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Le città «incivili» e «civilizzate»: dalle lettere di viaggio di A Čecho

Nel tentativo di dimostrare la necessità di sviluppare un approccio sistemico allo studio delle opere di Čechov come un unico insieme artistico Michail Gromov considera l’immagine della città anello di congiunzione tra vari racconti e novelle dello scrittore:

Все большие и малые события жизни, все случайности и происшествия, вообще всë, что происходит в сюжете Чехова, происходит в русском городе, в его дачных окрестностях, посадах, монастырях.352

L’immagine della città cechoviana, secondo Gromov, si evolve nel tempo conservando la propria struttura: è sempre la stessa cittadina – «маленький городишко» – sporca, dimenticata da tutti, «peggio di un villaggio». La posizione centrale nei racconti di A. Čechov spetta, dunque, non alla città intesa come metropoli, ma proprio alla cittadina provinciale, in cui s’intersecano i destini dei personaggi e che diventa essa stessa protagonista a tutti gli effetti. Quest’immagine generalizzata di una cittadina distrettuale o, più raramente, un capoluogo di regione riflette alcuni tratti di quelle località, dove lo scrittore ebbe modo di vivere e che visitò nel corso dei suoi innumerevoli viaggi attraverso il paese. Per averne la conferma basta rivolgersi, come nel caso dell’usad’ba, all’epistolario dello scrittore. La città natale dello scrittore, Taganrog, ebbe probabilmente l’impatto maggiore nell’opera di Čechov, e fu considerata da lui quintessenza della Russia. Secondo

351 Trad. di M. Bottazzi, in A. Čechov, op. cit., 1996, p. 1220. 352 M. Gromov, op. cit., 1974, p. 309.

M. Gromov Taganrog per Čechov era come Pietroburgo per Dostoevskij e Zamoskvoreč’e per Ostrovskij353. Trasferitosi a Mosca seguendo la famiglia e

laureatosi alla facoltà di medicina, Čechov torna nella sua città natale nel 1881, 1887, 1894, 1896, 1899, descrivendo l’impressione che ne ha avuto nelle lettere ad amici e parenti. Nel corso della prima visita sembra giudicare Taganrog dal punto di vista di un residente della capitale, senza risparmiare le critiche a quel modus vivendi «asiatico» che caratterizzava gli abitanti della città. Nel 1887, passando le vacanze pasquali a Taganrog, scrive a Nikolaj Lejkin:

Tutto attorno assomiglia così tanto all'Asia che non credo ai miei occhi. 60 mila abitanti non fanno altro che mangiare, bere, moltiplicarsi, e non hanno alcun altro interesse. Ovunque tu vada ci sono dolci pasquali, uova, vino santorinese, bambini lattanti, ma non trovi né giornali né libri. [...] Gli abitanti sono inerti da far paura. Tutti hanno doti musicali, immaginazione e acutezza d'ingegno, sono inqueti e sensibili, ma tutto questo è sprecato... Non ci sono né patrioti, né imprenditori, né poeti, e neanche un panettiere decente354.

All’«Asia» – che è da intendere in senso figurato, come metafora d’inciviltà – paragona più tardi la città di Tomsk che «è una città noiosa, mai sobria; belle donne non ce ne sono proprio, manca qualunque diritto come in Asia»355. Il termine «Asia»

e i suoi derivati, usati con connotazione spregiativa, saranno presenti anche in alcune opere dello scrittore, riferendosi soprattutto a usanze e costumi incivili, alla crudeltà verso i più deboli, all’arretratezza culturale delle persone, sia quelle che vivono in provincia, sia gli abitanti della capitale:

V Moskve: ведь я мог бы учиться и знать всё; если бы я совлек с себя азията, то мог бы изучить и полюбить европейскую культуру, торговлю, ремесла, сельское хозяйство, литературу, музыку, живопись, архитектуру, гигиену; я мог бы строить в Москве отличные мостовые, торговать с Китаем и Персией 356 [VIII, p. 506]

353 M. Gromov, op. cit., 1993, disponibile su: https://www.litmir.me/bd/?b=222287, ultima consultazione

2.08.2019.

354 Lettera a N. A. Lejkin del 7 aprile 1887. 355 Lettera ad A. S. Suvorin del 20 maggio 1890.

356 «avrei certo potuto imparare e sapere tutto; se mi fossi scosso l’asiatico di dosso, avrei potuto

studiare e apprezzare la cultura europea, il commercio, l’artigianato, l’agricoltura, la letteratura, la musica, la pittura, l’architettura, l’igene; avrei potuto costruire meravigliose strade a Mosca, commerciare con la Cina e la Persia», trad. di B. Osimo, in Čechov, op. cit., 1996, vol. I, p. 587.

Tri goda: Вообще служащим жилось у Лаптевых очень плохо, и об этом давно уже

говорили все ряды. Хуже всего было то, что по отношению к ним старик Федор Степаныч держался какой-то азиатской политики.357 [IX, p. 34]

Rasskaz neizvestnogo čeloveka: Вы боитесь жизни, боитесь, как азиат, тот самый,

который по целым дням сидит на перине и курит кальян. Да, вы много читаете, и на вас ловко сидит европейский фрак, но все же, с какою нежною, чисто

азиатскою, ханскою заботливостью вы оберегаете себя от голода, холода,

физического напряжения, — от боли и беспокойства.358 [VIII, p. 189]

L’inerzia e l’ignoranza della popolazione, le case diroccate, la mancanza di gusto nelle opere architettoniche, le strade inondate di fango, le scomodità irrazionali della vita sono gli aspetti che sembrano a provocare maggiore irritazione in Čechov durante i suoi viaggi per le cittadine periferiche russe, e non importa molto quanto siano distanti dal centro del paese perché neanche questo rappresenta il modello da seguire:

ed ecco un carcere, un ospizio, giovanotti maleducati, carri merci... l'albergo di Belov, la chiesa dell'Arcangelo Michele che sembra di essere fatta con l'accetta... Eccomi a Taganrog. [...] Ha l'aspetto di Ercolano e Pompei: strade vuote e al posto delle mummie giovanotti assonati con la testa a forma di melone. Tutte le case sono appiattite, con l'intonaco scrostato, i tetti non verniciati, le imposte chiuse... [...] ho avuto tempo di rendermi conto come Taganrog sia lurida, vana, oziosa, ignorante e noiosa. Non c'è una sola insegna priva di errori e c’è addirittura la trattoria «Rusia». [...] ozio totale, capacità di accontentarsi di pochi spicci e di un futuro indeterminato: tutto a occhio nudo è così disgustoso che Mosca con la sua sporcizia e tifi epidemici mi sembra persino simpatica359.

La somiglianza tra le città di provincia è ciò che viene contestato più spesso da Čechov, ma quasi sempre con una buona dose di ironia, prendendo di mira e accostando fenomeni di vario genere: «Jaroslavl' sembra uguale a Zvenigorod e le sue chiese ricordano il monastero Perervinskij360; tante insegne con errori di

grammatica, sporcizia, cornacchie dalla testa enorme che passeggiano sulle strade»361;

357 «Nel complesso gli impiegati dai Làptev se la passavano molto male, e ne parlavano da tempo in

tutto il mercato. Il peggio era che, nei rapporti con loro, il vecchio Fëdor Stepànyč si atteneva a una specie di politica di tipo asiatico», Ibidem, vol. II, p. 1022.

358 «Avete paura della vita, avete paura come un asiatico, quello stesso che per giornate intere se ne sta

sul letto di piume e fuma il narghilé. Sì, leggete molto, e indossate con eleganza un frac all'europea, però in compenso con quanta premurosa sollecitudine, squisitamente asiatica, da khan, vi difendete dalla fame, dal freddo, dalla tensione fisica, dal dolore e dall'inquietudine», Ibidem, p. 803.

359 Lettera ai Čechov del 7 aprile 1887. 360 Uno dei monasteri di Mosca. 361 Lettera ai Čechov del 23 aprile 1890.

«Le città sul fiume Kama sono grigie; sembra che i loro abitanti si occupino della produzione di nuvole, noia, dei recinti bagnati e fango stradale»362. Visitando

Ekaterenburg nel corso della sua missione a Sachalin descrive innanzitutto le vetture di piazza, «squallide da non credere», sporche, fradicie e senza molle che «non passano sulla strada perché traballano ma vicino ai canali, dove c'è fango e si scivola di più»363 e nota scherzosamente che tutti i vetturini della città assomigliano a Nicolaj

Dobroljubov, celebre critico letterario della prima metà dell’Ottocento. Segue la famosa affermazione cechoviana, ripetuta in alcune altre lettere e citata in moltissimi studi su Čechov, che «in Russia le città sono tutte uguali. Ekaterenburg non è diversa da Perm' o Tula. Assomiglia sia a Sumy, sia a Gdjač. Il suono delle campane però è stupendo, vellutato»364.

Tra le caratteristiche di diverse cittadine provinciali ricorrono spesso l’aggettivo seryj (grigio) e tutti i derivati dal sostantivo skuka (noia): «Tomsk è la città più noiosa di tutte [...] anche la gente qui è noiosissima»365; «La notizia che Jean Ščeglov ha scelto

come residenza la città di Vladimir mi ha fatto rabbrividire: sarà divorato dalle zanzare, e anche la noia lì è irresistibile, una noia epica! La più noiosa di tutte le città governatoriali, non c'è nemmeno il teatro»366; «La città [Serpuchov – N.d.A.] è grigia,

indifferente»367; «La vita qui, nei dintorni di Perm', è grigia, insipida e se la mettessi in

scena sarebbe troppo dura»368; «Penza è una città noiosa, terra bruciata, dove i funzionari pubblici lavorano senza voglia, anche gli inverni lì non sono facili»369;

«Kaluga, probabilmente, è la città più noiosa di tutta la Russia, ma comunque

migliore della Crimea e di Jalta»370.

362 Lettera ai Čechov del 29 aprile 1890. 363 Ivi.

364 Ivi

365 Lettera ai Čechov del 20 maggio 1890. 366 Lettera ad A. S. Suvorin del 4 giugno 1892. 367 Lettera a E. M. Šavrova-Just del 2 febbraio 1897.

368 Lettera a V. I. Nemirovič-Dančenko del 25 giugno 1902. 369 Lettera a S. A. Petrov del 24 settembre 1902.

Sarebbe troppo scontato soffermarsi soltanto sulle critiche negative, riservate dallo scrittore alle città di provincia visitate, perché nel suo epistolario non mancano le testimonianze di una grande simpatia nei confronti di alcune località, sebbene possano essere contrassegnate dai medesimi tratti di trascuratezza e abbandono. Ecco, ad esempio, la descrizione di Slavjansk, nella parte orientale dell’Ucraina, visitata da Čechov nel 1887 durante un viaggio per le regioni del sud dell’Impero Russo:

La città è una specie di Mirgorod gogoliana; ci sono il barbiere e l’orologiaio, si può sperare quindi che tra circa mille anni a Slavjansk arriverà anche il telefono. Ai muri e recinti sono attaccati i cartelloni del circo, a ridosso dei recinti ci sono escrementi e piante di bardana, lungo le strade impolverate e verdi passeggiano maiali, mucche e altro bestiame domestico. Le case ti guardano in maniera amichevole e affettuosa, come simpatiche vecchiette, le strade sono soffici, i viali larghi, nell'area si sente il profumo di lillà e acacia371.

Anche Kostroma è piaciuta allo scrittore: «Kostroma è una bella città. Ho visto Plës, dove aveva vissuto il languido Levitan, ho visto Kinešma dove ho passeggiato sul

boulevard»372.

Secondo i giudizi espressi dallo scrittore si avvicinano allo standard europeo – e in Čechov l’opposizione Europa/Asia, civiltà/barbarie sembra attualizzarsi in modo più definito rispetto all’opposizione provincia/capitale – quelle città russe che mostrano evidenti segni di modernità: teatri, musei, biblioteche, palazzi eleganti, strade pulite e pavimentate. Così sono, ad esempio, Irkutsk e Krasnojarsk, due città siberiane per descrivere le quali Čechov usa un’espressione specifica, difficilmente traducibile in italiano intelligentnyj gorod, che vuol dire città moderna, civilizzata, di cultura. Scrive, ad esempio, di Krasnojarsk che «è una città bella e civilizzata. Le strade sono pulite, hanno il selciato, i palazzi sono in pietra, grandi, le chiese squisite [...] A Krasnojarsk ci abiterei volentieri»373. In una lettera al fratello maggiore dedica a Irkutsk le

seguenti parole: «Tra tutte le città siberiane Irkutsk è la migliore. Tomsk non vale una

371 Lettera ai Čechov dell’11 maggio 1887. 372 Lettera ai Čechov del 23 aprile 1890. 373 Lettera ai Čechov del 28 maggio 1890.

briciola mentre tutte le città distrettuali non sono meglio di quella Krepkaja in cui hai avuto l'ardire di nascere»374. E poi, sempre di Irkutsk, in una lettera ai familiari:

è un'ottima città. Molto civilizzata. Ci sono un teatro, un museo, un giardino pubblico con l'orchestra, alberghi di qualità... Niente orrendi recinti, insegne assurde e terreni abbandonati con la scritta vietato fermarsi. [...] È meglio di Ekaterinburg e di Tomsk. Sembra proprio l’Europa375.

* * *

Quali caratteristiche aveva una tipica città di provincia nella percezione dei contemporanei di Čechov? Interessanti sono a questo proposito le memorie lasciate dal pittore Viktor Simov, a cui Konstantin Stanislavskij commissionò l’allestimento della prima messa in scena delle Tre sorelle (1901) con la preghiera di raffigurare nelle scenografie una casa cittadina che incarnasse «lo spirito della provincia, la sua sostanza e anima»376. Simov aveva il compito di mettere a fuoco una Russia

stagnante, piccolo-borghese, «con un piede nel Domostroj377 e un altro sollevato

sopra una cultura altrui con la paura di abbassarlo»378. La casa delle sorelle Prozorov,

situata in una cittadina provinciale, in via Dvorjanskaja (dei Nobili), doveva trasmettere agli spettatori l’impressione di una vita triste e cupa, ed ecco com’è stata realizzata dallo sceneggiatore:

Висит белье. От двора - обычная решетка на столбах, с узким заостренным балясником, где сушится простыня. В садик от дома выходит терраска, занавесочки из сурового холста с красной каемочкой. Перед забором довольно аккуратно сложены кирпичи и навалены обрезы гладких бревен. Все несложное хозяйство - как на ладони: обособленный уголок с неторопливым круговоротом прозы житейской. Отсюда, без сомнения, захочется уехать, если нет сил и возможности в корень изменить обиход.379

374 Lettera ad A. P. Čechov del 5 giugno 1890. Il fratello Aleksandr Pavlovič nacque nel 1855 nella

località Krepkaja, a 75 km da Taganrog.

375 Lettera ai Čechov del 6 giugno 1890.

376 Cit. in A. Roskin, A.P. Čhechov. Stat’i i očerki, Moskva, Gosudarstvennoe izdatel’stvo

chudožestvennoj literatury, 1959, p. 412.

377 Ci si riferisce al "Trattato di vita domestica" del XVI sec. che comprende regolamenti, istruzioni e

suggerimenti concernenti la vita domestica, religiosa e sociale dell’uomo. Ai tempi di Čechov le parole

domostroj, domostroevščina si usavano nel senso peggiorativo, per indicare uno stile di vita retrogrado e

tradizionalista.

378 Ivi. 379 Ivi.

Secondo l’interpretazione di Simov i dettagli del byt inseriti nelle scenografie dovevano avere nel loro insieme un aspetto deprimente, «spaventosamente freddo e intollerabilmente stupido e banale»380. Nel dramma di Čechov l’immagine della

monotona quotidianità provinciale che travolge la casa di Prozorov contrasta però con lo splendido paesaggio della natura russa: accanto all’usad’ba cittadina in cui abitano le tre sorelle vi è un vecchio giardino trascurato. Secondo la nota dell’autore che introduce il quarto atto del dramma in fondo a un lungo viale di abeti che attraversa il giardino «s’intravede un fiume» e un bosco sul lato opposto. A dispetto della didascalia, Simov decise di sostituire il giardino con un giardinetto (palisadnik) e aggiungere alcuni dettagli che, pur mancando nel dramma cechoviano, erano tipici delle cittadine distrettuali (uezdnyj gorod):

Если дом смотрит на улицу, тогда вместо обширного запущенного сада достаточно палисадника с одними березами, которые наиболее подходили в своем осеннем уборе к основному элегическому тону исполнения пьесы... Заменив усадебный простор палисадником, пришлось опустить перечисленные в ремарке подробности и прибавить новые, на что у Чехова намека нет, но для уездных построек типично.381

Tra i particolari del byt aggiunti dal pittore nelle scenografie dello spettacolo vi erano i panni stesi nel cortile, i mattoni adagiati vicino al recinto coperto di chiodi, un’insegna raffigurante il dito indice, un lampione inclinato, un campanello vicino alla porta382. Particolari simili, naturalmente, ricorrono anche nella prosa di Čechov,

creando nell’insieme un’immagine della cittadina provinciale il cui aspetto era familiare a tutti i lettori dell’epoca. Tuttavia, prima ancora di applicare una lente d’ingrandimento si evidenziano nei racconti cechoviani degli elementi basilari che riflettono la composizione stessa dello spazio urbano sul finire del XIX secolo costituendo, per così dire, la sua ossatura. Ci soffermeremo qui sugli elementi più relevanti.

380 Ivi.

381 Ibidem, p. 414. 382 Ibidem, p. 413.