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Qui di seguito, a meri fini di comprensione del testo, verranno elencati i termini sanscriti che, all’interno della traduzione dei tre drammi, sono parsi impossibili da rendere in italiano e che sono perciò stati semplicemente traslitterati nella loro forma tematica. Si riporteranno dunque i nomi di animali e piante tipicamente indiani, per i quali mancava una traduzione italiana soddisfacente e di

cui si fornirà qui di seguito la denominazione linneana, tutti i toponimi, i teonimi e i nomi propri dei personaggi mitologici. L’ordine si basa su quello dei caratteri indiani.

Añjanā: nel Rāmāyaṇa il Vento discese sul grembo di Añjanā, che partorì Hanumat, uno degli eroi dell’opera, che aiuta Rāma, incarnazione di Viṣṇu, a liberare Sītā, sua moglie.

atimukta: Hiptage benghalensis. Aditi: dea madre di Indra. Anaṅga: “Incorporeo”, v. Kāma.

aparājitā: Clitorea ternatea; la pianta si riteneva che avesse proprietà soprannaturali, tanto che il termine dà anche il nome a un’arte magica.

Aṃśumat: Ci racconta un mito contenuto nel Mahābhārata che il re Sagara, che aveva organizzato un analogo sacrificio, avendo smarrito il suo cavallo, aveva inviato i suoi sessantamila figli a recuperarlo. Il cavallo fu ritrovato, ma, per recuperarlo, i figli di Sagara disturbarono l’asceta Kapila, suscitandone l’ira e venendone inceneriti con il suo semplice sguardo. Intervenne allora Aṃśumat, nipote di Sagara, che, chiedendo con cortesia a Kapila di poter recuperare il cavallo, riuscì a ottenerne la restituzione.

aśoka: Jonesia asoka.

Aruṇa: personificazione maschile dell’aurora. arka: Calotropis gigantea.

Ahalyā: Dal Rāmāyaṇa sappiamo che Ahalyā, prima donna creata da Brahman, fu data in sposa all’eremita Gautama. Indra, però, si innamorò di lei e, assumendo le sembianze del marito, la sedusse. Quando Gautama scoperse la cosa, espulse la moglie dall’eremo e la mutò in pietra, condizione nella quale ella rimase finché non fu liberata dall’intervento di Rāma.

Ākhaṇḍala: v. Indra

iṅgudī: Balanites aegyptiaca, pianta il cui olio, estratto dai frutti, veniva impiegato dagli eremiti ad esempio per accendere lampade.

Indra: dio principale del pantheon vedico. Presenta svariati nomi ed epiteti. La sua arma principale è il vajra (v.), con il quale compie le sue eroiche imprese.

Ilā: antenata di Purūravas.

Umā: Śiva, secondo la leggenda, inizialmente era unito in un corpo androgino con Umā, sua controparte femminile. Con questo gesto egli divise per il tramite del proprio corpo la danza dai gesti graziosi dalla danza dai gesti più netti e decisi.

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Aurva: secondo una leggenda in cui l’eremita Urva, avrebbe chiesto agli dèi di generare un figlio per ottenere una discendenza: gli dèi lo accontentarono, ma egli generò Aurva, un fuoco che Brahman, per evitare che distruggesse la terra, relegò nelle profondità marine, ove l’acqua, anziché spegnerlo, lo alimenta.

kadamba: Neolamarckia cadamba. kandalī: Strobilanthes wallichii.

karṇikāra: Pterospermum acerifolium oppure Cathartocarpus fistula.

Kāma: il termine vuol dire “amore”, “passione amorosa”, ma è anche il nome proprio del dio dell’amore; viene raffigurato armato di un arco con il quale lancia fiori al posto di frecce; quanti ne vengono colpiti, si innamorano. Secondo una leggenda, colpì Śiva disturbandone la meditazione; il dio, adirato, lo incenerì con lo sguardo, ma lui risorse dalle proprie ceneri.

Kāśī: Vārāṇasī, in Uttar Pradesh. Kālanemi: v. Durjaya.

kunda: Jasminum multiflorum o Jasminum pubescens. Kubera: un asceta.

kubja: Achyrantes aspera.

Kṛṣṇa: Dio del pantheon indù considerato in base alle correnti religiose ora mera incarnazione di Viṣṇu (per la precisione, l’ottava incarnazione) ora ente non solo autonomo, ma addirittura supremo.

ketakī: Pandanus odorifer. Keśin: un demone.

kesara: Mesua ferrea o Mesua roxburghii. Kailāsa: monte dello Himālaya, oggi in Tibet.

kṣatriya: appartenente alla casta guerriera, che detiene il potere politico e cui appartengono i sovrani.

kṣīravṛkṣa: Prosopis spicigera o Acacia polyacantha.

Gandhamādana: monte probabilmente da posizionarsi nello Himālaya. Considerati i riferimenti nei testi, è impossibile che si tratti di un omonimo monte situato sull’isola di Pampaṉ, fra Tamiḻ Nāṭu e Ceylon.

gāyatrī: importante metro vedico consistente in distici in cui il secondo verso è più breve del primo.

Gaurī: v. Pārvatī.

cakravāka: Tadorna ferruginea. La sua abitudine a formare coppie molto stabili fa sì che esso sia di ampio uso nella lirica d’amore.

calita: v. chalita.

cātaka: Cuculus melanoleucus, che si dice non beva acqua dal suolo per quanto possa essere assetato, ma attenda piuttosto pazientemente che piova.

Citraratha: re dei Gandharva, divinità minori maschili.

caitra: il mese di Caitra inizia secondo il calendario attualmente in uso in India il 22 (21 negli anni bisestili) marzo e finisce il 21 aprile; all’epoca di Kālidāsa il calendario seguiva variazioni dettate anche dalla luna (si trattava di un calendario lunisolare), ma all’incirca le date non dovevano oscillare di molto rispetto al calendario indiano moderno.

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chalita: nome di una danza eseguita accompagnandosi con il canto di quartine. Jayanta: figlio di Indra.

Tapas: personificazione dell’ascetismo.

Triṣaṅku: principe che sperava di ottenere con un grande sacrificio il diritto di salire al cielo con il corpo. Essendo però uno kṣatriya, ha bisogno che un brahmano compia il sacrificio per lui. Interpella allora un tale Vasiṣṭha e i suoi cento figli, ottenendone però non solo un rifiuto, ma anche una maledizione e un’espulsione dalla casta, con conseguente relegazione fra gli intoccabili. Decide allora di appellarsi al dio Viśvāmitra, il quale accetta di officiare il sacrificio, ma gli dèi si rifiutano di presenziare. Viśvāmitra, allora, rompe gli indugi e porta in cielo Triṣaṅku, il quale però, prima ancora di potervi giungere, viene ricacciato giù dagli altri dèi. Triṣaṅku rimane così sospeso a metà strada fra cielo e terra.

Dakṣa: dio padre di Aditi.

Durjaya: schiera di demoni, progenie di Kālanemi. dūrvā: Cynodon daktylon.

Nara: nome dell’uomo primevo oppure dello spirito sempiterno che pervade l’universo

Narmadā: fiume che attraversa in direzione est-ovest l’India peninsulare negli stati di Madhya Pradesh, Maharashtra e Gujarat, per terminare la sua corsa di quasi milletrecento chilometri nel golfo di Khambhat; segna il confine fra i due regni del Vidarbha e del Magadha.

navamālikā: Jasminum arborescens. Nārada: nome di un figlio di Viśvamitra.

Nārāyaṇa: asceta dalla cui coscia è stata generata Urvaśī; racconta il mito che gli dèi, preoccupati delle potenzialità della sua ascesi, abbiano inviato a Nārāyaṇa alcune ninfe per distrarlo, ma lui, vedendole, abbia generato dalla sua coscia Urvaśī, la quale, con la sua bellezza, ha fatto vergognare tutte le altre ninfe. Nella mitologia tarda viene identificato con Viṣṇu.

nicula: calamus rotang oppure Barringtonia acutangula. nīpa: Nauclea cadamba.

parivaha: uno dei sette venti che, come si capisce dal testo, sospinge la Via Lattea, definita “triplice fiume”, epiteto riservato anche al fiume Gange, quasi essa fosse una sorta di controparte celeste del fiume sacro.

pāṭala: Bignonia suaveolens. pārijāta: Erythrinia indica. Pārvatī: moglie di Śiva.

pināka: tridente di cui è armato il dio Śiva.

putrapiṇḍapālana: alla lettera “prendersi cura della persona del figlio”. Il nucleo della festa doveva consistere in una serie di doni che venivano fatti dai genitori ai figli.

puṃsavana: rituale compiuto dopo tre o quattro mesi di gravidanza per propiziare la nascita di un figlio maschio.

Puraṃdara: v. Indra.

Paulomī: dea moglie di Indra e madre di Jayanta.

Pratiṣṭhāna: città corrispondente all’odierna Allahabad, in Uttar Pradesh, situata alla confluenza della Yamunā nel Gange.

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bakula: Mimusops elengi.

Bharata: mitico fondatore dell’arte drammatica, era incaricato di intrattenere gli dèi allestendo spettacoli nei quali far recitare le ninfe.

Madana: v. Kāma.

mandāra: Erythrinia indica o Calotropis gigantea. Mandālinī: altro nome del Gange.

Manmatha: v. Kāma.

Mahāsena: capo dell’esercito celeste; il suo nome alla lettera significa: “colui che ha un grande esercito”.

mādhavī: Hiptage benghalensis.

Mānasa: lago oggigiorno situato in territorio tibetano, non lontano dai confini con Nepal e Uttarkhand, chiamato in tibetano Mapham Yumtso.

Mālinī: fiume della pianura gangetica, che scorre fra Uttarkhand e Uttar Pradesh. mustā: Cyperus pertenuis.

Maurya: dinastia che regnò sul regno del Magadha da 321 a. C., quando Candragupta esurpò il trono, fino al 184 a. C., quando il padre di Agnimitra Puṣpamitra (o Puṣyamitra, come è anche attestato) spodestò con un colpo di stato Bṛhadratha e fondò la dinastia Śuṅga.

Śakrāvatāra: altro nome del Gange. Śacī: v. Paulomī.

śamī: Prosopis spicigera. śirīṣa: Albizia lebbeck.

Śeṣa: gigantesco serpente personificazione dell’eternità. Si dice che sorregga il mondo perché il suo corpo giace nelle profondità degli inferi, ma le sue cento teste sostengono il cielo.

Śiva: importante divinità del pantheon indù. Fa la sua comparsa già in epoca vedica come divinità terrifica e vendicatrice, ma il suo culto si diffonde enormemente in epoca successiva, parallelamente al culto di Viṣṇu, divenendo in epoca medievale una delle divinità più venerate. Conta otto manifestazioni differenti: Rudra, Bhava, Sarva, Īśāna, Paśupati, Bhīma, Ugra e Mahādeva.

Śauri: v. Kṛṣṇa. Śrī: v. Lakṣmī

Sagara: v. Aṃśumat.

saptaparṇa: Alstonia scholaris. Sarasvatī: dea legata alle arti.

sallakī: Variante linguistica per śallakī, una varietà di incenso (Boswellia serrata). Savitṛ: dio solare.

Sāketa: odierna Ayodhyā, in Uttar Pradesh.

Surabhikandara: massiccio montuoso dalla dubbia ubicazione; il suo nome significa “che ha splendide vallate”.

Soma: il termine indica sia una divinità lunare sia la personificazione del soma, la bevanda inebriante ottenuta dall’omonima pianta assunta da Indra prima di uccidere ai primordi il demone Vṛtra.

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Somnāth: luogo meta di un pellegrinaggio ancor oggi praticato. Si trova a circa sei chilometri da Veraval, in Gujarat.

Smara: v. Kāma.

Yama: primo uomo a nascere e poi a morire, ragion per cui viene onorato come dio dei morti. Yamunā: affluente del Gange.

Yayāti: protagonista di una storia d’amore analoga a quella descritta nell’Abhijñānaśākuntala: Yayāti, padre di Puru e antenato di Duṣyanta, sposa Śarmiṣṭhā senza accordo con i genitori e, pur avendo già un’altra moglie, Devayānī, la preferì per la sua maggiore avvenenza.

yūthikā: Clypea hernandifolia oppure Jasminum auriculatum. rathāṅga: Tadorna ferruginea (v. cakravāka)

Rukmiṇī: moglie di Kṛṣṇa, liberata da quest’ultimo allorché il demone Śiśupāla la rapì. Rudra: v. Śiva.

Rohiṇī: Aldebaran.

Lakṣmī: dea dell’abbondanza, del destino, della luce, della bellezza e della fertilità.

vajra: una sorta di lancia o di tridente forgiato dal dio Tvaṣṭṛ e utilizzato da Indra per uccidere il demone Vṛtra, un serpente che bloccava ai primordi il libero scorrere delle acque.

Varadā: fiume che attraversava il regno del Vidarbha e che oggi scorre in Karnataka. Vāsana: v. Indra.

Viḍaujas: v. Indra.

Vidarbha: il regno del Vidarbha doveva occupare l’attuale stato del Maharashtra e ancora oggi il termine è in uso per indicarne la porzione più orientale, tuttavia non ci sono noti i suoi confini all’epoca. Certamente, però, si trattava di uno stato confinante a sud con il Magadha, sul quale regnava Agnimitra.

Vidiśā: capitale del regno del Magadha sotto Agnimitra; oggigiorno si trova di Madhya Pradesh. Vinatā: madre di Keśin.

Viśākhā: costellazione spesso avvicinata alla luna.

Viṣṇu: importante divinità del pantheon indù. Il mito più noto è quello del demone Bali, che compare già nel Ṛgveda: a Bali Viṣṇu, assunte le sembianze di un nano, Vāmana, chiese un terreno grande come lo spazio che avrebbe egli potuto coprire con tre passi; Bali accettò, ma Viṣṇu con il primo passo coperse la terra, con il secondo coperse il cielo e con il terzo sprofondò Bali nel mondo sotterraneo. Conta dieci incarnazioni (Matsya, Kūrma, Varāha, Narasiṃha, Vāmana, Paraśurāma, Rāma, Kṛṣṇa, Buddha e Kalki), di cui l’ultima è quella destinata a venire alla fine dell’era in cui viviamo.

Hastināpura: capitale del regno governato da Duṣyanta. Presso la moderna Hastinapur, che sorge un centinaio di chilometri a nord-est di Nuova Delhi, in Uttar Pradesh, sono stati effettuati scavi fra il 1949 e il 1952 che hanno portato alla luce le vestigia di un’antica città, di cui l’archeologia ha potuto rilevare tre strati: un primo strato datato a prima del XII sec. a. C., un secondo che arriva fino alla metà del primo millennio e un terzo conclusosi nel III sec. a. C., cui seguì un lungo abbandono che perdurò fino agli inizi del II millennio d. C. La città è citata nel Mahābhārata in quanto fondata da Hastin, nipote di Bharata, donde il nome.

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