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TOTALE PUNTEGGIO

2.4 Citologia nasale ed eosinofilia

La sindrome di CSS può essere considerata espressione di una patologia con

una duplice natura patogenetica, da un lato quella di una “classica” vasculite ANCA-associata, dall’ altra di una “potenziale” sindrome ipereosinofila.

Studi recenti, hanno identificato, anche se in maniera non conclusiva, nell’

ambito del pleomorfismo delle manifestazioni cliniche del CSS, alcune che sembrano essere più strettamente legate all’ infiltrazione eosinofila tissutale piuttosto che al danno vasculitico, quali l’ impegno cardiaco, polmonare,

otorinolaringoiatrico e gastroenterologico (25,26).

Inoltre, è stato già dimostrato che l’ infiammazione bronchiale nei pazienti

con CSS è strettamente correlata ai livelli degli eosinofili nell’ espettorato

indotto che sono risultati di grado più alto rispetto alla concentrazione

rilevabile nel comune asma atopico (35).

Invece, in letteratura, ad oggi, non sono presenti studi in cui è stata analizzata la mucosa nasale nei pazienti affetti da sindrome di CSS dal punto di vista

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ruolo patogenetico degli eosinofili nell’ insorgenza dei disturbi nasali in

questa popolazione di pazienti.

A nostro avviso, tra le numerose indagini diagnostiche, attualmente utilizzate

in campo rinologico, anche la citologia nasale potrebbe dare il suo contributo per comprendere i meccanismi fisiopatologici alla base della patologia naso- sinusale nel paziente con sindrome di CSS.

La sua importanza diagnostica si basa su un concetto fondamentale: il rinocitogramma di un soggetto sano è per lo più costituito da cellule che normalmente compongono l’ epitelio pseudostratificato ciliato della mucosa

nasale: cellule colonnari ciliate e non ciliate (chiamate anche striate), mucipare e basali. A volte possono ritrovarsi sporadici neutrofili e rarissimi batteri.

Già Gollash, nel 1889, interpretò i numerosi eosinofili presenti nel secreto nasale di un paziente affetto da asma bronchiale, come elementi importanti nella patogenesi di questa malattia. Ma, il vero impulso alla citodiagnostica nasale venne dalla segnalazione, nel 1927, di Charles Eyermann che rilevò la

presenza di granulociti eosinofili nelle secrezioni di pazienti allergici e ne sottolineò l’ importanza diagnostica.

Le patologie che colpiscono l’epitelio della mucosa nasale, di fatto, alterano

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ciliate, con rimaneggiamento dell’epitelio della mucosa respiratoria a favore

delle cellule caliciformi mucipare (metaplasia mucipara). Ma sarà la presenza di altri citotipi, abitualmente assenti nella mucosa nasale, quali mastociti, eosinofili all’ interno dello strato epiteliale superficiale a far sospettare una

determinata patologia nasale (90).

In ambito rinologico, la citologia ha contribuito al chiarimento di alcuni dei

meccanismi fisiopatologici alla base delle riniti allergiche ed ha consentito di identificare nell’ ambito delle cosiddette riniti “vasomotorie” non allergiche,

nuove entità patologiche quali la rinite non allergica eosinofila (NARES), la

rinite non allergica mastocitaria (NARMA), la rinite non allergica eosinofilo- mastocitaria (NARESMA), così suddivise in base al citotipo prevalente nel secreto nasale. In particolare, la NARES, così denominata per la marcata

eosinofilia (> 20%) osservata all’ esame citologico della mucosa nasale in soggetti con test allergologici negativi (91), rappresenta la più frequente tra le riniti vasomotorie aspecifiche ad oggi identificate, con una particolare tendenza (come per le riniti a prevalenza mastocitaria) rispetto alle riniti

allergiche ad associarsi all’ asma bronchiale e alla poliposi nasale nasale per il danno indotto dagli eosinofili e dai loro mediatori (91,92).

Il riconoscimento di queste nuove forme di rinite, ha contribuito a chiarire

maggiormente il ruolo degli eosinofili come causa maggiore di effetti lesivi di tipo desquamativo anche a livello dell’ epitelio della mucosa nasale attraverso

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i loro prodotti enzimatici di degranulazione quali la Major Basic Protein (MBP). Infatti, già da alcuni anni, in alcuni studi erano stati osservati elevati livelli di MPB nell’ espettorato indotto di pazienti affetti da asma bronchiale con un’ azione diretta di danneggiamento epiteliale a livello dell’ epitelio

respiratorio polmonare.

Da un punto di vista più strettamente tecnico, la metodica citologica consiste

nei seguenti momenti:

1. prelievo (detto anche campionamento)

2. processazione (che comprende la fissazione e la colorazione) 3. osservazione microscopica

Tra le varie metodiche di campionamento, la più idonea è lo scraping nasale che consiste nel raschiamento dello strato più superficiale della mucosa con l’

ausilio di una curette in plastica tipo Rhino-Probe (in genere si esegue il

prelievo al 1/3 medio del turbinato inferiore per il giusto rapporto tra cellule ciliate e mucipare). E’ opportuno eseguire tre raccolte utilizzando, se

possibile, entrambe le cavità nasali. Successivamente, il campione prelevato deve essere strisciato in maniera uniforme su un vetrino portaoggetti,

possibilmente nella zona centrale, evitando pressione sul secreto per non provocare alterazioni e/o lisi cellulari.

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Prima di procedere con la colorazione, è necessario la fissazione del materiale disteso sul vetrino che può essere ottenuta anche semplicemente lasciando asciugare il vetrino all’ aria se l’ ultima fase - la colorazione - sarà effettuata

nel giro di poche ore. Quelle eseguibili sono numerose e possono essere scelte in base all’ esperienza personale ed al citotipo che si vuole visualizzare

meglio.

La colorazione più utilizzata nell’ ambito della citologia nasale è quella di May-Grunwald-Giemsa che consente di visualizzare bene i vari citotipi che comunemente si riscontrano nella mucosa nasale, comprese le cellule dell’

immunoflogosi (eosinofili, neutrofili, linfociti, mastcellule), i batteri e le spore micotiche.

Successivamente, si procede all’ osservazione microscopica per l’ analisi del

rinocitogramma attraverso una lettura per campi, cercando di esaminare un po’ tutta la superficie del vetrino, al fine di reperire gli elementi cellulari che

più spesso interessano la diagnosi, valutando, per ogni campo (almeno 10 campi microscopici) la percentuali di essi (93,94).

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