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Personaggi del dramma Regista

Un assistente del regista, di nome Māriṣa Re, di nome Purūravas

Auriga Rambhā, una ninfa Menakā, una ninfa Sahajanyā, una ninfa Urvaśī, la ninfa eroina del dramma

Citralekhā, una ninfa Citraratha, re degli dèi Gandharva

Buffone, di nome Māṇavaka Nipuṇikā, una serva

Messaggero degli dèi, parla fuori scena Regina

Due discepoli di Bharata, di nome Gālava e Pallava, di cui solo il primo parla sanscrito Ciambellano, di nome Lātavya

Donne del seguito del re Seguito della regina

Montanara, serva del seguito del re

Straniera, serva del seguito del re con funzione di portatrice di arco Donna eremita, di nome Satyavatī

Ragazzo, di nome Āyus, figlio di Urvaśī e Purūravas Nārada, messaggero degli dèi

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Prologo

L’ente supremo116 che permea i Veda della loro interezza, presente in cielo e in terra, colui al quale soltanto si addice il titolo di signore così com’è scritto e colui il quale è ricercato da quanti desiderano la salvezza praticando il controllo del proprio respiro, quell’eterno che può essere facilmente raggiunto con una devozione fedele vi conceda la suprema beatitudine!

(fine della preghiera di benedizione) Regista (guardando verso i camerini) – Māriṣa, vieni qui!

Assistente (entrando) – Sono qui, signore!

Regista – Māriṣa, spesso il pubblico ha visto le rappresentazioni di precedenti menestrelli. Adesso io metterò in scena il dramma inedito dal titolo “Urvaśī, colei che fu conquistata con il valore”. Bisogna dunque dire a tutta la compagnia che ciascuno deve fare attenzione alla sua parte.

Assistente – Come il signore comanda. (esce)

Regista – Io adesso devo chiedere una cosa a questi gentiluomini. (facendo un inchino) Ascoltate quest’opera di Kālidāsa con attenzione per simpatia verso di noi, che vi siamo assai affezionati, o piuttosto per rispetto nei confronti dell’eroe del dramma.

Voce fuori scena117 – Ci aiuti, ci aiuti chi è protetto dai numi o chi può volare attraverso l’atmosfera!

Regista (tendendo l’orecchio) – Cos’è questa voce che si sente nell’aria mentre sto parlando che sembra il verso di una femmina di falco? (riflettendo) Sì, ho capito: una celeste donna di un saggio amico di Nara, mentre ritorna dopo aver fatto visita al signore del monte Kailāsa, viene rapita a metà strada dai demoni ostili agli dèi; per questo la schiera delle ninfe implora protezione! (esce)

Fine del prologo. Primo atto

(a questo punto entrano le ninfe)

Tutte le ninfe – Ci aiuti, ci aiuti chi è protetto dai numi o chi può passare attraverso l’atmosfera! (a questo punto entrano il re e l’auriga con il carro)

Re – Basta, basta con questi lamenti! Avvicinandovi a me, il re Purūravas, mi avete chiamato: da cosa dovrei proteggervi?

Rambhā – Dalla tracotanza dei demoni!

Re – Cosa vi ha fatto la tracotanza dei demoni?

Menakā – Il grande re ascolti: la nostra cara amica Urvaśī, tenera arma del grande Indra temuta dall’eccelso Tapas118, motivo di vergogna per Śrī119, orgogliosa della propria bellezza, ornamento

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Probabilmente Śiva.

117

In pracrito.

118 Personificazione dell’ascetismo, che teme la bellezza delle ninfe, perché essa distrae gli asceti dal loro voto di

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del cielo, mentre tornava dalla dimora di Kubera è stata rapita assieme a Citralekhā da Keśin, demone di Hiraṇyapura, che è piombato loro addosso all’improvviso mentre esse erano per via. Re – Si sa in che direzione è andato quel delinquente?

Sahajanyā – A nord-est.

Re – Non temete, dunque. Io mi impegnerò a ricondurvi la vostra amica. Rambhā – Così si comporta un discendente di Soma120!

Re – Dove mi intendono aspettarmi le signore? Tutte le ninfe – Là, sul monte Hemakūṭa.

Re – Auriga, dirigi i cavalli a nord-est con andatura rapida. Auriga – Come il sire dalla lunga vita comanda. (fa come detto)

Re (agendo come se il carro si muovesse) – Bene, bene! A questa velocità potrei raggiungere il figlio di Vinatā, che mi è davanti, quell’essere che offende il Generoso! Le nubi temporalesche infatti vanno davanti al carro, polverizzandosi, la rotazione delle ruote dà l’illusione che ci siano fra i raggi altri raggi, la criniera sulle teste dei cavalli è immobile come se fosse dipinta e il vessillo sia dal lato dell’asta sia sul margine opposto è come se fosse agitato da un vento poderoso.

(il re e l’auriga escono con il carro) Rambhā – Care, andiamo nella regione che ci compete.

Le altre ninfe – Va bene. (discendono dalla montagna)

Rambhā – Il saggio sovrano riuscirà a liberarci dal dardo che ci ha trapassato l’anima?

Menakā – Non dubitarne: il grande Indra, che combatte al suo fianco, portandolo via con grandi onori dal mondo di mezzo121, lo pone alla testa di un esercito vittorioso.

Rambhā – Possa adesso egli ottenere un successo completo! (si ferma un momento) Coraggio, care, coraggio! Là si vede il carro, dono di Soma, del saggio re dal blasone con il cervo rampante.

(tutte si girano a guardare)

(a questo punto entrano il re, l’auriga e Urvaśī, che tiene gli occhi chiusi per la paura e si mantiene con la mano al braccio di Citralekhā)

Citralekhā – Coraggio, coraggio, amica mia!

Re – Fanciulla, coraggio, coraggio! O timorosa, la paura è andata via assieme al demone che l’ha causata. Protettrice dei tre mondi122 è infatti la grandezza dell’armato di vajra! Apri gli occhi sottili così come la pianta del loto apre all’alba i suoi fiori!

Citralekhā – Ehi! Come mai ella continua a non mandare alcun segno di vita se non il fatto che respira?

119 Nome di Lakṣmī, la quale, tuttavia si vergogna, di fronte a Urvaśī, che la supera in bellezza. 120

Soma indica sia una divinità lunare sia la personificazione del soma, la bevanda inebriante ottenuta dall’omonima pianta assunta da Indra prima di uccidere ai primordi il demone Vṛtra.

121 Cioè dal mondo degli uomini. 122

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Re – La signorina è alquanto spaventata. Infatti il suo cuore, come un fiore sul suo stelo, non è ancora libero dal tremore: ecco, lo si nota grazie alla macchia color zafferano in mezzo al petto, che si solleva ritmicamente.

Citralekhā – Amica, fatti forza! Non mi sembri più nemmeno una ninfa!

Re – Ehi, la tua amica sta tornando in sé! Guarda: come si rischiara la notte quando appare la luna o quando si accende la fiamma di un fuoco che scoppietta in mezzo a un denso fumo, sembra che questa splendida fanciulla possa liberarsi dalla confusione mentale, come il Gange, che recupera la sua limpidezza dopo che ci è finito dentro un banco di sabbia.

Citralekhā – Amica, sta’ tranquilla: gli stolti nemici del cielo sono stati sconfitti! Urvaśī (aprendo gli occhi) – Dal grande Indra, che mette in mostra il suo potere?

Citralekhā – Non dal grande Indra, ma da questo saggio sovrano, la cui autorità è degna di quella del grande Indra.

Urvaśī (guardando il re, fra sé) – Alla fine i demoni mi hanno fatto un favore!

Re (contemplando Urvaśī, fra sé) – È davvero comprensibile che mentre tentavano di sedurre il saggio Nārāyaṇa tutte le ninfe si siano vergognate vedendo lei che fuoriusciva dalla sua coscia. Ella non può d’altronde essere soltanto la creazione di un asceta. Fu forse la luna dall’amorevole splendore l’artefice della sua creazione? Oppure fu Madana, colui che non conosce altro sentimento che l’amore, oppure la stagione primaverile, con i suoi fiori? Com’è possibile che un vecchio sapiente che ripete fino alla noia i Veda e che ha concentrato tutta la sua attenzione sull’osservanza religiosa possa dar vita a quest’incantevole splendore?

Urvaśī – Cara, dove sono le nostre amiche? Citralekhā – Lo sa il re, colui che ci dà protezione.

Re (guardando Urvaśī) – Sono molto preoccupate. Ecco, signorina: o bella, se lui, qualora tu ti attardassi senza preavviso, fosse pieno di brama di rivederti, come potrebbero sentirsi in tua assenza le tue amiche, che per te ardono di tenero affetto?

Urvaśī (da parte) – Com’è nobile la sua voce! Che essere stupendo proviene dalla luna123! (ad alta voce) Il mio cuore non vede l’ora di incontrarle!

Re (indicando con la mano) – Queste tue amiche, splendida donna, stanno osservando dal monte Hemakūṭa il tuo volto liberato, come la luna che ricompare con rinnovato chiarore dopo essersi eclissata.

Citralekhā – Cara, guarda!

Urvaśī (guardando bramosa il re) – Giacché condivide la mia sofferenza, dai suoi due occhi sembra che mi desideri fortemente124!

Citralekhā (con attenzione) – A chi ti riferisci? Urvaśī – Al gruppo delle amiche125!

Rambhā (con gioia) – Dopo aver liberato Citralekhā e Urvaśī, il saggio sovrano è tornato, come la luna arriva presso le stelle della costellazione di Viṣākhā.

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Ci si riferisce al sovrano, discendente del dio lunare.

124 Letteralmente, “sembra che mi beva con i due occhi”. 125

Urvaśī ha usato il verbo al singolare e il sostantivo nayana, “occhio”, al duale, come, cioè, se si riferisse a una persona sola e questo genera la domanda di Citralekhā. Al problema dell’uso del singolare nel verbo Urvaśī risponde usando un nome collettivo (sakhījana, che ho tradotto “gruppo di amiche”), ma singolare, tuttavia non riesce a ovviare al fatto di aver impiegato il duale in luogo del plurale per gli occhi.

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Menakā (osservando) – Per due cose ci rallegriamo: la nostra amica ci è stata restituita e il grande re ne è uscito illeso!

Sahajanyā – Hai ragione, giacché non è facile battere i demoni.

Re – Auriga, è questa la vetta della montagna: il carro va fatto atterrare qui. Auriga – Come il sire dalla lunga vita comanda. (fa come detto)

Re (simulando uno scossone alle ruote; fra sé) – Ah, non è stato privo di conseguenze essere atterrato su questo terreno irregolare! Quando, a causa dello scossone del carro, ho urtato con la spalla la spalla di questa splendida fanciulla, ho avuto un brivido, quasi fossi innamorato di lei. Urvaśī (con modestia) – Amica, fatti un po’ più in là!

Citralekhā (con un sorriso) – Non posso126. Rambhā – Noi onoriamo il grande sovrano!

(tutte si avvicinano)

Re – Auriga, ferma il carro, perché questa splendida fanciulla, in ansia per le sue ansiose compagne, vada da loro, come la luce primaverile va alle piante.

(l’auriga fa così)

Tutte le ninfe – Si rallegra ampiamente il grande re per la sua vittoria! Re – E voi per il ritrovamento della vostra amica.

Urvaśī (mentre scende dal carro sotto braccio a Citralekhā) – Come mi abbracciate forte, care! Speravo di rivedere le mie amiche!

(la abbracciano immediatamente)

Rambhā – Possa il grande re essere il guardiano della terra per centinaia di ere!

Auriga – Sire dalla lunga vita, c’è un suono causato da un gran trottare di un carro a est! E si dirige dal cielo con un bracciale d’oro lucente verso la vetta della montagna, come una nube carica di pioggia.

(le ninfe guardano) Tutte le ninfe – Ehi! È Citraratha!

Citraratha (entrando e guardando il re con grande rispetto) – Il signore è esaltato per la grandezza del suo valore, che basta per ottenere il favore del grande Indra!

Re – Oh, il re dei Gandharva! (scendendo dal carro) Benvenuto, mio caro amico! (i due si stringono la mano)

Citraratha – Amico, appena ha sentito da Nārada che Urvaśī era stata catturata da Keśin, per salvarla colui che viene onorato con centinaia di sacrifici127 ha raccolto l’esercito dei Gandharva. Poi, avendo udito i cantori celesti che ti esaltavano, ti abbiamo raggiunto qui. È dunque opportuno che il signore e lei vedano il Generoso. Una cosa importante ha fatto il signore per l’eccelso

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La modestia di Urvaśī la spinge a ridurre il contatto fisico con il re e a chiedere all’amica di spostarsi, ma lei, che ha compreso la situazione, le dice di non potere, alludendo magari a uno spazio insufficiente come scusa.

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Generoso. Ecco: Nārāyaṇa l’ha consegnata al signore dei venti128, e ora gliela restituisci tu, suo amico, strappandola dalle mani dei demoni.

Re – Non direi: infatti è la stessa forza dell’armato di vajra ciò per cui i suoi alleati abbattono i nemici. L’eco del verso di una scimmia amplificata dalle cavità montana spaventa anche gli elefanti.

Citraratha – Questo è vero: la modestia è ornamento del valore.

Re – Amico, non è questo per me il momento giusto per vedere colui che viene onorato con centinaia di sacrifici. Tu però riconsegna la signorina al mio signore.

Citraratha – Come ritiene giusto il signore. Per di qua, per di qua, signorina. (le ninfe si incamminano)

Urvaśī (da parte) – Cara Citralekhā, non posso onorare debitamente questo saggio sovrano, che mi ha salvata. Sii tu la mia bocca.

Citralekhā (avvicinandosi al re) – Amico, Urvaśī mi ha incaricato di chiedere al grande re di congedarla, perché desidera portare nel mondo del grande Indra129 la fama del grande re come se fosse una sua carissima amica.

Re – Arrivederci!

(tutte le ninfe salgono al cielo con i Gandharva)

Urvaśī (si comporta come se qualcosa le ostacolasse il volo) – Ehi, la mia collana si è impigliata nella chioma di un albero! (tornando indietro) Citralekhā, liberamela!

Citralekhā (sorridendo) – È davvero molto impigliata: sembra difficile da liberare. Va bene, ci proverò.

Urvaśī – Tieni a mente la tua medesima parola.

(Citralekhā finge di liberarla)

Re (fra sé) – Mi hai fatto cosa gradita, o pianta, ostacolandola per un attimo nel suo andare, perché così l’ho vista che si voltava e mi guardava.

Auriga – Sire dalla lunga vita, dopo aver scaraventato i demoni offensori del divino Indra nel mare, allo stesso modo puoi rimettere il dardo protetto da Vāyu130 nella tua faretra come il serpente rientra nella sua tana.

Re – Dunque accosta il carro, ché salgo.

(avvicina il carro e il re sale; Urvaśī, osservando il re, esce sospirando in compagnia di Citralekhā e con le sue amiche)

Re (guardando Urvaśī) – Ahimè, a proposito del mio irrealizzabile desiderio, questa ninfa discesa dal secondo passo di suo padre131 mi strappa l’anima dal corpo come un cigno strappa per la punta spezzata una fibra dalla radice di una pianta di loto.

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Epiteto di Indra.

129 Ossia in cielo. 130

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(escono tutti) Fine primo atto.

Secondo atto (entra ora il buffone)

Buffone – Ohibò, ohibò! Io, che, come un brahmano elargisce il dono dell’invocazione, svelo il segreto del re, non riesco a trattenere la mia lingua quando mi trovo in mezzo alla gente. Mentre il mio nobile amico si alza dalla sedia del tribunale, giacché c’è poca gente, io starò qui, nei pressi del palazzo di Vimānotsaṅga. (si incammina)

Nipuṇikā (entrando) – La divina sovrana figlia del re di Kāśī mi ha ordinato: «Nipuṇikā, da quando, dopo aver compiuto i riti di venerazione dell’eccelso Sole, mio marito è tornato, sembra che abbia il cuore da un’altra parte: cerca di scoprire dal suo caro amico Māṇavaka il perché della sua preoccupazione». Com’è facile da ingannare questo brahmano! D’altronde non più a lungo di quanto l’erba sottile resta coperta dalla rugiada in lui resterà il segreto. Glielo carpirò, dunque. (andando verso di lui e guardandolo) Il signor Māṇavaka sta in silenzio in una posa che sembra quella di una scimmia. Ora mi ci avvicino. (avvicinandosi) Signore, i miei omaggi!

Buffone – Prosperità alla signora! (tra sé) Vedendo questa serva malvagia, il segreto del re, aprendo il mio cuore, si è spinto all’esterno. (ad alta voce) Nipuṇikā, dove te ne sei andata dopo aver smesso di suonare?

Nipuṇikā – Sono venuta solo per salutare il signore, giacché così mi ha detto la divina sovrana. Buffone – Cosa ti ha ordinato l’eccelsa signora?

Nipuṇikā – La divina sovrana dice che, giacché, ti ha sempre considerato un amico e giacché è afflitta da un’insolita preoccupazione, non è per lei indifferente se il signore le dà un consiglio. Buffone (con fare pensieroso) – Forse il mio amico ha fatto qualcosa che l’eccelsa signora non ha gradito?

Nipuṇikā – La divina sovrana è stata chiamata dal marito con il nome di quella donna che è il motivo per cui lui sta soffrendo132.

Buffone (fra sé) – Davvero il padrone medesimo ha reso noto il suo segreto! Perché io adesso mi sto sforzando tenendo a freno la lingua? (ad alta voce) Ha chiamato la padrona Urvaśī? Da quando l’ha vista, il padrone, completamente fuori di testa, con quell’espressione assai abbattuta ha decisamente stufato non solo la padrona, ma anche me.

Nipuṇikā (fra sé) – Ho fatto breccia nel segreto del sire. (ad alta voce) Signore, cosa annuncio alla divina sovrana?

Buffone – Nipuṇikā, riferisci alla padrona che io sto provando a distogliere da quest’illusione il mio amico e poi incontrerò la divina sovrana.

Nipuṇikā – Come ordina il signore. (esce)

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La tarda mitologia identifica Nārāyaṇa con Viṣṇu, il cui secondo passo, sulla base del mito già descritto, corrisponde al cielo.

132 La serva ha intuito che il re sta soffrendo per un’altra donna e non esita ad approfittarne, inventandosi che il re si

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Menestrello (fuori scena) – Sia vittorioso il divino sovrano! Il tuo compito e quello di colui che produce il giorno133 ci sembrano parimenti impegnativi, perché entrambi consistono nello scacciare le tenebre: il Sole le deve scacciare dai confini del mondo e tu dal cuore della tua gente. Il signore degli astri sta per un attimo in mezzo al cielo, mentre tu per un sesto della giornata segui la sua via134.

Buffone (tendendo l’orecchio) – Il mio amico, alzatosi dal seggio del tribunale, sta arrivando. Io dunque vado a servirlo. (esce)

Fine del preludio.

(a questo punto entrano il buffone e il re, che soffre per amore)

Re – Dopo averla vista, lei, la donna celestiale è penetrata nel mio cuore grazie alla via apertale da una freccia infallibile di colui che ha un pesce nello stemma135.

Buffone (tra sé) – La povera figlia del re di Kāśī è proprio finita in secondo piano. Re – D’altronde il segreto non è mica stato rivelato!

Buffone (sbigottito, fra sé) – Ahimè, ahimè! Sono stato imbrogliato da una serva! Altrimenti il mio amico non avrebbe parlato così.

Re (con aria preoccupata) – Perché tu sei rimasto zitto, vero?

Buffone – Ma certo che ho tenuto a freno la lingua! Non do una risposta che il signore non voglia che io dia.

Re – Bene. Dove potrei svagarmi adesso? Buffone – Andiamo in cucina.

Re – E perché?

Buffone – Perché là se due persone osservano la preparazione dei cinque tipi di cibi136 eccellenti per gli ingredienti utilizzati è facile che la preoccupazione li abbandoni.

Re (sorridendo) – Là ti rilasseresti tu, perché saresti vicino all’oggetto dei tuoi desideri. Ma io, che desidero qualcosa che è difficile da ottenere, come posso rilassarmi?

Buffone – La signorina Urvaśī ha cercato di guardarti? Re – Perché me lo chiedi?

Buffone – Perché non credo che ella sia davvero così difficile da ottenere. Re – Si sa che tu dici così perché mi vuoi bene.

Buffone – Ciò che dici aumenta la mia curiosità. La signorina Urvaśī non ha eguali in bellezza come io non ne ho in bruttezza?

Re – Māṇavaka, sta’ certo che lei sarebbe impossibile da descrivere in ogni particolare. Ascolta, sarò breve.

133 Epiteto del Sole. 134

Come il sole per un attimo giunge allo zenit, il re per un sesto del giorno (ossia circa due ore, che diminuiscono o aumentano in base alla stagione) si occupa degli affari pubblici del suo Stato.

135 Epiteto di Kāma. 136

I cibi sono classificati in base alla maniera in cui sono ingeriti e i cinque tipi sono: bhakṣya, ossia i cibi che vanno masticati necessariamente prima di essere ingoiati, bhojya, cibi che possono anche essere ingoiati senza essere masticati, come il riso, lehya, cibi da leccare, come per esempio i condimenti, coṣya, i cibi da suggere, e infine peya, le bevande.

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Buffone – Sono tutto orecchi.

Re – Ornamento degli ornamenti, decorazione delle decorazioni e perfino termine di comparazione di ogni comparazione è la sua bellezza.

Buffone – Il signore, desideroso di una celeste bevanda, ha fatto il voto del cātaka.

Re – Non c’è altro riparo alla sofferenza oltre la solitudine. Accompagnami dunque nel boschetto delle delizie!

Buffone (fra sé) – Ma che bel rifugio137! (ad alta voce) Per di qua, sire, per di qua! Questa lieve vento meridionale che sembra si sia alzato per ordine del boschetto delle delizie, accoglie il sovrano.

Re (guardando) – Sembra proprio così138. Passando attraverso questa pianta di mādhavī e facendo danzare la pianta del gelsomino, esso mi sembra come un amante che unisce in sé affetto e gentilezza139.

Buffone – Il tuo affetto deve essere proprio così. (passeggiando) Questa è l’entrata del boschetto delle delizie. Entri il signore.

Re – Entra tu per primo. (entrambi entrano; poi il re guarda innanzi a sé) Amico mio, io sbaglio quando penso che davvero il boschetto delle delizie possa farmi rilassare. Io, che desidero entrare rapidamente in questo giardino, allontano un po’ la mia angoscia, ma come nuotare

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