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3. METODICHE

3.13. Citometria a flusso

Fin dall’inizio degli anni Cinquanta, la citometria a flusso è diventata una tecnologia altamente raffinata per l’esplorazione delle superfici delle cellule, in un modo veloce e molto preciso. Per mezzo della citometria a flusso, è ormai possibile raccogliere le informazioni concernenti le molecole della superficie cellulare e la loro espressione durante la differenziazione cellulare, studiare il ciclo cellulare attraverso la valutazione quantitativa delle modificazioni nel contenuto di DNA, svolgere studi funzionali di una varietà di parametri cellulari e ottenere delle popolazioni arricchite di cellule per ulteriori studi. In ogni caso la citometria a flusso, nelle sue applicazioni più diffuse, appare indissolubilmente legata allo studio di cellule, dal punto di vista strutturale e funzionale.

Il citometro di flusso può pertanto essere concepito come un analizzatore multiparametrico in grado di effettuare simultaneamente il dosaggio di differenti analiti, in un singolo campione, attraverso un singolo processo di misurazione. Il limite applicativo della citometria, fino ad oggi, era rappresentato dall’assoluta necessità di disporre di una struttura di dimensioni ottimali (leggi cellula), che funzionasse da “carrier” per l’analita d’interesse. Nuovi spazi sono stati comunque conquistati in ambiti particolari molto diversi dall’immunofenotipizzazione o dall’analisi della ploidia del DNA, La rilevazione delle molecole delle membrane cellulari, esposte sulla superficie cellulare, è facile da compiere, in quanto sono subito disponibili queste molecole per gli anticorpi monoclonali. Un problema più complesso era quello di legare gli anticorpi monoclonali agli antigeni localizzati all’interno della cellula: si richiedeva che l’anticorpo monoclonale fosse introdotto nella cellula conservando contemporaneamente l’integrità della membrana cellulare affinché il tipo cellulare fosse determinabile per mezzo dell’identificazione degli antigeni superficiali. La soluzione per questo problema è arrivata con la dimostrazione che gli anticorpi monoclonali potrebbero essere introdotti nella cellula modificando l’integrità della membrana con una fissione di luce che non distrugga in modo significativo gli antigeni superficiali. Lo sviluppo di questa tecnica ha consentito lo studio delle molecole intracellulari, come le citochine, nelle varie cellule, contribuendo così alla nostra comprensione delle funzioni cellulari per mezzo della misurazione sequenziale di molecole che vengono espresse mentre la cellula o si differenzia o si metabolizza.

3.13.1 Basi tecniche di citometria a flusso

Il citometro a flusso permette la misurazione rapida della luce deviata e della fluorescenza emessa da cellule opportunamente illuminate. Le cellule, o le particelle, sono sospese in un mezzo liquido e producono segnali quando attraversano un fascio di luce.

La luce diffusa e la fluorescenza emessa da ciascuna particella sono raccolte da specifici dispositivi opto-elettronici, che le convertono in segnali analogico-digitali, ed inviate ad un computer, ove la distribuzione del segnale viene rappresentata con istogrammi di frequenza o citogrammi, facendo riferimento a differenti parametri. La luce diffusa nella stessa direzione della luce incidente è collegata alla dimensione della cellula (Forward Scatter, FSC) (Fig 3.18), mentre la luce diffusa con un angolo di 90° fornisce informazioni relative alla complessità strutturale della particella (Side Scatter, SSC) (Fig 3.18).

Quest’ultimo parametro è correlato alle caratteristiche di rugosità della superficie cellulare e al numero di organuli presenti nella cellula. La dimensione e la complessità sono considerati parametri intrinseci dal momento che possono essere ottenuti senza sottoporre il campione a particolari procedure di marcatura.

Al fine di ottenere altre informazioni, i campioni possono essere opportunamente trattati con differenti fluorocromi liberi o coniugati con idonei anticorpi monoclonali.

Tali sostanze possono essere classificate in base al loro meccanismo d’azione: alcuni sono in grado di aumentare la loro fluorescenza legandosi a specifici componenti cellulari come proteine (fluorescina iso-tiocianato FITC), acidi nucleici ( ioduro di propidio PI), e lipidi (Rosso Nilo ).

La fluorescenza di altri fluorocromi dipende da attività enzimatiche ( substrati fluorogenici ) come esterasi, perossidasi e peptidasi (Figura 3.19). I fluorocromi possono essere anche coniugati a sonde nucleotidiche per identificare sequenze di DNA o RNA.

Data.001 Data.001 0 200 400 600 800 1000 FSC-H 0 200 400 600 800 1000 FSC-H R2

Figura 3.18 Schema relativo al sistema opto elettronico per la rilevazione

Un citometro a flusso è costituito da tre componenti principali: un sistema fluidico che controlla la captazione cellulare e il flusso cellulare; un sistema ottico che “interroga” le cellule mentre attraversano un raggio laser; e un sistema elettronico che controlla gli strumenti e raccoglie, raffigura ed analizza i dati.

Le cellule vengono introdotte come una sospensione a cellule singole in un flusso di soluzione clorurata isotonica e viaggiano come “un flusso dentro un flusso”, per mettersi in linea e passare attraverso un beccuccio in fila. Mentre procedono, e mentre vengono alla fine espulse oppure recuperate (vale a dire la separazione per i tipi specifici delle cellule), attraversano un raggio di luce che “interroga” ogni cellula per quanto riguarda le caratteristiche richieste. Le fonti di luce più impiegate sono i laser a gas, preferibilmente quello di argon perché emette, a 488 nm, una linea di luce di eccitazione utile con i fluorocromi più comuni in uso attualmente. Nel componente elettronico di un emicitometro a flusso, il segnale di luce emesso da una cellula alla sede di interrogazione viene convertito in un impulso elettrico (più comunemente sarà un segnale analogico). I segnali analogici sono poi convertiti nei segnali digitali che vengono raffigurati su uno schermo da un tubo a raggi catodici. L’avvento di computer sempre più potenti ha consentito l’introduzione di sistemi computerizzati per controllare l’operazione degli emicitometri a flusso, nonché per la raccolta, la memorizzazione e l’analisi dei dati. Cellule singole sono richieste per le misurazioni della citometria a flusso e questo rappresenta un fattore limitante che previene gli studi dei tessuti che non possono venire facilmente dispersi in una sospensione di cellule singole.

I campioni sono solitamente sospesi in una soluzione clorurata tamponata con il fosfato, 0,2% di albumina di siero bovino e 0,01% di sodio azide (PBS). A seguito dell’esposizione all’anticorpo monoclonale adatto per 30 minuti al buio, per evitare la riduzione di radiazioni fluorescenti, i campioni vengono lavati, risospesi in PBS ed esaminati nell’emocitometro a flusso. Può essere utile ricordare alcuni principi fondamentali per la manipolazione dei campioni. Nella pratica clinica, i campioni più comuni sono il sangue periferico, aspirati di midollo osseo, o sospensioni cellulari monodisperse dai linfonodi.

Figura 3.19. Spettri di eccitazione e di emissione di

alcuni dei fluorocromi di più ampio impiego (tratto da Practical Flow Cytometry, Third Edition, Howard M. Shapiro. P. 245).

Nelle situazioni di ricerca, il campione può essere di qualsiasi tipo di cellula sospesa in uno stato monodisperso. Per il sangue periferico e per il midollo osseo è necessario eliminare gli eritrociti per mezzo di un agente lisante (di solito cloruro di ammonio) che non influenzerà le cellule mononucleate soggette all’esame.

Tornando alle componenti necessarie per un'analisi citofluorimetrica riconosciamo:

(i) Il sistema idraulico produce un flusso laminare intorno alla sospensione cellulare (hydrodynamic focusing ), permettendo il passaggio delle particelle ad una velocità costante, allineate lungo un identico asse, attraverso il punto di rilevazione (cella di flusso) (Fig. 3.20).

(ii) Il sistema di illuminazione consiste di un fascio di luce che incide sul materiale in sospensione e che permette di produrre segnali di rifrazione della luce e/o emissione di fluorescenza. Nella camera a flusso, le cellule fluiscono in fila indiana e quando una delle cellule interseca con il raggio laser (punto d’interrogazione) la luce, colpendo la cellula, viene dispersa in ogni direzione. La luce dispersa in avanti (un’indicazione delle dimensioni della cellula) e quella dispersa verso i lati (un’indicazione della struttura interna della cellula) sono raccolte dai tubi foto-moltiplicatori che amplificano il debole segnale di luce. I segnali di luce sono poi processati come descritto sopra e raffigurati come puntini sullo schermo: ognuno rappresenta un evento come determinato dalle proprietà della dispersione di luce possedute dalla cellula. Una distribuzione sarà quindi ottenuta, dai gruppi di puntini che rappresentano popolazioni distinte di cellule, con diverse dimensioni e varie strutture interne (un citogramma o “bit map”). A questo punto, necessita delineare la popolazione di cellule che sta per essere esaminata ulteriormente, per determinare le caratteristiche soggette allo studio per mezzo dei segnali fluorescenti emessi dagli anticorpi monoclonali legati agli antigeni della superficie della cellula. Questo viene compiuto ponendo una finestra elettronica (“gate”) intorno al gruppo di nostro interesse .

(iii) Il sistema ottico canalizza la luce incidente sulle particelle che l’attraversano, registra la luce diffusa e la fluorescenza emessa dai fluorocromi , dirigendole entrambe verso appropriati dispositivi opto-elettronici , ovvero i tubi fotomoltiplicatori. Sostanzialmente tutti i citometri che utilizzano una sorgente laser hanno un sistema ottico di tipo ortogonale, in cui i tre assi principali dello strumento, ovvero il flusso idrodinamico, il fascio di luce laser e l’asse ottico per la rilevazione del segnale fluorescente sono distribuiti ad angolo retto uno rispetto all’altro. Il raggio laser è focalizzato sul campione grazie all’impiego di opportune lenti.

(iv) Il sistema elettronico trasforma la luce diffusa e la fluorescenza in impulsi elettrici (analogici). Le ampiezze di tali impulsi vengono distribuite elettronicamente in canali, permettendo la creazione di istogrammi che rappresentano il numero di cellule contro il numero di canali (Fig 3.21). Lo strumento è anche in grado di controllare il processo di separazione (sorting) di diverse popolazioni cellulari all’interno del medesimo campione.Tale processo,

Figura 3.20 Cella di flusso in cui

attivato dalla fluorescenza, consente di separare fisicamente una particolare tipologia cellulare in base a caratteristiche peculiari della popolazione stessa.

(v) Il sistema di analisi dei dati consiste di un software che permette l’analisi di una grande quantità di informazioni ricevute dall’acquisizione di dati multiparametrici. Esiste un’ampia varietà di software offerta dai diversi fabbricanti degli emocitometri a flusso per l’elaborazione di dati. Negli ultimi anni ci sono stati tanti progressi nella produzione di software, sempre migliore e sempre più facile da usare, che consente agli operatori di osservare e di modificare la raffigurazione dei dati mentre i campioni vengono processati. I dati acquisiti possono anche essere trasferiti ad un altro computer per continuare l’analisi a distanza dall’emocitometro a flusso.

Un problema particolarmente scottante era presentato dalla possibilità di analizzare i prodotti cellulari in soluzione, piuttosto che dentro le cellule. Nei ultimi anni, come risposta a questo problema, è stata proposta una tecnica che prevede l’utilizzo di grani o perline di plastica rivestiti con un anticorpo monoclonale mirato al prodotto da rilevare. I grani sono poi trattati con lo stesso anticorpo monoclonale marcato con un fluorocromo ed esaminati in un emicitometro a flusso. La fluorescenza presente sui grani indica la captazione del prodotto da rilevare da parte del grano, e la captazione susseguente del monoclonale fluorescente da parte del prodotto legato al grano. E’ ormai possibile, mediante grafiche di calibrazione, rilevare, in modo quantitativo, i prodotti cellulari in fluidi a livello pg. E’ interessante notare che la combinazione della rilevazione a grano di un prodotto extracellulare solubile, alla rilevazione dello stesso prodotto all’interno della cellula, può fornire dati preziosi sull’accumulo e sull’espressione del prodotto e la sua secrezione, in tal modo consentendo gli studi cinetici sulle cellule attivate.

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