T e a tr o
Titolo: Menego, Dialogo facetissimo et ridiculissimo, 1523. A utore: Angelo Beolco, detto Ruzzante (1 5 0 2 -1 5 4 2 ).
Edizione italiana : Ru z z a n t e, Dialoghi, prefazione e trad. di G. A . Cibotto, pp. 78, Torino, 1953, L. 500. A tti, scene, durata : Atto unico. Scena unica. Durata 20 minuti circa.
Il testo non porta indicazioni sceniche. L’ azione può svolgersi sullo sfondo d’una campagna, in pieno inverno.
Numero degli interpreti: 6 (5 uomini e una donna) Ragazzi e ragazze che ballano. Suonatori.
Personaggi : Uomini: Menego Duozzo Naie Sacerdote
Zaccaroto (fuori scena) Donne: Gnua.
Soggetto : L esistenza legata all’ abbondanza del raccolto, la preoccupazione della fame incombente, l’ amore e le esigenze materiali della donna: ecco gli elementi di questo dialogo. Al contadino Menego questi guai certo non mancano. E per completare il quadro viene picchiato di santa ragione da Naie, suo ri vale in amore, che gli porta via la sua Gnua. Duozzo, compare di Menego, va in cerca di un negro mante (sacerdote) e lo conduce dal suo malconcio amico perché lo guarisca. Duozzo chiede al negro mante di farlo parlare con l’ anima del loro defunto amico Zaccaroto, il quale predice loro ancora dei guai, coronati però da una lunga pace e da un buon raccolto. Partito lo spirito di Zaccaroto, il negro mante opera un incantesimo in grazia del quale Naie riconduce da Menego la Gnua e gli domanda perdono. Giungono quindi ragazzi e ragazze, e con un ballo generale finisce la commedia.
Un giudizio : « Nei limiti della sua ispirazione e nella cerchia ristretta e alquanto uniforme dei suoi temi fantastici, il Ruzzante è una delle figure più schiette e più originali nella storia della poesia cin quecentesca ». (Na t a l in o Sa p e g n o, in Compendio di storia della letteratura italiana, Firenze, 1955. II, p. 179).
Nota per la rappresentazione: Massima semplicità nell’ esecuzione, evitando ogni preordinata ricerca di effetti comici, che diminuirebbero il significato e la potenza dell’ atto. Potrebbe essere interessante farne un adattamento dialettale, a seconda del luogo in cui si rappresenta. Le comparse (ragazzi e ragazze che ballano, suonatori) possono ridursi a 2 uomini e 2 donne e, in caso di estrema necessità, anche essere abolite.
T e a tro
Titolo: Arden da Feversham (Arden o f Feversham), 1592 (o 1585 A u tore: Anonim o elisabettiano (Thomas Kyd o W illiam Shakespeare?)
Edizione italiana : in Teatro elisabettiano, trad. di G. Baldini, Firenze, 1948, pp. 1276, L. 3500. Atti, scene, durata: 5 atti, 10 scene diverse. Durata 3 ore circa.
Le scene sono, nell’ ordine: Casa di Arden a Feversham, Paese, Strada vicino a S. Paolo a Londra, Casa di Franklin ad Aldersgate, Strada di Aldersgate, Costa del Kent, Altro punto della costa, Campagna, Strada di Feversham, Sala di giustizia a Feversham.
Numero degli interpreti: 18 (16 uomini e 2 donne).
Inoltre alcune comparse (guardie del Sindaco e seguito di Lord Cheiny).
Personaggi: Uomini: Il signor Arden da Feversham Franklin, suo amico
Mosbie Clarke, pittore
Adamo Fowle, proprietario del Fiordaliso Bradshaw, orefice
Michele, servo di Arden Greene
Richard Reede, marinaio assassini Black Will ì Shakebag ^ Un apprendista Un traghettatore Un marinaio Lord Cheiny Il Sindaco di Feversham Donne: Alice, moglie di Arden
Susanna, sorella di Mosbie
Soggetto: Alice, moglie di Arden, signore di Feversham, è l’amante di Moshie. I due decidono di disfarsi di Arden, facendolo uccidere. A tale scopo si cercano dei complici, che sono, di volta in volta il servo Michele, il pittore Clarke, il contadino Greene, e infine i due assassini Black Will e Shakebag. Tutti i tentativi vanno' a monte, perché un’ invisibile provvidenza impedisce sempre che Arden si trovi là dove è atteso dai suoi sicari. Alla fine durante una partita a carte Arden, caduto in un tranello, è ucciso da Mosbie, Michele, Black Will, Shakebag e Alice; il cadavere è nascosto dietro l’Abbazia, ma il Sindaco e i suoi uomini scoprono egualmente chi lo ha ucciso, e arrestano tutti, condannandoli poi a morte.
Un giudizio: « N o n si può dire che si tratti d’ un saggio di composizione teatrale. Una volta chiarito il complotto di Alice e di Mosbie per la morte di Arden, i tentativi di omicidio si susseguono come nella realtà, uno dietro l’ altro, non creati e condotti l’ uno dall’altro. Si direbbe piuttosto un film che un dramma. E tuttavia l’ azione vive, avanza, procede verso lo scioglimento con un’intensità crescente, una irresisti bile coesione » . (Pi e r r e Me s s ia e n, in Théâtre Anglais, Prédécesseurs et contemporains de Shakespeare, Paris, 1948).
Nota per la rappresentazione: Pur trattandosi d’uno dei drammi più giustamente famosi dell’intera produ zione elisabettiana, al punto che autorevoli critici sostengono ancora oggi trattarsi d’un’ opera di Shakes peare, stile, vicenda e personaggi hanno un tono assolutamente moderno, da dramma borghese. Qualcuno ha addirittura osservato che la storia di Arden da Feversham è la stessa raccontata dal romanziere ameri cano James Cain ne II postino suona sempre due volte, e ripresa da Luchino Visconti per il suo film Ossessione. Questo per dire come tale dramma sopporti meno di altri quella maniera di recitare i classici che i nostri attori usano sia che si tratti di Shakespeare come di Goldoni, sembrando questo evidente mente il tono per riferire fatti di alcuni secoli fa. Arden da Feversham colpirà tanto più la fantasia dello spettatore quanto sarà recitata in modo realistico, come un’opera contemporanea. Per quel che riguarda i cambiamenti di scena e la stessa cornice scenografica, ci si può attenere, in linea di massima, ai sugge rimenti dati per « Romeo e Giulietta » di Shakespeare, in altra scheda.
T e a tr o
Titolo : R om eo e Giulietta (Romeo and Juliet), 1597. Autore : William Shakespeare (1 5 6 4 -1 6 1 6 ).
Edizione italiana : Sh a k e s p e a r e, Romeo e Giulietta, trad. di P. Ojetti, pp. 96, Milano, 1949, L. 60. Atti, scene, durata: 5 atti, 9 scene diverse. Durata 3 ore circa.
Le scene sono, nelFordine: Piazza di Verona, Strada, Casa dei Capuleti, Viottolo, Orto dei Capuleti Cella di Frate Lorenzo, Camera di Giulietta, Via di Mantova, Cimitero.
Numero degli interpreti : 27 (23 uomini e 4 donne). ^ Cittadini, parenti, maschere, guardie, seguito.
Personaggi: Uomini: Principe della Scala Paride Montecchi Capuleti Romeo Mercuzio Benvolio Tebaldo
Un vecchio dei Capuleti Frate Lorenzo
Frate Giovanni Donne: Madonna Montecchi
Madonna Capuleti
Baldassarre, servo di Romeo Sansone, servo dei Capuleti Gregorio, servo dei Capuleti Pietro, servo dei Capuleti Abramo, servo dei Montecchi Speziale Paggio di Paride Paggio di Mercuzio Ufficiale 3 Suonatori Giulietta Nutrice di Giulietta
Soggetto : Romeo Montecchi e Giulietta Capuleti, appartenenti a due famiglie veronesi, nemiche fra loro, s’innamorano l’uno dell’altra e decidono di sposarsi di nascosto. Frate Lorenzo celebra in segreto le nozze. Durante un diverbio con alcuni membri della famiglia Capuleti, Romeo uccide Tebaldo, cugino di Giu lietta; messo al bando, fugge a Mantova, dopo aver trascorso la notte con la sua sposa. Frattanto il vecchio Capuleti ha promesso la mano di Giulietta al conte Paride, parente del Principe della Scala. Frate Lorenzo consiglia la fanciulla ad acconsentire alle nozze; ma alla vigilia del matrimonio la induce a bere un narcotico che la farà sembrare morta per quaranta ore, promettendo di avvertire poi Romeo che la libererà dal sepolcro al suo risveglio, e la condurrà a Mantova. Ma il messaggio di Frate Lorenzo non giunge a Romeo, che riceve invece notizia della morte di Giulietta. Egli si procura un veleno, va al sepolcro per vedere un’ ultima volta l’ amata, s’imbatte nel conte Paride venuto a piangere sulle sue mancate nozze, e lo uccide; quindi, dopo aver baciato Giulietta, beve il veleno. Giulietta si ridesta, trova Romeo morto e si pugnala. La catastrofe commuove i parenti delle due famiglie nemiche che si riconciliano davanti ai due cadaveri.
Un giudizio : « Tutto, in questa tragedia, è gioventù e primavera; la gioventù, con le sue follìe, le sue virtù, i suoi impulsi; la primavera, con i suoi odori, i suoi fiori, la sua transitorietà; sempre uno stesso sentimento anima la tragedia, dal principio alla fine... Questa unità del sentimento e del carattere perva de ogni dramma di Shakespeare». (Sa m u e l Ta y l o r Co l e r id g e, in Caratteristiche dei drammi shakespea riani, Torino, 1942).
Nota per la rappresentazione : La difficoltà meno agevole da superare per un complesso di teatro popolare che voglia mettere in scena questa celebre tragedia di Shakespeare, consiste nel numero degli attori e delle comparse che sono indispensabili. È possibile, tuttavia, e l’ espediente è largamente praticato anche dal teatro professionista, affidare ad uno stesso attore più di un ruolo, riducendo sensibilmente perciò il numero dei partecipanti allo spettacolo. Bisogna, naturalmente, fare eccezione per alcuni personaggi importanti (Romeo, Giulietta, il Principe, Paride, i rispettivi genitori, Capuleti e Montecchi, Mercuzio, Tebaldo, Frate Lorenzo e la Nutrice); tutti gli altri possono essere suddivisi tra non più di 6 o 7 attori, ai quali si possono aggiungere una decina di comparse (poiché tutti gli attori non impegnati in ruoli importanti, e non presenti in scena immediatamente prima o immediatamente dopo, possono, a loro volta, partecipare alle scene di folla). Saranno necessari, in tal modo, 12 attori che fanno un solo ruolo, 6 o 7 attori che ne fanno almeno 2 ciascuno, e 10 comparse; in tutto, meno di 30 persone.
Per semplificare al massimo lo spettacolo si consiglia l’ adozione del seguente dispositivo: panorama nero o di colore scuro, e i vari luoghi segnati in scena pressoché simbolicamente (es., per la piazza, basterà una panchina, per la cella un inginocchiatoio, per il cimitero un praticabile sormontato da una croce, ecc.). La scena che si svolge nell’ orto, con Giulietta affacciata al balcone, comporterà la costruzione d’ un praticabile con scala di servizio: in scena si vedrà solo il balcone dal quale si possono far pendere dei rampicanti, e solo Giulietta sarà illuminata, mantenendo Romeo in penombra con effetto che può essere molto suggestivo.
Si consiglia di suddividere lo spettacolo in due sole parti, con un intervallo, interrompendo l’ azione tra la prima e la seconda scena del III atto, cioè dopo l’ uccisione di Tebaldo.
T e a tr o
Titolo: Fuenteovejuna, 1617.
A utore: Lope Felix de Vega Carpio (1 5 6 2 -1 6 3 5 ).
Edizione italiana: Teatro spagnolo, a cura di E. Vittorini, trad. di A. R. Ferrarin, Milano, 1941, pp. 139-199.
A tti, scene, durata: 3 atti, 10 scene diverse. Durata 2 ore e 30 minuti circa.
Le scene sono, nelFordine: Casa del Gran Maestro, Piazza di Fuenteovejuna, Palazzo dei Re a Medina, Campagna di Fuenteovejuna, Casa di Esteban, Campagna di Ciudad Reai, Sala del Consiglio a Fuenteo vejuna, Casa del Commendatore, Palazzo dei Re a Toro, Palazzo dei Re a Tordesillas.
Numero degli interpreti: 22 (18 uomini e 4 donne).
Contadini, contadine, musicanti. Assessori di Fuenteovejuna.
Personaggi : Uomini: Re Ferdinando d’Aragona
Rodrigo Téllez Giròn, Gran Maestro
Fernando Gòmez de Guzmàn, Gran Commendatore Don Manrique
Un giudice
Un assessore di Ciudad Reai Un altro assessore Ortugno f Flores j Esteban Alonso Juan Rojo Frondoso Barrildo Mengo Leonelo, dottore i Cimbranos, soldato Un ragazzo
domestici del Commendatore
assessori di Fuenteovejuna
contadini
legge
Donne: Regina Isabella di Castiglia Laurenzia )
Giacinta > contadine Pasquala )
Soggetto: Fuenteovejuna è un villaggio sottoposto all’ ordine di Calatrava e il titolare, Fernando Gómez de Guzmàn, esercita sul paese una gravosa tirannìa, particolarmente nei riguardi delle fanciulle. L’ultima sua vittima è Laurenzia, figlia di Esteban, uno degli assessori di Fuenteovejuna: sopraggiunto nel bel mezzo della sua festa nuziale, la rapisce e fa imprigionare lo sposo, Frondoso. Laurenzia si sottrae alle persecuzioni del tiranno e spinge la popolazione del paese alla rivolta. Fernando viene giustiziato a furor di popolo, e la sua testa viene collocata sopra una picca, bandiera della riconquistata dignità di Fuenteovejuna. La regina Isabella, impressionata dal grave fatto, manda i suoi giudici a scoprire e punire il colpevole. Trecento abitanti della borgata vengono sottoposti alla tortura e tutti, vecchi e bambini, donne e uomini, alla domanda sacramentale dell’inquisitore: « chi ha ucciso Fernando Gómez ? », rispondono con una sola parola: « Fuenteovejuna! » Il re, investito del caso, assolve collettivamente Fuen teovejuna.
Un giudizio: « N o n esiste opera più democratica in tutto il teatro castigliano... Dramma pieno di bar bara e sublime poesia, senza enfasi, senza retorica, senza artifizio scenico; dramma che è la realtà stessa, bruta e palpitante, ma sublimata e resa universale dall’ingegno storico del poeta, cui basterebbe questa opera, anche senza tutte le altre, per esser annoverato fra i maggiori del mondo.» (Ma r c e l in o Me n é n d e z y Pe l a y o, in Obras de L.F.d.V.C., publicadas por la R. Academia Española, Madrid, 1890-1913). Nota per la rappresentazione: I problemi della messinscena di questo dramma di Lope de Vega sono
pressappoco gli stessi della tragedia «R om eo e Giulietta» di Shakespeare e le indicazioni relative alla scena date per quella possono senz’ altro valere anche per questa, così come i suggerimenti sulla riduzione dei ruoli, sulle comparse, ecc.
T e a tr o
Titolo: Tartufo, (Tartuffe), 1664.
A utore: Jean-Baptiste Poquelin, detto Molière (1 6 2 2 -1 6 7 3 ).
Edizione italiana : Mo l iè r e, L'impostore, ovvero II Tartufo, trad. di U. Dèttore, pp. 96, Milano, 1957, L. 60.
Atti, scene, durata: 5 atti, scena unica. Durata 2 ore circa. La scena è a Parigi, in casa di Orgone.
Numero degli interpreti: 12 (7 uomini e 5 donne).
Personaggi : Uomini: Orgone
Damide, suo figlio Valerio
Cleante, cognato di Orgone Tartufo, falso devoto Il Signor Leale Un Ufficiale
Donne: Madama Pernella, madre di Orgone Elmire, moglie di Orgone
Marianna, loro figlia, innamorata di Valerio Dorina, governante di Marianna
Filippa, serva di Madama Pernella
Soggetto: Tartufo, ipocrita e falso devoto, si è guadagnato la stima del ricco borghese Orgone, che gli ha aperto casa sua e ne ha imposto la convivenza ai familiari. Tartufo comincia a criticare il modo di vita di tutti, sostenuto dall’ approvazione di Madama Pernella e di Orgone. Mentre aspira al matrimo nio con Marianna, figlia di Orgone, Tartufo tenta di sedurne la moglie, Elmira; ma sarà proprio costei a sventare le sue manovre, fingendo di cedere alle sue pressioni. Ad uno dei colloqui riservati fra lei e Tartufo assisterà, infatti, nascosto sotto un tavolino, Orgone stesso, che, sconvolto dalla rivelazione,
investe e scaccia il miserabile ipocrita. Tartufo, allora, sfruttando le armi che la cieca fiducia di Orgone gli ha dato, si accinge a privarlo dei suoi beni, denunciandolo per aver ospitato un esiliato politico, e si presenta a casa di Orgone accompagnato da un ufficiale giudiziario. Ma il funzionario, anziché arre stare Orgone, arresta Tartufo, rivelando che la giustizia ha riconosciuto in lui un noto malfattore da
tempo ricercato. *jjj
Un giudizio : « Mai Molière ha spiegato tanta forza; mai la sua comicità è stata più profonda nelle in tenzioni, più viva negli effetti; mai egli concepì con maggiore fantasia, e scrisse con maggiore cura ». (La Ha r p e, in Molière et la Comédie, Oeuvres Complètes de M ., Paris, 1946, I, p. X X V III).
Nota per la rappresentazione: Questa, che è tra le massime commedie della storia di tutto il teatro di tutti i tempi, non presenta, da un punto di vista tecnico, difficoltà particolari. La scena è una sola, e molto semplice: una sala di soggiorno con un tavolo, delle poltrone, due o tre porte, ecc. La massima attenzione, invece, va data alFinterpretazione degli attori: è indispensabile, per esempio, che Tartufo non sia raffigurato come un impostore convenzionale, cioè evidente, né che, viceversa, coloro che lo ascoltano appaiano eccessivamente ingenui; poiché la sostanza della commedia non sta soltanto nel fatto che Tartufo è un malfattore intelligente e gli altri sono dei borghesi sciocchi, quanto nella mate ria, che è la devozione, sulla quale l’ impostura viene perpetrata. E tenendo presente tale accorgimento che la commedia di Molière rivela tutta la sua forza critica e satirica.
T e a tro
Titolo: II Matrimonio (Zenitba,) 1833.
Autore: Nikolài Vasilièvic Gogol (1 8 0 9 -1 8 5 2 ).
Edizione italiana: Go g o l, Il Matrimonio, trad. di L. Salvini, pp. 104, Milano, 1952, L. 150. Atti, scene, durata: 2 atti, 2 scene. Durata 1 ora e 30 minuti circa.
Le scene sono, nelPordine: Camera in casa di Podkoliossin, Camera in casa di Agata. Numero degli interpreti: 11 (7 uomini e 4 donne).
Personaggi: Uomini: Ivàn Kuzmi Podkoliossin, consigliere di corte in servizio Ilià Fonde Kockariòf, suo amico
Ivàn Pavlovic Jaiscniza, impiegato in un ministero Nikanor Ivanovic Anusckin, ufficiale di fanteria in pensione Balthasar Balthasarevic Zevakin, tenente di marina in pensione Aleksei Dimitrievic Starikov, negoziante
Stepàn, servitore di Podkoliossin
Donne: Agata Tichonovna, figlia di un negoziante Arina Pantieliejmonovna, sua zia Tecla Ivanovna, sensale di matrimoni Dunjaska, donna di servizio
Soggetto: Il consigliere di corte Podkoliossin, pressato dalle mene di una mezzana e di un amico, sta per sposarsi. Con l’ aiuto dell’ amico riesce a sbarazzarsi degli altri pretendenti alla mano della ragazza; ma poi viene ripreso definitivamente dall’indecisione e dalla paura del matrimonio che non l’ avevano in verità mai abbandonato. Nel momento in cui sembra proprio più entusiasta che mai, un breve soliloquio lo convince a scappare. Non potendo uscire dalla porta che l’ amico, ben conoscendo il suo carattere, aveva chiuso a chiave dal di fuori, salta dalla finestra, proprio nel momento in cui avrebbe dovuto recarsi alla cerimonia nuziale.
Un giudizio: « Noi conosciamo bene, dopo Ostrovski, questo genere di commedie; ma scriverne una prima di Ostrovski era una vera rivelazione artistica. Questo è il merito di Gogol in quanto autore dramma tico. Egli ha riconosciuto per primo che il teatro esiste innanzi tutto per rappresentare la vita con verità, senza abbellirla né esagerarla, ed ha espresso per primo, esteticamente, questa corrispondenza fra il teatro e la v ita ». (Ne s t o r Ko t l t a r e v s k i, in N. V. Gogol, 2a ed., Petersburg, 1908).
Nota per la rappresentazione: Entro certi limiti la rappresentazione di questa commedia è abbastanza facile: i caratteri sono tutti di facile individuazione, e i movimenti di scena non presentano particolari difficoltà. La sola cosa alla quale non si presterà mai abbastanza attenzione è quella di evitare di tradurre in mac chiette i personaggi: Gogol si lamentava di questi travisamenti degli attori a proposito del suo « Revi sore » e s’irritava contro quegli attori ignoranti che, dovendo far ridere per le situazioni in cui si trova vano, diventavano buffi, facendo perdere così alla satira tutto il suo valore. È bene quindi ricordare che in un lavoro comico che ha queste intenzioni satiriche quanto più i personaggi saranno veri tanto più i loro vizi e difetti appariranno vizi e difetti degli uomini, della società; in caso contrario vedremo sulla scena delle macchiette a proposito delle quali non c’importerà nulla che le loro azioni siano riprove- voli, giacché essi non sono degli uomini come gli altri, ma degli esseri eccezionali, dei minorati intel lettuali.
T e a tr o
Titolo: Antonello, capobrigante calabrese, 1850. Autore: Vincenzo Padùla (1 8 1 9 -1 8 9 3 ).
Edizione italiana: Padùla, Antonello, capobrigante calabrese, a cura di F. Gullo, Milano, 1952, pp. 120, L. 150. Atti, scene, durata: 5 atti, 3 scene. Durata 2 ore e 30 minuti circa.
Le scene sono, nell’ordine: L’ accampamento dei briganti, Stanza in casa di Brunetti, Il carcere. Numero degli interpreti: 15 (12 uomini e 3 donne).
10 comparse: Gendarmi (che non parlano) e Coro di donne.
Personaggi: Uomini: Antonello, capo brigante Sbarra /
Corina f SU01 comPagm Giuseppe
Don Peppe, pastore Brunetti, ricco galantuomo Luigino, suo figlio
Un maresciallo dei gendarmi Un capocivico
L’ Intendente di Cosenza Padre Antonio, cappuccino Pacchione, pittore Donne: Maria, moglie di Giuseppe
La Signora, moglie di Brunetti Rosa, cameriera
Soggetto: Il dramma si svolge all’epoca dell’eroica impresa dei fratelli Bandiera (1844), ed è basato sul con trasto tra la banda del capobrigante calabrese Antonello e il loro protettore Brunetti. Costui infatti ha violentato la moglie d’ uno dei suoi braccianti, Giuseppe, il quale, per vendicarsi dell’affronto, s’è unito alla banda. I banditi, allora, per mezzo di Rosa, serva in casa Brunetti, e fidanzata d’uno di loro, s’intro ducono nell abitazione del « galantuomo » e rapiscono lui e suo figlio. Brunetti è giustiziato, suo figlio invece si salva. Intanto giunge la notizia che i fratelli Bandiera sono stati fucilati, e contemporaneamente le autorità di Cosenza inviano ad Antonello un Maresciallo e un Capocivico perché persuadano il capo brigante ad arrendersi con tutta la banda, sotto promessa di salvacondotto e di esilio. È un tranello e Anto nello vi cade; i briganti sono tutti arrestati e portati in carcere, indi, con la scusa d’un trasferimento, condotti davanti al plotone d’esecuzione, e giustiziati.
Un giudizio: « Tra le cose da lui (Padùla) stampate, si legge un dramma brigantesco, che è un vero pastic cio di scene truci e di liberalismo di maniera. Ma in quel pasticcio s’incontrano brani di dialogo che hanno 1 odore della terra calabrese e insieme sono perfettamente italiani di forma ». (Be n e d e t t o Cr o c e, in Vincenzo Padùla, La letteratura della nuova Italia, I, p. 95, Bari, 1947).
Nota per la rappresentazione: Senza alcun dubbio Antonello, capobrigante calabrese non è molto facile da met tere in scena. C e innanzi tutto il problema del linguaggio, d’una espressione che è spesso oltre che dia lettale, arcaica: verità e maniera s’intrecciano ad ogni battuta rendendo difficile la costruzione, sulla scena,