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Capitolo VII. Baronio e la Francia.

VII.I I contatti francesi e il ruolo politico.

Francia, il 25 luglio 1593, per Clemente VIII si poneva il serio problema della gestione di un caso politico scottante. Riammettere il sovrano francese nella Chiesa o mantenere la scomunica? In curia i due schieramenti sembravano non trovare un punto d'accordo. Lo stesso concistoro viveva un braccio di ferro fra i porporati spagnoli contrari all'assoluzione del Navarra e coloro che invocavano una linea più moderata e pragmatica. Interessi politico-miliari si intrecciavano con l'appello a precedenti storici e norme del diritto canonico: infatti Enrico rientrava nella particolare categoria dei

relapsi, coloro cioè che, una volta abbracciata la fede cattolica, erano ritornati a

professare l'eresia e ora chiedevano di essere riammessi in seno alla Chiesa. Agli occhi di molti appariva una conversione simulata e opportunista e, non a caso, riemergeva il nome di Machiavelli e al 1593 datano le opere “adversus Machiavellum” di Tommaso Bozio, oratoriano molto vicino a Baronio.412 Clemente VIII non prese una decisione immediata sul caso; nell'agosto '93 riteneva che “se la maggioranza assoluta in Francia si decidesse per Navarra, e questi prestasse obbedienza alla Santa Sede, egli non poteva, come stavano ora le cose, respingerlo bruscamente.”413 Baronio prese una posizione nettamente a favore della riconciliazione. Nel '94 aveva concluso il quinto tomo degli

Annales e nell'epistola dedicatoria a papa Aldobrandini aveva affrontato il problema

dell'atteggiamento della Chiesa nei confronti dei relapsi, pronunciandosi per una linea moderata dettata dall'apertura che la Chiesa aveva sempre mantenuto di fronte a sinceri pentimenti.414 L'anno seguente Clemente VIII scelse Baronio come proprio confessore personale, segno che si fidava in maniera particolare dell'oratoriano e presto venne l'occasione perché lo storico prendesse una posizione netta sulla vicenda francese. Lo spagnolo Francesco Peña, uditore della Sacra Rota, aveva lodato le opere di Bozio e in un memoriale del settembre '93 indirizzato al papa sostenne la finzione dell'abiura di Enrico IV;415 due anni dopo, di fronte all'arrivo a Roma dell'inviato del Navarra, il cardinale du Perron, Peña ribadiva la propria tesi in una relazione che venne fatta

412 Stefano Zen, Baronio storico cit., p.271-2. Su Bozio si veda Salvo Mastellone, “Tommaso Bozio, l'”instransigente” amico del Baronio, teorico dell'ordine ecclesiastico”, in Baronio storico cit., pp.219- 230.

413 Ludwig von Pastor, Storia dei Papi cit., v. XI, p.58 riportando l'opinione espressa da Giulio del Carretto, inviato della corte di Mantova a Roma, in una lettera cifrata del 21 agosto riportata da Pastor in appendice (p.709 appendice n.7).

414 Annales Ecclesiastici, t. V, epistola dedicatoria (pagine non numerate); Stefano Zen, Baronio storico cit., p.274.

circolare fra i cardinali.416 Il papa di fronte a questa situazione di stallo incaricò Baronio di presentare “una scrittura, nella quale fussero raccolti tutti gli esempi di relassi recevuti a penitentia dalla Chiesa romana, aggiuntovi insieme de quelli che siano stati suspetti di fittione, et non però siano stati esclusi.”417 Baronio intraprese un serrato confronto con il partito spagnolo ma alla fine la sua linea moderata ebbe ragione dell'intransigenza dettata da Filippo II. Domenica 17 settembre 1595 venne solennemente compilata la bolla di assoluzione del re francese, così da porre le basi per un rinnovato sviluppo della riforma cattolica in Francia. Il decisivo contributo di Baronio non passò inosservato agli occhi del re e dei prelati francesi. Infatti alla vigilia della revoca ebbe numerosi colloqui con la delegazione di Enrico presente a Roma, tanto che i suoi detrattori definivano l'oratoriano e i suoi oramai “francesi.”418 Fu l'occasione per stringere legami amichevoli in particolare con il cardinale du Perron, figura chiave per la svolta politico-religiosa del Navarra.419 La ricezione degli Annales baroniani in Francia non può non tenere conto di questa importante vicenda, se non altro perché essa contribuì a rafforzare l'immagine di un Baronio storico moderato e, soprattutto, dalle marcate simpatie filo-francesi. A testimonianza di ciò va rilevato il grande successo editoriale in Francia dell'opera storica del cardinale; un successo che però deve essere problematizzato. Già significativo è il fatto che nel corso del XVII secolo in Francia non fu pubblicata alcuna edizione integrale degli Annales né in latino né in traduzione francese.420 D'altro verso ad essere copiosamente stampati furono edizioni ridotte e compendi che snellivano la narrazione baroniana rendendo la lettura più agevole anche per un pubblico non di altissima erudizione. Opere, queste, che

416 Relacion sumaria para los cardenales del auditor Peña, Roma, luglio 1595.

417 Lettera di Baronio a Talpa, Roma 28/07/1595 in Mario Borrelli, “Memorie baroniane dell'Oratorio di Napoli”, in A Cesare Baronio. Scritti vari, a cura di Filippo Caraffa, Sora, 1963, pp.97-222, 166. 418 Ibid., p.278.

419 Sul contesto della conversione di Enrico IV si veda Michael Wolfe, The conversion of Henri IV, Cambridge (Mass.), Harvard University Press, 1993.

420 Solo il primo tomo uscì in edizione integrale, tradotto in francese dall'oratoriano André Tod nel 1614 (Les Annales de l'Église, de l'illustrissime et révérendissime Caesar cardinal Baronius, de la

Congrégation de l'Oratoire. 1er volume. Traduict du latin par André Tod, prestre de la mesme Congrégation, Paris, Pierre Chevalier, 1614). Bernard Dompnier, “Baronio nelle controversie del

secolo XVII tra cattolici e protestanti francesi”, in Baronio tra santità e scrittura storica cit., pp.367- 389, 371. In realtà era stato avviato un progetto di traduzione da parte del teologo parigino Philippe Lebeau, autorizzato dallo stesso Baronio. Il lavoro fu avviato e nel 1605 il primo volume era stato ultimato; ma la cosa non ebbe seguito e il tutto rimase inedito. Stefano Zen, Baronio storico cit., p.185; per un commento positivo sul lavoro di traduzione di Lebeau si veda la lettera di Nicolas Lefèvre a Baronio del 01/11/1605 in Alberici, Epistolae et Opuscolae, v.III, pp.326-329.

avevano anche una valenza politica. Infatti in alcune occasioni furono al centro di violenti dibattiti e censure da parte delle istituzione di orientamento gallicano. Fu il caso, per esempio, del più celebre compendio in francese, quello redatto da Henri de Sponde nel 1613 e subito incorso nella condanna del Parlamento di Parigi per il suo orientamento ultramontanista.421 Ma la storia dei compendi francesi di Baronio iniziava molto prima i quello di de Sponde. Nel 1596 Baronio autorizzò lo studioso François de Bar alla stesura di un compendio che in primo momento fu basato sui primi due tomi per poi essere ampliato negli anni successivi fino al decimo. L'oratoriano aveva dato il proprio permesso a patto che il francese si attenesse scrupolosamente al testo originale, confermando un atteggiamento molto prudente verso i compendi di cui si detto in precedenza. L'opera di de Bar però non avrebbe mai fatto la propria comparsa nel mercato librario francese.422 Rimane il fatto che, per il periodo 1601-1640, il nome di Baronio fosse molto diffuso negli inventari delle biblioteche parigine, segno che le censure non impedirono la lettura delle sue opere.423

Uno dei fattori principali che favorirono la diffusione degli Annales nel regno francese fu indubbiamente la rete di contatti che l'oratoriano aveva intessuto nei suoi lunghi decenni di studio. In particolare furono quattro i principali interlocutori francesi di Baronio: Fronton du Duc, Nicolas Lefèvre, Jacques de Sirmond e François de Claret, anche se di quest'ultimo non è rimasta traccia nella corrispondenza superstite.424 Essi furono importanti protagonisti dell'erudizione cattolica francese a cavallo fra Cinque e Seicento. Il gesuita du Duc, superbo conoscitore della letteratura patristica soprattutto di lingua greca, fu costantemente interpellato da Baronio per il suo parere su questioni filologiche o per sistemare correzioni e inesattezze presenti nel testo.425 Inoltre inviò un buon numero di scritti ignoti o inaccessibili a Baronio, riconoscendogli che “tuo merito,

421 Annales ecclesiastici, ex XII tomis Caesaris Baronii in epitomen redacti, opera Henrici Spondani, Paris, De La Noue, 1613. Henri Martin, Livre, pouvoirs et société à Paris au XVIIe siècle (1598-

1701), 2 voll., Genève, Droz, 1969, v.I, p.183.

422 Steafano Zen, Baronio storico cit., p.183 e p.207 nota 148. 423 Henri Martin, Livre, pouvoirs et société cit., v.I, pp.494-497.

424 Jean-Louis Quantin, “Baronius et les sources d'au-delà des monts: la contribution française aux Annales”, in Baronio e le sue fonti cit., pp.51-101, 70.

425 Ad esempio si vedano le correzioni apportate dal patrologo francese al Chronicon di Girolamo sulla base di un manoscritto non accessibile a Baronio in Alberici, Epistolae et Opuscolae, v.I, pp.261-266. Su Fronton du Duc si veda anche Henri Martin, Livre, pouvoirs et société cit., v.I, p.109.

saeculorum quindecim historiam ecclesiasticam, Annalesque illustratos habeamus.”426 Il cancelliere parigino Nicolas Lefèvre aveva scritto a Baronio già nel 1591, sottoponendogli alcune sue osservazioni tratte dai primi tomi e negli anni seguenti divenne per l'oratoriano un fidato corrispondente, anch'egli prezioso aiuto per il reperimento di documenti, dagli atti del sinodo di Arles, all'edizione dei frammenti di Ilario di Poitiers a importanti documenti concernenti il pontificato di Silvestro II.427 Jacques Sirmond, gesuita e celebre erudito, parte della propria formazione la trascorse dal 1590 al 1608 a Roma nelle vesti di segretario del generale dell'ordine Claudio Acquaviva; lì ebbe modo di conoscere Bellarmino e Baronio che, anni dopo, Sirmond avrebbe definito “Baronius immortalis gloriae vir”428 Sirmond aiutò l'oratoriano nella traduzione di numerosa documentazione in lingua greca429, esperienza che, accanto alla possibilità di frequentare la Vaticana, ebbe un ruolo importante nel formare quello che sarebbe divenuto uno dei maggiori eruditi della Francia della prima metà del Seicento.430 La cultura cattolica, in particolare gesuitica, ebbe modo dunque di collaborare fattivamente alla costruzione degli Annales e fu naturale che i suoi principali esponenti ne promuovessero poi la diffusione. Cosa che invece non accadde negli ambienti gallicani. Bisogna ammettere che, allo stato attuale delle nostre conoscenze, la documentazione disponibile per tracciare le caratteristiche della ricezione degli

Annales in ambiente gallicano è più lacunosa di quanto ci si potrebbe aspettare. Visto la

difficile posizione del fronte gallicano durante il regno di Enrico IV una presa di posizione ufficiale di condanna dell'opera baroniana sarebbe stata immediatamente condannata dal sovrano. Ci si deve dunque accontentare di accenni sparsi. Ma questo non impedisce di concludere che le reazioni furono piuttosto negative. Pare infatti che Pierre Pithou, dopo aver letto i primi tomi, parlasse con i propri confidenti di Annales

de potestate pape invece che di Annales Ecclesiastici, sostenendo che con questo nome

426 Fronton du Duc a Cesare Baronio, 23/08/1592 in Alberici, Epistolae et Opuscolae, v.I, pp.303-305, 305.

427 Ivi Baronio a Nicolas Lefèvre, Roma 07/07/1591, pp.227-231 per un sincero ringraziamento dell'oratoriano; Stefano Zen, Baronio storico cit., pp.85-6.

428 G. Calenzio, La vita cit., p.840. Sirmond riuscì a convincere Baronio ad aiutare economicamente Guillaume Reboul, sostenitore di Enrico IV e convertitosi al cattolicesimo proprio grazie alla lettura degli Annales: Stefano Zen, “Cesare Baronio e i suoi libri”, in I libri di Cesare Baronio in

Vallicelliana, a cura di Giuseppe Finocchiaro, Roma, Biblioteca Vallicelliana, 2008, pp.11-50, 14.

429 Jean-Louis Quantin, Baronius et les sources d'au-delà des monts cit., p.57.

l'opera sarebbe stata ricordata dai posteri.431 Jacques-Auguste de Thou mantenne un atteggiamento ambiguo nei confronti di Baronio. L'oratoriano fu uno dei primi, assieme a Bellarmino, a ricevere in dono nel febbraio 1604 una copia delle Historiae ed è probabile che questo gesto rientrasse in un tentativo di promozione dell'opera presso influenti personalità della curia.432 Egli fu sempre molto prudente quanto si trattava degli Annales ma Isaac Casaubon lo citò assieme a Pithou e Lefèvre tra i principali critici di Baronio.433 Pensare che, con la struttura delle Historiae, de Thou volesse in qualche modo emulare Baronio è cosa dubbia e senza riscontri, ma piuttosto è lecito pensare che il loro autore pensasse ad un opera lontana dalla celebrazione del papato tanto presente negli Annales.434

Per avere una visione più chiara di questi primi anni di ricezione dell'opera baroniana in Francia sarà ora necessario guardare al mondo ugonotto, dove le opinioni su come rispondere ad essa erano tutt'altro che omogenee.

VII. II Baronio e i riformati di Francia: le difficoltà di una risposta