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Capitolo 2: Visionix (VX130)

2.7 CL fitting

Con questo tipo di funzione è possibile valutare un’eventuale lente a contatto più adatta al soggetto in relazione ai dati cheratometrici ed alle mappe topografiche acquisite in precedenza. La valutazione viene fatta riportando una simulazione dell’immagine in fluoresceina ed è possibile selezionare i raggi di curvatura al fine di ottenere un appoggio ottimale. Esistono diversi tipi di lenti a contatto elencati in base al produttore e le relative dimensioni nel menu a discesa della scheda Fitting CL. Si evidenzia così una simulazione di correzione a contatto grazie ad un’aggiunta di un database contenente varie tipologie di lenti a contatto (LaC) fornito da diverse aziende.

È possibile modificare numerosi parametri:

 TLT (Tear Layer Thickness): spessore del film lacrimale: consente di impostare il valore per cui la lente risulta sollevata al centro rispetto la cornea.

 Fix Angle: angolo di contatto; l’orientamento del K1 consente di selezionare la direzione del meridiano più piatto di una lente torica. È possibile simulare un’ipotetica rotazione della lente in base anche al produttore selezionato.

 Produttore

 Design

 Diametro

 Curva base

Capitolo 3

Visione binoculare: fisiologia e valutazione nell’esame soggettivo

Per capire a pieno qual è la relazione che intercorre tra una valutazione oggettiva ed una soggettiva bisogna tenere conto di cosa avviene quando i due occhi cooperano insieme per dare vita alla visione binoculare. Di fatto, gli strumenti che permettono una valutazione oggettiva dei difetti visivi precedentemente elencati, sia essi moderni che più datati, non tengono in considerazione il processo della binocularità e ciò che concerne. Non è detto quindi che una perfetta correzione monoculare che porta il soggetto anche ad avere un buon visus, risulti essere la migliore correzione sia in termini di acuità visiva che di comfort in binoculare. Il progetto di tesi si basa proprio sulla valutazione ed il confronto tra misure oggettive monoculari e soggettive binoculari.

3.1 Cenni di fisiologia della visione

Normalmente, la visione binoculare è definita come l’integrazione dello stimolo sensoriale proveniente da quella monoculare e le informazioni motorie visive combinate in una percezione dello spazio fisico circostante.12 (Stidwill, Fletcher 2011) Ciascuno dei due occhi provvede alla generazione di una stimolazione quanto più netta possibile, sempre in relazione all’eventuale ametropia presente. Il sistema oculare trasforma lo stimolo luminoso in entrata, che si può anche assumere come flusso di fotoni, in un impulso elettrico attraverso un processo biochimico che avviene all’interno delle cellule fotorecettrici della retina: i coni ed i bastoncelli. Il retinolo, una proteina, attraverso un enzima, è ridotto a retinale; l’unione di questo con un’altra proteina, l’opsina, dà vita alla rodopsina che è il complesso operativo nelle cellule della retina; quando un fotone colpisce la rodopsina, il retinale passa dalla forma trans alla forma cis allontanandosi dalla proteina. Questo fa sì che venga attivata la trasducina e la GTP-fosfodiesterasi; a causa di quest’ultima, viene propagato un potenziale d’azione che permette all’impulso, ora diventato di tipo elettrico, di propagarsi alle altre cellule che fanno parte della tonaca nervosa fino ad arrivare alle cellule gangliari.13 Gli assoni (parte centrale e terminale) delle cellule gangliari, circa un milione

12 Stidwill D.; Fletcher R. “Normal Binocular Vision – Theory, Investigation and Pratical Aspects”, pp 1,2 Wiley-Blackwell , 2011

13 https://biologiawiki.it/wiki/fototrasduzione/

e mezzo, si riuniscono nella papilla ottica ed escono dalla retina formando il nervo ottico. Ciascuno dei due occhi è provvisto di un nervo ottico; i due si incontrano nel chiasma dove si incrociano parzialmente: gli assoni provenienti dalla metà destra di ciascuna delle due retine vanno a formare il tratto ottico sinistro, che si dirige verso l’emisfero sinistro del cervello; gli assoni della metà sinistra delle retine formano il tratto ottico destro. Ne consegue che la metà sinistra del campo visivo è rappresentata dalla parte destra del cervello e viceversa.14 (Fig.17)

Fig.17 Percorso Assoni-Nervo Ottico-Corteccia Visiva

Si tratta quindi di una successione di impulsi bioelettrici tra cellule nervose fino a raggiungere la corteccia cerebrale. Attraverso processi che sono tutt’ora in fase di studio, viene generata l’immagine visiva. Appare chiaro quindi che ognuno dei due occhi produce l’immagine visiva proveniente dal rispettivo nervo ottico e trasportata da esso. La fig.17 mostra come l’informazione proveniente dalla parte destra del campo visivo sia elaborata dalla parte sinistra del cervello, mentre l’informazione dalla parte sinistra sia elaborata dalla parte destra del cervello. La parte centrale del campo visivo, dove le informazioni che provengono da entrambi i lati si sovrappongono, è detta zona binoculare (Fig.18).15 (Silverthorn 2010)

14 http://www.treccani.it/enciclopedia/visione_%28Universo-del-Corpo%29/

15Silverthorn D. “Fisiologia umana: un approccio integrato”, pp 388, Pearson, 2010

Fig.18 Zone Monoculari e Binoculari del Campo Visivo

Affinché si abbia una percezione singola, occorre che le immagini provenienti dalle retine dei due occhi si sovrappongano. Presupposto iniziale dell’unione di due immagini in un’unica percezione, è che le direzioni visive dei due occhi siano simili, cioè entrambi gli occhi osservino una stessa area dello spazio e non sia presente deviazione degli assi visivi.16 (Rossetti, Gheller 2003). Pur essendo simili, le immagini provenienti dai due occhi non possono essere identiche, indipendentemente dall’ametropia di cui sono portatori; questo perché, i due occhi occupano due posizioni differenti nello spazio ed il campo visivo di ognuno è leggermente diverso dall’altro. Ma la percezione risultante non è quella di sovrapporre le due stimolazioni ma di vedere con un singolo occhio, posto al centro tra i due reali: questo tipo di sensazione è detto visione ciclopica. La diversità tra le due percezioni non complica in realtà la sovrapposizione delle stimolazioni retiniche, bensì riesce a creare una rappresentazione tridimensionale degli oggetti. È infatti la binocularità che ci permette di apprezzare la profondità cioè la percezione che un oggetto sia più vicino o più lontano di un altro.

Questa proprietà del sistema visivo è anche detta stereopsi ed è fondamentale nella percezione della tridimensionalità dello spazio che ci circonda.

3.2 Visione Binoculare

La visione binoculare è il risultato della fusione di due stimolazioni scaturite da due prospettive diverse; ciò perché l’angolatura di osservazione dalla quale provengono risulta disparata. Affinché si verifichi la sovrapposizione e l’unione degli stimoli, è fondamentale che questi vadano a colpire

16 Rossetti A.; Gheller P. “Manuale di optometria e contattologia” pp.153, Zanichelli editore, 2003

particolari elementi retinici, detti punti retinici corrispondenti: questi sono da intendersi come aree della retina che, se stimolate in entrambi gli occhi, producono una percezione localizzata nella stessa direzione. Da specificare che le aree retiniche corrispondenti sono le fovee, esclusive zone di sola presenza di coni. Per facilitare la fusione degli stimoli, il sistema visivo mette in atto un meccanismo che viene indicato come disparità di fissazione dovuto alla richiesta di una maggiore precisione nell’osservazione della tridimensionalità. La disparità di fissazione è un meccanismo fisiologico in cui i due occhi non convergono esattamente nel punto di osservazione ma in modo lievemente disparato: questa condizione permette di aumentare il livello di percezione della tridimensionalità e non produce diplopia in quanto è compensata sensorialmente.

La visione binoculare è la conseguenza di una complessa cooperazione che avviene tra i due occhi o, più nello specifico, tra le stimolazioni provenienti da essi. Si noti che frequentemente i termini come stimolazione ed immagine vengono facilmente scambiati; nella sostanza indicano lo stesso concetto ma è effettivamente più corretto parlare in termini di stimolo in quanto se ne conosce il processo biochimico con il quale prende vita; per l’immagine intesa come ricostruzione cosciente dell’ambiente che ci circonda invece, risulta più complesso perché ciò che avviene a livello della corteccia visiva, responsabile della sua formazione, non è ancora possibile spiegarlo.

È importante sottolineare che il processo della fusione avviene nonostante, fisiologicamente, un occhio può avere leggera superiorità funzionale sull’altro; da ciò si evidenziano diversi aspetti di dominanza oculare che, relativamente alla funzione, vengono individuati con: dominanza motoria e sensoriale. Con queste si intendono, ad esempio, la dominanza della motilità dei bulbi oculari dovuta all’attività dei muscoli oculoestrinseci e la dominanza degli aspetti relativi alle capacità ricettive come la sensibilità al contrasto o la visione cromatica.17

Si distinguono tre gradi della percezione binoculare:

 Percezione simultanea: è definita come la capacità di percepire contemporaneamente le immagini provenienti dai due occhi. (biocularità)

 Fusione: si differenzia in motoria e sensoriale. La fusione motoria è l’abilità del sistema motorio oculare di riportare nella corretta direzione visiva le immagini percepite; la fusione

17 Lupelli L. “Optometria A-Z” , Medical Books, 2014

sensoriale (detta anche piatta) invece è relativa alla capacità psichica di ricavare una singola percezione a partire da due stimoli. (binocularità)

 Stereopsi: capacità di percepire le differenze relative alle immagini retiniche al fine di ricavarne una percezione della profondità e tridimensionalità.

L’ordine di queste tre capacità è fondamentale in quanto la presenza dell’ultima presuppone quella delle precedenti.

È essenziale fare distinzione tra la biocularità e la binocularità; anche se spesso questi due termini vengono usati come sinonimi, in realtà nascondono significati diversi. La biocularità è la capacità di entrambi gli occhi nel formare un’immagine; in altre parole, è la condizione in cui è possibile valutare le immagini prodotte da ciascun occhio contemporaneamente ma in maniera dissociata; ciò è possibile farlo attraverso l’uso di prismi o filtri polarizzati. Sembrerebbe un concetto simile alla visione monoculare ma in realtà viene valutata tenendo entrambi gli occhi aperti ma dissociati.

Questa condizione è utile nella stima di deviazioni degli assi visivi. La binocularità, invece, include la biocularità, in quanto serve a valutare non solo la presenza di entrambe le immagini corticali ma anche la loro sovrapposizione atta a fornire un buon visus ed una visione confortevole. Anche per valutare la binocularità vengono eseguiti vari test che però non sono dissociativi ma presentano una mira visibile binocularmente chiamata blocco fusionale per evitare che la dissociazione influenzi la presenza di un’eventuale deviazione.

La prima analisi effettuata nel controllo optometrico è la valutazione dell’acutezza visiva.

Successivamente è necessario controllare la funzionalità del sistema sia dal punto di vista diottrico che di ricezione; tutto ciò valutato non solo a livello di stimolazioni ma, per quanto è possibile, anche di immagini. Dopodiché, l’esame, da monoculare passa a binoculare, rimuovendo gli occlusori. Per analizzare la visione binoculare è fondamentale la valutazione dei tre gradi della visione binoculare sopra descritti. I testi ad essi dedicati consentono di evidenziare, per ogni funzione, il corretto funzionamento dell’intero sistema ed in particolare: soppressione, corrispondenza retinica anomala, fissazione eccentrica. Quando si sta esaminando un soggetto che non presenta alcuna particolare condizione alterata, si passa al bilanciamento della sua correzione monoculare, tenendo conto, nell’ordine, prima della biocularità e successivamente della binocularità. Questo processo può essere perfettamente eseguito solamente facendo riferimento alle risposte del soggetto, il quale è sottoposto a test utili allo scopo.

3.3 Confronto tra misure oggettive e soggettive

Ciò che risulta evidente in questo lavoro di tesi e d’altro canto noto è che gli strumenti di misura oggettiva, come i refrattometri, forniscono solamente una valutazione monoculare dell’ametropia presente. Indipendentemente dalla precisione con la quale forniscono i risultati, questi non riescono a valutare cosa accade quando si passa dalla visione monoculare a quella binoculare. L’elaborazione dell’immagine in un occhio, a carico della corteccia visiva e la sua successiva fusione con l’immagine proveniente dall’altro, sono processi che non dipendono unicamente dall’ametropia, dalla lunghezza del bulbo oculare, dalla curvatura corneale o a quella del cristallino. Si tratta infatti di processi più profondi che solamente con un accurato esame e un’attenta valutazione soggettiva possono essere interpretati e corretti fornendo al soggetto una visione confortevole.

L’optometria si avvale di metodiche sempre più sofisticate nel campo della ricerca scientifica al fine di elaborare una strumentazione che permetta di far fronte a tutte le problematiche che un soggetto può presentare. Come già citato nel Capitolo 2, il Visionix (VX130) permette di fare numerose analisi che hanno il compito di fornire quante più informazioni possibili circa la situazione refrattiva e diottrica dell’esaminato; inoltre consentono anche di controllare parametri che risultano importanti nell’ identificazione di condizioni che esulano dalla competenza dell’optometrista in quanto entrano a far parte del campo medico. Tuttavia, è innegabile come l’uso di tali strumenti faciliti ed abbrevi il compito verso il raggiungimento della miglior correzione. Considerando la precisione con la quale il Visionix (VX130) esegue le misurazioni dei vari parametri, la valutazione oggettiva dell’occhio come sistema ottico è un’utile analisi al fine di avere un quadro completo non solo della refrazione ma di importanti elementi che permettono di ideare e sperimentare nuove soluzioni per l’esaminato.

Quindi, gli autorefrattometri, indipendentemente dal principio di funzionamento, compiono unicamente un’oggettiva analisi della diottrica oculare. Ciò può essere evidenziato dal fatto che, in particolare il Visionix, esegue una simulazione, attraverso le E di Snellen, di come risulti l’acutezza visiva in relazione alle due aperture pupillari, fotopica e mesopica. Ciò è possibile farlo per qualsiasi strumento ottico, in quanto risulta semplice accedere al piano di formazione dell’immagine ma non può accadere nel sistema ottico oculare. Questo esempio evidenzia che, anche con la tecnologia più avanzata nel campo della refrattometria, lo studio compiuto dallo strumento è puramente da un punto di vista ottico.

Nessuno strumento potrà mai prendere in considerazione come il cervello, in particolare la corteccia visiva, sviluppi la percezione e come la proietti nuovamente trasformandola in un’immagine visiva di cui si è coscienti. A tal proposito sono state sviluppate numerose teorie che non si basano su processi fisiologici e/o scientifici, bensì si focalizzano su aspetti psicologici che diventano fondamentali nella valutazione dello spazio che ci circonda.

Se esistesse uno strumento con la massima specializzazione nella determinazione della diottrica oculare sarebbe perfetto da un punto di vista fisico ma non potrà mai determinare la prescrizione correttiva ottimale finale. Da un punto di vista optometrico, la migliore correzione è quella che crea una condizione di buon visus e comfort; ciò che determina quest’ultimo e la tipologia di percezione, specialmente in visione binoculare, non è altro che il cervello che trova la sua massima espressione nelle risposte dell’esaminato ai test eseguiti dall’operatore. L’unico modo di “accedere allo spazio immagini” del sistema ottico oculare è tenere in considerazione l’esame soggettivo attraverso il quale si può effettivamente quantificare e qualificare la visione.

Quindi né il metodo soggettivo, né quello oggettivo possono essere i definitivi; la correzione finale è il raggiungimento di un compromesso tra due aspetti della misurazione: la pura analisi fisica del sistema ottico oculare correttamente interpretata ed integrata in relazione psicologica e psichica del soggetto.

3.4 Importanza del bilanciamento bioculare e binoculare

Prima di fare qualsiasi considerazione successiva, bisogna evidenziare che il sistema visivo è un sistema dinamico. La dinamicità è da intendersi non solo come l’attivazione della muscolatura intrinseca come corpo ciliare, muscoli sfinteri e dilatatori che permettono rispettivamente accomodazione, miosi e midriasi, ma anche di quella estrinseca responsabile dell’allineamento degli assi visivi, sia in visione distale che in quella prossimale. La vista si concentra su punti di osservazione e punti di interesse ed a seconda di questi mette in atto una serie di meccanismi in continuo movimento. Nel passaggio da visione distale a prossimale, quindi nei due punti estremi dell’impiego, ci sono delle posizioni e condizioni intermedie che implicano gradi e percentuali di interesse sia del sistema dinamico intrinseco che estrinseco in misure diverse ma proporzionate tra loro. Il meccanismo della visione è messo in funzione da sinergie ed antagonismi in misura ponderata

all’interesse, alla distanza di osservazione ed alla capacità muscolare. Il concetto di capacità può essere spiegato dal fatto che, trattandosi di fasci muscolari, ogni soggetto presenta una certa riserva in termini di movimenti, sia in convergenza che in divergenza, che sono perciò detti fusionali.

L’aggettivo fusionale ha ragione di essere esplicitato perché i movimenti estrinseci consentono il mantenimento della fissazione, evitando la diplopia, ossia la percezione di due immagini, sia nel senso verticale che in quello orizzontale.

Quello che è necessario e di cui è deficitaria una valutazione di tipo oggettivo è il bilanciamento sia bioculare che binoculare. I metodi per il bilanciamento riescono a comparare contemporaneamente le percezioni di entrambi gli occhi; in bioculare, questo avviene con i due occhi completamente dissociati, mentre in binoculare viene inserito uno stimolo fusionale per la creazione di una sola immagine. Nel momento in cui la prescrizione correttiva non viene bilanciata è possibile riscontrare varie complicanze:

Astenopia: di tipo visivo, è una condizione di stress visivo che viene manifestata da annebbiamento, diplopia e disturbi relativi alla motilità oculare.

 Insorgenza di deviazioni

 Peggioramento di deviazioni già presenti

Soppressione

Squilibrio dell’accomodazione (anisoaccomodazione)

Il sistema può risultare oltretutto alterato sia a causa delle ametropie presenti che per un’anomalia della muscolatura estrinseca. Quest’ultima può comportare difficoltà nella quantità e nella tipologia di movimenti da compiere che risultano però essere normali attività muscolari al fine di indirizzare le aree retiniche corrispondenti sull’oggetto di fissazione.

Astenopia: di tipo visivo, è una condizione di stress visivo che viene manifestata da annebbiamento, diplopia e disturbi relativi alla motilità oculare. Si tratta nel disturbo più frequentemente espresso dai soggetti che hanno una correzione parzialmente o totalmente non bilanciata.

 Insorgenza di deviazioni: per spiegare ciò, è necessario fare una precisazione: le lenti, sia positive che negative, possono incidere sui movimenti di vergenza. In particolare, le lenti negative, stimolando l’accomodazione, ed essendo questa correlata attraverso la triade

prossimale con miosi e convergenza, vanno a modificare le vergenze orizzontali positive. Di contro, lenti positive inibiscono l’accomodazione, provocando così un impiego dei movimenti in divergenza. Se ciò viene fatto nel rispetto di vari fattori come compensazione dell’ametropia, centratura delle lenti, dominanza, riserve fusionali e corretto bilanciamento, sia le lenti positive che negative non arrecano nessun tipo di deviazione al soggetto. Nel caso in cui, invece, non viene presa in considerazione la bincoularità ed il complesso sistema che vi è racchiuso, è possibile che l’uso di una correzione non bilanciata possa provocare squilibri al sistema motorio. Questi vengono poi tradotti in deviazioni latenti, ovvero che il sistema oculomotore tende a compensare a discapito delle riserve fusionali.

 Peggioramento di deviazioni già presenti: nel caso in cui vi siano già deviazioni, la situazione diventa sempre più delicata e sempre più importante diviene il bilanciamento della correzione al fine di non incrinare e peggiorare ulteriormente lo stato visivo del soggetto.

Soppressione: questo meccanismo è classificato nelle anomalie sensoriali della visione binoculare. Si tratta di un particolare stato di adattamento che, con lo scopo di evitare diplopia, inibisce le informazioni provenienti dall’occhio deviato. È una condizione che si instaura nel tempo ma che, una volta conclamata, risulta molto difficile da abolire. Un errato bilanciamento porta il sistema visivo ad adattarsi ad una condizione che non è quella ottimale; ciò può provocare la penalizzazione eccessiva di uno dei due occhi che, in situazioni estreme, può portare alla soppressione di quest’ultimo.

Squilibrio dell’accomodazione (anisoaccomodazione): l’ampiezza accomodativa è un fattore strettamente connesso con l’ametropia. Generalmente la quantità di accomodazione richiesta da entrambi gli occhi è simile, fatta eccezione per casi di severa anisometropia. Non bilanciando la correzione dell’ametropia, è possibile indurre degli squilibri nella quantità di diottrie accomodative utilizzate in un impiego prossimale, provocando la condizione di anisoaccomodazione ovvero diversa richiesta accomodativa tra i due occhi.

L’accomodazione è però un meccanismo coniugato e per questo non è possibile che uno dei due occhi impieghi una quantità di diottrie accomodative diversa rispetto l’altro. Per questo motivo, in tale condizione uno dei due occhi sarà in errore refrattivo.

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