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Clima e società

Il prepotente ingresso della questione climatica nella quotidianità è accompagnato da forme nuove di produzio- ne e percezione dello spazio, con una serie di implicazioni e problemi ancora difficili da valutare sulla base della loro applicabilità e solvibilità architettonica. Capaci di ricon- nettere quello che costituisce una delle contraddizioni più preoccupanti e problematiche per il destino delle città. Ri- connettere in un rapporto sostenibile le condizioni clima- tiche estreme laddove esiste la necessità di costruzione intensiva di residenze (problema che si pone in particolare ma non esclusivamente nel sud del mondo). Bruno Latour ha composto in modo efficace questo dilemma attraverso

29 La Charta di Atene (1951) prevedeva che si garantissero almeno due ore di luce solare naturale per abitazione nel giorno più corto dell’anno.

il concetto di una “politica ecologica” di cui parla nel suo li- bro We Have Never Been Modern30. È la codificazione di que- sta nuova combinazione di agencies naturali e sociali e allo stesso tempo il progetto disciplinare di una epistemologica e normativa riorganizzazione del collettivo. Questo approc- cio spiega e influenza l’interesse comune a numerosi centri di ricerca e università sparse per il globo che affrontano i temi dell’architettura autoctona come strumento di em-

powerment delle comunità locali e, allo stesso tempo, forma

di trasferimento di conoscenza che serve a costruire un’al- ternativa ai modelli di appropriazione culturale (cultural ap-

propriation) e di mistificazione identitaria. Il concetto di col-

lettivo si spiega se valutato come anello di congiunzione tra tecniche locali di costruzione e relazioni sociali (il knowled-

ge sedimentato) con la reperibilità e la conoscenza su ma-

teriali che vanno dal bamboo della regione dei Monsoni alla terra cruda del Sudamerica31. In questo senso la tecnologia

diventa un problema da ridefinire in chiave sociale, come una sorta di esperimento collettivo appunto. Il thing 32a cui

fa riferimento Latour ha un significato etimologico che sia in inglese come pure in alcune lingue scandinave si spie- ga come incontro (meeting, evento collettivo). A spiegarne il principio aiuta di nuovo l’analisi di una pratica sociale a cavallo tra architettura autoctona e indagine antropologi- ca sulla tecnologia. Le pratiche costruttive degli Arapesch descritte da Latour (un’ etnia della nuova Guinea) per cui il legame tra tecnologia e ordine sociale è molto chiaro. Si osservi il modo con cui gli Arapesch costruiscono la casa dei Lari (con riferimento al culto degli avi), che per gli Arapesch

30 B. Latour, We Have Never Been Modern, Harvard University Press, 1993.

31 Su cui esiste nel frattempo un’ampia documentazione redatta dall’ETH di Zurigo. 32 Ibidem

è intesa come avente il ruolo di una cattedrale. Qui il rap- porto tra società e tecnologia si manifesta in modo plasti- co. Un gruppo di persone costruiscono insieme lo scheletro del futuro edificio e lo tengono in equilibrio. Questa prati- ca diventa una manifestazione oltre la metafora di come si costruisca una struttura sociale, perché ogni clan e ciascun membro del clan da un contributo alla costruzione del tetto che da stabilità alla costruzione e che verrà poi coperto con delle foglie. Ogni clan è responsabile di una parte dell’edi- ficio anche se tutti contribuiscono alla fine al suo corona- mento. Se si chiede agli Arapesch di definirsi, rispondono che sono coloro che hanno costruito l’edificio. In pratica gli Arapesch definiscono la propria organizzazione sociale at- traverso la qualità della prestazione tecnologica che sono stati capaci di realizzare insieme.

Il riferimento e l’utilizzo superficiale della formula Lear- ning from vernacular è rimasta troppo a lungo la proiezione di una visione europocentrica, che non da ragione e non fornisce strumenti utili nella valutazione dell’urbanizzazio- ne come fenomeno sociale dominante nel sud del mondo. Per quanto sia indiscutibile la necessità e richiesta di costru- zione e la necessità di adottare abitudini di vita sostenibili, dal punto di vista della progettazione architettonica e urba- na il riferimento a strumenti del progetto a bassa intensità (low tech, ovvero che regolano le temperature senza ricor- rere a energia), assume la giusta e appropriata rilevanza se discussa nell’ambito delle residenze di massa e alla scala della città. E’ in questo contesto che l’offerta di permeabilità costruttiva per ragioni climatiche (aprire la casa all’azione degli agenti atmosferici come il vento, la luce del sole) deve essere armonizzata con le richieste e le necessità legate al modo contemporaneo di vivere (e l’esigenza crescente di

chiudere spazi individuali e privati). Ricollegarsi alle forme naturali di climatizzazione interna delle case, deve orientar- si alla realtà e alla dimensione urbana che oggi caratterizza il sud del mondo. Significa che le forme di insediamento, per usare la terminologia europea; si manifestino attraver- so l’alta densità e modi equamente formali ed informali di urbanizzazione. Da una parte con il diffondersi dell’uso del condizionamento meccanico la rilevanza di concetti e scelte progettuali orientati alla climatizzazione naturale (d'ispirazione desunta dall’architettura autoctona) perde progressivamente di attenzione e importanza (nelle scel- te di pianificazione a larga scala); d’altra parte è necessa- rio prendere coscienza del ritorno della questione climatica e delle sue conseguenze che deve essere accompagnato da un ripensamento radicale del modo di costruire e che componga le contraddizioni tra il recupero di tradizioni co- struttive passate e la necessità di assecondare modi di vita

contemporanei. Da questo punto di vista il clima appare

meno come un’entità astratta, globale e geofisica, bensì

come un’intimate ground-level experience. Come un punto

attorno al quale ruota e fa riferimento una forte richiesta di negoziazione sociale. E che acquista rilevanza e significato nella città per tutte le sue componenti sociali, e in tempi di accelerazione dei consumi di energia riconquista un si- gnificato essenziale anche economico. Gli storici del clima James Fleming e Vladimir Jankovic hanno proposto la dif- ferenziazione in index- and agency based readings of clima-

te e così facendo suggeriscono di ricordare e riconoscere

il rinnovato potere di incidere in termini socioculturali del clima. Il Clima non sarebbe solo un fenomeno (index) bensì un forza che agisce (agency).