibid., p.21. Quest'ultimo infatti, saputo della scelta, a suo avviso, scellerata del figlio, gli tolse il sussidio economico che regolarmente gli inviava così che Baronio fu costretto ad accettare il posto di precettore in casa Parravicini, luogo dove visse fino all'ordinazione sacerdotale avvenuta sette anni dopo.

239 Nel maggio del 1561 avrebbe conseguito la laurea in giurisprudenza. Così il giorno dopo (21 maggio) il conferimento del titolo Baronio scriveva al padre: ”Heri a sera per gratia del Signore compitte il mio debito, et ho satisfatto al vostro desiderio, e fu' addottorato in civile e in canonico; dove furono molti dottori, et scolari, e ci forno tutti questi scolari del paese, vi fu detto in loco il mastro di Casa di S. Fiore, et il R.do Monsignor Cirillo; et furno fatte le solite ceremonie con assai bel ordine, e Dio i dette gratia di portarne assai meglio, che forse altrui non pensava; laudato sia Dio: il privilegio si spedisce; è stata fatta una buona spesa in guanti: certo mi pare essermi levato un gran

peso dalle spalle, qual tanto mi teneva intricato, che poco posseva attendere alle mie devozioni ...”

opporvisi.”240 Ad alimentare questa versione dei fatti fu Baronio stesso, il quale in diverse occasioni presentò il fondatore degli Oratoriani come l'ispiratore delle sue fatiche storiografiche. All'inizio dell'ottavo tomo degli Annales edito nel 1599, lo storico inserì un esplicito ringraziamento a Neri, morto quattro anni prima, riconoscendo il suo spirito profetico nel vedere come “e portis inferis in Ecclesiae detrimentum progressas esse Centurias Satanae”, e dipingendo un'idealizzata immagine delle riunioni dell'Oratorio, dove tra le varie attività quotidiane, i suoi discepoli crescevano in pietà, carità e attaccamento alla Chiesa.241 Fu dunque merito della preveggenza di Neri l'aver affidato a Baronio la confutazione delle posizioni luterane?

Non è chiaro innanzitutto se Filippo ebbe notizia della pubblicazione del Catalogus nel 1556, visto che delle Centuriae non poteva essere al corrente dato che il primo volume uscì solamente l'anno seguente. Jedin ha prudentemente sostenuto che non si possa escludere a priori che Neri avesse notizia di quello che veniva pubblicato da Flacio a Basilea: vivendo a Roma accedere a questo genere di notizie poteva essere piuttosto agevole.242 Più precisamente è pensabile che il fiorentino percepisse il clima teso che si stava creando intorno al problema della storia ecclesiastica. Bisogna anche considerare che inserendo la storia fra i temi oggetto di discussione in Oratorio, Filippo le riconosceva un importante ruolo di edificazione: soffermarsi sulla concretezza delle testimonianze di martiri e santi del passato, anche attraverso l'esperienza diretta della visita delle catacombe, permetteva di considerare l'intera storia dell'intervento di Dio nelle vicende umane. Dunque si pongono due possibili motivazioni che indussero Neri a spingere Baronio a dedicarsi allo studio: una prettamente pastorale e un'altra legata alla necessità di confutare i protestanti. Guardando all'Oratorio della fine degli anni '50 si

240 Ibid., p.31.

241 Caesaris Baronii S.R.E. Presbyteri Cardinalis Tit. SS. Martyr. Nerei et Achillei, et Sanctae Sedis

Apostolicae Bibliothecarii, pro Annalibus Ecclesiasticis Beato Patri Philippo Nerio Congregationis Oratorii Fundatori Gratiarum Actio, in Annales Ecclesiastici, tomi I-XII, Editio postrema ab ipso aucta et recognita, Mainz, Sumptibus Ioannis Gymnici & Antonii Hierati Coloniensi, 1601 (I

ed.1599), tomus VIII, s.n.. Baronio defnisce Filippo anche come primo autore ed architetto degli

Annales (“Ita tamen, ut per orbem terrarum, quocumque iidem feruntur Annales, excurrat. Mobillis sit

ipsa atque vacalis sculpta columna, quae amplis notis ipsum praedicet Annalium primum auctorem et architectum.”).

242 Hubert Jedin, Il cardinale cit., p.22 “sarebbe perfettamente possibile che san Filippo avesse conosciuto il Catalogus quando diede al suo discepolo il mandato di tenere lezioni di storia della Chiesa.” Anche se non abbiamo testimonianze che ci diano assoluta certezza di questa supposizione.

sarebbe tentati di propendere più per la prima che per la seconda.243 Di recente è stato messo in luce il forte nesso nel contesto romano fra la lettura o l'ascolto di un brano di storia ecclesiastica e la possibilità che essa potesse suscitare nel lettore/ascoltatore un cambiamento interiore.244 Nel contesto oratoriano grande enfasi era messa sull'esempio storico come motore per una vita di maggiore santificazione: le orazioni che Baronio teneva davanti ai suoi confratelli avevano proprio questo scopo. Egli inizialmente si mostrò sorpreso e restio ad accettare l'invito rivoltogli, ritenendo anzi che questo non sarebbe stato di alcuna utilità per i confratelli.245 Ma Filippo insistette e il giovane dovette cedere.246 Le fonti dunque non confermano la profetica commissione di una risposta alle Centuriae, ma piuttosto un approccio alla storia intesa come potenziale elemento di formazione spirituale in un cristianesimo molto concreto come quello predicato e praticato da Filippo Neri. Rivelatore in questo senso fu anche l'atteggiamento, su cui si avrà modo di tornare, tenuto da quest'ultimo verso il suo discepolo una volta che questi iniziò a dedicarsi totalmente alla stesura e alla pubblicazione dei suoi Annales. Se la Vallicella verrà ricordata e celebrata per l'alta qualità dei lavori scientifici che dalla fine del Cinquecento vi verranno prodotti, ciò non rientrava pienamente negli intenti originari del suo fondatore, il quale aveva “una scarsa disponibilità ad accettare l'attività scientifica dei suoi figli come un impegno esclusivo, tale da giustificare la loro dispensa dal ministero pastorale.”247 Rimane il fatto che a 243 Anche Jedin sostiene che l'incarico dato da Filippo a Baronio avesse sostanzialmente un valore

pastorale-aplogetico (Ibid., pp.39-40).

244 Simon Ditchfield, “Baronio storico nel suo tempo”, in Baronio tra santità e scrittura storica cit., pp.3-22.

245 Antonio Gallonio, Vita beati Philippi Nerii, ad annum 1559 “Putabat nullam ex eo labore utilitatem capturos esse astantes”, cit., in G. Calenzio, La vita cit., p.33.

246 Può anche essere che nella scelta di Neri influirono le inquietudini spirituali che caratterizzarono Baronio nei primi anni in Oratorio, in modo da distoglierlo da queste e farlo concentrare su altre questioni. La tradizione vuole inoltre che Baronio, assolutamente contrario a dedicarsi alla storia ecclesiastica, ebbe un sogno nel quale si ritrovava a conversare con Onofrio Panvinio: Baronio incoraggiava l'agostiniano a proseguire nella sua opera storiografica ma costui sembrava non considerarlo, quando una voce rivolta al giovane sorano gli confermava che sarebbe stato lui a confutare i luterani sul piano storico. Sull'episodio si veda Ibid., pp.33-4.

247 Maria Teresa Bonadonna, “La cultura storica nella Congregazione dell'Oratorio”, in San Filippo Neri

nella realtà romana del XVI secolo, Atti del convegno di studio in occasione del IV centenario della

morte di san Filippo Neri (1565-1995), Roma 11-13 maggio 1995, a cura di Maria Teresa Bonadonna Russo e Niccolò del Re, Roma, Società della Biblioteca Vallicelliana, 2000, pp.69-88, 81. L'Autrice continua sostenendo che “avallare questa libertà, significava infatti per san Filippo esporre i suoi non solo al rischio di astrarsi pericolosamente della realtà circostante e quotidiana, isolandosi entro gli sterili confini di una scienza “ghiacciata”, ma anche a quello, ben più grave, di cedere alla mortale insidia della superbia, una volta che dai frutti del proprio ingegno gli autori avessero ricavato fama e

partire dal 1558 Baronio iniziò la narrazione della storia ecclesiastica fino ai giorni presenti, cosa che avrebbe ripetuto per ben sette volte fino alla vigilia della pubblicazione delle Notationes al Martirologio.248 Questi vent'anni che separarono Baronio dalla stampa del primo tomo degli Annales permisero al sorano di famigliarizzare con le fonti della storia ecclesiastica, ma non solo, e di sviluppare un metodo di analisi del documento e una teologia della storia che avrebbero informato l'intero suo lavoro, prima ancora di pensare alla confutazione delle posizioni luterane.249 Baronio ricevette l'ordinazione diaconale (5 aprile 1561) e, cosa che oramai non faceva da parecchi anni, si decise di tornare a nella natia Sora per un breve periodo. La situazione che trovò evidenziò ai suoi occhi le differenze fra Roma e le zone rurali. Se “in Roma et in altre città vicine, e nella Lombardia, è una compagnia d'huomini da bene, e spirituali, quali fanno questa professione d'insegnare la dottrina christiana”, non poté non constatare “le miserie della nostra diocesi, circa il culto divino; come non solo le pecore, ma gli pastori loro non sanno quel che conviene ad un Christiano. (…) Onde considerando io tal cosa, mi parse di cercar di provederci per questa via.”250 Il giovane diacono si spese perché migliorasse la catechesi, inviando da Roma “delle robbe, ciò è, 460 dottrine legate; undici dozzane di corone; dodici quinterni di santi.”251 Baronio quindi si trovava inserito in un contesto decisamente alieno rispetto a quello della nascente respublica literaria cinquecentesca e degli studi umanistici più in generale. Nel 1564, presso la consueta soffitta di San Girolamo, luogo di incontro dell'Oratorio, Baronio iniziò le sue omelie di argomento storico. La mancanza di documentazione non

prestigio urbano.”

248 G. Calenzio, La vita cit., p.232. La settima volta fu nel 1586.

249 Sono condivisibili a questo proposito le considerazioni di Maria Teresa Bonadonna Russo, “Baronio oratoriano”, in Memorie Oratoriane, XIV (1984), pp.23-41, 27 “La manifestazione più evidente del vincolo che unisce Baronio all'Oratorio è costituita dalla sua opera maggiore, i dodici volumi degli

Annales. L'influenza che ebbero sulla loro concezione i sermoni recitati all'Oratorio è notissima e

determinante, anche se, in realtà, nessuna testimonianza contemporanea accenna ad un diretto intervento di Filippo sulla compilazione dell'opera: lo stesso famoso sogno nel quale il Santo gliene conferiva esplicitamente l'incarico non compare nella prima deposizione baroniana [al processo di beatificazione di Padre Filippo], ma solo in quella, molto più tarda, del 1607. É quindi molto probabile che la spinta a scrivere non venisse al Baronio dal Neri, ma da altri, a cui lo stesso Baronio accenna non solo in alcune lettere private, ma anche pubblicamente, nella prefazione del tomo I, e che risulterebbero quindi i più sensibili interpreti dell'esigenza, in quel momento molto sentita nel mondo cattolico, di opporsi validamente all'opera critica dei Centuriatori magdeburgesi.”

250 G. Calenzio, La vita cit., p.72-3. Lettera di Baronio al padre che Calenzio data al 19/11/1563. 251 Ibid., p.74. Lettera di Baronio del 3/11/1563 ad un tale maestro Marco, inviato dallo stesso a Sora per

permette di conoscere il contenuto di questi sermoni e quindi le fonti sulle quali il giovane si era basato per raccogliere le informazioni necessarie. Erano gli anni nei quali l'iniziativa anti-magdeburgica era ancora solamente un vago auspicio e si può supporre che Baronio ne fosse piuttosto lontano, tenuto conto anche del fatto che erano studi che compiva per la prima volta in maniera così approfondita. C'era la necessità di imparare e di conoscere, ancor prima che rispondere e confutare.252