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Tale circostanza, in uno all’assenza dell’obbligo di rimborsare il valore nominale dei fondi corrispondenti al valore

Nel documento Mobile payment (pagine 51-53)

memorizzato, comporta che il controllo completo della “moneta” sia, in definitiva,

rimesso al suo emittente (di regola una società finanziaria),

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il che spiega peraltro la

preoccupazione degli Stati in cui il fenomeno va diffondendosi.

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svolto dai nodi particolari e, quindi, da determinati utenti cd. miner) ed il loro valore è dato dal rapporto domanda/offerta e, quindi, dalla fiducia che gli utenti ripongono in tale mezzo di pagamento. Per un’analisi più approfondita delle differenze esistenti tra moneta elettronica e valuta virtuale, si veda CAPACCIOLI, Introduzione al trattamento tributario delle valute virtuali: criptovalute e bitcoin, in Diritto e Pratica Tributaria Internazionale, cit., 30, secondo il quale “Detta definizione evidenzia immediatamente le differenze tra moneta elettronica e moneta virtuale: 1. Nei sistemi di moneta elettronica il legame tra quest’ultima e la moneta tradizionale è conservato da un fondamento giuridico: la moneta elettronica è espressa nella stessa unità di conto (dollari, euro, ecc.). 2. Nella moneta virtuale l’unità di conto può essere una valuta reale o una valuta virtuale (ad esempio Facebook Credits, Linden Dollars, bitcoins, Q Coin, VEN). 3. Nel caso di valuta virtuale, il tasso di cambio (qualora consentito) per la valorizzazione della stessa è legato esclusivamente alle interazioni tra domanda e offerta. 4. La convertibilità della valuta virtuale in valuta reale non è regolata né obbligatoria e dipende dalla volontà (o dagli schemi contrattuali) dell’emittente. 5. Nel caso di criptovaluta, non essendovi alcun emittente, tale conversione è assolutamente incerta. In aggiunta, i sistemi di moneta elettronica sono regolamentati e gli emittenti sono soggetti a vigilanza, mentre nei regimi di moneta virtuale può esservi carenza di regole e assenza di vigilanza nei confronti degli emittenti. I rischi cui l’utente si espone nel possedere moneta elettronica o moneta virtuale sono diversi. La moneta elettronica è principalmente soggetta al rischio operativo associato a potenziali interruzioni del sistema su cui è memorizzata. Le monete virtuali, oltre ad essere esposte a rischi di credito, sono soggette a rischi di liquidità, a incertezza giuridica e rischi operativi per mancanza di regolamentazione e di controllo pubblico”.

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D’altro canto, innegabili appaiono i vantaggi economici derivanti dall’uso della moneta virtuale: innanzitutto, il contenimento delle spese che il loro utilizzo comporta, nonché, soprattutto, l’assenza di rischio di deprezzamento da inflazione cui, invece, risultano esposte le “normali” valute. Sotto quest’ultimo profilo, infatti, a differenza delle valute a corso legale, i bitcoin hanno la caratteristica che nessuno può controllarne il valore a causa della natura decentralizzata del metodo di creazione della valuta. Nel caso dei bitcoin la quantità di valuta in circolazione è limitata a priori, inoltre, è perfettamente prevedibile e quindi conosciuta da tutti i suoi utilizzatori in anticipo: l’inflazione da valuta in circolazione non può quindi essere utilizzata da un ente centrale per ridistribuire la ricchezza tra gli utenti. Sotto il primo profilo, invece, i bitcoin rendono più facili ed economici i trasferimenti su Internet, eliminando la necessità di intermediari. Le transazioni online, infatti, avvengono solitamente a mezzo di un server centrale che contiene tutti i dati degli utenti e funge da “bilancio”, registrando tutte le operazioni in entrata ed in uscita che vengono effettuate dagli utenti stessi. L’innovazione determinata dai Bitcoin consiste proprio nella mancanza di un server centrale e, quindi, di un soggetto terzo al quale affidarsi necessariamente per concludere una transazione. Ciò, come evidenziato, è stato possibile connettendo gli utenti in un sistema di rete peer to peer, ovvero consentendo a ciascun utente di connettersi direttamente con gli altri utenti senza passare per un soggetto terzo (server centrale).

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I rischi connessi all’utilizzo di tale “moneta” aumentano se si considera che, allo stato attuale, manca un quadro giuridico di riferimento (europeo ed internazionale) che ne disciplini quantomeno gli aspetti critici, sancendo regole certe ed uniformi in ordine all’emissione, alla circolazione e soprattutto alle sanzioni per il caso in cui venga utilizzata per il compimento di operazioni vietate dalla legge. Ed invero, tra le principali problematiche connesse alla tipologia di “moneta” in parola, può annoverarsi innanzitutto quelle legate al riciclaggio di denaro: i bitcoin, garantendo l’anonimato di coloro che ne dispongono e consentendo lo spostamento anche di ingenti somme di denaro in qualsiasi posto del mondo in maniera praticamente

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Infine, un ulteriore schema di “moneta elettronica” può essere ravvisato, secondo

alcuni, nell’utilizzo della telefonia mobile (c.d. M-payment), segnatamente in quei

pagamenti “nei quali i dati e l’ordine di pagamento sono emessi, trasmessi o

confermati tramite un telefono o un dispositivo mobile”,

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per la cui specifica

trattazione si rinvia al successivo capitolo.

istantanea e ad un costo insignificante, possono essere utilizzati, come spesso è accaduto, come mezzo per “ripulire” denaro proveniente da attività illecite e per trasferire capitali all’estero. Non stupisca, quindi, che tale valuta sia stata utilizza anche come porta d’ingresso ai principali “mercati neri”. L’anonimato delle transazioni, infatti, ha consentito l’acquisto di beni e servizi illegali ed in particolar modo i bitcoin in passato di sovente sono stati impiegati per l’acquisto di sostanze stupefacenti. Si pensi al noto caso “Silk Road”: l’omonimo sito, nato nel 2011 negli Stati Uniti, veniva utilizzato quale piattaforma per la compravendita di droghe, armi, carte di credito rubare ed in generale di materiale illegale, sicché a distanza di un paio di anni è stato chiuso e sequestrato dalle autorità statunitensi, con il conseguente arresto dei realizzatori e gestori del sito. Un’ulteriore insidia determinata dall’utilizzo delle criptovalute è ravvisabile poi nell’evasione fiscale: ancora una volta il tassello debole è costituito dall’anonimato che non consente di ricollegare pubblicamente un utente a quella determinata transazione. Infine, il sistema di generazione dei bitcoin è completamente decentralizzato e la sua emissione, non dipendendo da alcuna autorità centrale, sia pubblica che privata, non consente di individuare una giurisdizione competente. Per una disamina più approfondita delle problematiche connesse alla diffusione dei bitcoin e delle criptovalute in genere, si veda STOKES, Virtual money laundering: the case of Bitcoin and the Linden dollar, Information & Communications Technology Law, 2012, 221236, nonché ARAGUENA-CAROLI-NICOLI-RIZZATI-CHIARI, Bitcoin, L’altra faccia della moneta, Firenze, 2014. Per un approfondimento dei profili tributari e fiscali dei Bitcoin, si veda: CAPACCIOLI, Introduzione al trattamento tributario delle valute virtuali: criptovalute e bitcoin, in Diritto e Pratica Tributaria Internazionale, n. 1/2014, 27-68, nonché CAPACCIOLI, Criptovalute, bitcoin e IVA, in Il Fisco, n. 27/2014, 2671-2678.

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Ed invero, le opinioni in materia sono fortemente contrastanti e possono sostanzialmente suddividersi in due macrocategorie: i fervidi sostenitori dei bitcoin, da un lato, e coloro che guardano con diffidenza a questo nuovo sistema di scambio, dall’altro. I primi affascinati dalle potenzialità della nuova “moneta” virtuale, la quale potrebbe portare all’agognato libero mercato delle monete private; i secondi, al contrario, preoccupati delle conseguenze che la diffusione delle valute virtuali potrebbero avere sull’economia mondiale. In genere gli Stati hanno cercato di estendere ai bitcoin la normativa vigente in materia di moneta elettronica, ma alcune caratteristiche tipiche dei bitcoin lo escluderebbero: prima fra tutte la circostanza che la moneta elettronica è emessa dietro ricezione di fondi in una quantità non inferiore al valore monetario emesso, cosa che non accade per la moneta virtuale. Ciò spiega perché se da un lato, gran parte delle Nazioni consente l’utilizzo dei bitcoin, dall’altro ed in altri Stati (si pensi alla Russia) i bitcoin sono stati dichiarati illegali. In ambito europeo, sono pochi i Paesi che, ad oggi, hanno dato importanza al fenomeno crescente delle criptovalute, o quantomeno sono pochi i Paesi che si siano attivati per affrontarlo tempestivamente. Tra questi v’è la Germania che ha in qualche modo equiparato i bitcoin a strumenti finanziari, azioni e obbligazioni, almeno da un punto di vista fiscale. In Francia s’è sancito che le operazioni effettuate con i bitcoin non possano rientrare nell’ambito dell’erogazione di servizi di pagamento. In alcuni Paesi, poi, il fenomeno dei pagamenti virtuali è stato affrontato in relazione alla materia dell’antiriciclaggio, come è accaduto in Canada ed in Svizzera. Al riguardo, si veda CAPACCIOLI, Riciclaggio, antiriciclaggio e bitcoin, in Il Fisco, 2014 n. 46/2014, 6-7. In Italia la Banca d’Italia, con la Comunicazione del 30 gennaio 2015, aderendo all’orientamento dell’Autorità Bancaria Europea, ha scoraggiato le banche e gli altri intermediari dal detenere o vendere valuta virtuale, invitandoli ad informare i clienti in ordine ai rischi che da essa valuta possono derivare. Dello stesso tenore è anche la comunicazione effettuata dalla People Banck of China che ha raccomandato le banche di non garantire o investire sulle monete virtuali, nonostante la Cina vanti la più grande piattaforma di bitcoin al mondo. Sul punto, si veda FATIGUSO, Bitcoin al bando in Cina, crolla sotto i mille dollari, in Il Sole 24 Ore, edizione 6 dicembre 2013.

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Si tratta della definizione fornita dalla stessa Commissione europea nel Libro verde “Verso un mercato europeo integrato dei pagamenti tramite carte, Internet e telefono mobile”.

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CAPITOLO 2. I PAGAMENTI ELETTRONICI

Sommario: Par. 3. Il quadro normativo del sistema dei pagamenti elettronici: le

Nel documento Mobile payment (pagine 51-53)