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3. METODICHE

3.7. Real Time PCR

La Real-Time PCR è una metodica che permette di visualizzare l’andamento della reazione di amplificazione già dalle sue prime fasi, ottenendo una stima quantitativa del prodotto di PCR che si sta formando in contemporanea allo svolgersi della reazione, cioè in tempo reale (“real time”). La misurazione della cinetica della reazione nelle fasi precoci della PCR costituisce un vantaggio rispetto alla PCR tradizionale, che invece necessita della rivelazione dell’avvenuta amplificazione solo quando la reazione ha raggiunto il punto-finale. Questo tipo di rilevazione, però, oltre ad apportare una notevole spesa di tempo e ad essere, alle volte, poco chiarificativa, è limitativa in quanto, nelle ultime fasi della reazione si verificano delle differenze nel livello di amplificazione tra i diversi campioni, dovute al consumo dei reagenti che avviene con un tasso diverso per ciascun amplificato.

Una reazione di PCR, infatti, può essere divisa schematicamente in tre fasi:

1. Fase esponenziale: l’amplificato duplica ad ogni ciclo (con il 100% di efficienza della reazione). In questa fase la reazione è molto specifica e precisa.

2. Fase lineare: è quella che presenta la maggiore variabilità tra campione e campione, in cui i componenti della reazione iniziano a consumarsi. La reazione inizia a diventare più lenta e i prodotti possono iniziare a degradarsi.

3. Fase di plateau: la reazione si blocca e non vengono prodotti più amplificati, che continuano invece ad essere degradati.

In ciascuna mix di reazione, la fase di plateau può sopraggiungere in momenti diversi, a seconda delle differenti cinetiche di reazione che si sono verificate all’interno di ogni reazione. Queste differenze possono essere visualizzate proprio in questa fase, che è quella che viene misurata nella PCR tradizionale e che è conosciuta come rivelazione al punto finale. Solitamente, le tradizionali tecniche di rivelazione sono costituite da una corsa elettroforetica in gel di agarosio con bromuro di etidio e successiva visualizzazione con raggi ultra-violetti. Questo metodo di visualizzazione risulta però poco preciso, poco sensibile, non quantitativo e non automatizzabile. Alla luce di queste considerazioni, la possibilità di poter visualizzare il prodotto di amplificazione direttamente durante la reazione, evitando la corsa elettroforetica, rappresenta un grosso passo avanti.

Il monitoraggio del prodotto di amplificazione che si va man mano accumulando nella reazione, è reso possibile nella real-time dalla marcatura di primers, di sonde o del prodotto di amplificazione, tramite molecole fluorogeniche.

Tra i metodi più comuni, vi è il metodo SYBR Green (fig. 3.11) che sfrutta la capacità di questa molecola di legare il solco minore del doppio filamento di DNA prodotto durante la reazione di amplificazione. Quando questo avviene, l’intensità della fluorescenza emessa dal SYBR Green aumenta in maniera sostanziale rispetto a quando esso si trova libero nel mezzo, costituito dalla miscela di reazione. Il segnale generato dal SYBR Green cresce proporzionalmente alla quantità amplificato prodotto.

Questo metodo risulta meno specifico di altri quali il saggio dell’esonuclesi al 5’, perché il SYBR Green è in grado di legare qualsiasi molecola di DNA a doppio filamento.

Fig.3.11: Schematizzazione della metodica di emissione di fluorescenza in corso di amplificazione con

SYBR Green

I vantaggi costituiti da tale metodica però sono una maggiore velocità per la messa a punto e un minor costo di esecuzione.

Tutte le reazioni di Real Time PCR sono state messe a punto con il rotore Rotor-Gene 3000 System (Corbett Research, Australia). Le amplificazioni sono avvenute in un volume totale di 25 µl contenente i reagenti come descritto di seguito; 1X di SYBR PREMIX Ex Taq Takara, 200 nM per ogni primer forward e reverse, 1X di Rox References Dye e 2 µl di cDNA come raccomandato dal protocollo del produttore.

I parametri di ogni ciclo sono stati i seguenti: 10 min a 95°C per l'attivazione della polimerasi seguiti da 40 cicli di 15 sec a 95°C, 15 sec di annealing (differenti a seconda della coppia di primers considerati) , 20 sec a 72°C.

Il segnale di emissione della fluorescenza è stato rilevato (fig. 3.12b, 3.13) sul canale FAM (multichannel machine) (source, 470 nm; detector, 510 nm; gain set to 5) con una fluorescenza rilevata a partire dal termine dello step a 72°C di ogni ciclo.

Figura 3. 12a e 3.12b. Rappresentazione dei prodotti di amplificazione su gel di agarosio al 2% colorato con etidio

bromuro (fig. 12a) ed emissione di fluorescenza durante Real Time PCR in singoli campioni costituiti da diluizioni plasmidiche (fig 8.12b). Nella figura 8.12a la maggior quantità di amplificato è denunciato da una maggior intensità della banda mentre nella figura 8.12b si nota un diverso punto di intersezione con il ciclo soglia (ciclo di threshold Ct) proporzionale alla fluorescenza emessa dal singolo campione in base all'aumentare dei cicli di amplificazione, a sua volta proporzionalmente al numero di doppi filamenti che si vengono a formare. Nota bene: a colori uguali corrisponde diluizione uguale.

E’ stata tracciata una curva di melting dopo l'amplificazione mantenendo la temperatura a 72°C per 12 s seguiti da graduali aumenti di 0,1°C/s fino a raggiungere i 95°C, con l'acquisizione della fluorescenza in ogni step sul FAM channel (source, 470 nm; detector, 510 nm; gain set to 5). Il test della temperatura di melting del prodotto di reazione può ovviare al problema della fluorescenza data dai prodotti di reazione aspecifici. Ogni prodotto infatti avrà una temperatura di melting diversa in base alla sua caratteristica sequenza. La visualizzazione della temperatura di melting dei prodotti di reazione correlata alla fluorescenza degli stessi evidenzia la presenza dei prodotti aspecifici permettendo la loro discriminazione (fig. 3.13.).

Fig. 3.13 Grafico che rileva le

temperatura di melting dei frammenti amplificati in corso di polimerizzazione a catena. La presenza di un unico picco di temperatura indica la specificità dell'avvenuta reazione.

3.12a

3.7.1 Espressione dei risultati di Real Time PCR

La quantificazione dell'espressione genica mediante Real Time PCR prevede una normalizzazione dei dati ottenuti poichè la quantità rilevata dalla fluorescenza del campione dipende da un notevole numero di fattori quali quantità del materiale di partenza, specificità ed efficienza della reazione di trascrizione, efficienza della reazione di amplificazione. Al fine di ridurre al minimo la variabilità intercampionaria e intracampionaria aumentando la ripetibilità della metodica a livello di letteratura (Schmittgen et Zakrajsek, 2000; Overbergh et al, 2003; Schmittgen et al., 2000) si è deciso di prendere come riferimento dei geni ubiquitariamente espressi indipendentemente da matrice di partenza o patologia in atto definiti housekeeping. I più comuni geni housekeeping considerati sono gli RNA messaggeri codificanti per gliceraldeide 3 fosfato-deidrogenasi (GAPDH), la β actina, la β2 microglobulina e l'unità ribosomiale 18S (Schmittgen et Zakrajsek, 2000). La scelta su quale di questi considerare come normalizzatore della mia reazione di amplificazione andrebbe valutata in ogni singolo caso. La quantificazione genica può essere come già detto di tipo assoluto o relativo (Whelan et al., 2003; Livak et Schmittgen, 2001).

Nella quantificazione di tipo assoluto il frammento di interesse viene inserito all'interno di una cellula competente mediante vettore dopo purificazione e, effettuate delle diluizioni in scala logaritmica di tale plasmide a concentrazioni nota, in base alla fluorescenza emessa da queste si traccia una retta di riferimento sulla quale si estrapolano le concentrazioni dei campioni a concentrazione ignota (Fig 3.14a e 3.14b). In questa caso il risultato verrà espresso da un preciso numero di filamenti per microlitro di campione. Tale numero verrà diviso per il numero di copie dell'housekeeping in modo da rilevare eventuali over o under expression del mio gene.

In tale tipo di quantificazione i valori da tenere in considerazione per valutare il buon risultato dell'avvenuta amplificazione, oltre ad un'assenza di contaminazioni denunciata da mancata emissione di fluorescenza da parte del controllo negativo o diversa temperatura di melting del frammento amplificato, sono

 l'efficienza di amplificazione (E cerchiata in rosso)

 la deviazione quadratica media delle concentrazioni rivelate nei campioni noti rispetto a quelle attese (R2.cerchiata in blu).

Entrambi i dati devono avvicinarsi il più possibile ad 1.

3.14b 3.14a

Figura 3.14a e 3.14b Le diluizioni plasmidiche contenenti il gene di interesse. emettendo caratteristiche

fluorescenze, permettono di tracciare una curva di relazione fra fluorescenza e concentrazione di doppi filamenti (figura 3.14a) sulla base della quale vengono poi estrapolate le concentrazioni di doppi filamenti generatisi in seguito ad amplificazione dei campioni a concentrazione ignota (figura 3.14b)

Nel caso invece della quantificazione di tipo relativo, l'unico dato sul quale si può ragionare è il ciclo soglia (Ct ciclo di threshold) del singolo campione non disponendo di adeguati standard costituiti dai plasmidi precedentemente quantificati come riferimenti.

Tale metodica, molto più rapida e meno costosa, prevede però un'elaborazione matematica dei dati ottenuti tale da poter correlare i cicli soglia delle due espressioni geniche.

Nella nostre sperimentazioni la concentrazione di ogni citochina è stata espressa come rapporto con la quantità di housekeeping mediante la formula suggerita da Livak e Schmittgen (2001) come rappresentato qui di seguito con Ct ad indicare il ciclo di threshold:

dove ∆∆Ct è calcolato come:

(Ct gene di interesse – Ct housekeeping) campione di interesse

(Ct gene di interesse – Ct housekeeping) controllo (calibratore)

3.8 Prelievo e maturazione di cellule derivanti da midollo osseo

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