• Non ci sono risultati.

Consapevolezza degli strumenti e delle prassi “standard” propri del campo

Nel documento Formare al design per l’impatto sociale (pagine 69-75)

Contributi emersi dalle

7) Consapevolezza degli strumenti e delle prassi “standard” propri del campo

134 135

Capitolo 5 ↘ Formare al design per l’impatto sociale Capitolo 5 ↘ Formare al design per l’impatto sociale

“Saper stare" nella complessità del progetto e del processo

consapevolezza degli strumenti e delle prassi "standard" propri

del campo capacità di osservazione critica,

monitoraggio e valutazione del processo, sia interna (metodologica)

che esterna (del progetto)

apertura e riflessività rispetto al fallimento e capacità di adottare un

approccio incrementale e iterativo

consapevolezza della necessità di "follow up" dei progetti consapevolezza della

"funzione tempo" e di come questa possa accelerare o rallentare

capacità di trovare il proprio ruolo all'interno del progetto e di saperlo

comunicare con efficacia

capacità di adattamento e flessibilità nell’utilizzo degli strumenti, a seconda

delle condizioni di contesto

“Saper stare nella situazione" e nella complessità dei contesti sociali e relazionali

base teorica multidisciplinare che stimoli le capacità interpretative,

critiche e riflessive

capacità di entrare nei contesti con umiltà, sensibilità, curiosità e apertura

per poterli leggere e interpretare nel modo più accurato possibile capacità di comunicazione e

facilitazione e consapevolezza di come questi fattori influenzino la

buona riuscita del progetto preparazione in generale alla

complessità dei contesti sociali (delicatezza dei contesti, incertezza e vincoli operativi, risorse carenti, ...)

auto-consapevolezza per potersi sentire "legittimati" ad operare

in questi processi complessi

consapevolezza della propria posizione (più o meno “di parte”) rispetto al contesto di lavoro e di

come ciò influenzi le relazioni

capacità di comprendere e agire sulle complesse relazioni tra gli attori (dinamiche di potere, rapporti

conflittuali, aree di allineamento)

Figura 5.3.2 Rappresentazione schematica dei contributi emersi dalle interviste

Elementi integrativi rispetto alla formazione del designer

137

137 Capitolo 6 ↘ Modello formativo per il design per l’impatto sociale

Modello

formativo per il design per

l’impatto sociale

CAPITOLO 6

138 139

138 139

Capitolo 6 ↘ Modello formativo per il design per l’impatto sociale Capitolo 6 ↘ Modello formativo per il design per l’impatto sociale

L’analisi delle possibilità di azione del designer nell’ambito dell’impatto sociale - unitamente all’approfondimento del tema delle conoscenze e competenze utili alla progettazione sociale che il sistema universitario manca di formare - hanno permesso di identificare una serie di elementi utili a delineare un modello formativo per il Design per l’impatto sociale. Dal momento che la progettazione sociale è legata ad una dimensione relazionale piuttosto che tecnica, è comprensibile che l’università non sia in grado di formare appieno a queste competenze e conoscenze soft, che inevitabilmente originano dall’incontro con l’Altro e maturano attraverso esperienze personali e professionali di campo. Ciononostante, sebbene non sia possibile farlo a livello di apprendimento pratico, sarebbe comunque importante integrare, almeno a livello teorico, il trasferimento di queste conoscenze all’interno dell’attuale formazione didattica.

Ciò aiuterebbe il designer in formazione a sviluppare maggiore consapevolezza e a generare riflessività in un’ottica anticipatoria.

Tra le principale mancanze formative emerse nel corso della ricerca desk e field, sono emerse in particolare: lo scarso approfondimento degli aspetti più relazionali fondamentali nella pratica della professione (es. comunicazione, dialogo, facilitazione, negoziazione, coinvolgimento attivo, ecc.), il mancato esercizio a livello sostanziale di un confronto multi- e interdisciplinare, le poche esperienze pratiche e di campo, la limitatezza degli insegnamenti incentrati sul formare un senso critico e di auto-riflessività, il poco spazio per il fallimento e l’impostazione fondamentalmente teorica che spesso manca di confrontarsi con i vincoli e le restrizioni (di possibilità di azione, risorse, tempo) che sono di ordine quotidiano nell’ambito di progetti

sociale, la limitata complessità dei temi di progetto-oggetto dei corsi di studio.

A fronte della domanda di tesi, l’obiettivo è consistito, dunque, nella strutturazione di una proposta di modello formativo maggiormente capace di formare futuri progettisti adatti ad operare in campo sociale, andando a colmare l’attuale gap formativo tra mondo accademico e lavorativo. In particolare, si tratta di definire uno specifico bagaglio di competenze, conoscenze, orientamenti mentali utili da trasferire in sede didattica al fine di andare a colmare il disallineamento tra le competenze richieste dalle realtà operanti nel mondo del Sociale e la formazione dei futuri practitioner. Il lavoro deve, quindi, mettere in connessione gli esiti della ricerca fin qui condotta (rispetto ai temi di: impatto sociale, design sociale e design per l’impatto sociale, formazione del designer che intende lavorare nel sociale), adottando un atteggiamento propositivo e anticipatorio.

Scopo ultimo è quello di gettare le fondamenta per la costruzione di un modello formativo finalizzato alla costruzione del nuovo corso dal titolo “Design per l’impatto sociale”

previsto nel Corso di Laurea Triennale in Design e Comunicazione del Politecnico di Torino, a partire dall’anno accademico 2021-2022.

Come già avvenuto nei precedenti capitoli, l’insieme degli elementi che costituiranno la proposta di modello formativo (descritti approfonditamente nei paragrafi successivi) originano dalle evidenze emerse in fase di ricerca, rilette e riformulate alla luce della prospettiva sistemica che fa da sfondo al presente lavoro di tesi. Considerando l’approccio sistemico indispensabile alla formazione di una professionalità

consapevole e flessibile in grado di misurarsi con la complessità dei progetti in campo sociale (multi-dimensionali, multi-scalari e multi-stakeholder), si è stabilito di incorporare quanto più possibile - talvolta anche solo in maniera informale ed implicita - le conoscenze derivanti da questo approccio all’interno del modello formativo proposto.

In ultimo, è fondamentale sottolineare che la struttura del modello formativo e tutti gli elementi che la compongono e la dettagliano sono frutto di un lavoro metaprogettuale:

pertanto, non sono da intendere come rigide prescrizioni da adottare tali e quali, bensì rappresentano delle tracce a supporto della costruzione del corso didattico vero e proprio.

In altri termini, la docenza viene stimolata ad un’ulteriore operazione maieutica, in base alla quale continuare a pensare e ripensare i contenuti del corso sulla base della presente bozza contenente indicazioni ragionate.

A partire dagli elementi-chiave ricorrenti in letteratura rispetto alle sfide e ai fallimenti degli interventi in ambito sociale (e a come il design sia in grado di rispondervi), unitamente ai contributi delle interviste e della ricerca bibliografica indirizzate a individuare quali elementi integrativi sarebbe opportuno introdurre nella formazione del designer, si è sviluppata l’attuale proposta progettuale di modello formativo.

In particolare, facendo riferimento alle otto possibilità di azione per il designer all’interno del campo, sono stati delineati una serie di attributi e caratteristiche dell’approccio progettuale che il designer deve essere in grado di conoscere e controllare per portare un contributo positivo ed efficace in questo tipo di processi. Si tratta di veri e propri requisiti dell’approccio progettuale che lo studente - futuro practitioner - dovrà poter soddisfare ed essere in grado di padroneggiare attraverso una serie di capacità, competenze e conoscenze, alcune più hard ed altre più soft (definite e sistematizzate poi nella proposta progettuale).

L’operazione di definizione e sistematizzazione di queste conoscenze ha visto l’integrazione di contributi da una pluralità di modelli cognitivi e approcci progettuali, sviluppati per consentire ai professionisti di eseguire diversi tipi di risoluzione dei problemi in situazioni complesse: dallo strategic design thinking, al systems thinking, dall’innovazione aperta (Chesbrough et al., 2006) allo speculative design (Dunne e Raby, 2013), dal Transition design (Irwin, 2015), al Transformation Design (Burns et al. 2006), e altri ancora. Nel condurre tale approfondimento, sono stati consultati, tra le varie fonti, anche 25 toolkit prodotti da lab, studi di design e organizzazioni creative

6.1 ↘

Introduzione al modello

formativo

140 141

140 141

Capitolo 6 ↘ Modello formativo per il design per l’impatto sociale Capitolo 6 ↘ Modello formativo per il design per l’impatto sociale

per facilitare la realizzazione di progetti su temi pubblici o collettivi attraverso metodi di progettazione (cf. Par. 6.3.1.5. Pratiche)

L’esito di questa operazione è stata l’elaborazione di una toolbox per il progettista che definisce, raccoglie, organizza e sistematizza una serie di conoscenze pratico-teoriche da incorporare attraverso il modello formativo. La toolbox individua in particolare due macro-insiemi di contenuti da formare: il sapere, afferente ad un piano maggiormente teorico, ed il saper fare, relativo, invece, a contenuti più operativi e pratici (Figura 6.1.1).

Il corpus di conoscenze elaborato individua dunque i pre-requisiti di conoscenza minimi necessari a consentire l’operatività del designer in un dato contesto, nell’ambito di progetti finalizzati all’impatto sociale. Si tratta di un set di conoscenze applicabili a prescindere dalla specificità del progetto, dei singoli design domain su cui si sviluppa il progetto, dalla scala di intervento, dalla categoria di problema sociale-oggetto dell’intervento e dalla categorie di utenza coinvolte come beneficiari diretti. Dal momento che progettare per l’impatto sociale significa saper mettere in campo, gestire e controllare conoscenze e capacità diverse, alcune più hard altre più soft, lo sforzo nel costruire il framework del modello formativo (e dunque la toolbox) è stato quello di ordinare e sistematizzare tali conoscenze all’interno di categorie coerenti, anche alla luce di un ragionamento rispetto alla trasferibilità delle stesse in termini didattici. L’impostazione con cui è stato costruito il modello formativo risente di una

“logica per componenti” tipica del design sistemico, dove tutti gli elementi della toolbox

sono assimilabili a nodi (componenti) fra loro interrelati a comporre un sistema (la toolbox), che acquisiscono maggior valore proprio dal momento che vengono relazionati agli altri (Bistagnino, 2008).

La toolbox è pensata, evidentemente, secondo una logica di anticipazione rispetto a cosa il progettista dovrà sapere e saper fare nel momento in cui andrà a progettare per l’impatto sociale: come dovrà porsi e comportarsi di fronte a ciò che incontrerà o che potrebbe incontrare (e non per forza incontrerà) durante il progetto, quali conoscenze dovrà abituarsi a mettere in campo - in maniera più o meno esplicita, formale e integrale - per influenzare positivamente il processo di progettazione. Pertanto, gli elementi che compongono la toolbox supportano il progettista ancor prima di iniziare il progetto, aiutandolo ad essere consapevole del fatto che potrebbe trovarsi (oppure no) in determinati situazioni che richiederanno di essere gestite con competenza. Questa logica anticipatoria è funzionale alla richiesta della docenza di formare professionalità che non abbiano solamente conoscenze specifiche e settoriali, ma che siano flessibili e sappiano adattarsi a diverse situazioni lavorative e/o progettuali.

Tale capacità di adattamento e flessibilità, in aggiunta all’avere una solida base di conoscenze, risulta indispensabile a lavorare all’interno dei contesti complessi, dinamici, multidimensionali e multistakeholder che caratterizzano gli interventi ad impatto sociale.

Le conoscenze teorico-pratiche “di partenza”, oltre a supportare la buona riuscita del progetto, agiscono anche da fattori

“correttivi” rispetto ai preconcetti (talvolta di natura ideologica) e ai valori (per loro

natura, necessariamente, personali) sottesi all’operato del progettista. Si tratta, dunque, di conoscenze che consentono al progettista di acquisire maggiore consapevolezza della propria responsabilità e del proprio ruolo sociale ed etico (talvolta politico) all’interno del progetto, considerando le implicazioni delle proprie azioni come individuo che si muove nel mondo e come professionista che cerca di apportare cambiamenti positivi in esso.

Poichè nel contesto del progetto per l’impatto sociale il designer non può essere considerato un attore isolato e indipendente, bensì una figura partecipe del processo e operante a supporto di tutti gli stakeholder coinvolti e delle comunità e dei contesti di intervento, è necessario sottolineare che questa base di conoscenze pratico-teoriche dovrà essere di volta in volta approfondita a seconda della specificità del progetto. Infatti, se la presenza incrociata del sapere e del saper fare permettono al progettista di essere operativo in un dato contesto, è impensabile che egli, da solo, possieda al contempo tutta la conoscenza necessaria ad avere un sapere profondo rispetto alla specifica sfida progettuale e/o contesto di intervento. Tanto il saper fare quanto il sapere andranno, dunque, di volta in volta corroborati da conoscenze specifiche a sostegno del progetto, contestualizzati rispetto alla problematica sociale-oggetto dell’intervento e negoziati rispetto al saper fare e al sapere - più o meno esperti e formali - di chi porta il campo. Chi porta il campo può essere, nella fattispecie: la persona che ci si trova davanti, con un sapere più o meno esperto;

la particolare disciplina con cui si deve interagire, a prescindere dal suo portavoce;

la specifica categoria di attori coinvolti dal progetto, ciascuno dei quali porterà diverse

domande, esperienze, istanze, saperi, punti di vista e avrà diversi ruoli all’interno della catena del progetto (Figura 6.1.2). La logica e le “regole” in base alla quale far entrare in relazione in maniera adeguata il designer con queste persone, saperi, discipline e categorie di attori (e quindi anche il modo in cui avviene l’estrazione dei dati e saperi dal contesto da parte del designer) sono descritte attraverso alcuni contenuti del saper fare, in particolare relativi alla capacità - specifica e distintiva del designer- di mediatore e facilitatore e alla postura aperta, libera, ricettiva.

In sintesi, sapere e saper fare costituiscono una prima milestone nello sviluppo della proposta progettuale.

Dalla precedente disamina circa la necessità di interazione con altri attori ed elementi di contesto, è scaturita un’ulteriore riflessione relativa alla contestualizzazione del lavoro del progettista, originata dal fatto di immaginare lo studente nel momento in cui egli porti (e adotti) concretamente questa toolbox di conoscenze in un reale contesto operativo.

A questo punto, ci si è resi conto, anche in virtù delle esperienze lavorative personali dell’autrice, della necessità di inglobare nella toolbox ulteriori elementi (non previsti inizialmente) che mettano il designer in condizione di meglio operare nell’ambito dell’impatto sociale. Tali elementi emergenti potrebbero infatti, se non elaborati o non trasferiti nel modello formativo, costituire un importante limite per il designer e far nascere difficoltà nel momento in cui egli vada ad operare sul campo. L’integrazione di questi ulteriori elementi all’interno della toolbox precedentemente costruita ha permesso di definire i “learning outcomes” (risultati

142 143

142 143

Capitolo 6 ↘ Modello formativo per il design per l’impatto sociale Capitolo 6 ↘ Modello formativo per il design per l’impatto sociale

di apprendimento) completi del modello proposto.

La toolbox si arricchisce, dunque, di un nuovo cluster di conoscenze, definito dove fare, che racchiude conoscenze non strettamente legate alla capacità e/o sensibilità del designer, ma che - qualora possedute e controllate - lo mettono in condizione di meglio operare nell’ambito del design per l’impatto sociale (Figura 6.1.3). Queste riguardano, da un lato, le problematiche che il designer vuole concorrere a risolvere e, dall’altro, le persone (utenti o esperti) con cui si trova ad interagire.

Da qui, la necessità di entrare nel dettaglio di questi due aspetti. Infatti, esplicitare le problematiche sociali possibili focus di intervento che il designer si potrebbe trovare ad affrontare è importante affinché egli possa poi realmente riconoscerle e, di conseguenza, scegliere su quali caratteristiche chiave agire.

Parimenti, è importante rendere il designer consapevole del fatto che egli non basterà a se stesso, ma che dovrà confrontarsi con attori, di volta in volta specifici rispetto alla problematica affrontata, ciascuno con la propria toolbox di conoscere pratica-teorica.

Esplicitare questi attori è importante per far comprendere allo studente che si troverà di fronte a persone - spesso altrettanto (o più) competenti - che potrebbero agire in maniera più o meno coerente con il toolbox di azioni e conoscenze a sua disposizione.

Qualora non si prepari il futuro progettista a questi attori, si corre il rischio che egli non abbia contezza del “mondo sociale” entro cui andrà ad operare e non sappia riconoscere attori importanti al fine del cambiamento da attivare. Ciò potrebbe portare, a sua volta, a una scarsa partecipazione da parte degli stakeholder o all’insorgenza di resistenze ed ostacoli che potrebbero condurre al

fallimento del progetto. Oltre ad insegnare al futuro designer come riconoscere la pluralità di attori, è, inoltre, necessario mostrargli come coinvolgerli a livelli diversi, sapendo modulare le richieste in base all’ambito in cui interviene.

A questo proposito, è importante veicolare nello studente l’idea che il suo ruolo di futuro designer cambierà a seconda del contesto operativo in cui si troverà ad agire e dell’interazione con le persone che scaturirà nelle diverse fasi progettuali. Da qui, la necessità di arricchire nuovamente la toolbox - in questo caso, in particolare, l’ambito del saper fare - con nuovi contributi dati dai possibili ruoli che il progettista può esercitare rispetto al ciclo di progetto.

In generale, l’insieme di conoscenze inserite nella toolbox è stato individuato sulla base di una serie di obiettivi di apprendimento attesi.

Ci si aspetta, in particolare che lo studente apprenda:

↘ questioni teoriche proprie della letteratura di riferimento;

↘ approcci progettuali specifici e necessari da adottare in relazione alle sfide sociali da affrontare, agli attori e ai contesti di intervento;

↘ ruoli che egli potrà assumere nel processo progettuale, da modulare a seconda della fase progettuale e del contesto di lavoro;

↘ principali sfide sociali contemporanee (e senso di responsabilità derivato dal porsi di fronte ad esse in qualità di progettista).

In sintesi, attraverso lo strumento della toolbox, lo studente potrebbe sviluppare i diversi outcome - consapevolezza di sé

e degli altri, adeguatezza, completezza e flessibilità (sia a livello personale sia a livello professionale), così come ipotizzati in accordo con la committenza ed auspicati all’inizio del lavoro di tesi.

A livello didattico, il framework secondo cui sono strutturati i contenuti del modello formativo permette una dimensione strategica e dialogica anche rispetto ad altre discipline. La toolbox, in un certo senso, fornisce una base di conoscenze teoriche e pratiche considerabili come i requisiti formativi minimi che ci si aspetta vengano forniti dalle altre discipline all’interno del corso didattico, in linea con il sapere, il saper fare e il dove fare individuato dalla toolbox.

144 145

144 145

Capitolo 6 ↘ Modello formativo per il design per l’impatto sociale Capitolo 6 ↘ Modello formativo per il design per l’impatto sociale

TOO LB O X DI C O N O S C ENZE SAP

Nel documento Formare al design per l’impatto sociale (pagine 69-75)