processi multi-stakeholder e partecipativi, che presuppongono attività di co-progettazione sin dalle prime fasi di progetto, a partire proprio dalla costruzione condivisa degli obiettivi di progetto e di impatto. Rientra in questa fase dunque la costruzione del team di ricerca e la mappatura, la selezione e il coinvolgimento vero e proprio degli stakeholder. Al contempo, specificare questa fase serve a porre un’enfasi maggiore sull’importanza a monte di una buona organizzazione del progetto - con particolare attenzione alla definizione del piano di lavoro e alla programmazione delle risorse.
Inoltre, la fase dello “scenario”2 - presente nel modello originario - è stata scomposta in due distinte fasi: una di esplorazione/
immersione e una di definizione e costruzione di senso. Se i presupposti della fase di scenario sono gli stessi - finalizzati ad una buona lettura ambientale del contesto (produttivo, di consumo, culturale e sociale) dentro cui origina il problema e si sviluppa la domanda di progetto - importante è l’ulteriore scomposizione in due nuove fasi, con un duplice scopo. Da un lato, permette di evidenziare come la raccolta dati presupponga necessariamente un lavoro immersivo e di campo, piuttosto che, unicamente, una ricerca desk. Dall’altro, mostra come l’esplorazione debba sempre essere condotta con l’obiettivo di definire il problema e la domanda, spesso inizialmente indefiniti: si evidenzia, dunque, l’importanza delle attività di framing (successiva all’esplorazione ed analisi di contesto), tramite le quali il designer dà forma al problema, alla domanda e al processo con cui li andrà ad affrontare, interpretando tutte le possibilità emerse nella fase esplorativa.
2 Lo “Scenario” nella metodologia politecnica viene definito come “massa critica di dati e riferimenti intorno all’argomento da affrontare che definiscono il contesto storico, sociale, culturale, produttivo, tecnologico, ambientale in cui verrà inserito il prodotto/servizio per un progetto consapevole. [...] Aggiunge informazioni indicando con chiarezza i punti di vista, il contesto e le relazioni dei vari elementi che lo compongono”
(Barbero; in Germak et al, 2008, p.163)
Ciò implica, peraltro, spostare il focus dall’analisi del target alla lettura della comunità e del contesto, mediante approcci e metodi che consentano al progettista di individuare azioni e capacità progettuali diffuse. Si presuppone, pertanto, una capacità di rilievo olistico che consenta al designer di: analizzare/interpretare/sistematizzare i dati raccolti; riformulare il problema (tramite un’operazione di problem-framing) e i margini con cui poterlo affrontare; definire bisogni, opportunità e obiettivi sensati in relazione ad essi; individuare e selezionare un insieme di buone pratiche.
La fase di ideazione e modellizzazione della pratica vuole esplicitare l’importanza di mantenere una dimensione creativa che vada oltre alla costruzione del sistema esigenziale (basato su esigenze, requisiti e prestazioni).
Non è possibile, infatti, ridurre questa operazione di generazione di idee ad una procedura meramente tecnica, specialmente considerando che le risposte ai bisogni sono sempre, inevitabilmente, plurali e dipendenti da fattori soggettivi ed interpretazioni personali. Pertanto, questa deve essere la fase in cui si sviluppa(no) e si affina(no) il (i) concept, anche alla luce di riflessioni che vedono il prodotto inserito in una cornice di sistema e che spingono a lavorare e tenere insieme diversi livelli e scale di complessità.
Solo così si può sviluppare una proposta progettuale integrata, condivisa e non superficiale. Questa è anche la fase dove si pone particolare attenzione alla modellizzazione della pratica secondo una logica di impatto, che permette di rappresentare la selezione dei particolari rilevanti di una azione progettuale stabilendo nessi relazionali, di significato e di funzionamento tra le parti. Essa è utile al monitoraggio e alla valutazione futuri poiché, attraverso l’utilizzo di strumenti di razionalizzazione del progetto, si facilitano la costruzione di indicatori di risultato e l’implementazione del progetto avendo chiari problemi/obiettivi di partenza.
La fase che nel modello originario prendeva
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Capitolo 6 ↘ Modello formativo per il design per l’impatto sociale Capitolo 6 ↘ Modello formativo per il design per l’impatto sociale
il nome di “progetto di massima” è qui stata ridefinita nei termini di un processo iterativo di sperimentazione, test e affinamento per il lancio del progetto. É questa la fase dei primi studi di fattibilità, del ragionamento sul
“core” del progetto in base al quale poi definire la scalabilità dell’iniziativa, avviare prototipi e sperimentazioni su micro-scala. Tutto ciò può essere fatto solo sulla base della costante verifica del grado di efficacia dell’iniziativa, ottenuta mediante la raccolta di feedback utili a partire dalle sperimentazioni.
La “fase esecutiva” prevede uno spostamento del focus dell’ingegnerizzazione del prodotto - in vista di una sua produzione seriale -
Metaprogetto
Target
Linee Guida Contesto SCENARIO
Concept
Esigenze Requisiti
Appunti metaprogettuali
Prestazioni SISTEMA ESIGENZIALE
ESPLORATORE 2
ESPLORATORE 1 ESPLORATORE
2
ESPLORATORE 3
alla sperimentazione “pilota” del progetto, nuovamente in un’ottica processuale iterativa di sviluppo, monitoraggio, feedback e diffusione delle pratiche. Questa fase pone l’accento su questioni specifiche del progettare per l’impatto sociale: l’accompagnamento al monitoraggio, alla valutazione, alla diffusione e allo scaling dell’iniziativa. Essa include il lancio vero e proprio del progetto pilota ed il successivo accompagnamento alla lettura del valore e dell’impatto sulla base di indicatori precedentemente definiti.
Si esplicita, inoltre, l’importanza della diffusione e, dunque, della reportistica e dello storytelling del progetto al fine di aumentarne il valore diffuso.
Schema processuale insegnato al Politecnico di Torino
Progetto
Sviluppo proposta
Verifica prestazioni offerte Modellazione PROGETTO DI MASSIMA
Progetto esecutivo
Produzione Comunicazione del
prodotto Prototipazione Ingegnerizzazione FASE ESECUTIVA
feedback
feedback
Figura 6.3.1.1.1 Rielaborazione autoriale dello schema processuale e metodologico proposto processo progettuale proposto agli studenti durante il Corso di Laurea triennale in Design e Comunicazione presso il Politecnico di Torino
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Capitolo 6 ↘ Modello formativo per il design per l’impatto sociale Capitolo 6 ↘ Modello formativo per il design per l’impatto sociale
Integrazioni proposte al ciclo progettuale
Fase strategica Fase esplorativa, osservativa
Comunità Scoping/ Piano di lavoro
Programmazione risorse
Boundary framing Scenario/ Rilievo olistico
Costruzione team
Partner potenziali Mappatura, selezione e coinvolgimento stakeholder
Problem framing
Bisogni e opportunità Contesto
Analisi, interpretazione e sistematizzazione dati
Individuazione e selezione di buone pratiche
Metaprogetto
?
DOMANDA DI RICERCA
ESPLORAZIONE/
IMMERSIONE ORGANIZZAZIONE DEL
PROGETTO E STAKEHOLDER ENGAGEMENT
FRAMING E COSTRUZIONE DI SENSO
Figura 6.3.1.1.2 Schematizzazione del ciclo progettuale alla luce delle integrazioni proposte
Fase generativa, di sviluppo Fase di implementazione
Studio di fattibilità/
Business model Progetto pilota
Raccolta dati e lettura del valore e dell’impatto
Monitoraggio. verifica e affinamento Accompagnamento
alla delivery
Strategie di scaling Reportistica e
Storytelling Sviluppo proposta
Sperimentazioni su micro-scala/ testing System-product
harmonization Concept
feedback riflettere
affinare valutare
Elaborazione TOC/
indicatori per la misurazione
Progetto
IDEAZIONE E MODELLIZZAZIONE
DELLA PRATICA
SPERIMENTAZIONE, TEST E AFFINAMENTO
PER IL LANCIO
ACCOMPAGNAMENTO A:
MONITORAGGIO, VALUTAZIONE, DIFFUSIONE E SCALING
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Capitolo 6 ↘ Modello formativo per il design per l’impatto sociale Capitolo 6 ↘ Modello formativo per il design per l’impatto sociale
Come spiegato nell’introduzione al modello formativo, il focus sui ruoli è frutto dell’implementazione della toolbox alla luce di una più ampia contestualizzazione del lavoro del designer all’interno di un possibile contesto operativo.
A questo proposito, si vuole sottolineare l’importanza di rendere noto al futuro designer del fatto che, a seconda delle condizioni di contesto, del mandato progettuale e delle interazioni con gli attori nelle diverse fasi progettuali, egli potrà - conseguentemente - assumere ruoli diversi. Tuttalpiù, è spesso assai probabile che egli sia chiamato a muoversi con agilità tra compiti, ruoli e funzioni da agire, dovendo, dunque, averne necessaria consapevolezza. L’approfondimento sui ruoli si è reso particolarmente necessario alla luce dell’esperienza accademica e lavorativa dell’autrice e delle persone intervistate, da cui è emerso con chiarezza come non sempre questi ruoli vengono insegnati ed esercitati nella pratica ”tradizionale” del designer così come prevista dal percorso formativo classico.
Nel tentativo di delineare tali ruoli, risulta utile quanto elaborato in precedenza rispetto alle otto possibilità di azione possibili per il designer nell’ambito del design per l’impatto sociale. In particolare, si fa qui riferimento alle quattro macro-aree di opportunità di azione (si veda Par. 4.5.2) che, viste da un’altra prospettiva, possono essere ridefinite nei termini di (altrettante) prospettive di risultato:
↘ la creazione di trasformazioni (soluzioni e interventi) inclusive;
↘ la creazione e condivisione di conoscenza;
↘ la diagnosi, analisi e rielaborazione di problemi e bisogni;
↘ l’anticipazione di scenari futuri.
Di fatto, al progettista, non basterà portare il proprio sapere e saper fare nel contesto, ma a ciò dovrà aggiungere la consapevolezza dei ruoli da agire affinché essi lo orientino e guidino nell’applicazione dei contenuti della toolbox (mindset, principi, pratiche e tecniche e conoscenze teoriche). In altre parole, i ruoli definiscono le “funzioni” del progettista in un dato contesto operativo, in base alle quali egli possa assumere le direzioni ottimali per arrivare alle prospettive di risultato auspicate e comprendere il tipo di supporto da fornire rispetto alle diverse sfide progettuali.
Tali ruoli originano dall’intersezione tra le quattro macro-aree di opportunità (parimenti definibili in termini di prospettive di risultato, come detto poc’anzi). Essi non sono da intendersi come esclusivi, incompatibili o non esercitabili simultaneamente; tuttavia, è ipotizzabile che ciascuno di essi assuma maggiore o minore peso a seconda della fase progettuale, del mandato di progetto e delle condizioni di contesto.