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n chiodi ° = qLn chiodi° = qp

Vi possono essere anche tipi diversi di collegamento tra pannelli e corretti. Ad esempio, il corrente potrebbe essere collegato ad un solo pannello a sua volta collegato all’altro pannello. In questo caso, la distribuzione dei flussi lungo le linee di giunzione sarà diversa e può essere determinata sempre attraverso l’equazione dei flussi sorgenti.

Per quanto riguarda il tipo di giunzione utilizzata si possono distinguere due casi fondamentali:

• Giunzioni continue: il trasferimento del flusso è continuo (saldature, incollaggi);

• Giunzioni discontinue: il trasferimento dei flussi è discontinuo (chiodature, imbullonature, saldature per punti).

Nel caso di giunzioni discontinue, ad esempio nel caso delle chiodature, la forza che ogni chiodo dovrà trasmettere è:

!

essendo ! il passo della giunzione. È bene sottolineare che i flussi di giunzione sono rappresentazioni grafiche dei flussi all’interno dei correnti (non costanti poiché i correnti sono dotati di area).

q

G

1

= q

1

, q

G

2

= q

2

F

chiodo

= F

n

chiodi°

= qL

n

chiodi°

= qp

p

DOMANDA 64,65 - DOPPIA CHIODATURA

Una doppia chiodatura consiste in due file parallele di chiodi atte al collegamento di due panelli.

Se gli spessori dei due pannelli sono uguali ed essi sono fatti dello stesso materiale è possibile considerare la chiodatura come una simmetrica per rotazione di 180° caricata in maniera antisimmetrica. Dunque, i flussi ! e

! devono essere anti-simmetrici, per cui:

!

Nel caso gli spessori dei pannelli siano diversi, considerazioni di equilibrio non sono sufficienti per ricavare il valore dei flussi di giunzione ed è necessario scrivere una condizione di congruenza tramite il teorema di Menabrea.

Scrivendo l’energia di deformazione come somma delle energie di deformazione dei pannelli all’esterno della chiodatura, di quelli all’interno della chiodatura e dei chiodi si ricava:

!

essendo genericamente ! e ! avendo considerato ! la lunghezza della chiodatura. Sostituendo l’equazione di equilibrio ! e applicando il teorema di Menabrea, si ricava:

!

Definendo ! (rappresenta il rapporto tra la rigidezza del pannello e la

rigidezza della chiodatura) e ! (rappresenta il rapporto fra gli spessori dei pannelli) si ricava:

!

Da cui la soluzione:

!

Si sottolinea che il modo in cui si distribuiscono i flussi dipende da ! e ! , ossia dai rapporti tra le rigidezza dei pannelli e quella della chiodatura e, ovviamente, dal rapporto tra i due spessori.

q

G

DOMANDA 66 - TRIPLA CHIODATURA

Una tripla chiodatura consiste in tre file parallele di chiodi atte al collegamento di due pannelli. Supponendo che i due pannelli oggetto del collegamento abbiano spessore uguale, la struttura è simmetrica per rotazione di 180° e caricata anti-simmetricamente, pertanto:

!

Dunque, ! . L’espressione dell’equilibrio non basta per ricavare il valore dei flussi nelle giunzioni, pertanto è necessario scrivere una condizione di congruenza tramite il teorema di Menabrea.

L’energia di deformazione da minimizzare è la somma dell’energia di deformazione dei pannelli esterni alla chiodatura, dei pannelli interna alla chiodatura e

della chiodatura stessa (genericamente ! con

! ):

!

Considerando il parametro ! e applicando il teorema:

!

Nell’ambito delle strutture aeronautiche il pannello è molto meno rigido della chiodatura, per cui ! . In questo caso risulta:

!

Dunque:

!

Nel caso di strutture massiccio, invece, si ha ! , per cui ! .

Nelle strutture aeronautiche non serve utilizzare triple chiodature anche se, per ragioni di ridondanza, sono installate.

q

1

= q

3

q

2

= q − 2q

1

V

dchiodo

= 1 2

F

2

K = 1

2 q

2

p

2

K → V

dchiodatura

= 1 2

q

2

p K L = 1

V

d

= V

d

( ) q + 1 2

2q

12

b

Gt + 2 q ( − q

1

)

2

b

Gt + 2q

12

p

K + ( q − 2q

1

)

2

p

K

⎢ ⎢

⎥ ⎥

α = p K

Gt b

∂V

d

∂q

1

= 0 → q

1

= q 1 + α 2 + 3 α α → 0

q

1

! q 2

q

2

= 0

α → ∞ q

1

= q

2

= q

3

= q

3

DOMANDA 67 - ANDAMENTO DEGLI SFORZI PER L’INCORAGGIO

Gli incollati trasferiscono il carico in maniera continua, per cui si ha ! e ! . Se la giunzione è larga ! è necessario tenere in conto delle condizioni al contorno:

!

Affinché la giunzione sia efficace, lo spessore dell’incollaggio deve essere minimo (infatti è necessario evitare l’aggiunta di eccessiva deformabilità).

Analizzando una porzione ! dell’incollaggio e scrivendo l’equilibrio nella direzione della profondità si ricava:

! deformazione associata ai pannelli esterni alla chiodatura, quella associata ai pannelli interni alla chiodatura e quella associata allo sforzo di taglio della colla):

!

essendo ! . Minimizzando il funzionale ! si ricava:

!

L’integrale particolare è ! , mentre la soluzione dell’omogenea fornisce una

coppia di autovalori complessi coniugati ! . Applicando le

condizioni al contorno alla soluzione ! si ricava:

q

1

= q

1

( ) x q

2

= q

2

( ) x

!

Mentre lo sforzo di taglio nella colla vale:

!

Lo sforzo di taglio viene trasferito in maniera efficiente solo alle estremità (in analogia con quanto accade nella tripla chiodatura), ma comunque la colla deve essere presente anche nella parte centrale poiché l’analisi appena eseguita non tiene in considerazione il fatto che spesso lo sforzo di taglio richiesto alle estremità è maggiore dello sforzo accettabile, dunque una parte del carico si trasferisce verso il centro dell’incollaggio.

Inoltre, la zona centrale incollata si comporta da vincolo per le parti di e s t r e m i t à c h e l a v o r a n o spesso a sforzi più alti d e l l o s f o r z o d i c r e e p (fenomeno di scorrimento a carico costante, pericolo p e r m a t e r i a l i viscoelastici).

q

1

= q

2 1 + Sh ( ) α x Sh ( ) αb

⎝⎜

⎠⎟

q

2

= q

2 1 − Sh ( ) α x Sh ( ) αb

⎝⎜

⎠⎟

τ

C

= q

2 α Ch ( ) α x

Sh ( ) αb

DOMANDA 68 - METODO DI RITZ

Un problema strutturale consiste nella risoluzione di una struttura reale (intesa come un corpo continuo con infiniti gradi di libertà) tramite equazioni differenziali alle derivate parziali corredate di opportune condizioni al contorno. Il problema è dunque molto complesso e una sua semplificazione è possibile secondo due approcci differenti:

• Approccio matematico: si basa sulla semplificazione delle equazioni;

• Approccio ingegneristico: si basa sulla semplificazione del problema (del modello).

Il metodo di Ritz può essere un valido aiuto per la risoluzione dei problemi strutturali. In generale, esso si applica a problemi retti da equazioni differenziali per i quali esista una forma di principio variazionale:

!

Il primo passo del metodo di Ritz consiste nella discretizzazione del problema attraverso la scrittura dell’incognita ! con una serie di finita di funzioni di forma assegnata ! e ampiezza incognita ! , tali che:

!

A questo punto è necessaria l’applicazione di un principio generale per determinare le ampiezze delle funzioni. Tale principio può essere la minimizzazione dell’energia potenziale oppure l’applicazione del principio dei lavori virtuali. Nel primo caso si ricava il sistema algebrico di N equazioni:

!

Una volta che le ampiezze sono state determinate è possibile ricostruire la soluzione.

Il metodo di Ritz presenta alcune criticità: la definizione delle funzioni ! è arbitraria e non immediata. Esse devono rispettare una serie di condizioni al contorno, ma ciò non determina univocità nella loro scelta. Essendo il metodo di Ritz approssimato, scelte differenti porteranno a soluzioni differenti (seppur di poco).

Un classico esempio di applicazione del metodo di Ritz è il calcolo del carico critico. Scrivendo l’energia totale si ricava:

!

È necessario approssimare la funzione ! con una serie finita di funzioni n o t e d i a m p i e z z e i g n o t e c h e r i s p e t t i l e c o n d i z i o n i a l c o n t o r n o (! ), pertanto una serie di funzioni seno può essere una scelta accettabile:

!

Π = F f , ∂ f

∂x , ∂

2

f

∂x

2

,..., ∂

n

f

∂ f

n

⎝⎜

⎠⎟ dD

D

f

φ

n

( x, y, z ) q

n

f x, y, z ( ) = q

i

φ

i

( x, y, z )

i=1

N

∂Π

∂q

n

= 0

φ

i

Π = 1

2 ∫

x

⎡⎣ EJ w'' ( )

2

− P w' ( )

2

⎤⎦dx

w x ( )

w 0 ( ) = w L ( ) = w'' 0 ( ) = w'' L ( ) = 0

w = q

n

sin πn L x

⎛ ⎝⎜ ⎞

n=1

⎠⎟

N

Derivando e sostituendo nell’energia totale sfruttando le proprietà delle funzioni trigonometriche si ottiene:

!

A questo punto si minimizza ! rispetto a ! ottenendo:

!

In un caso più generale, scelte ! funzioni che rispettino le condizioni al contorno e siano derivabili fino all’ordine desiderato è possibile scrivere:

!

essendo ! e ! . Scrivendo il principio dei

lavori virtuali:

!

dove si è ricavato un sistema lineare di ! equazioni.

Π = EJ 2

π L

⎛ ⎝⎜ ⎞

⎠⎟

4

q

n2

n

4

L

n=1

2

N

⎝⎜

⎠⎟ − P 2

π L

⎛ ⎝⎜ ⎞

⎠⎟

2

q

n2

n

2

L

n=1

2

N

⎝⎜

⎠⎟

Π q

n

EJ 2

π L

⎛ ⎝⎜ ⎞

⎠⎟

4

n

4

2q

n

⎝⎜

⎠⎟ − P 2

π L

⎛ ⎝⎜ ⎞

⎠⎟

2

n

2

2q

n

⎝⎜

⎠⎟ = 0 → P = EJπ

2

n

2

L

2

n

w = N [ ] { } q [ ] N = N

1

... N

n

{ } q = q {

1

... q

n

}

T

δ L

d

= δ L

e

→ { } δq

T

L

[ ] N ''

T

EJ N [ ] dz { } q =

L

{ } δq

T

{ } N r

y

dx → K [ ] { } q = F { }

n

DOMANDA 69,70 - SCHEMA AD ELEMENTI FINITI

Il metodo degli elementi finiti è una procedura generale per la risoluzione di sistemi di equazioni differenziali alle derivate parziali con condizioni al contorno note. Il metodo consiste nella suddivisione del dominio in un certo di numero di elementi di forma semplice e assegnata caratterizzati da un determinato numero di nodi (questa procedura è detta meshing). A questo punto la soluzione del problema all’interno di un elemento è ricavata mediante combinazione lineare delle soluzioni nodali tramite opportune funzioni di forma.

Nel caso strutturale, lo spostamento ! di un generico punto all’interno dell’elemento m-esimo è calcolato come:

!

essendo ! il numero dei nodi, ! la matrice che contiene le funzioni di forma atte all’interpolazione e ! il vettore degli spostamenti nodali. Le funzioni interpolanti (funzioni di base) devono essere scelte in maniera tale da assicurare convergenza del metodo e congruenza della soluzione. La prima è garantita da un’opportuna scelta delle funzioni di forma in modo che esse descrivano correttamente gli stati di deformazione e i moti rigidi (la convergenza si lega anche al tipo di discretizzazione del dominio che si adotta). La congruenza della soluzione, invece, richiede che le funzioni di forma siano continue (evitando quindi lacerazioni e compenetrazioni) e derivabili con derivata prima continua in modo da poter definire le deformazioni e avere la garanzia che esse siano continue.

Per ricavare la soluzione sul singolo elemento si applica il principio dei lavori virtuali. Poiché le deformazioni del generico elemento m-esimo si possono calcolare come ! (essendo ! una matrice di derivate che lega gli spostamenti alle deformazioni), è possibile ricavare il lavoro virtuale di deformazione associato all’elemento m-esimo:

!

avendo applicato il legame costitutivo ! . A questo punto è necessario tenere conto degli scambi energetici dell’elemento m-esimo con gli elementi vicini assemblando in maniera opportuna gli spostamenti tramite una matrice d’incidenza:

!

essendo ! il numero di elementi e ! il vettore degli spostamenti globali. A questo punto, definendo il lavoro esterno come ! , è possibile applicare il PLV:

!

Data l’arbitrarietà della scelta di ! è possibile ottenere il sistema lineare di ! equazioni ! che risolve il problema.

{ } s

3×1

{ } s

3×1

( )m

= H [ ]

3×3n

( )m

{ } u

3n×1

( )m

n [ ] H

{ } u

{ } ε

m

= C [ ] { } s

m

= C [ ] [ ] H

m

{ } u

m

[ ] C δ L

d,m

*

= { } δε

m

T

{ } σ

m

dV

Vm

= { } δu

Tm

( ∫

Vm

[ ] H

mT

[ ] C

T

[ ] D [ ] C [ ] H

m

dV ) { } u

m

= { } δu

mT

[ ] K

m

{ } u

m

{ } σ

m

= D [ ] { } ε

m

{ } u

m 3n×1

! = Ω [ ]

m 3n

!

×3 n×M( )

{ } u

3 n(

!

×M)×1

M { } u

δ L

e,m

= { } δ u

T

{ } P

m

δ L

d

= δ L

e

→ { } δ u

T

⎡⎣ ⎤⎦ Ω

m

T

[ ] K

m

⎡⎣ ⎤⎦ Ω

m

{ } δ u

m=1

M

= { } δ u

T

{ } P

m

m=1

M

{ } δ u

T

[ ] K { } δ u = { } δ u

T

{ } P { } δ u

3 × n × M [ ] K { } u = P { }

DOMANDA 71 - MATERIALI COMPOSITI: ORTOTROPIA E ROTAZIONE DELLE MATRICI DI RIGIDEZZA E FLESSIBILITÀ

Un materiale ortotropo è caratterizzato da tre piani di simmetria ortogonali fra loro. Le caratteristiche del materiale sono uguali in punti simmetrici rispetto ai piani. Il legame costitutivo prevede un disaccoppiamento tra sforzi assiali e deformazioni a taglio se si adotta un sistema di riferimento ortotropo. Nel caso generico, invece, il legame è completo. Nel caso di riferimento ortotropo, se si adotta il modello di stato di sforzo piano, si ricava:

!

notando che sia i moduli di Young che i moduli di Poisson sono diversi lungo direzioni diverse. Il legame ortotropo è caratteristico dei materiali compositi che sono formati da lamine sovrapposte composte di fibre e matrice. Dunque, risulta spesso necessario ruotare gli sforzi o le deformazioni dal sistema di riferimento ortotropo relativo alla singola lamina con cui esse sono state ricavate nel sistema di riferimento del laminato. Al fine di definire il tensore di rotazione è necessario considerare i tensori completi di sforzo e deformazione, poiché non è possibile applicare la rotazione ai vettori ! e

! , essendo essi vettori in senso algebrico. La rotazione di un vettore meccanico si può effettuare tramite la matrice dei coseni direttori come:

! simmetria del tensore di sforzo, passando alla scrittura vettoriale algebrica e ipotizzando stato di sforzo piano si ricava:

!

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