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Ottava assente in C 23, 1 conquero] lettura incerta; C: Di Lucha fur seicento cavaliero 24, 3 prode] C: fedele

FINITO SESXTO INCIPIT SETTIMO

22. Ottava assente in C 23, 1 conquero] lettura incerta; C: Di Lucha fur seicento cavaliero 24, 3 prode] C: fedele

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Poi i fiorentin, con loro secreto ingiegno, pratica feron con quel dal Montale, un castel preso a Pistoia, com’io tegno; a quattro migla il praticar fu tale, per tradimento dato un certto segno, ebono il fortte castel trionfale: forttisimo era di rocha e di mura né mica avea di canpo mai paura. 27

Per tradimento e denari fu tal facto, e, come gl’ebbon la forttessa avuta, abbatterlla e disferlla al primo tracto; quando la bella rocha fu caduta, e ’l castel tucto brugiato e disfacto, una campana, che sempre tenuta fu in sulla rocha, mandar’ a Firenssa, e anche v’è per mia ferma credenssa, 28

la qual si chiama anchor la Montanina, per campana de’ Messi, il ver vi parllo; su al podestà la sera e lla mattina suona detta canpana, sanssa fallo, e di buon suono, che mai fu la più fina; et esendo Pistoia in tale stallo

con l’aiuto d’Aresso e parte biancha, pisani e ’nterminelli, brigata francha. 29

Temendo i fiorentini che al favore del’aretin, pisani e ’nterminelli a’ pistoresi non cresca valore, eleson capitano a ttal cinbelli Rubertto di Calavria, pien d’onore, del re Carllo secondo figlo, e elli primogienito suo, come ’l ver senti, con cavalieri trecento pro’ e valentti.

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Et onorevolmente ricevuto dai fiorentin, come re fose stato, poi, riposato il giovano saputo, bandir fe’ l’oste il capitan pregiato sopra Pistoia, e ’l bando fu temuto, che ’n punto fu tal oste sanssa piato: trovarssi ben da piedi e da cavallo dodici migla e più, sanss’alcum fallo. 31

Et ordinò, e fece ben, suoi schiere, le quali die’ tucte a’ suoi baroni egregi; inargientate suoi targgie e bandiere, covertte, sopraveste a perlle e fregi, e ’n ver Pistoia prese suo’ sentiere; dall’altra partte que’ luchesi egregi con questo capitan si ritrovaron, e lla città d’intorno asediaron

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E fervi intorno beltresche e steccato,

e battifolli e fosi, siché intrare

non poteva in Pistoia hom che sia nato; siché comincciar drento a sghomentare, e messer Tozolano, homo pregiato, ch’é degl’Ubertti, asai gl’à a cconfortare: de’ pistoresi egl’era capitano,

hom valoroso e d’arme pro’ e sovrano. 33

Questo messer Tozolan degli Ubertti trecento cavalieri à in sua condocta, dell’arme fieri, valorosi, expertti; e ttanto fe’ la sua persona allocta, che inbasciatori mandò sacreti e certti al papa, e rispost’ ebbe in poca d’octa. Poi disse a’ pistoresi: “In brievi giorni provedrà il papa sanssa alcuni scorni”.

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Ed inde a poco tenpo sì mandoe il papa due cardinali a Firenssa: Napoleon cardinal detto fue, di casa Orssini piena di potenssa, e ’l cardinal da Prato s’adobboe. Per gir corseno sanssa soferenssa, e questi furon due savi legati, dal papa all’oste fiorentin mandati; 35

e simile ai luchesi di podesta, che, soctto pena di scomunicatione, da Pistoa levin campo sanssa resta; e al duca Ruberto, buon canpione, non parve tal comandamento festa: parttisi e in sue terre ritornone, e’ fiorentin fer’ capitan di facta il nobil messer Degho della Racta: 36

mariscarcho era del ducha Rubertto, ed era un valoroso catelano;

e gli luchesi allocta per llo certto lor canpo ringrosar’, com’io vi spiano; et una inposta fer - ciascun s’è ofertto: fessi e chiamosi, come noi troviano, la ’nposta della segha, e poi ciaschuno pagò sua rata, sansa mancho alcuno. 37

Durante questo asedio inanti dictto, il qual fu posto in del mille trecento cinque con eso, com’io trovo scrictto, (fine in dell’occto durò con tormento), fiorentini e luchesi lo ’ntradictto ebbon da papa: el dizubidimento fer’, non curandol mai partir d’asedio, siché que’ drento non an più remedio:

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venuto meno ogni lor vectovagla, sì s’arendenno a salve le persone a’ fiorentini e luchesi di vagla;

onde entrar’ drento e poi fer’ partigione prìa del contado, per cotal bersagla, versso levante, come il libro pone: mezzo il contado a’ fiorentin fu dato, dalla lor parte ver’ Firesnsse e Prato. 39

E’ luchesi ebbon di versso ponente, l’altra metà in versso Seravalle; e Seravalle, se ’l mio dir non mente, l’aforssar’ gli luchesi in ogni calle, e lla città non divizon niente: ma come savi lor cose francharlle, che i fiorentin vi mandin capitano, e’ buon luchesi il podestà sovrano. 40

E poi scanbbiar’ seguendo di anno in anno, che capitan vi mandi il buon luchese e ’l fiorentin podestà col bon anno; gl’altri offitiali, anchor vi fo palese, in simil modo sanssa briga o afanno, or dell’uno o dell’altro sanssa ofese; così l’entrate parttir’ per metade, e similmente il tenervi masnade. 41

Nel mille trecentocto fu tal cosa, che lla città di Pistoia si renddeo; all’undici e trecento, mio dir chiosa, per lle potenssie ch’io dirò, si feo

un gran conssiglo, il qual poi, sansa posa, bolognesi e luchesi e ancho il reo

fiorentin popul con sanesi insieme e voltterani, sicome mio dir preme.

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Tucte le terre guelffe di Toscana parllamentar’, e llega ebon fermato: giurarssi insieme la giente sovrana di non lasar lo ’nperador pregiato in Toscana pasar la lor fiumana, ché presentìan che già era inviato; e tagla fer’ di moltti cavalieri per contastare il paso allo ’nperieri. 43

Lo ’nperador dipoi, a Gienova giunto, ciò sentendo, la lega alle frontiere mison lor giente, ciascun ben in punto, e maxime i luchesi a ttal mestiere;

ver’ Lunigiana fornir’ molto apunto, ma venne lor fallito ogni penssiere,

perché per mare lo ’nperador andoe e sanssa alcun conteso in Pisa entroe. 44

E nel trecentododici di marsso, in Pisa entro fu lo ’nperadore, e ’l populo pisan già non fu scarsso a farlli don con grandisimo honore: d’oro e d’argiento sì l’ebbon rincalsso, e cciò vedendo sì gl’alegrò il cuore, penssando sempre pur voler pasare a Roma, e llà doverssi incoronare. 45

In Pisa avea lo ’nperio conpagnia di suoi pregiati e nomati baroni -s’io nol dicesi farebbi follia: l’arcivescovo (...) a ttal sermoni, e ’l vescovo di leggie e sua baronia, e ’l duca di Baviera e’ suoi campioni, e ’l conte di Savoia a ttal latino, e messer Guido fratel del dalffino;

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e del conte di Fiandra il suo fratello vi si trovò col conte di Lavagna, e ’l conte di Forese francho e snello, e Lupo Mastro ch’era della Magna, con lor brigate ciaschun signor bello: ai bella baronia, e quanto magna!, che ciascheduno un paladin senbrava, dell’arme expertti ciascun dimostrava. 47

Al ttucto i pisan dier’ la signoria allo ’nperier della città di Pisa; e per mettere in punto sua baronia oro e argiento donarlli in tal ghuisa, che ben potrìa sua mente star giolìa; lo ’nperador, come mio dir divisa, avea con seco in Pisa di sovrani cavalier ben duemigla oltramo[n]tani. 48

Sentendo donqua l’alto re Rubertto che llo re della Magna fe’ arivata, a Ppisa con sua giente, per llo certto, e quivi tucto giorno fa raunata di sue brigate, come savio experto, per gire a Roma a far sua incoronata, lo ’nperador cerccava ogni sua via per gire a Roma, e facto gli venìa,

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perché chon lui teneano i cholonnesi, col seguito che aveano della lor parte, e rre Ruberto richiese i luchesi: trecento chavalier, dichon le carte, v’andon di Lucha, pregiati e cortezi, e mille buon pedom destri a tal arte; e fiorentim mandorlli, a tal mestieri, mille pedom e trecento cavalieri. 50

I senesi mandom guerier dugiento, omini saggi e con discressione, e di pedom mandaron mille ciento e molte terre fer’ tal provigione

per re Ruberto aiutare, sichom’io sento, e ’mpedir la ’mcoronassione.

Mille trecientododici di maggio

trovarsi a Rroma ciascum baron saggo, 51

e re Ruberto e sua cavallaria, insieme secho tutta casa Orsini, col seguito che ognun di lor avia di buon romani e franchi cittadini, sì presem Canpidoglo, in fede mia, come pregiati e franchi paladini; messer Luizo cacciar’ da Savoia: senator era, e con gran danno e noia.

49, 1. chon] B: con; cholonnesi] B: colonnesi 49, 2. seguito] B: seghuito; parte] B: partte 49, 3. Ruberto] B: Rubertto 49, 4. chavalier] B: cavalier; dichon] B: dicon; carte] B: cartte 49, 5. v’andon] A: vadom; cortezi] B: cortesi 49, 6. arte] B: artte 49, 7. mandorlli] A: mandoni 50, 1. senesi] B: sanesi 50, 2. omini] B: homini; discressione] B: discretione 50, 3. ciento] B: cento 50, 4. molte] B: moltte 50, 5. Ruberto] B: Rubertto; aiutare] B: aitare; sichom’] B: sicom 50, 6.

’mcoronassione] B: incoronatione 50, 7. treciento] B: trecento 50, 8. trovarsi] B: trovarssi; ciascum] B: ciaschun; saggo] B: saggio 51, 1. Ruberto] B: Rubertto 51, 2. secho] B: seco; tutta] B: tucta; Orsini] B: orssini 51, 3. seguito] B: seghuito; avia] A: avea 51, 5. presem] B: preson 51, 7. Luizo] B: luyzo; cacciar’] C: chiamar; Savoia] B: savoya 51, 8. noia] B: noya

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E poscia presom castello Adriano, che oggidì è Sant’angelo detto;

la chieza di sam Pier, come troviano, bem mezzo Roma, per cotale effetto, avevan preso, chome noi leggiano; e’ cholonesi ugnun fu sì ristretto, che tenean parte dello inperadore, et ebom preso santa Maria Maggiore, 53

santa Maria Ritonda e ’l Chulizeo, e lle militie con santa Savina, e Llaterano ancor sì si prendeo pe’ colonnesi; e poi, con gran ruina, fer’ gram serragli, e poi ciascum si steo, spettando che lo ’nperier s’aviscina, le lor fortesse guardando chon arte: lo ’nperador di Pisa ancor non parte. 54

Lo ’nperador, a Pisa dimorando, messer Arigho a sé fecie chiamare: di Fiandra fu e gì a suo comando, e chomandò che s’abbia aparechiare con sue brighate; e egli, pocho stando, fu meso in punto sol per voler fare quel che lo inperador vorrà che faccia, bem volentieri e con alegra faccia.

52, 2. angelo] B: agnolo; detto] A: ditto B: dicto 52, 5. avevan] B: avevon; leggiano] B: leggiamo 52, 6. cholonesi] B:

colonnesi; ognun] A: ugnun 52, 7. parte] B: partte 52, 8. ebom] B: ebbon 53, 1. Chulizeo] B: culizeo 53, 2. militie] A: milisia; Savina] A: savera 53, 5. ciascum] B: ciaschun 53, 6. aviscina] B: avicina 53, 7. fortesse] B: forttesse; chon] B: con; arte] B: artte 53, 8. parte] A: pate 54, 1. a Pisa dimorando] A: di Pisa ancor non parte 54, 2. Arigho] B: arigo; a sé]

A: ancor; fecie] B: fece 54, 4. chomandò] B: comandò 54, 5. brighate] B: brigate; pocho] B: poco 54, 6. fu meso in

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Lo ’nperieri comandò che prestamente fusse a caval con mille cavalieri, e semigla pedom di franca giente; ver’ Lunigiana tengha suo sentieri sopra le tterre, se ’l mio dir non mente, de’ buon luchesi, e, chome lion fieri, al primo asalto presom Pietrasanta per forsa, sicome mio cantar canta. 56

E Sarezzana, veggiendo il baractto che era di Lucha, alor come si trova, a Malaspim Marchezi diesi affatto, che di batagla far a lor non giova; e que’ Marchezi veggiendo il bel tratto li presom sensa far d’arme altra prova. Detti Marchesi sì eram fedeltieri del gratioso e nobile inperieri. 57

E dopo questo lo ’nperier possente partì di Pisa, e ’n verso Siena gìa; e giunto a Siena con sua bella giente di fuor passò, e ’n sul Arbia venìa: a Monteaperto, come mio dir sente, i sanesi asaltar sua baronia,

benché di tal asalto fu pentuti, perché romasem morti e ricreduti.

55, 2. fusse] B: fosse 55, 6. lion] B: leon 55, 7. asalto] B: asaltto 55, 8. forsa] B: forssa 56, 1. baractto] A: mercato 56, 2. alor] B: allor 56, 3. affatto] B: afacto 56, 4. batagla] B: battagla 56, 5. tratto] B: tracto 56, 6. sensa] B: sanssa 56, 7.

fedeltieri] B: fedelttieri 57, 2. partì] B: partte; ’n verso] B: enversso 57, 4. passò] B: pasò 57, 7. asalto] B: asaltto 57, 8. romasem] B: romason; morti] B: mortti; ricreduti] C: receduti

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D’inde partisi e andone a Buonconvento molto malato, come mi’ dir suona; al bangno a Macerato, chom’io sento, vi si bangnò la franca chorona, e tanto ’l male li fece asaltamento,

che al borgho a Buonconvento, sì ragiona, che a ventiquattro d’agosto, al vero, morì quel sacro e nobile inperiero. 59

E suo’ baroni il corpo ne portaron a Pisa, sicome la storia canta, dove che buon pisam ne lagrimaron, e llor brighate come giente afranta; que’ della legha se ne ralegraron, che d’aver vinta lor guerra si vanta. Sepulto in Pisa gra[n]dissimo onore fu questo sacro Arrigho inperadore. 60

Mille trecentotredici chorendo, i fiorentini sì dienno a rre Ruberto, la singnoria ot’anni, chom’io intendo, così l’ebbe quel franco re sperto; simil fecen i luchesi, convenendo pistoresi, pratesi per llo certo: tutti si dienno a quella singnoria de’ re Ruberto, piem di vighorìa. 61

In nel ditt’anno, essendo il pro’ Ughuccione in Pisa, dopo la velocie morte

del sacro re Arigho inperadore, non come sbighottito a cotal sorte, ma vighorosamente, il pro’ barone, chom i ccavalieri e suo’ masnate acorte, saglino i luchesi, non istando,

fine alle porte ardendo e brugiando. 61, 7. saglino] C: assaligno

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Singnor, far vo’ qui punto, a ddire il vero, perché la penna è corsa con difetto, sol per voler cantar delo ’nperiero; a dirieto vo’ tornar, chom’io ò detto, e rracontar i tempi a tal mestiero, che funno molte cose chon effetto; al mille trecentoquattro vo’ tornare, e poi il trecentotredici trovare. 63

Alchune chose dengne di memoria non vo’ lassar, che per lli tenpi è stato; nel mille trecientoquattro, la mia storia mette che ’l cardinal di Prato, sì pregiato, venne a Firenze con festa e con gloria,

e fu ricevuto, quel sacro prelato, perché dicea di venir per acordare li guelfi choi ghibellini, e pasce fare. 64

Per tal ragiom grad’onor li fu fatto, e lui mostrava durar molto affano a tal acordio far, il fasso ghatto;

e ssocto questo ricercava il gram danno, e distrution de’ guelfi a tal baratto; ma fu scoperto questo grande inghanno: voleva il cardinal, per tal latini,

prender Firense per lli ghibellini. 65

Onde che i guelfi bene e saviamente,

non sentendosi forte a rriparare al cardinal e a tutta la sua giente, a’ ghibellini ancor, per tal affare, mandonno a Lucha asai segretamente,

con quanto sforsso può, che vengnino aiutare: mandonvi i luchesi a tal mestieri,

armati in punto mille chavalieri,

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e cinquemigla pedoni bem uzati

giunti a Firense; e’ guelfi vi dien drento, e ’l cardinal e’ ghibellim chacciati

furom con morte e con danno e tormento; e’ guelfi misem fuoco a cas’Abati,

ed arsem quivi, in poco tenimento, mille dugiento case con furore, poi chiamaron i luchesi di valore. 67

Per tutto il popul v’è dato balìa, per riformar Firense, come vi pare; e li luchesi pien di vighoria

feron le tasche, secondo l’uzare di Lucha, lor città sensa follia; e podestà vi misson, sensa errare, e capitano: e luchese ongnum fue, podestà e capitam per anni due. 68

Poi sì partir’ li luchesi valenti, com’ebom riformata la cittade: l’onor lasiamo e lli ringratiamenti, le grandi offerte che gl’ebbeno a ffare; bem si vedea pe’ tenpi succiedenti il guiglardon di chotanto ben fare: come d’ingratitudine fur’ paghati i buon luchesi, valenti e pregiati. 69

Mille trecentosette i buon luchesi a castel Fosdinuovo missom canpo, a pacti l’ebon che non fer’ contese da altra giente né lor dato incianpo. Mille trecentonove i pistoresi,

da’ fiorentini soducti, chom’io chanto, si ribellono a’ luchesi valenti,

e’ luchesi assebron tutte lor gienti.

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Ed ebom la città tosto asediata, e chondutti gli aveano a mala serra; ma i fiorentini colla lor giente arrotata sì gli socchorsem, se ’l cantar non erra: scoprisi il tradimento a quella fiata, siché i luchesi sani della guerra partinsim, e alla lor città fur’ ritornati, benché di tal affar forte adirati.

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Mille treciento anni passare,

Lucha romoreggiò, chom’i’ o saputo, perché i grandi voleam singnoreggiare; onde che si levò il popul minuto, e Bontur Dati fu capo acciò fare,

e Pichio Chacaiuolo, sì proveduto, Ciacco dell’Erro piem di vighoria: tolseno ai grandi alor la singnoria. 72

Pocho durò questo minuto stato: poi nel trecentododoci Spineta,

marcheze in Lunigiana, omo pregiato, Verruchola con Buozi a cotal detta, la Ghulla con san Stefano ha piglato, e Barbassano e Fosdinuovo in frecta; queste castella al buon comun luchese tolse il marchese dicto, e per sé prese. 73

Ad Ughucciom, là dov’io vi lassai, mille trecientotredici cantando, come per dare ai luchesi guai, fino alle porti ardendo e ibrugiando, e canpo fermo puose, per tal lai, e, senza sfidamento o altro bando, questo proprio anno, come il libro pone, singnor di Pisa era facto Ughuccione.

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Della Faggiuola Ughuccion fu chiamato, singnor di Pisa al tucto quel barone; quando morì lo ’nperador pregiato, con sue masnate con tedeschi il canpione si portò, sich’ognun l’à ridoctato,

e singnor facto, come libro pone; a Lucha puose canpo, in fede mia, quel singnor franco e pien di ghaglardia: 75

Sì forte la città avea asediata, e fortemente sì lla stringie e serra. D’Interminelli avea secho brighata, ghibelim fuorusciti della terra: divizion ancor drento era nata. Mai ebbon li luchesi peggior guerra, forniti mal di giente a chontastare, diliberon voler pacie fare.

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Dirò de’ chapi di lor divizione: messer Luto delli Oppisi, una parte lui era capo; e l’altro, il libro pone, messer Arrigho Berardini, e l’arte del bel parlar con piacevol sermone; avea chon secho la vertù di Marte, anche operava quando bizongnasse quant’om che a Lucha allotta si trovase. 77

A’ fiorentini e’ mandoron per giente, e mal serviti funno in fede mia; e parlamento fum, se ’l dir non mente, e concluziva pacie si stringgìa

intra i luchesi e Ughuccio possente; e questa pacie fatta si intendìa,

rimissi i ghibellini e ’nterminelli, levarssi poi da canpo i baron belli. 77, 6. fatta] assente in A