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GOLDEN LINKS. I LEGAMI SONO ORO

Nel documento Formare al design per l’impatto sociale (pagine 145-148)

Modellizzazione partecipata per lo sviluppo di economie sociali circolari

DURATA DEL PROGETTO:

2018 - In corso

COINVOLGIMENTO PERSONALE:

Marzo - Luglio 2021 LUOGO:

Vicenza e Oria ATTORI PRINCIPALI:

Banca Intesa Sanpaolo e Caritas Italiana (partner nazionali) + Caritas Diocesana di Oria e Caritas Diocesana di Vicenza (Hub Territoriali).

LINK UTILI:

https://group.intesasanpaolo.com/it/

sezione-editoriale/eventi-progetti/tutti-i- progetti/sociale/2019/04/golden-links-i-legami-sono-oro

↘ BACKGROUND:

il progetto nasce nel 2018 come sperimentazione promossa da Banca Intesa Sanpaolo nell’ambito delle attività “social impact” del proprio Piano d’impresa (in particolare, del programma Intesa Sanpaolo per i Bisognosi), in collaborazione con S-nodi e Caritas Diocesana di Torino. A partire dal 2019, il progetto acquisisce una dimensione nazionale grazie ad un Accordo di Partnership tra Intesa Sanpaolo e Caritas Italiana. Dal 2019, Banca Intesa Sanpaolo promuove ed organizza la partecipazione di alcune aziende nazionali clienti del settore tessile e calzaturiero (tra cui Calzedonia e Camomilla), e supporta la diffusione del progetto in nuove parti d’Italia sviluppando gli Hub Territoriali Golden Links di Vicenza (Veneto) e Oria (Puglia).

↘ DESCRIZIONE DEL PROGETTO:

Il progetto permette alle aziende produttrici di abbigliamento di donare le eccedenze della loro produzione e commercializzazione tessile alle Caritas Diocesane locali, all’interno degli Hub Territoriali. Qui, le eccedenze vengono manutenute, confezionate sotto forma di “kit” e donate a famiglie a famiglie vulnerabili beneficiarie degli Empori delle Caritas diocesane e Istituti di pena sul territorio nazionale. Nel caso di Oria, ciò avviene per mezzo della Cooperativa Zemer, coinvolgendo nella realizzazione dei “kit” persone in condizioni di vulnerabilità e fragilità; nel caso di Vicenza, invece, ciò avviene per mezzo della cooperativa MVenticinque, che vede coinvolti i detenuti dell’istituto penitenziario cittadino e persone sottoposte a misure detentive non carcerarie.

Si tratta, dunque, di un progetto di Economia Circolare Solidale che trasforma beni primari in relazioni e lavoro, e beni di scarto in prodotti nuovamente utilizzabili. La filiera attivata nei territori è infatti duplice: una di Economia Circolare4 e una di Economia Sociale e Solidale5. La prima, finalizzata ad estendere il ciclo di vita di prodotti di abbigliamento altrimenti destinati allo smaltimento, riducendo al minimo gli scarti di sovrapproduzione e commercializzazione.

La seconda, volta a creare beni e servizi di

4 L’Economia Circolare (EC) è un termine che individua un’economia progettata per auto-rigenerarsi, riutilizzan-do materiali in successivi cicli produttivi e riducenriutilizzan-do al massimo gli sprechi (MacArthur, 2013)

5 L’Economia Sociale e Solidale (ESS) comprende tutte quelle organizzazioni che producono beni e servizi con finalità sociali (e anche di salvaguardia ambientale). È un’economia innovativa ancorata al territorio, che genera co-produzione di conoscenze, di beni e di servizi sociali sulla base della cooperazione tra differenti attori e setto-ri. Realizza contemporaneamente inclusione, coesione e prosperità economica (United Nations, 2014)

prossimità6 a vantaggio di persone in condizione di fragilità. La collaborazione tra Economia Circolare ed Economia Sociale e Solidale permette di creare una catena di valore dove il recupero, la trasformazione e la redistribuzione dei beni materiali diventano occasione per generare nuovi beni relazionali, per promuovere inclusione e proteggere la dignità delle persone, per creare opportunità di lavoro e incrementare i legami di prossimità attraverso il coinvolgimento delle comunità locali e delle reti di imprese. In linea con l’idea di sviluppo integrale della persona (Sen, 1993), superando logiche assistenzialistiche e passivizzanti, il progetto mette al centro il concetto di imprenditività (Costa e Strano, 2017) e agentività, investendo sul potenziale generativo, creativo e transformativo insito in ciascun individuo.

↘ COSA È STATO FATTO:

ll processo di facilitazione per l’impatto si è concentrato principalmente sulla modellizzazione condivisa, un esercizio di co-progettazione finalizzato a migliorare continuamente i risultati del progetto nella produzione di impatto positivo. Se, normalmente, questo metodo viene usato per ideare e sviluppare prodotti e servizi innovativi, in questo caso - trattandosi di un progetto già avviato - l’obiettivo della modellizzazione è stato quello di ricostruire i progetti già in corso d’opera.

In particolare, esso è stato volto a indagare e comprendere quali siano motivazioni, obiettivi

6 Il welfare di prossimità è chiamato così perché i servizi si basano sulla reciprocità tra soggetti diversi che crea-no valore in termini di crescita individuale e collettiva: le risorse investite ne innescano altre che creano ulteriore valore (Messia e Venturelli, 2015).

ed impatti auspicati dal progetto, e come esso si declini all’interno degli Hub Territoriali di Vicenza e Oria. Tale indagine ha avuto un triplice beneficio: 1) rendere più consapevoli gli attori coinvolti nella realizzazione del progetto del valore delle proprie azioni e di eventuali miglioramenti perseguibili; 2) dare agli attori coinvolti la possibilità di condividere con maggiore chiarezza ed efficacia il valore del progetto, tanto alla comunità di riferimento quanto ai finanziatori, quanto a soggetti potenzialmente interessati ad attivare partnership; 3) porre le basi per la valutazione di impatto, definendo impatti e cambiamenti desiderati su cui costruire indicatori di risultato.

Si è trattato, dunque, di lavorare a stretto contatto con i soggetti coinvolti operativamente nel progetto: Caritas Diocesana di Oria e Coop.

Soc. Zemer (nel caso dell’Hub territoriale Golden Links Oria); Caritas Diocesana di Vicenza e Coop. Soc. MVenticinque. A ciascun Hub sono state dedicate più di 10 sessioni di lavoro, con l’obiettivo di disegnare il presente (mappatura del contesto, dei beneficiari dell’intervento, degli attori locali e nazionali coinvolti) ed accompagnare a progettare il futuro e l’impatto positivo desiderato. A questo scopo è stata adottata la metodologia della TOC (Theory of Change), con l’obiettivo di ricostruire a ritroso il progetto già in itinere.

Come designer, il ruolo principalmente riconosciuto è stato quello di facilitare le sessioni di co-progettazione attraverso la restituzione real time di ciò che emergeva di volta in volta dai partecipanti, talvolta stimolando la partecipazione attiva mediata dall’uso di una lavagna digitale. La visualizzazione real time ha permesso ai partecipanti di monitorare la restituzione dei loro interventi, correggere eventuali errori ed integrare con considerazioni aggiuntive, migliorando, in tal

286 286 Capitolo 6 ↘ Modello formativo per il design per l’impatto sociale

modo, la raccolta di dati e narrazioni. Inoltre, lasciando la lavagna digitale a disposizione dei partecipanti durante la settimana di pausa tra un incontro e l’altro, è stato loro consentito di tenersi aggiornati sugli esiti della progettazione e “rimanere al passo”, con effetti positivi sulla seduta seguente in termini di coinvolgimento e propositività.

Le attività in stage sopra descritte sono state possibili grazie ad un notevole lavoro di backstage, relativo, in particolare, allo sviluppo di attività di ricerca progettuale e generative.

Dal momento che, fin da subito, è emersa una certa reticenza e difficoltà da parte dei partecipanti a lasciarsi coinvolgere in attività che presupponevano uno sguardo al futuro, si è resa necessaria una buona dose di flessibilità e riflessività al fine di modificare e ricalibrare, di volta in volta, le attività previste per la sessione di lavoro successiva.

A questo scopo, sono state cruciali le attività di sintesi e visualizzazione dei risultati e dei dati raccolti durante ogni incontro, finalizzate alla costruzione condivisa di report di progetto.

Questi report (2 dedicati al racconto di ciascun progetto dell’Hub Territoriale, 1 dedicato al racconto generale del progetto Golden Links) hanno rappresentato, probabilmente, il lavoro più laborioso ed impegnativo. Infatti, essi hanno richiesto, in primo luogo, un’operazione di analisi e verifica con gli stakeholder dei dati raccolti in fase di ricerca, seguita dalla scelta della giusta rappresentazione, più o meno qualitativa/

quantitativa a seconda dell’informazione da veicolare. Inoltre, è stato necessario scegliere il giusto linguaggio visivo/verbale/narrativo, in un’ottica di mediazione tra la semplicità e fruibilità necessarie per il pubblico esterno non esperto e la precisione richiesta dagli attori interni affinchè si riconoscessero nel documento e vedessero valorizzati il loro impegno e la loro partecipazione alle attività di modellizzazione.

Figura 6.5.4 Foto del progetto Golden Links nelle sue diverse edizioni (Fonte: S-nodi)

289 Capitolo 8 ↘ Bibliografia e sitografia generali

Nel documento Formare al design per l’impatto sociale (pagine 145-148)