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CHRISTIAN THOMASIUS FRA MEDITERRANEO E NORDEUROPA: COMPORTAMENTO E MELANCOLIA NEL TEMPO DELLA POLITICA

Disciplinamento e ragion di Stato

IV. CHRISTIAN THOMASIUS FRA MEDITERRANEO E NORDEUROPA: COMPORTAMENTO E MELANCOLIA NEL TEMPO DELLA POLITICA

(1982, 1997, 2004)

Sarebbe ora di smettere di leggere il passaggio dal XVII al XVIII secolo soltanto come punto di partenza del grande e luminoso sviluppo dell’intera Europa nella di- rezione dei Lumi, per considerarlo invece anche come il risultato del lungo cammino che l’Europa stessa aveva fino allora percorso, grazie al “multiverso” incontro delle sue culture1.

Non solo sul piano internazionale ma anche su quello interno dei singoli Stati, nella seconda metà del Seicento l’Europa mostrava un quadro completamente diver- so da quello precedente alla Guerra dei trent’anni. Si pensi solo alla maturazione del- lo “Stato (moderno)”2 nelle grandi monarchie “nazionali” – come Francia, Inghilterra, Svezia o Spagna – ma anche nei territori più piccoli dell’Europa centrale, al sud come al nord3. Ciò si collegava anche alla grande accelerazione della circolazione di idee ed esperienze, oltre che di uomini, fra i diversi paesi, che avrebbe caratterizzato anche tutto il secolo successivo4.

In entrambi i sensi, comunque, il problema che m’interessa qui trattare riguarda il cambio poderoso del paradigma legittimatorio su cui aveva fino allora poggiato l’esperienza politica occidentale, a partire a mio avviso dall’inizio del secondo mil- lennio dell’era cristiana. Proprio il sorgere della questione della legittimità infatti ha rappresentato la base della politica, così come la conosciamo noi, cioè come istanza di regolazione (misura?) del nesso comando/obbedienza, ma anche dell’eterno in- contro/scontro fra i due canoni della molteplicità e dell’unità del potere. Il mutevole punto d’incontro fra questi quattro assi fondamentali del “sociale” (coman-

1

SOMBART, 2006; PRODI, 2012.

2 L’espressione è notoriamente quella coniata da Miglio in numerosi suoi scritti, ma soprattutto in M IGLIO, 1981. 3 WILLOWEIT, 1986; STOLLEIS, 1996. 4 F.VENTURI, 1954.

do/obbedienza; uno/molti) può forse essere visto come la fonte dei diversi paradigmi di legittimazione che hanno fatto della politica occidentale una cosa a sé, se non ad- dirittura un unicum, nella storia che conosciamo.

Legittimità ha significato sostanzialmente l’aggiustamento progressivo dell’elemento individualistico su quello societario5, nella traccia potente della cri- stianizzazione che ha appunto rappresentato, dal punto di vista assolutamente laico che sto qui utilizzando, la prima esperienza storica realizzata di un intreccio fra in- dividualità e socialità espresso in termini di agire pratico, responsabile e razionale.

1. Comportamento e disciplinamento dell’uomo in società

Per evitare discorsi troppo generici, darò subito avvio a qualche esempio di attua- zione del quadro che ho appena evocato. Credo che siano almeno tre i sentieri da percorrere, cercando anche di cogliere le tracce di alcuni fra gli innumerevoli Kultur-

transfer che hanno attraversato l’Europa. Per prima indicherei la tematica del com-

portamento; poi quella della ragion di Stato; infine quella della melancolia.

Comincio dal primo campo – quello delle ragioni, dei consigli e delle regole (ap- plicazioni e discipline) elaborate per spiegare e guidare il vivere in comune degli uomini6 – e partirei da quello che forse è il punto d’arrivo del mio discorso, ma pro- prio perciò mi è utile a orientare quest’ultimo nel senso desiderato. Si tratta di un testo poco considerato, cioè dello scritto di Christian Thomasius diretto, in lingua tedesca, ai suoi studenti («Der studierenden Jugend») dell’Università di Leipzig – sassone e luterana, dove egli ancora insegnava, prima di trasferirsi a quella, prussiana e pietista, di Halle – e recante il titolo Welcher Gestalt man denen Franzosen im ge-

meinen Leben und Wandel nachahmen solle?7. Va subito notato che lo scritto (e il ri- spettivo Collegium) si riferisce alle Gratians Grund-Regeln, vernünnftig, klug und artig

zu leben, le quali da poco avevano preso a circolare in Germania, dopo che il famoso

5 S

CHNUR, 1963.

6 Dell’enorme bibliografia in argomento, cito Q

UONDAM, 2010. 7

THOMASIUS (1687), 1894: è importante sottolineare che si trattava di uno dei primissimi corsi universitari tenuti in lingua tedesca.

Oráculo manual y arte de prudencia di Baltasar Gracián (1647) era stato tradotto in tedesco nel 1686 col titolo L’Homme de Cour oder Balthasar Gracians Vollkommener

Staats- und Welt-Weise; anche se pare che Thomasius ne conoscesse già la versione

francese, ad opera di Amelot de la Houssaie8.

Siamo a pochi anni dalla fine della guerra, dopo che i trattati della pace di West- falia stanno fornendo rassicuranti prospettive anche sul futuro degli Stati territoriali tedeschi soprattutto nei confronti dell’egemonia costituzionalmente propria del Sa- cro romano Impero della nazione tedesca9. Domina il bisogno di gute Ordnung und

Policey che si traduce – visto il carattere politico-religioso delle guerre appena finite

– anche in stili di vita a forte carattere etico se non religioso e in corrispondenti in- terventi disciplinanti da parte di autorità statali in cerca di nuova legittimazione. Dal complesso meccanismo di doveri e diritti su cui quest’ultima cercava di fondarsi sca- turirà anche la famosa Pflichtenlehre pufendorfiana, che in realtà permea gran parte della speculazione teorica tedesca dell’epoca10.

Obbiettivo di Thomasius era di intrattenere i suoi studenti («Meine Herren») sui temi seguenti: «Chi era Gracián? Che cosa ha scritto? Cosa interessa in particolare di questo libro? Cosa si può mantenere delle sue osservazioni? Cosa c’è da sperarne da parte di Lor Signori? Fino a che punto io stesso saprò comprenderle? Ecc.».

La traduzione mirava non solo al confronto fra i costumi francesi (caratterizzati da leggerezza – Lebhaftigkeit) e quelli tedeschi (più lenti e pazienti – Gedult), ma ro- vesciava addirittura la prospettiva da cui considerarli. Lo scritto inizia e termina con due brevi massime di Gracián, la 67 e la 79: due belle massime, non fra le più perspi- cue delle trecento che compongono l’Oráculo, ma utili a farci capire la posizione di Thomasius verso l’autore. A lui ormai interessa più la forma che il contenuto, più il valore sociale del comportamento che la sua giustificazione interna, più il risultato

8 Completo l’informazione ricordando che anche A. Schopenhauer ne farà nel 1829 un’edizione (ora Stutt- gart 1954) col titolo Handorakel und Kunst der Weltklugheit. Per una considerazione generale del tempo, a partire però da Berlino, cfr. PALLADINI, 2012.

9 O

ESTREICH, 1969a; BÖCKENFÖRDE (1967), 2005 e BÖCKENFÖRDE, (1969), 1972. 10

FIORILLO (ed), 1996, ma soprattutto PALLADINI, 1990. Il tema andrebbe comunque rapportato alla fortuna della filosofia morale a partire da Justus Lipsius: cfr. OESTREICH, 1982; OESTREICH, 1989 a e b.

statistico medio della sua applicazione che non la sua motivazione originaria. Al cen- tro dell’attenzione sta infatti la persona privata che, grazie alla Rede-kunst da una parte e alle mathematischen Wissenschaften dall’altra, deve porsi in grado di «ragio- nare a fondo sulle Regole». Ciò costituisce un vero e proprio dovere, verso Dio come verso gli uomini di ogni ceto: alla fine questa persona privata sembra identificarsi con il dotto (Gelehrte)11 e si presenta quasi come contropolo del principe, in una ten- sione che è pure quella in cui si svolge la vita sociale e politica. Partendo dall’interesse per lo studio e l’educazione della persona umana – uno dei cardini del rinascimento italiano e spagnolo – Thomasius ne proiettò la realtà storica oltre i con- fini dell’aristotelismo politico barocco, intendendola non solo nei suoi fondamenti individuali, ma anche nella sua obbligatoria costituzione sociale. Diventa allora normale che, accanto ai criteri etici dello honestum e dello iustum, acquisti un posto rilevante il decorum, che regola appunto il comportamento con gli altri, il Umgang

mit Menschen, come dirà poco dopo il primo cantore della medietà borghese in

Germania: Adolph Knigge12. Ma è ancora più importante che, nella visione tomasiana – che, come abbiamo appena visto, non fu solo teorica ma continuamente verificata ed esercitata in una prassi didattica rimasta esemplare – i tre criteri siano ugualmen- te e indissolubilmente riferibili alla “persona” come tutto, e non separatamente a suoi lati o aspetti diversi.

Per tale via, Christian Thomasius è stato uno dei primi a comprendere il nuovo spazio venutosi a formare per l’azione umana in società e anche a battezzarlo – sia pure forse non ancora in piena consapevolezza – col termine di «bürgerliche Gesell- schaft», sottolineando anche il fatto che si trattava di uno spazio “artificiale” e che proprio perciò erano necessarie regole (Grund-regeln und Maximen) perché gli uo- mini vi si potessero adattare. Una Lehre, in sostanza, che un «perfetto uomo saggio [un parfait homme sage]» deve possedere per «ben fondare i suoi pensieri e ragiona-

11 «Ich dächte wer dieses alles prästierte, dörffte noch wohl sich unter den Gelehrten machen»: T

HOMASIUS (1687), 1894, pp. 23-24.

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