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Sono numerose le pubblicazioni che descrivono l’utilizzo di chemioterapici per eseguire l’ECT, e tutte comparano due principali farmaci: la bleomicina ed il cisplatino(38). Naturalmente le premesse iniziali sono la chiave del funzionamento di questo trattamento: i farmaci in questione penetrano scarsamente dentro alle cellule, e per raggiungere le dosi di tossicità cellulare intrinseca richieste hanno bisogno di dosi davvero alte, causando effetti collaterali sistemici davvero elevati. Pertanto essi si sposano benissimo con questa terapia, che consente di usare dosi minime di farmaco avendo elettroporato la cellula, e quindi gli effetti sistemici risultano ridotti notevolmente quando non addirittura assenti(38).

Riguardo la bleomicina, è rilevante l'enorme citotossicità intrinseca che presenta: qualche centinaio di molecole di bleomicina all'interno della cellula è sufficiente per ucciderla. La bleomicina provoca rotture di DNA sia a singolo che doppio filamento, ed è stato dimostrato che quelle a doppio filamento sono 300 volte più tossiche delle rotture a singolo filamento. Le cellule vengono uccise perché alcune delle rotture a doppio filamento rimangono non riparate: la citotossicità del farmaco si esplicita quando le cellule tentano di dividersi, perché i loro cromosomi sono frammentati, mentre le cellule che non si dividono restano quiescenti (metabolicamente stabili) perché la probabilità che queste rotture del DNA influenzino l'espressione di un gene essenziale è quasi nulla. Questo processo di morte delle cellule mitotiche provoca un'uccisione selettiva delle cellule che si dividono (tumorali) che risparmia effettivamente le cellule non replicanti attorno al tumore trattato(38).

Sono stati sperimentati due modi diversi di somministrazione della bleomicina, ossia per via sistemica oppure localmente. Il primo corrisponde essenzialmente alla via endovenosa, anche se sono stati segnalati due casi di somministrazione intra-arteriosa, e sono stati fatti esperimenti anche per via intraperitoneale. La quantità di bleomicina richiesta per avere efficacia antitumorale in presenza dell'erogazione di impulsi elettrici è così bassa da essere iniettata sistemicamente senza adottare le classiche misure di sicurezza. L'unica precauzione potrebbe essere la somministrazione di un farmaco antistaminico per prevenire eventuali reazioni allergiche che possono verificarsi 2 ore dopo il bolo di bleomicina. Il vantaggio dell'iniezione sistemica sta nella possibilità di trattare diversi noduli alla volta, o noduli di grandi dimensioni. È importante ricordare che le porzioni della neoformazione in mitosi sono ben vascolarizzate. Pertanto, saranno ben perfuse dal farmaco, garantendo l'efficacia dell'elettrochemioterapia. Tuttavia, è anche importante sottolineare che la bleomicina deve essere somministrata in bolo e non in infusione lenta, perché è necessario raggiungere una concentrazione minima tissutale. Ovviamente l'iniezione intratumorale, in linea di principio, richiede meno bleomicina. Le quantità di bleomicina raccomandata nelle procedure standard dipendono dal volume del tumore. Pertanto, la quantità iniettata totale dipende dal volume del nodulo, e dal numero di noduli da trattare. È ovvio che, per il trattamento di grandi masse tumorali o di un gran numero di noduli, il vantaggio di una riduzione della dose, rispetto all'iniezione sistemica, potrebbe venire meno. Anzi, la necessità di iniettare ciascun nodulo separatamente rende la procedura più lunga e anche meno sicura perché è molto difficile colpire l'intera massa tumorale. Inoltre, in alcuni casi (ad es. carcinomi pancreatici), è quasi impossibile l’iniezione diretta nella massa del tumore(38).

Gli studi condotti da Sersa et al. hanno dimostrato che l'ECT può anche essere eseguita usando il cisplatino invece della bleomicina nella fase preclinica e nelle fasi cliniche. L’aumento dell'efficacia del cisplatino in seguito all'EP è molto inferiore a quello della bleomicina. Tuttavia, il cisplatino usato come singolo agente è attivo su molti tumori diversi, mentre la bleomicina da sola è un farmaco abbastanza inefficiente in assenza degli impulsi elettrici. Nel trattamento delle metastasi cutanee, il cisplatino può essere usato da solo, mediante iniezioni intratumorali, con una certa attività antitumorale. Questa somministrazione è stata utilizzata anche in elettrochemioterapia, con interessanti risultati. L'uso del cisplatino è un'alternativa interessante alla bleomicina, in particolare per ridurre l'accumulo di bleomicina in caso di trattamenti ripetuti: la bleomicina (somministrata per via endovenosa) è quindi preferibile per trattare i pazienti con molti noduli o con noduli grandi, mentre il cisplatino può essere utilizzato per il trattamento di alcuni piccoli noduli(38).

A causa del suo limitato aumento di efficacia, l’ECT con il cisplatino per via endovenosa non ha destato particolare interesse. Tra l’altro, è anche pericoloso per via della spiccata tossicità sistemica. Pertanto, l'uso del cisplatino nell'elettrochemioterapia è stato limitato alla via di somministrazione intratumorale(38).

Nonostante vari tentativi con altri farmaci, la bleomicina ed il cisplatino sono ancora i prodotti più adeguati all’uso in ECT. In vitro, diversi studi hanno cercato di dimostrare potenziali aumenti della tossicità per il tumore dovuti all'EP cellulare. Tutti hanno evidenziato un aumento da centinaia a migliaia di volte in tossicità della bleomicina e un aumento di alcune decine di volte la tossicità del cisplatino. Nessun altro farmaco tra i più comunemente impiegati in chemioterapia ha mostrato un aumento di tossicità, probabilmente perché questi farmaci già da se entrano facilmente nelle cellule, tramite diffusione attraverso la membrana plasmatica o mediante trasportatori sulla membrana cellulare (come il 5 fluoro uracile o il metotrexato)(38).

Naturalmente, la permeabilizzazione cellulare non è interessante per molecole che agiscono sulla superficie cellulare, e che non è necessario che entrino all’interno per espletare la loro attività(38).

Tuttavia, l'elettrochemioterapia potrebbe trovare in futuro un’estensione attraverso l'uso di sequenze brevi molto attive di acidi nucleici (oligonucleotidi) diretti a specifiche sequenze di DNA responsabili della malattia (non solo cancro). Un'altra possibilità, sicuramente, è quella di riconsiderare l’efficacia di molecole che non hanno mostrato un'elevata attività antitumorale in vivo testandole con l’EP(38).

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