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Refrattometria e visione: importanza della valutazione binoculare

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Academic year: 2022

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Università degli Studi di Napoli “Federico II”

Scuola Politecnica e delle Scienze di Base

Area Didattica di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali

Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini”

Laurea triennale in Ottica e Optometria

Refrattometria e visione: importanza della valutazione binoculare

Relatori:

Prof. Michele Gagliardi

Candidato:

Rossella Cirillo

Matricola M44000573

A.A. 2018/2019

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Indice

Introduzione………...……….5

Capitolo 1: Refrattometria e principi di esecuzione………...…….6

1.1 Analisi della qualità dell’immagine (optometro di Badal) ...7

1.2 Diplopia da doppio foro stenopeico...9

1.3 Riflessione retinica ed elaborazione attraverso un sensore (CCD o CMOS)...10

1.4 Aberrometri: Sensori di fronti d’onda (Shack-Hartmann)...12

Capitolo 2: Visionix (VX130)...16

2.1 Autorefrattometro e pupillometro...17

2.2 Cheratometro e Topografo...19

2.3 Pachimetria e Scheimpflug camera...20

2.4 Tonometria...22

2.5 Aberrometria...23

2.6 Retroilluminazione...25

2.7 CL fitting...26

Capitolo 3: Visione binoculare: fisiologia e valutazione nell’esame soggettivo...27

3.1 Cenni di fisiologia della visione...27

3.2 Visione binoculare...29

3.3 Confronto tra misure oggettive e soggettive...32

3.4 Importanza del bilanciamento bioculare e binoculare...33

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Capitolo 4: Elaborazione dei dati e valutazione dei risultati...36

4.1 Modalità di raccolta dati...37

4.2 Analisi dei dati...39

4.3 Conclusioni...50

Appendice: Tabelle...51

Bibliografia...54

Sitografia...55

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Introduzione

Nei secoli l’uomo e lo sviluppo hanno vissuto in un vortice che teneva legato l’uno all’altro in modo quasi indissolubile; passo dopo passo si è giunti ad un punto in cui l’evoluzione ha ristretto i tempi della sua avanzata. Anche nel campo dell’optometria si sono presentati risvolti che hanno permesso di giungere a soluzioni correttive e/o compensative in grado di assicurare il miglior comfort visivo per il benessere delle persone. Il lavoro di questa tesi ha voluto affrontare proprio questo tema, mettendo a confronto uno strumento dalla tecnologia quasi avveniristica, con il lavoro manuale dell’uomo facendo attenzione ai compromessi che nascono dalle sensazioni provate mediante la percezione del mondo circostante.

Il rapporto tra dati automatici e risposte percettive sono il fulcro della discussione che ha evidenziato quanto la tecnologia, con i suoi limiti, fornisca un apporto necessario ma ancora da considerare complemento e non soluzione unica rispetto la valutazione fornita soggettivamente.

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Capitolo 1

Refrattometria e principi di esecuzione

La pratica della refrattometria è alla base delle analisi oggettive che è possibile eseguire ad un soggetto che necessita di un controllo optometrico. Negli anni questo particolare processo ha subito molte evoluzioni grazie alle nuove tecnologie messe in atto e all’avanzamento dello studio nel campo dell’ottica. Il principio del funzionamento di base è quello di valutare oggettivamente la focalizzazione di una mira sul fondo oculare, osservandola attraverso la pupilla1 (Rossetti, Gheller 2003). L’esigenza di effettuare una refrattometria nasce originariamente per velocizzare i tempi di impiego sia dell’operatore e sia del soggetto, fin tanto che, nonostante la possibilità di errore data da fattori che più in avanti verranno analizzati, rimane uno dei test più adatti in caso di individui facilmente stancabili o capaci solo di breve attenzione. Questo tipo di analisi è annoverato in quelli che sono i test cosiddetti oggettivi in quanto considerano l’occhio umano come un sistema ottico e valutano eventuali errori di focalizzazione dell’immagine: aberrazioni (cromatiche e monocromatiche), diffrazione e dispersione (scattering). Tali errori rendono il sistema diottrico oculare ben lontano dall’essere considerato “stigmatico”: la diffrazione e la dispersione non posso essere corrette in quanto non sono dipendenti da fattori fisiologici, come una particolare curvatura corneale o un’inclinazione del cristallino; questi sono dovuti alla natura della luce che ha natura sia corpuscolare che ondulatoria. Le aberrazioni, più precisamente quelle monocromatiche, derivano invece da una deviazione del fascio luminoso rispetto a quello prodotto da un sistema ottico ideale.

Generalmente queste vengono divise in aberrazioni di Basso (LOA) ed Alto (HOA) ordine: le prime possono essere corrette da lenti oftalmiche o lenti a contatto di opportuno potere e comprendono il Defocus Sferico e l’Astigmatismo; la compensazione delle seconde invece (Aberrazione Sferica e Coma) risulta molto più difficoltosa ed è tuttora oggetto di studi. È quindi chiaro che quelli che vengono chiamati vizi o errori refrattivi ovvero miopia, ipermetropia ed astigmatismo, devono essere intesi come aberrazioni del sistema visivo e di Basso ordine (LOA).

Gli autorefrattometri (ARef) hanno sostituito i refrattometri ottici tradizionali manuali che in Italia non si sono mai diffusi. In questo lavoro di tesi, quindi, saranno trattati in qualità di sistemi

1 Rossetti A.; Gheller P. “Manuale di optometria e contattologia” pp.277, Zanichelli editore, 2003

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automatici ed evoluti rispetto ai precedenti refrattometri. I sistemi automatici si basano su vari principi:

 Analisi della qualità dell’immagine (optometro di Badal)

 Diplopia da doppio foro stenopeico (Principio di Scheiner)

 Riflessione retinica ed elaborazione attraverso un sensore (CCD o CMOS)

 Aberrometri: Sensori di fronti d’onda (Shack-Hartmann)

1.1 Analisi della qualità dell’immagine (optometro di Badal)

L’optometro di Badal (1876) è composto da una lente positiva, chiamata appunto lente di Badal che rende l’immagine di una mira di grandezza e scala costante a differenza dell’optometro semplice precedente a quello di Badal, in cui al variare della posizione della lente, cambia la vergenza della mira2 (Rossetti, Gheller 2003). Dalla posizione della mira dipende dunque la misura. Il principio di funzionamento consiste nella variazione della distanza della mira fino al momento in cui l’immagine di essa viene a formarsi sul piano retinico. La lente e la posizione dell’occhio rimangono invariati mentre la mira è posta alla distanza focale della lente. Quindi, nel caso di un soggetto emmetrope questo percepirà nitidamente l’immagine della mira senza che avvengano spostamenti in quanto è posta nel fuoco della lente di Badal (Fig.1).

Fig.1 Schema Optometro Badal; emmetrope

Se Invece la mira è avvicinata alla lente dell’optometro, cioè ad una distanza minore della lunghezza focale la radiazione in uscita, ovvero quella verso l’occhio, risulta essere divergente, quindi può

2 Rossetti A.; Gheller P. “Manuale di optometria e contattologia” pp.278, Zanichelli editore, 2003

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essere focalizzata da un occhio miope che ha un punto remoto a distanza finita davanti l’occhio.

L’immagine della mira dunque sarà virtuale sul prolungamento dei raggi incidenti. Tuttavia, ciò potrebbe verificarsi anche se il soggetto impegna parte della sua capacità accomodativa. (Fig.2)

Fig.2 Schema Optometro Badal; miope

Se invece la mira è allontanata dalla lente dell’optometro, la radiazione in uscita è convergente e dunque può essere focalizzata da un occhio ipermetrope; l’immagine della mira si formerà oltre il secondo fuoco della lente, ovvero oltre la retina. (Fig.3)

Fig,3 Schema Optometro Badal; ipermetrope

Dunque, lo spostamento della mira rappresenta la distanza x in coordinate newtoniane, ovvero la distanza tra l’oggetto e il fuoco oggetto della lente. La distanza x’ tra il secondo fuoco della lente e l’immagine della mira corrisponde alla seconda coordinata newtoniana. È possibile quindi indicare la formula di Newton:

𝑥 𝑥 = 𝑓2

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Il piano H’ rappresenta il piano principale dell’occhio che è posto a circa 1,5 mm dall’apice corneale;

esso è posizionato in prossimità del fuoco immagine della lente e quindi è possibile affermare che la distanza x’ rappresenta la distanza tra occhio ed immagine. Sia nel caso in cui il soggetto sia miope che ipermetrope, x’ indica la distanza del punto remoto. La formula di Newton può essere riscritta in termini di diottrie:

1 𝑥 = 𝑥

𝑓2

Definendo 1

𝑥

= 𝜑

0

e

1

𝑓2

= 𝜑

𝐿 l’equazione diventa:

𝜑0 = 𝑥 𝜑𝐿

Diviene quindi chiaro che la variazione del potere dell’ametropia (𝜑0), sia essa di tipo miopico che ipermetropico, è legata in modo lineare allo spostamento della mira x .

1.2 Diplopia da doppio foro stenopeico

Il funzionamento si basa sul principio di Scheiner secondo cui l’anteposizione all’occhio del soggetto di un doppio foro stenopeico permette di determinare il livello di ametropia presente. Un occhio miope vedrà l’immagine, osservando attraverso i due fori, come incrociata, mentre l’occhio ipermetrope vedrà le immagini non incrociate.3 Ciò è dovuto alla formazione dell’immagine retinica in presenza di ametropia: in un occhio miope, questa va a formarsi prima della tonaca nervosa e quindi su di essa arrivano raggi provenienti da due punti già incrociati. Nell’ipermetrope invece poiché l’immagine va a formarsi successivamente al piano retinico, i raggi provenienti dall’oggetto risultano non ancora incrociati. (Fig.4)

3 https://www.opticianonline.net/cet-archive/2

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FIg.4 Funzionamento Disco di Scheiner

Occludendo i fori individualmente e chiedendo al soggetto quale immagine è scomparsa, si identificano le immagini incrociate e non incrociate. La maggior parte dei refrattometri usa questo principio, con diversa modalità, in base al quale le due sorgenti di luce ad infrarossi vengono visualizzate sul piano della pupilla per simulare le aperture del foro stenopeico di Scheiner.

1.3 Riflessione retinica ed elaborazione attraverso un sensore (CCD o CMOS)

Gli autorefrattometri più utilizzati calcolano l’errore di refrazione analizzando il modo in cui l’occhio del soggetto influenza la fonte di luce emessa. Questa generalmente è rappresentata da una radiazione infrarossa (IR), ovvero una radiazione dello spettro elettromagnetico “invisibile”, in quanto ha una frequenza minore rispetto alla luce visibile ma una lunghezza d’onda maggiore, con intervallo compreso tra i 700 nm e 1 mm. Viene utilizzata questo tipo di radiazione per eliminare il problema della miosi pupillare cui generalmente consegue un impegno accomodativo. L’uso di radiazioni IR richiede, tuttavia, una particolare taratura che tenga conto dell’aberrazione cromatica dei mezzi oculari, dovuta alla stretta relazione che intercorre tra lunghezza d’onda ed indice di rifrazione del mezzo attraversato. La taratura di questi strumenti è tuttavia attuata considerando i valori medi e ciò può indurre una misura errata per alcuni soggetti. Per valutare invece la quantità di astigmatismo si effettuano misurazioni per meridiani che vengono ripetute per varie sezioni utilizzando sistemi di prismi rotanti fino a completare una scansione di 180°. Ciò viene fatto con lo scopo di consentire la misurazione astigmatica dell’errore lungo qualsiasi asse specifico; le

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misurazioni finali vengono eseguite solo quando la mira di fissazione è focalizzata e allineata sul piano retinico. (Fig.5)

La necessità di scandire per meridiani il sistema ottico dell’occhio porta essenzialmente a due strategie: compiere un elevato numero di scansioni oppure velocizzare la misurazione complessiva.

Nel primo caso, la presenza di scansioni più fitte porta alla raccolta di dati in più sezioni vicine e ciò può permettere di approssimare maggiormente la corretta entità dell’astigmatismo. Nel secondo caso, invece, il numero di scansioni è inferiore quindi una misura più rapida ma a discapito della precisione.4 (Rossetti, Gheller 2003).

Fig.5 Schema Autorefrattometro con CCD

Le informazioni provenienti dalla riflessione retinica e coroidea vengono trasportate ad uno o più sensori (tipo CCD o CMOS) che sono analoghi a quelli utilizzati in altri strumenti ottici come le fotocamere digitali: questi sensori permettono di catturare l’immagine e trasformarla in segnali elettrici; questi saranno successivamente elaborati da un software.

4 Rossetti A.; Gheller P. “Manuale di optometria e contattologia” pp.278,279, Zanichelli editore, 2003

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1.4 Aberrometri: Sensori di fronti d’onda (Shack-Hartmann)

L’aberrometria è un esame che permette di verificare la presenza di eventuali alterazioni delle strutture oculari, in particolare dei mezzi diottrici (cornea, cristallino, umor acqueo, corpo vitreo) che possono determinare deviazioni o distorsioni dei raggi luminosi. Come è stato detto in precedenza, i difetti o vizi refrattivi sono da intendere come aberrazioni e precisamente quelle di Basso Ordine (LOA), ovvero quelle che riescono ad essere completamente corrette dall’uso di una lente oftalmica od a contatto. Quindi risulta coerente l’idea di utilizzare un aberrometro anche per a quantificare l’entità del difetto visivo. Di fatto nuovi strumenti, come Visionix (VX130) di Luneau Technology, utilizzato nel percorso di tesi, si basano proprio su questo principio di funzionamento.

L’aberrazione oculare generalmente riflette un’imperfezione nel percorso ottico dei fotoni che giungendo dall’esterno, si portano verso l’occhio. Questa imperfezione provoca una distorsione o alterazione della messa a fuoco delle immagini sulla retina.5 Le aberrazioni sono solitamente considerate simmetriche ma il sistema ottico oculare non lo è; infatti è comune trovarsi in caso di mezzi ottici non coassiali o inclinati oppure pupille decentrate: la presenza di tali imperfezioni complica la valutazione di esse.6 (Rossetti, Gheller 2003). Il principale problema nella valutazione delle aberrazioni oculari consiste nell’impossibilità di accedere allo spazio immagine dell’occhio stesso; infatti, le aberrazioni andrebbero misurate sul piano della pupilla d’uscita del sistema ottico.

Nel caso delle aberrazioni oculari, si considera la pupilla naturale come pupilla d’entrata del sistema ottico ma ciò non è sempre corretto. (Fig.6) Il tutto si spiega attraverso l’effetto Stiles-Crawford secondo il quale l’occhio umano è in possesso di una sensibilità direzionale dei fotorecettori per cui la luce che penetra nell’occhio, vicino al bordo della pupilla, produce una risposta del fotorecettore inferiore rispetto alla luce di uguale intensità che entra vicino al centro della pupilla. Le misurazioni indicano che il picco della sensibilità del fotorecettore non si verifica per la luce che penetra direttamente attraverso il centro della pupilla ma con un offset di circa 0,2-0,5 mm verso il lato nasale. Si può dedurre da ciò che non tutti i raggi che attraversano la pupilla avranno la stessa efficienza nella trasmissione della luce. L’effetto Stiles-Crawford dunque riduce, migliorando la visione, l’effetto delle aberrazioni che subiscono i raggi che passano più in periferia della pupilla.

5 Bruce, Adrian S.; Catania, Louis J. (2014) “Clinical Applications of Wavefront Refraction”. Optometry and Vision Science. (V.91 pp 1278,1286)

6 Rossetti A.; Gheller P. “Manuale di optometria e contattologia” pp.278, Zanichelli editore, 2003

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Fig.6 Pupille d’entrata ed uscita occhio

Gli aberrometri vengono utilizzati nella valutazione di qualsiasi sistema ottico ed il tutto è facilitato in quanto si può avere accesso diretto alle immagini prodotte da questi; diversamente invece accade all’occhio umano per cui gli aberrometri lavorano in doppia trasmissione. Esistono essenzialmente due grandi famiglie di aberrometri: ingoing aberrometers che valutano le aberrazioni appena il raggio entra nell’occhio e gli outgoing aberrometers che esaminano il raggio dopo la riflessione retinica. L’aberrometro che verrà approfondito è del secondo tipo ed è l’aberrometro di Shack- Hartmann (o Hartmann-Shack). Per far sì che il fronte d’onda che contiene l’informazione sulle eventuali distorsioni del sistema visivo arrivi sull’aberrometro, è necessario un complesso sistema di funzionamento. La sorgente da cui proviene lo stimolo luminoso, di cui successivamente se ne apprezzerà il fronte d’onda, è di tipo laser e più comunemente si tratta di un He-Ne (632,8 nm). Il raggio laser emesso ha un diametro di circa 2mm; si pone un Filtro a Densità Neutrale per attenuarne l’intensità in uscita e successivamente un sistema telescopico (T1) che ha il compito di aumentare il diametro del fascio fino a circa 7mm in modo da interessare quasi tutta la superficie corneale. Il fascio così ampliato attraversa il primo Beam Splitter (M1), ovvero uno specchio semiriflettente, che permette di dividere in due la radiazione luminosa; successivamente il fascio trova una seconda coppia di lenti (T2) in cui una delle due è mobile e permette così di quantificare l’eventuale correzione dell’ametropia. Inoltre, in corrispondenza del primo Beam Splitter (M1) è posto un target di fissazione che permette di controllare l’accomodazione in modo che il piano del target risulti coniugato con il piano della retina. Nel fuoco del secondo sistema telescopico viene posto un altro Beam Splitter (M2) che risulta essere il più importante. Dopo questo, la radiazione giunge all’occhio, lo attraversa e subendo riflessione da parte della retina, ritorna verso l’apice corneale: è questo fronte d’onda a portare con sé la deformazione subita al passaggio dei vari mezzi diottrici. Per cui, sul cammino di ritorno, questa passa nuovamente per la seconda lente del sistema

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telescopico (T2), che è coniugata con un’altra lente; successivamente viene prelevata dal secondo Beam Splitter (M2) che devia parte del fronte d’onda aberrato: tutto ciò serve per coniugare il successivo sensore Shack-Hartmann con la pupilla d’entrata dell’occhio in modo che il sensore e la pupilla risultino corrispondenti. (Fig.7)

Fig.7 Schema funzionamento Aberrometro Shack-Hartmann

Ciò che analizza il fronte d’onda proveniente dall’occhio è il sensore di Shack-Hartmann (1971). In realtà, già agli inizi del 1900 Hartmann introdusse il sensore di fronte d’onda: era inizialmente costituito da uno schermo opaco contenente una serie di fori ed un rivelatore posizionato dietro lo schermo. Il raggio entrante attraversa i fori e raggiunge il rivelatore. Le aberrazioni locali del raggio causano uno spostamento dei piccoli raggi uscenti sul rivelatore. Misurando le variazioni delle coordinate x e y, è possibile determinare l’inclinazione del fronte d’onda. Tuttavia, l’accuratezza della misura del sensore di Hartmann era molto bassa e la perdita di energia luminosa elevata.

Dunque questo tipo di sensore non era adatto a misurare le aberrazioni oculari. Per risolvere questo problema, R.Shack propose un sensore di Hartmann modificato, chiamato successivamente sensore di Shack-Hartmann nel 1971. Al fine di ottenere un punto più piccolo sul piano del rivelatore ed aumentare la precisione della misurazione dell’inclinazione del fronte d’onda, lo schermo opaco contenente dei fori usato in precedenza, viene sostituito da una matrice di microlenti. Tutte le microlenti facenti parte dell’array hanno lo stesso diametro e la stessa lunghezza focale. Quindi la

He-Ne

Filtro

T1

T2 M1

M3

M2

Occhio Array di

microlenti

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luce riflessa dai mezzi oculari attraversa la matrice di microlenti e forma una corrispondente matrice di punti nel piano focale di esse. Proprio in questo piano focale è posta un sensore CCD (Charge- Coupled Device) che ha il compito di convertire, attraverso funzioni matematiche, le informazioni sulla deformazione del fronte d’onda in un output video.7

Generalmente, il fronte d’onda è espresso come una combinazione dei polinomi di Zernike. Questi nascono dall’esigenza di descrivere attraverso funzioni matematiche l’entità e la caratterizzazione delle aberrazioni. Si tratta di una sommatoria che al suo interno contiene le variazioni subite dal fronte d’onda a causa del passaggio attraverso sistemi ottici descritta da funzioni. Il fronte d’onda può essere cosi rappresentato:

dove 𝜑(𝑥, 𝑦) è il fronte d’onda alle specifiche coordinate x ed y;

𝑧𝑘(𝑥, 𝑦) è il k-esimo elemento dei polinomi di Zernike;

𝛼𝑘 è il k-esimo coefficiente dei polinomi di Zernike;

𝜑0 è l’elemento costante del fronte d’onda.

È bene mettere in chiaro che un sistema automatizzato per la refrazione, qualsiasi sia il principio di funzionamento alla base, dà un valore di refrazione oggettiva ma non la correzione finale; tale valore, di fatto, deve essere verificato soggettivamente e nel quadro dell’esame completo.8 (Rossetti, Gheller 2003). L’esame refrattometrico rileva i dati di una possibile ametropia in condizione monoculare e ciò resta comunque un risultato parziale da verificare in binocularità.

7 https://en.wikipedia.org/wiki/Shack–Hartmann_wavefront_sensor

8 Rossetti A.; Gheller P. “Manuale di optometria e contattologia” pp.279, Zanichelli editore, 2003

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Capitolo 2

Visionix (VX130)

Lo strumento, utilizzato nel lavoro di tesi, sfrutta il principio dell’aberrometro e quindi attraverso la deformazione del fronte d’onda, permette di rilevare dati sull’errore visivo essendo questo assimilabile alla presenza di LOA, compensabili attraverso correzione oftalmica e/o a contatto. Nello specifico, si tratta del Visionix (VX130) di Luneau Technology che ha messo a punto questo tipo di tecnologia per effettuare non solo l’autorefrattometria ma numerosi tipi di analisi che si basano sull’uso dello stesso principio. Di fatto il Visionix (VX130) è uno strumento di refrazione e diagnostica che consente una approfondita analisi computerizzata del segmento anteriore. L’esame diagnostico completo consta di molteplici valutazioni:

 Autorefrattometria

 Cheratometria

 Scheimplug camera

 Pachimetro e mappa pachimetrica

 Topografia corneale

 Tonometro a soffio

 Retroilluminazione

 Pupillometro

 Aberrometria

 CL fitting

Per ciascuna delle analisi effettuate, il software di elaborazione riporta i risultati in un “Summary”

ovvero una schermata riassuntiva ed intuitiva che permette di avere un quadro completo del soggetto in analisi. (Fig.8)

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Fig.8 Schermata Summary Visionix

In base all’analisi che si vuole approfondire, il sistema permette di rimandare da questa schermata ad altre che contengono maggiori informazioni sulla diagnostica effettuata.

2.1 Autorefrattometro e pupillometro

Come ampiamente descritto nel capitolo precedente, il Visionix permette di eseguire una refrattometria automatizzata con la tecnica del wavefront, apprezzando l’eventuale presenza di aberrazioni di basso ordine (LOA) quali Defocus Sferico ed Astigmatismo che causano il difetto visivo. Di seguito è riportato il riquadro contenente le informazioni date dallo strumento nel Summary (Fig.9).

Fig.9 Dati Refrazione Summary Visionix

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Il Visionix (VX130) fornisce una valutazione puramente oggettiva degli ipotetici valori di sfera cilindro ed asse di entrambi gli occhi facendo però distinzione tra due condizioni di apertura pupillare. Infatti lo strumento è provvisto anche di pupillometro che consente di valutare l’ampiezza del diametro della pupilla in due particolari condizioni. Il primo valore si riferisce all’ampiezza pupillare in visione mesopica, ovvero con un medio livello di illuminazione in cui la visione è dovuta all’attività contemporanea di coni e bastoncelli della retina; l’intervallo in questione è compreso tra 0,001 cd/m2 e 3 cd/m2. Il secondo valore rappresenta il diametro della pupilla in condizioni di visione fotopica, cioè in condizioni di illuminazione diurna a carico solamente dell’attività dei coni;

l’intervallo di visione fotopica prevede valori di luminanza maggiori di 3 cd/m2. Ciò diventa importante da valutare nel caso in cui vi siano variazioni consistenti tra i valori della correzione sia in visione mesopica che fotopica in quanto, di norma, diminuendo il diametro pupillare, quindi in condizioni di leggera miosi, l’acuità visiva tende a migliorare. Inoltre è riportata l’immagine di una E di Snellen che rappresenta una simulazione della visione del soggetto con l’ametropia calcolata dallo strumento. Quindi la chiarezza della E indica la qualità della visione dell’occhio del soggetto sia in condizioni fotopiche che mesopiche. È importante sottolineare che la correzione suggerita dallo strumento valuta solamente la visione monoculare e totale dell’occhio considerato, senza tenere conto in alcun modo della binocularità, delle esigenze soggettive della persona (lavoro, tempo di applicazione), della presenza di eventuali deviazioni, latenti o manifeste, che oltretutto possono variare in presenza di una visione non bilanciata. Più avanti verrà approfondita ampiamente questa tematica.Il Visionix (VX130) rispetta, come ogni strumento di misura, dei campi di normale funzionamento (output range) ovvero degli intervalli entro i quali è possibile ritrovare il valore in uscita. Questi sono riportati nella seguente tabella comprendente il metodo di acquisizione, i tempi impiegati, l’area e il numero di punti di misurazione. (Fig.10)

Fig.10 Tabella Range Valori Refrattivi

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2.2 Cheratometro e Topografo

La cheratometria è l’esame che prevede la misurazione dei raggi di curvatura esterni della cornea.

Tradizionalmente la misura viene effettuata con un opportuno cheratometro od oftalmometro che sfruttando il principio di riflessione di quattro mire sulla superficie corneale, riesce a ricavarne la curvatura nella sua area centrale, tenendo in considerazione un diametro di circa 3 o 4 mm.

Per valutare invece l’andamento di tutta la superficie corneale ci si avvale del topografo che piuttosto che le mire, sfrutta la riflessione di anelli concentrici similmente a quelli del disco di Placido. Ciò permette di avere un quadro piuttosto completo della superficie corneale e non solo della sua parte centrale. Attraverso alcuni algoritmi, i dati provenienti da questo tipo di esame vengono trasdotti in chiave bidimensionale caratterizzati da scale di colore. È possibile così la valutazione di molteplici aspetti in dipendenza dal tipo di mappa topografica che si sta analizzando.

Si nota anche che qualsiasi valore topografico ha la possibilità di essere espresso sia in diottrie che in millimetri. Di seguito è riportato il riquadro contenente le informazioni date dallo strumento nel Summary. (Fig.11)

Fig.11 Dati Topografici Summary Visionix

Riponendo l’attenzione sulla topografia, questo riquadro rimanda ad una schermata contenente le mappe topografiche elaborate per entrambi gli occhi. Le mappe che è possibile valutare sono:

 Assiale o sagittale: misura la curvatura di ciascun punto della superficie corneale in direzione assiale rispetto al centro;

 Tangenziale o istantanea: misura la curvatura di un determinato punto in direzione tangenziale rispetto gli altri punti; quindi il raggio di curvatura è locale e non c’è più il vincolo dell’assialità;

 Refrattiva: tiene conto del valore diottrico di ciascun punto della cornea;

 Altimetrica: rappresenta le zone corneali che si trovano al di sotto o al di sopra rispetto una sfera di riferimento;

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 Aberrometrica: permette di valutare la conformazione del fronte d’onda riflesso dalle strutture oculari.

Indipendentemente dal tipo di mappa, queste rappresentano la cornea attraverso una scala di colori, da quelli “freddi” ai “caldi” che individuano rispettivamente i punti più piatti e quindi con potere diottrico minore e punti più curvi, con potere diottrico maggiore. Viene inoltre indicato il valore KPI (indice di probabilità del cheratocono). I valori K posteriori in millimetri e diottrie sono molto simili a causa di una bassa differenza di indici di rifrazione. La differenza dell'indice di rifrazione dall'aria alla cornea è 0,3375 mentre la differenza dalla cornea anteriore a quella posteriore è 0,04. Così come per i valori refrattivi, anche per la topografica, il Visionix (VX130) rispetta i range di funzionamento di seguito riportati. (Fig.12)

Fig.12 Tabella Range Valori Topografici

2.3 Pachimetria e Scheimpflug camera

La pachimetria è un esame che permette di valutare lo spessore corneale; essa può essere effettuata attraverso diversi strumenti ma nel caso del Visionix (VX130) è usata la videocamera di Scheimpflug che permette di visualizzare non solo l’elevazione della superficie anteriore ma anche di quella posteriore della cornea. (Fig.13) Inoltre essa permette di ottenere una mappa tridimensionale, punto per punto, degli spessori. Si tratta quindi di un metodo innovativo che permette di avere non solo la pachimetria dell’area centrale ma anche delle zone periferiche.

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Fig.13 Dati Corneali Summary Visionix

La Scheimpflug camera permette quindi l’acquisizione di più immagini in diversi meridiani dell’occhio consentendo una ricostruzione tridimensionale del segmento anteriore dal quale possono essere ricavati numerosi parametri come:

 Curvatura della superficie corneale anteriore e posteriore

 Spessore corneale

 Profondità della camera anteriore

 Ampiezza dell’angolo irido corneale

Questi parametri risultano essere fondamentali nel controllo di soggetti affetti da patologie quali glaucoma, in quanto permette di rilevare l’ampiezza dell’angolo irido-corneale; cheratocono, in quanto riesce a valutare lo spessore della cornea in tutti i punti, importante per monitorarne la progressione. Inoltre può aiutare nell’analisi preliminare ed il post-operatorio di numerose procedure di correzione chirurgica di difetti visivi.9 Le misurazioni dello spessore corneale incluse nella schermata Summary sono in riferimento solo al CCT (Central Corneal Thickness) ovvero lo spessore nella zona centrale e di TCT (Thin Corneal Thickness), indicato con Min, cioè il valore corneale più sottile; tuttavia, aprendo la schermata dedicata, è possibile avere valori anche di MPCT (Medium-Peripheral Corneal Thickness) ovvero lo spessore corneale medio periferico. Il Min (o TCT) è disponibile solo quando è stata effettuata una pachimetria a fenditura multipla. Oltre questi valori che sono considerati principali, il Visionix (VX130) fornisce la mappa contenente l’andamento dello spessore della cornea anteriore sempre (se è stata effettuata una pachimetria a fenditura multipla).

È possibile quindi avere accesso ai dati cheratometrici sia anteriori (K1, K2 e cilindri ed assi della cornea) grazie alla topografia, che posteriori (K1, K2 e cilindri ed assi della cornea) grazie alla Scheimpflug Camera. Inoltre lo strumento è dotato anche di Scheimpflug Multi-Slit che serve a scansionare la camera anteriore dall'alto verso il basso, offrendo una vista in sezione trasversale orizzontale della camera anteriore dell'occhio. L’insieme di queste analisi (pachimetria, angolo

9 J.Huang; X. Ding; G. Savini; (2013) “A comparison between Scheimpflug Imaging and Optical Coherence Tomography in Measuring Corneal Thickness” Ophtalology (V. 120 pp1951-1958)

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corneale dell’iride e spessore corneale) sono racchiuse in un’unica analisi chiamata ACA (Anterior Chamber Analyses).

Anche in questo caso la Luneau Technology riferisce i parametri entro i quali avvengono le misure e sono di seguito riportati. (Fig.14)

Fig.14 Tabella Range Valori Pachimetria

2.4 Tonometria

La tonometria è l’esame che permette di quantificare il tono oculare ossia la pressione interna dell’occhio. Essa è misurata in millimetri di mercurio (mmHg).

Fig.15 Dati Tonometrici Summary Visionix

Esistono metodi più o meno invasivi per eseguire questo esame; il Visionix (VX130) dispone di un tonometro a soffio. Questo tipo di diagnostica consiste nella misurazione della IOP (Intra Ocular Pressure) tramite un getto d’aria: lo strumento vaporizza un impulso d’aria sull’occhio aperto del soggetto premendo leggermente la cornea, sulla quale poi viene riflesso un raggio di luce. A seconda

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delle tempistiche rilevate dal Visionix (VX130), affinché il raggio di luce ritorni ad essere come quello riflesso dalla cornea in situazione normale ed in relazione alla forza del getto d’aria, si calcola il valore della IOP.10 Questa tecnica è considerata più sicura perché lo strumento non viene a contatto con l’occhio, a differenza di altre tipologie di tonometri che prevedono un, seppur minimo, contatto (tonometro ad applanazione, di Goldmann). È possibile così evitare lesioni od infezioni corneali.11 Dalla fig.15 è possibile notare che vi sono due valori in millimetri di mercurio (mmHg) riportati per ogni occhio: questo perché il primo valore, Tono, si riferisce alla pressione intra oculare effettivamente misurata; il secondo, IOPc, invece, tiene conto sia del valore misurato dal tonometro che i valori dello spessore corneale rivelati dal pachimetro e quindi viene detta tonometria regolata.

Questo tipo di correlazione è utile per evitare di creare falsi negativi nella valutazione della IOP stessa in quanto è un valore che si trova in stretta connessione con lo spessore della superficie corneale. Aprendo la schermata dedicata è possibile visualizzare i risultati dello screening del glaucoma che includono: i risultati del test tonometrico in mmHg, la media dei risultati del test tonometrico nonché l’ampiezza degli angoli irido-corneali e i risultati della profondità della camera anteriore. Di seguito è riportata la tabella con i range di riferimento per la tonometria. (Fig.16)

Fig.16 Tabella Range Valori Tonometro

2.5 Aberrometria

Come precedentemente descritto, le aberrazioni tramite il Viosionix (VX130) vengono valutate utilizzando il principio del WaveFront Error (WFE) e sono divise in tre sezioni a cui è possibile accedere dalla schermata principale:

 Oculare

 Corneale

 Interno

10 https://visionfuture.it/tonometria-oculare/

11 https://it.wikipedia.org/wiki/Tonometria

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Per ognuna di queste categorie vengono analizzate le aberrazioni prodotte dalle varie superfici.

 Oculare: La scheda WF visualizza mappe del fronte d'onda delle aberrazioni oculari di uno o entrambi gli occhi.
 Da qui è possibile visualizzare opzioni che consentono di valutare i risultati per condizioni fotopiche e mesopiche (chiamate anche Day e Night), le mappe di entrambi gli occhi contemporaneamente o di ogni singolo occhio, isolare le aberrazioni di ordine inferiore (LOA) e superiore (HOA), modificare il passo e il valore centrale di una mappa e sovrapporre linee guida di vari tipi sulle mappe. I valori e le mappe delle aberrazioni possono essere visualizzati in modalità OPD (Optical Path Difference) o in modalità WFE (WaveFront Error). La differenza del percorso ottico (OPD) è definita come la differenza tra i fronti d'onda aberrati e quelli ideali non falsi. L'OPD è positivo se il fronte d'onda aberrato conduce il fronte d'onda non alterato ideale.
 Inoltre, se i fronti d'onda aberrati si curvano in più rispetto a un fronte d'onda non corretto, l'OPD è positivo. Pertanto, uno spostamento focale negativo introdurrà un'aberrazione positiva. L' Errore fronte d'onda (WFE) è definito come la differenza tra i fronti d'onda non falsi ideali e i fronti d'onda aberrati.

Essenzialmente, WFE rappresenta la correzione richiesta per ottenere una visione non corretta. Le aberrazioni di tipo oculare sono quelle dovute alla successione dei mezzi diottrici che possono essere a carico di diverse strutture, più frequentemente il cristallino. Le modalità OPD e WFE sono legate dalla seguente relazione:

𝑂𝑃𝐷(𝑥, 𝑦) = −𝑊𝐹𝐸(𝑥, 𝑦)

Nella schermata dedicata inoltre è possibile selezionare diversi tipi di mappe:

- Total: visualizzazione composita di tutte le aberrazioni.

- HOA: visualizzazione delle sole aberrazioni di alto livello.

- LOA: visualizzazione delle sole aberrazioni di basso livello.

- Sphere: visualizzazione delle sole aberrazioni della sfera.

- Cylinder: visualizzazione delle sole aberrazioni del cilindro.

 Corneale: questa sotto scheda visualizza mappe topografiche della cornea di uno o entrambi gli occhi e valuta le aberrazioni prodotte dalla superficie corneale. Si possono visualizzare quattro diversi tipi di mappe topografiche, modificare il passo, il valore centrale di una mappa e sovrapporre dati e linee guida di vari tipi sulle mappe.

 Interno: la mappa delle aberrazioni interne rappresenta le differenze calcolate tra le

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aberrazioni corneali e le aberrazioni oculari per ciascun occhio.
 Queste aberrazioni possono derivare da qualsiasi punto del sistema ottico dalla cornea posteriore alla retina;

più comunemente dal cristallino. Le mappe possono essere visualizzate sia in condizioni fotopiche che mesopiche.

Per ognuna di queste sezioni è possibile valutare i coefficienti aberrometrici per tutti i tipi di aberrazione di alto ordine (HOA). Nella categoria Simulazioni è possibile avere una stima della visione del soggetto confrontando l’immagine ottotipica senza correzione e quella con correzione, sia per le LOA e quindi si intende la lente consigliata dallo strumento, che HOA.

2.6 Retroilluminazione

Questa funzione ha lo scopo di valutare eventuali opacità presenti a livello del cristallino. Le informazioni sono contenute sotto la dicitura Opacità e visualizza a livello grafico i risultati di diverse misure ovvero aberrazioni corneali, retroilluminazione e Shack-Hartmann per dare una panoramica generale della camera anteriore. Detta analisi permette di visualizzare l’immagine retroilluminata della lente cristallino e la presenza di opacità. Come opacità si intende a vari livelli:

 Posteriore: bisogna selezionare l’immagine che più somiglia all’immagine retroilluminata prelevata dal soggetto in base al grado di opacità, da lieve a severa; si riferisce alla parte posteriore della lente cristallino

 Corticale: in base al grado di opacità, si confronta con immagini di riferimento da lieve a severa; si riferisce alla parte corticale della lente cristallino

 Opalescenza: le immagini registrate dal soggetto sono confrontate con immagini standard di varia opacità in scala numerica (n.1 minima opacità, n.5 massima opacità)

 Colore: in base al colore dell’immagine confrontata con figure di riferimento (n.1 colore più leggero, n.5 colore più scuro)

In questa schermata è possibile confrontare le opacità anche con le mappe aberrometriche del soggetto stesso.

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2.7 CL fitting

Con questo tipo di funzione è possibile valutare un’eventuale lente a contatto più adatta al soggetto in relazione ai dati cheratometrici ed alle mappe topografiche acquisite in precedenza. La valutazione viene fatta riportando una simulazione dell’immagine in fluoresceina ed è possibile selezionare i raggi di curvatura al fine di ottenere un appoggio ottimale. Esistono diversi tipi di lenti a contatto elencati in base al produttore e le relative dimensioni nel menu a discesa della scheda Fitting CL. Si evidenzia così una simulazione di correzione a contatto grazie ad un’aggiunta di un database contenente varie tipologie di lenti a contatto (LaC) fornito da diverse aziende.

È possibile modificare numerosi parametri:

 TLT (Tear Layer Thickness): spessore del film lacrimale: consente di impostare il valore per cui la lente risulta sollevata al centro rispetto la cornea.

 Fix Angle: angolo di contatto; l’orientamento del K1 consente di selezionare la direzione del meridiano più piatto di una lente torica. È possibile simulare un’ipotetica rotazione della lente in base anche al produttore selezionato.

 Produttore

 Design

 Diametro

 Curva base

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Capitolo 3

Visione binoculare: fisiologia e valutazione nell’esame soggettivo

Per capire a pieno qual è la relazione che intercorre tra una valutazione oggettiva ed una soggettiva bisogna tenere conto di cosa avviene quando i due occhi cooperano insieme per dare vita alla visione binoculare. Di fatto, gli strumenti che permettono una valutazione oggettiva dei difetti visivi precedentemente elencati, sia essi moderni che più datati, non tengono in considerazione il processo della binocularità e ciò che concerne. Non è detto quindi che una perfetta correzione monoculare che porta il soggetto anche ad avere un buon visus, risulti essere la migliore correzione sia in termini di acuità visiva che di comfort in binoculare. Il progetto di tesi si basa proprio sulla valutazione ed il confronto tra misure oggettive monoculari e soggettive binoculari.

3.1 Cenni di fisiologia della visione

Normalmente, la visione binoculare è definita come l’integrazione dello stimolo sensoriale proveniente da quella monoculare e le informazioni motorie visive combinate in una percezione dello spazio fisico circostante.12 (Stidwill, Fletcher 2011) Ciascuno dei due occhi provvede alla generazione di una stimolazione quanto più netta possibile, sempre in relazione all’eventuale ametropia presente. Il sistema oculare trasforma lo stimolo luminoso in entrata, che si può anche assumere come flusso di fotoni, in un impulso elettrico attraverso un processo biochimico che avviene all’interno delle cellule fotorecettrici della retina: i coni ed i bastoncelli. Il retinolo, una proteina, attraverso un enzima, è ridotto a retinale; l’unione di questo con un’altra proteina, l’opsina, dà vita alla rodopsina che è il complesso operativo nelle cellule della retina; quando un fotone colpisce la rodopsina, il retinale passa dalla forma trans alla forma cis allontanandosi dalla proteina. Questo fa sì che venga attivata la trasducina e la GTP-fosfodiesterasi; a causa di quest’ultima, viene propagato un potenziale d’azione che permette all’impulso, ora diventato di tipo elettrico, di propagarsi alle altre cellule che fanno parte della tonaca nervosa fino ad arrivare alle cellule gangliari.13 Gli assoni (parte centrale e terminale) delle cellule gangliari, circa un milione

12 Stidwill D.; Fletcher R. “Normal Binocular Vision – Theory, Investigation and Pratical Aspects”, pp 1,2 Wiley-Blackwell , 2011

13 https://biologiawiki.it/wiki/fototrasduzione/

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e mezzo, si riuniscono nella papilla ottica ed escono dalla retina formando il nervo ottico. Ciascuno dei due occhi è provvisto di un nervo ottico; i due si incontrano nel chiasma dove si incrociano parzialmente: gli assoni provenienti dalla metà destra di ciascuna delle due retine vanno a formare il tratto ottico sinistro, che si dirige verso l’emisfero sinistro del cervello; gli assoni della metà sinistra delle retine formano il tratto ottico destro. Ne consegue che la metà sinistra del campo visivo è rappresentata dalla parte destra del cervello e viceversa.14 (Fig.17)

Fig.17 Percorso Assoni-Nervo Ottico-Corteccia Visiva

Si tratta quindi di una successione di impulsi bioelettrici tra cellule nervose fino a raggiungere la corteccia cerebrale. Attraverso processi che sono tutt’ora in fase di studio, viene generata l’immagine visiva. Appare chiaro quindi che ognuno dei due occhi produce l’immagine visiva proveniente dal rispettivo nervo ottico e trasportata da esso. La fig.17 mostra come l’informazione proveniente dalla parte destra del campo visivo sia elaborata dalla parte sinistra del cervello, mentre l’informazione dalla parte sinistra sia elaborata dalla parte destra del cervello. La parte centrale del campo visivo, dove le informazioni che provengono da entrambi i lati si sovrappongono, è detta zona binoculare (Fig.18).15 (Silverthorn 2010)

14 http://www.treccani.it/enciclopedia/visione_%28Universo-del-Corpo%29/

15Silverthorn D. “Fisiologia umana: un approccio integrato”, pp 388, Pearson, 2010

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Fig.18 Zone Monoculari e Binoculari del Campo Visivo

Affinché si abbia una percezione singola, occorre che le immagini provenienti dalle retine dei due occhi si sovrappongano. Presupposto iniziale dell’unione di due immagini in un’unica percezione, è che le direzioni visive dei due occhi siano simili, cioè entrambi gli occhi osservino una stessa area dello spazio e non sia presente deviazione degli assi visivi.16 (Rossetti, Gheller 2003). Pur essendo simili, le immagini provenienti dai due occhi non possono essere identiche, indipendentemente dall’ametropia di cui sono portatori; questo perché, i due occhi occupano due posizioni differenti nello spazio ed il campo visivo di ognuno è leggermente diverso dall’altro. Ma la percezione risultante non è quella di sovrapporre le due stimolazioni ma di vedere con un singolo occhio, posto al centro tra i due reali: questo tipo di sensazione è detto visione ciclopica. La diversità tra le due percezioni non complica in realtà la sovrapposizione delle stimolazioni retiniche, bensì riesce a creare una rappresentazione tridimensionale degli oggetti. È infatti la binocularità che ci permette di apprezzare la profondità cioè la percezione che un oggetto sia più vicino o più lontano di un altro.

Questa proprietà del sistema visivo è anche detta stereopsi ed è fondamentale nella percezione della tridimensionalità dello spazio che ci circonda.

3.2 Visione Binoculare

La visione binoculare è il risultato della fusione di due stimolazioni scaturite da due prospettive diverse; ciò perché l’angolatura di osservazione dalla quale provengono risulta disparata. Affinché si verifichi la sovrapposizione e l’unione degli stimoli, è fondamentale che questi vadano a colpire

16 Rossetti A.; Gheller P. “Manuale di optometria e contattologia” pp.153, Zanichelli editore, 2003

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particolari elementi retinici, detti punti retinici corrispondenti: questi sono da intendersi come aree della retina che, se stimolate in entrambi gli occhi, producono una percezione localizzata nella stessa direzione. Da specificare che le aree retiniche corrispondenti sono le fovee, esclusive zone di sola presenza di coni. Per facilitare la fusione degli stimoli, il sistema visivo mette in atto un meccanismo che viene indicato come disparità di fissazione dovuto alla richiesta di una maggiore precisione nell’osservazione della tridimensionalità. La disparità di fissazione è un meccanismo fisiologico in cui i due occhi non convergono esattamente nel punto di osservazione ma in modo lievemente disparato: questa condizione permette di aumentare il livello di percezione della tridimensionalità e non produce diplopia in quanto è compensata sensorialmente.

La visione binoculare è la conseguenza di una complessa cooperazione che avviene tra i due occhi o, più nello specifico, tra le stimolazioni provenienti da essi. Si noti che frequentemente i termini come stimolazione ed immagine vengono facilmente scambiati; nella sostanza indicano lo stesso concetto ma è effettivamente più corretto parlare in termini di stimolo in quanto se ne conosce il processo biochimico con il quale prende vita; per l’immagine intesa come ricostruzione cosciente dell’ambiente che ci circonda invece, risulta più complesso perché ciò che avviene a livello della corteccia visiva, responsabile della sua formazione, non è ancora possibile spiegarlo.

È importante sottolineare che il processo della fusione avviene nonostante, fisiologicamente, un occhio può avere leggera superiorità funzionale sull’altro; da ciò si evidenziano diversi aspetti di dominanza oculare che, relativamente alla funzione, vengono individuati con: dominanza motoria e sensoriale. Con queste si intendono, ad esempio, la dominanza della motilità dei bulbi oculari dovuta all’attività dei muscoli oculoestrinseci e la dominanza degli aspetti relativi alle capacità ricettive come la sensibilità al contrasto o la visione cromatica.17

Si distinguono tre gradi della percezione binoculare:

 Percezione simultanea: è definita come la capacità di percepire contemporaneamente le immagini provenienti dai due occhi. (biocularità)

 Fusione: si differenzia in motoria e sensoriale. La fusione motoria è l’abilità del sistema motorio oculare di riportare nella corretta direzione visiva le immagini percepite; la fusione

17 Lupelli L. “Optometria A-Z” , Medical Books, 2014

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sensoriale (detta anche piatta) invece è relativa alla capacità psichica di ricavare una singola percezione a partire da due stimoli. (binocularità)

 Stereopsi: capacità di percepire le differenze relative alle immagini retiniche al fine di ricavarne una percezione della profondità e tridimensionalità.

L’ordine di queste tre capacità è fondamentale in quanto la presenza dell’ultima presuppone quella delle precedenti.

È essenziale fare distinzione tra la biocularità e la binocularità; anche se spesso questi due termini vengono usati come sinonimi, in realtà nascondono significati diversi. La biocularità è la capacità di entrambi gli occhi nel formare un’immagine; in altre parole, è la condizione in cui è possibile valutare le immagini prodotte da ciascun occhio contemporaneamente ma in maniera dissociata; ciò è possibile farlo attraverso l’uso di prismi o filtri polarizzati. Sembrerebbe un concetto simile alla visione monoculare ma in realtà viene valutata tenendo entrambi gli occhi aperti ma dissociati.

Questa condizione è utile nella stima di deviazioni degli assi visivi. La binocularità, invece, include la biocularità, in quanto serve a valutare non solo la presenza di entrambe le immagini corticali ma anche la loro sovrapposizione atta a fornire un buon visus ed una visione confortevole. Anche per valutare la binocularità vengono eseguiti vari test che però non sono dissociativi ma presentano una mira visibile binocularmente chiamata blocco fusionale per evitare che la dissociazione influenzi la presenza di un’eventuale deviazione.

La prima analisi effettuata nel controllo optometrico è la valutazione dell’acutezza visiva.

Successivamente è necessario controllare la funzionalità del sistema sia dal punto di vista diottrico che di ricezione; tutto ciò valutato non solo a livello di stimolazioni ma, per quanto è possibile, anche di immagini. Dopodiché, l’esame, da monoculare passa a binoculare, rimuovendo gli occlusori. Per analizzare la visione binoculare è fondamentale la valutazione dei tre gradi della visione binoculare sopra descritti. I testi ad essi dedicati consentono di evidenziare, per ogni funzione, il corretto funzionamento dell’intero sistema ed in particolare: soppressione, corrispondenza retinica anomala, fissazione eccentrica. Quando si sta esaminando un soggetto che non presenta alcuna particolare condizione alterata, si passa al bilanciamento della sua correzione monoculare, tenendo conto, nell’ordine, prima della biocularità e successivamente della binocularità. Questo processo può essere perfettamente eseguito solamente facendo riferimento alle risposte del soggetto, il quale è sottoposto a test utili allo scopo.

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3.3 Confronto tra misure oggettive e soggettive

Ciò che risulta evidente in questo lavoro di tesi e d’altro canto noto è che gli strumenti di misura oggettiva, come i refrattometri, forniscono solamente una valutazione monoculare dell’ametropia presente. Indipendentemente dalla precisione con la quale forniscono i risultati, questi non riescono a valutare cosa accade quando si passa dalla visione monoculare a quella binoculare. L’elaborazione dell’immagine in un occhio, a carico della corteccia visiva e la sua successiva fusione con l’immagine proveniente dall’altro, sono processi che non dipendono unicamente dall’ametropia, dalla lunghezza del bulbo oculare, dalla curvatura corneale o a quella del cristallino. Si tratta infatti di processi più profondi che solamente con un accurato esame e un’attenta valutazione soggettiva possono essere interpretati e corretti fornendo al soggetto una visione confortevole.

L’optometria si avvale di metodiche sempre più sofisticate nel campo della ricerca scientifica al fine di elaborare una strumentazione che permetta di far fronte a tutte le problematiche che un soggetto può presentare. Come già citato nel Capitolo 2, il Visionix (VX130) permette di fare numerose analisi che hanno il compito di fornire quante più informazioni possibili circa la situazione refrattiva e diottrica dell’esaminato; inoltre consentono anche di controllare parametri che risultano importanti nell’ identificazione di condizioni che esulano dalla competenza dell’optometrista in quanto entrano a far parte del campo medico. Tuttavia, è innegabile come l’uso di tali strumenti faciliti ed abbrevi il compito verso il raggiungimento della miglior correzione. Considerando la precisione con la quale il Visionix (VX130) esegue le misurazioni dei vari parametri, la valutazione oggettiva dell’occhio come sistema ottico è un’utile analisi al fine di avere un quadro completo non solo della refrazione ma di importanti elementi che permettono di ideare e sperimentare nuove soluzioni per l’esaminato.

Quindi, gli autorefrattometri, indipendentemente dal principio di funzionamento, compiono unicamente un’oggettiva analisi della diottrica oculare. Ciò può essere evidenziato dal fatto che, in particolare il Visionix, esegue una simulazione, attraverso le E di Snellen, di come risulti l’acutezza visiva in relazione alle due aperture pupillari, fotopica e mesopica. Ciò è possibile farlo per qualsiasi strumento ottico, in quanto risulta semplice accedere al piano di formazione dell’immagine ma non può accadere nel sistema ottico oculare. Questo esempio evidenzia che, anche con la tecnologia più avanzata nel campo della refrattometria, lo studio compiuto dallo strumento è puramente da un punto di vista ottico.

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Nessuno strumento potrà mai prendere in considerazione come il cervello, in particolare la corteccia visiva, sviluppi la percezione e come la proietti nuovamente trasformandola in un’immagine visiva di cui si è coscienti. A tal proposito sono state sviluppate numerose teorie che non si basano su processi fisiologici e/o scientifici, bensì si focalizzano su aspetti psicologici che diventano fondamentali nella valutazione dello spazio che ci circonda.

Se esistesse uno strumento con la massima specializzazione nella determinazione della diottrica oculare sarebbe perfetto da un punto di vista fisico ma non potrà mai determinare la prescrizione correttiva ottimale finale. Da un punto di vista optometrico, la migliore correzione è quella che crea una condizione di buon visus e comfort; ciò che determina quest’ultimo e la tipologia di percezione, specialmente in visione binoculare, non è altro che il cervello che trova la sua massima espressione nelle risposte dell’esaminato ai test eseguiti dall’operatore. L’unico modo di “accedere allo spazio immagini” del sistema ottico oculare è tenere in considerazione l’esame soggettivo attraverso il quale si può effettivamente quantificare e qualificare la visione.

Quindi né il metodo soggettivo, né quello oggettivo possono essere i definitivi; la correzione finale è il raggiungimento di un compromesso tra due aspetti della misurazione: la pura analisi fisica del sistema ottico oculare correttamente interpretata ed integrata in relazione psicologica e psichica del soggetto.

3.4 Importanza del bilanciamento bioculare e binoculare

Prima di fare qualsiasi considerazione successiva, bisogna evidenziare che il sistema visivo è un sistema dinamico. La dinamicità è da intendersi non solo come l’attivazione della muscolatura intrinseca come corpo ciliare, muscoli sfinteri e dilatatori che permettono rispettivamente accomodazione, miosi e midriasi, ma anche di quella estrinseca responsabile dell’allineamento degli assi visivi, sia in visione distale che in quella prossimale. La vista si concentra su punti di osservazione e punti di interesse ed a seconda di questi mette in atto una serie di meccanismi in continuo movimento. Nel passaggio da visione distale a prossimale, quindi nei due punti estremi dell’impiego, ci sono delle posizioni e condizioni intermedie che implicano gradi e percentuali di interesse sia del sistema dinamico intrinseco che estrinseco in misure diverse ma proporzionate tra loro. Il meccanismo della visione è messo in funzione da sinergie ed antagonismi in misura ponderata

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all’interesse, alla distanza di osservazione ed alla capacità muscolare. Il concetto di capacità può essere spiegato dal fatto che, trattandosi di fasci muscolari, ogni soggetto presenta una certa riserva in termini di movimenti, sia in convergenza che in divergenza, che sono perciò detti fusionali.

L’aggettivo fusionale ha ragione di essere esplicitato perché i movimenti estrinseci consentono il mantenimento della fissazione, evitando la diplopia, ossia la percezione di due immagini, sia nel senso verticale che in quello orizzontale.

Quello che è necessario e di cui è deficitaria una valutazione di tipo oggettivo è il bilanciamento sia bioculare che binoculare. I metodi per il bilanciamento riescono a comparare contemporaneamente le percezioni di entrambi gli occhi; in bioculare, questo avviene con i due occhi completamente dissociati, mentre in binoculare viene inserito uno stimolo fusionale per la creazione di una sola immagine. Nel momento in cui la prescrizione correttiva non viene bilanciata è possibile riscontrare varie complicanze:

Astenopia: di tipo visivo, è una condizione di stress visivo che viene manifestata da annebbiamento, diplopia e disturbi relativi alla motilità oculare.

 Insorgenza di deviazioni

 Peggioramento di deviazioni già presenti

Soppressione

Squilibrio dell’accomodazione (anisoaccomodazione)

Il sistema può risultare oltretutto alterato sia a causa delle ametropie presenti che per un’anomalia della muscolatura estrinseca. Quest’ultima può comportare difficoltà nella quantità e nella tipologia di movimenti da compiere che risultano però essere normali attività muscolari al fine di indirizzare le aree retiniche corrispondenti sull’oggetto di fissazione.

Astenopia: di tipo visivo, è una condizione di stress visivo che viene manifestata da annebbiamento, diplopia e disturbi relativi alla motilità oculare. Si tratta nel disturbo più frequentemente espresso dai soggetti che hanno una correzione parzialmente o totalmente non bilanciata.

 Insorgenza di deviazioni: per spiegare ciò, è necessario fare una precisazione: le lenti, sia positive che negative, possono incidere sui movimenti di vergenza. In particolare, le lenti negative, stimolando l’accomodazione, ed essendo questa correlata attraverso la triade

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prossimale con miosi e convergenza, vanno a modificare le vergenze orizzontali positive. Di contro, lenti positive inibiscono l’accomodazione, provocando così un impiego dei movimenti in divergenza. Se ciò viene fatto nel rispetto di vari fattori come compensazione dell’ametropia, centratura delle lenti, dominanza, riserve fusionali e corretto bilanciamento, sia le lenti positive che negative non arrecano nessun tipo di deviazione al soggetto. Nel caso in cui, invece, non viene presa in considerazione la bincoularità ed il complesso sistema che vi è racchiuso, è possibile che l’uso di una correzione non bilanciata possa provocare squilibri al sistema motorio. Questi vengono poi tradotti in deviazioni latenti, ovvero che il sistema oculomotore tende a compensare a discapito delle riserve fusionali.

 Peggioramento di deviazioni già presenti: nel caso in cui vi siano già deviazioni, la situazione diventa sempre più delicata e sempre più importante diviene il bilanciamento della correzione al fine di non incrinare e peggiorare ulteriormente lo stato visivo del soggetto.

Soppressione: questo meccanismo è classificato nelle anomalie sensoriali della visione binoculare. Si tratta di un particolare stato di adattamento che, con lo scopo di evitare diplopia, inibisce le informazioni provenienti dall’occhio deviato. È una condizione che si instaura nel tempo ma che, una volta conclamata, risulta molto difficile da abolire. Un errato bilanciamento porta il sistema visivo ad adattarsi ad una condizione che non è quella ottimale; ciò può provocare la penalizzazione eccessiva di uno dei due occhi che, in situazioni estreme, può portare alla soppressione di quest’ultimo.

Squilibrio dell’accomodazione (anisoaccomodazione): l’ampiezza accomodativa è un fattore strettamente connesso con l’ametropia. Generalmente la quantità di accomodazione richiesta da entrambi gli occhi è simile, fatta eccezione per casi di severa anisometropia. Non bilanciando la correzione dell’ametropia, è possibile indurre degli squilibri nella quantità di diottrie accomodative utilizzate in un impiego prossimale, provocando la condizione di anisoaccomodazione ovvero diversa richiesta accomodativa tra i due occhi.

L’accomodazione è però un meccanismo coniugato e per questo non è possibile che uno dei due occhi impieghi una quantità di diottrie accomodative diversa rispetto l’altro. Per questo motivo, in tale condizione uno dei due occhi sarà in errore refrattivo.

(36)

Capitolo 4

Elaborazione dei dati e valutazione dei risultati

Durante il lavoro di tesi è stato possibile apprezzare quali sono le variazioni tra la correzione monoculare oggettiva del Visionix (VX130) e la correzione binoculare soggettiva al forottero in termini di:

 Potere sferico e/o cilindrico

 Visus mono e binoculare

Deviazioni latenti (Forie)

Sono stati analizzati 20 soggetti, non facendo distinzione di sesso o professione, ma con età media di (24,055,13). Per ognuno di essi sono stati riportati valori riguardanti:

 Età

 Correzione sfera e/o cilindro bilanciata e soggettiva

 Visus monoculare

 Visus binoculare

 Forie

 Correzione sfera e/o cilindro oggettiva Visionix (VX130)

 Visus monoculare

 Visus binoculare

 Forie

Tutto ciò è stato riportato in una tabella strutturata come rappresentato in fig.19.

Fig.19 Tabella utilizzata nella rilevazione dati

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I valori della correzione dati dallo strumento sono stati correlati con quella migliore soggettiva binoculare in uso. È stato fatto un paragone non sull’accuratezza e la precisione dei dati strumentali bensì sulla validità della correzione trovata dal Visionix (VX130) in condizioni di binocularità.

4.1 Modalità di raccolta dati

La correzione ottimale per il soggetto è stata valutata tenendo in considerazione l’occhiale in uso con eventuali modifiche per garantire un miglior visus.

Ciascun soggetto è stato prima sottoposto all’esame eseguito con Visionix (VX130) di cui sono stati annotati solamente i dati relativi alla refrazione in condizione fotopica, in quanto è stata considerata quella più vicina alla situazione abituale giornaliera.

Dopodiché, l’esame soggettivo si è svolto al forottero dove è stato valutato il visus monoculare all’occhio destro (OD) e al sinistro (OS) con la correzione abituale utilizzando come mire dell’ottotipo gli anelli o le C di Landolt, ovvero degli anelli aventi un’apertura in otto possibili posizioni. Si è fatta questa scelta poiché risulta più attendibile rispetto alle lettere alfabetiche in quanto gli anelli risultano riconoscibili morfologicamente. Qualora la correzione abituale avesse fornito uno scarso visus, si è provveduto ad una modifica al fine di fornire una migliore acuità visiva (AV). In questa fase è stata seguita la regola del “Massimo positivo” per la determinazione della sfera; l’uso di cilindri crociati dal valore di 0,50D per l’astigmatismo; per il bilanciamento bioculare sono stati adoperati due prismi da 3D prismatiche, uno base alta e l’altro base bassa anteposti davanti a ciascuno degli occhi, ed un annebbiamento con una lente sferica di +2,00D. È stato equilibrata la correzione, tenendo sempre in considerazione la dominanza. Si ricorda che l’asse del cilindro è stato orientato utilizzando il sistema TABO, rappresentato in Fig.20.

Fig.20 Sistema TABO

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