FINITO TERCIO CANTARE INCIPIT QUARTO
4. chostui avesse] B: costui avese 92, 5 e] canc 92, 6 giustitia e reggimento] A: giustia e regimento 92, 7 a tucta] A:
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E ancho il podestà de’ bene e bello giustitia mantenere discretamente, e non de’ a petition di questo e quello fare ingiustitia o tortto di niente, né per prezente né altro cinbello, né per parerlli un om soficiente più che un altro volerllo ubidire né a sua richiesta dare altrui martire, 94
con dire: “Io servo questo cittadino, egl’è posente, io sarò rafermato”. Non piace questo all’alto Dio divino, e chi ciò fa non podestà chiamato debb’esser, ma piutosto altro latino si può per lui nel mondo aver uzato: manigholdo è suo diricto sermone e questa è propria sua vocatione. 95
Ma quel ch’è podestà diricto e vero più d’un che d’altro niente si cura; muovesi con giustitia ttucto intero con ll’animo viril senssa paura; minanccie né luzinghe nol fìo fiero, oro o argiento o doni oltra mizura; ascoltta volontieri ognun che parlla, con l’ochio alla razon che mai non falla.
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Or questo è podestà di vitio netto, che a cciaschun tribuisce so dovere; questo cotal, si può dir, hom perfetto, che vuol giustitia e razon mantenere e nel fondo tenere ogni indirecto; né sua sententia per altrui piacere proferir già non vuol, né per timore, sicome fe’ Pilato il mal pretore. 97
Or ritorniamo a Paganel corteze, che a far tal facto ben gli vastò il core, benché sbandito da lucan paeze lui e’ figluoli, come conta l’altore; Porcari diffatto e ogni porcarese per questo fun privati d’ogn’onore, ch’eran gientili e molto bene armati, e ’n della lor città molto honorati. 98
Mille dugientotredici corendo, a’ conssoli vivea con grande honore allocta Lucha, come trovo leggiendo; e ’n questo tenpo era conssol maggiore Albertto Sofreducci, e, po’ seghuendo, Ghuglelmo da Maluzi di valore, e Rustichello di Poggio allo ver dire, Buonagiunta Lanfredi a non mentire,
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Ghuglelmo Castagnacci il quarto guarddo, e non ne trovo più per scrictura.
In questo tenpo lo marcheze Sarddo di Masa, con moltti altri in sua congiura di tucta Lunigiana, senssa tarddo
moson ghuerra a’ luchesi; ma paura non ebbon già i luchesi valenti, che subbito asenbron tucte lor gienti. 100
Quinto non può servirmi e chiama sesto: “De! Vien, per Ddio, e toglimi fatica!” et io a ubidirllo sarò presto,
veggiendo purché non vuol ch’i’ più dica; onde del quinto qui fo punto e resto, e nel sesto dirò sanssa fatica
di quel marcheze Sardo che alle mani fu con luchesi cavalier sovrani.
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Vergine bella, piena di umiltade, Vergine bella, di purità vazo, Vergine bella, spechio d’onestade, soccorsso ai peccatori in ogni cazo, gratia mi da’, per tua benignitade, ch’i’ posa ritornar dove romazo era nel quinto canto, a’ que’ marchezi che fecen guerra contra de’ luchezi. 2
E gli luchesi con lor conbattero, dove sconficti furon que’ marchesi, e sì ebbon victoria, a ddir il vero, i pregiati, valenti e buon luchesi; or transcorendo vo’ con miei penssieri, per non tediarvi e tenervi sospesi, quattordici anni con mille e dugiento, il populo lucan, pien d’ardimento, 3
eleson podestà sanssa mentire, e fu contra la volontà de’ grandi di Luccha; e pur si fe’, allo ver dire. E ’l nome suo, se pur me ne domandi, io te ’l dirò sanssa più soferire:
per lli due verssi convien che si spandi, poiché ’l popul lo elese a ttal ripari, questo sì fu Ingherame da Porccari. 4
Onde per questo sucitò romore nella città di Lucha, a ttal partito, che della terra se ne fuggì fuore il vechio podestà savio e sentito e cavalier’ di Lucha con furore; e saviamente ognun sì fu fuggito: a Ccastel Pasarino e Librafracta, andonno i cavalieri per quella tracta.
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Negl’anni poi mille dugiemdiciotto, romani gli luchesi ebbon richiesti sol per far un’armata, il popul docto, sopra de’ saracini; onde fur’ presti i buon luchesi e mandarvi di bocto moltti buon cavalieri experti e desti, e ’l veschovo di Lucha di valore de’ suoi luchesi fu conducitore,
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che si chiamava il vescovo Ruberto, buon di persona e zelator di Dio, se bisognasse in arme prode experto: volentier givvi quel vescovo pio, per l’alma sua voler acquistar merto, sempre in honore e non mica in oblìo di Cristo il suo sepolcro, che tra’ cani, per voglia sua, cavarlo di lor mani.
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Or brevemente fe’ una bella armata: sol di luchesi fu una grossa nave, tutta di cavalier, gente pregiata; partì l’armata con vento soave da Roma, e misson campo a Damiata, la qual si prese con fatica grave; ed in quest’anno i malvagi pisani si ruppon guerra contra de’ lucani.
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Mandar’ gran gente di ver’ Garfagnana, volendo intorno la terra assediare, pigliando i papi e per monte e per piana dicendo: “E’ non si potranno aitare!”. Ma come piacque alla Madre soprana i buon luchesi, vedendo l’affare, della città s’armò il meglioramento che da caval vi fu mille dugento.
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Or tremilia pedon prodi e valenti, abbreviando, furono alle mani: con l’ajuto di Dio feron dolenti con loro spade di molti pisani, e gran battaglie feron queste genti, che d’ogni parte li baron sovrani forte ferìan per acquistare onore, e ’l popul lucan fu vincitore.
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E gli pisan fuggiro in isconfitta, dando i luchesi sempre lor travaglia: de’ pisan non rimase insegna ritta, e molti ne fur’ morti alla battaglia; e prigioni e feritti, in tal trafitta, vi furo assai di que’ pisan di vaglia: fu questa rotta alla rocha a Mozzano, siccome piacque allo Dio sovrano.
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Ne li anni mille dugentoventidue, i pisan sì servinno i saracini di gran quantità d’oglio, e questo fue cagion che lor passar’ nostre confini, e per venir per esso e’ pisan’ giue alla marina l’oglio sì portaron, e’ buon luchesi Sisto guadagnaron. e (...)
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Questo medezimo anno un bel castello si fondò, e fu per llo popul lucano; e questo si chiamò Castigloncello, e ogni cittadin pro’ e sovrano vi fu a farllo, e, facto presto e bello, tucto signoreggiava il pian pisano; e non potea di Pisa uscire sccortta che d’inde non vedesse entro la porta. 13
Per sua potenssa non potè obviare il populo pisano a ttal forttessa, che a llor dispetto sì la feron fare i buon luchesi, pien di gientilessa; e gli pisani un’altra ne fer’ fare in su Monte Moreccio, per salvessa: Castel del Bosco l’avean nominato. Non ssi livrò perché ’l popul pregiato 14
di Lucha gli fu incontro arditamente, e gran battagla fer’ con eso loro; morivvi molti per tal convenente, ché fu crudel battagla fra costoro. E ’l populo di Lucha fu vincente, onde i pisan non compien lor lavoro, ma tucti quanti furon isconficti, come vedete per lli verssi sccrictti
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All’anno mille dugienventitré, i pisan dai luchesi malmenati fur’, come per scricto anchor si ve’, a Ccerasomma alle man son trovati: alla battagla, come far si de’, vinccitor funno i luchesi pregiati, et in quest’anno i lucan, popul gaio, fondonno e fenno il castel di Rotaio. 16
Poscia, nel mille dugientovensei, i luchesi sì arsson Castigloni di Garfagnana, come saper déi, e fu questo per certte ofenssioni; pur la forttessa romase in piei, arsson le case e loro abitagioni exeptto la fortessa, com’io dico, chon la rocha del castello antico. 17
E poi nel mille dugienquaratuno, lo ’nperador Federigho per forssa prese Firensse, e questo sa ciaschuno, se lla scrictura bene il vero amorssa; d’april fu questo, così sappia ognuno, e loro avizi non valsse una scorssa, né lor tezoro, né poter, né valore contra di Federigho inperadore. 18
In del quarantadue, com’ò trovato, e duegiento mill’anni che lla pianta si venne in terra del verbo incarnato, i luchesi fondaron Pietrasanta; et in quel tenpo un podestà pregiato, con be’ costumi e con vertù, s’ammanta: in Lucha si trovò, s’io ben riguardo, da Pietrasanta fu messer Ghuiscardo. 16, 5. romaso] lettura incerta
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Dico da Pietrasanta in Lonbardia, era disceso il podestà valente,
che sempre ebbe sua mente tanto pia, che tucto il popul lucan veramente l’amaron; siché ciaschedun dizìa far cosa grata al gientilom piacente, per sua contteplation, come si canta, al castel puoson nome Pietrasanta. 20
Anni dugienquarantacinque e mille corendo, Lucha disfece Corssena, e similmente arsono alcune ville; e se peccato fer’ ne portton pena d’accender contra i luchesi faville che fuoro grandi sucesive mena, onde purgati fur’ di loro erore se volssono ai luchesi far disnore. 21
Negl’anni mille dugienquarantasette, cacciati fur’ li guelfi fiorentini da Firensse per lor malvagie sette, e loro refugio fu, per tal latini, quella città di Lucha; e quivi stecte con lor famigle grandi e piccolini, e fu loro abitare, sicom’io spiano, in del più bel di Lucha a san Frediano. 22
Dugiencinquantaquattro e mille serra,
i fiorentin, con gran seghuritade, preson per loro la città di Voltterra, e soggiogaron la lor libertade;
nel cinquansei, se ’l mio cantar non erra, presono Arezzo, la nobil cittade,
e ll’anno sopraschricto i buon luchesi fer’ ghuerra con pisani, poi pace fesi.
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Negl’anni poi mille dugiensesanta, d’accordio i fiorentini e’ buon luchesi per piglar Siena, come già si canta, gran giente radunar’ di lor paezi; su Monteapertti giunta tucta quanta l’oste si fu in quel de’ senesi di là dalla (...) canpagna piena
preso di uno miglio alla città di Siena. 24
Cinque migla luchesi, ora m’intende, vi si trovò tucta giente pregiata, de’ quali, secondo le nostre leggiende, nesun ne fece a casa ritornata,
ché mortte e prigionia tucti comprende in quella gran battagla smizurata; per non tediarvi in de’ miei longhi dicti, i fiorentini e’ luchesi sconficti
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fur’ dai senezi, come mio dir prova; ma i luchesi furono ingannati
dai fiorentin - ma questo, a ddir, che giova? che a questa voltta furon malmenati,
talché scampato nesun se ne trova; perché fur’ primi feritor mandati e poi furon lasati in della pesta
senssa dar lor soccorsso, or nota questa. 26
I fiorentini intesono a fuggire, con messer Farinata il capitano, e gli luchesi pien di grande arddire si difendevon con lla spada in mano, faccendo de’ senesi asai morire;
ma tanto fu il soperchio, com’io spiano, luchesi mortti e presi sansa resta: di cinque migla non ne campò testa.
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Sicome avanti avete udito dire, esendo a Lucha i guelfi di Firenssa, le tere di Toscana, a non mentire, insieme tucte con lor gran potenssa, asediaron Lucha, allo ver ddire; e’ buon luchesi feron resistenssa, perché tucta Toscana allor vivea che partte ghibellina mantenea. 28
Vo’ che sappiate chi furon gli usciti, i quali a Lucha venneno abitare, e nel dugiensesanta son parttiti: dopo la rocta ch’i’ ebbi a nnarare, della victoria de’ senesi ardditi, allora i guelfi, sansa più indugiare, di Firensse parttirssi e girssen via, e ’n versso Lucha ciaschun ne venìa, 29
perché temevan de’ baron sentiti che da Siena venian con lor brigate: giente todesca e ghibellini ardditi. Et in Firensse son le gienti entrate, onde che i guelfi, tucti sbigottiti, di Firensse partir’ con lor masnate: de’ ghibellini avendo gran temenssa, a Lucha vennon con gran providenssa. 30
Quivi seghuri stanno sanssa incciampo, ché dai luchesi egl’eran molto amati, e gran battagle per llo loro scampo e moltti afanni per loro an portati, di guardi, asedi e battagle di canpo sol per averlli in lor città salvati; e cantar vo’ di tucte le casate
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del sesto prìa d’Oltrarno Rossi e Nerlli, Balddi con Frescobaldi e popolani, Mozzi vi furon e ancho i Manuelli della notabil casa Ravignani,
Ranucci, Agloni, Magli e’ Belfredelli, Barbadoro, Cocciolini e’ Battimani, di questo sesto ancora i Sodorini, Machiavelli, Canurati et Arbbigini. 32
Del sesto poi di san Piero Scheraggio, i nobili vi furo e i Gherardini,
Cavalccanti e Bagnesi di vantaggio, e’ Pulcci e Ghuidolocti e Lucardini; Mallispin Foraboschi in sul rivaggio, Manieri, e que’ da Cona tanto fini, Sachetti con Piombesi, dice il testo, e nobil popolan del detto sesto. 33
E Magalotti, Manccini e Bucelli, e furvi asai di que’ della Vitella, nobil del sexto del Borgo con elli; i Buondelmonti Scali a ttale appella, di Spini e Gianfiglassi due fratelli, e’ buon Bostichi vi furon in quella, e’ Giandonati furvi e popolani, e’ Cianpoli e Alttoviti sì sovrani; 34
Baldovinetti e di molti altri asai di san Brancasio, il sesto gratioso, nobili Tornaquincci, e poi vedrai Vechietti e Minerbbetti con riposo, e’ Pigli e’ Bechamugi con lor guai: si dipartir’ ognun maninconoso. Bordoni e altri più vien ch’io dipinghi, e di Portta del Duomo i be’ Tosinghi.
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Arighucci, Agli, Sitii e ser Brunetto ch’è de’ Latini, e Marignuoli co’ suoi di Portta di san Piero, con gran sospecto; Adimari, Passi e Visdomini poi,
e de’ Donati parte in tale effetto, e di molti altri, ch’io non dico a voi; di settenbre a dì sedici il sovrano,
giunsse in Firensse, il buon conte Giordano, 36
con fuoriusciti e ghibellina partte di tucte terre di tucta Toscana; e fe’ giurare a ttucte quante l’arte, la fedeltà la persona sovrana
del re Manfredi, com’ dicon le carte, e per pacti promesi, ancor si spiana, cinque castella di Firenssa, e fesi per pacto facto tra loro e sanesi. 37
Eran questa castella alla frontiera e poteano il sanese danneggiare, siché spianate fur alla primiera; e quel conte Giordan, che non à pare, rissò in Firenssa del re la bandiera: capitan, podestà, a suo modo fare volsse, e si fece de’ suoi confidenti per distrugger i guelffi e far dolenti. 38
Conte Giordano sì fu di Lonbardia, di quella bella terra del Piamonte, e tanto fe’ per sua gran gaglardia che capitan fu facto, il gientil conte: gieneral di Toscana con baylya dal re Manfredi, e da sua lieta fronte a ogni ghibellino faceva honore, e fu di tucti i guelffi struggitore.
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Per simil modo il quale io v’ò contato, che guelffi di Firensse ebbono a uscire, il simil di Pistoia, e anchor di Prato, Voltterra e san Miniato allo ver dire: alla città di Lucha ognuno è andato; e dette terre poi, sanssa mentire, a parte ghibellina ognuno tenea: tucta Toschana il simile facea, 40
salvo che Lucha, città gratiosa, solo de’ guelffi refugio e riposo fu per gran tenpo, come qui si chiosa; onde che ’l re Manfredi glorioso mandò pel conte, sanssa sosta o posa, dico pel conte Giordan sì famoso, peroché in Pugla avea asai da fare, a ubidir fu preso il conte e andare. 41
Lassò in suo luoco il franco paladino conte Guido Novel de’ conti Guidi, il quale era di que’ da Cazentino, e dise: “Vedi, fa’ che non ti fidi di nesum guelfo, intendi mio latino,
benché dinansi alla tua faccia ridi,
benivolensa ver’ di te mostrando.
Fa’ ch’ubidischi quel ch’io ti comando!”.
41, 1. lassò] B: lasò 41, 5. guelfo] B: guelffo 41, 6. benché] A e B: perché; dinansi] B: dinanssi 41, 7. benivolensa] B:
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E questo conte Guido sì fu quello il qual per parte tanto conbacteo in Modiglana, quel gentil castello, che con suoi mani tanti guelfi uccideo; e di certo Simone, il suo fratello, a un altro Guido guelfo guerra feo: disposto era chostui di dizertare i guelfi, e di Toschana via chaccare. 43
Romase questo per luoghotenente posa la partita del conte Giordano, e chostui fe’ radunare molta gente dalle città vicini, com’io spiano, pur ghibellini per tal convenente: i conti Guidi, di valor sovrano, e conti Alberti, e que’ di santo Fiore e gl’Ubaldini, come conta l’altore. 44
E poi che gl’ebbe chosì radunati il conte Guido subbito propuose: “Cari fratelli e ghibellin pregiati, a me parebbe, sensa sosta o pose, le mura e torion siano spianati di questa gram città; e cotal cose darà ai ghibellin gran sigurtade
rechisi a’ borghi ormai questa cittade”.
42, 2. parte] B: partte; conbacteo] B: combatteo 42, 3. gentil] B: gientil 42, 4. guelfi] B: guelffi 45, 5. certo] B: certto 42, 7. chostui] B: costui; dizertare] B: dizerttare 42, 8. guelfi] B: guelffi; Toschana] B: Toscana; chaccare] B: ccacciare 43, 1. per] A: in; luoghotenente] B: luocotenente 43, 2. partita] B: parttita 43, 3. chostui] B: costui; molta] B: moltta 43, 3. vicini] B: vicine 43, 7. Alberti] B: albertti; santo] B: santa 44, 1. ebbe] B: ebe; chosì] B: così 44, 2. Guido] B:
ghuido; subbito] B: subito 44, 4. sensa] B: senssa; pose] A: posa 44, 6. cose] A: cosa 44, 7. sigurtade] B: sigurtade 44,