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Strutture e fasi edilizie dell’area centrale di TB1

CAPITOLO II. Tell Baqarat 1 (c arlo l ippoli s)

II.3 L’edificio sul sommo di TB1

II.3.1 Strutture e fasi edilizie dell’area centrale di TB1

Al suo centro e sommo (Figg. 34, 125, 126), la collina TB1 è dominata dai resti di un edificio mo-numentale, tra i primi ad essere indagati dagli scavi iracheni nel 20081. Già prima dei lavori, il sommo di alcuni muri del complesso affiorava in superficie e l’area – la più elevata dell’intero tell – era stata presa particolarmente di mira dagli scavi clandesti-ni. Nell’arco di tre campagne di scavo irachene (tra 2008 e 2010) l’edificio è stato estensivamente esplo-rato per la fase edilizia più tarda che viene datata, in base a mattoni cotti con iscrizione ancora in situ, al regno di Nabucodonosor II. Alla fase neobabilonese appartengono le strutture (Figg. 59, 60) che andremo ora a descrivere e che costituiscono comunque solo una parte di quello che doveva essere un complesso più ampio, verosimilmente esteso oltre le strutture conservate verso nord, est e ovest, lati oramai com-pletamente erosi o danneggiati dagli scavi illeciti.

Al di sotto del complesso di I millennio, in alcuni punti marginali del settore centrale della collina, sono emersi esigui resti di una fase più antica, con strut-ture in mattoni pianoconvessi e livelli con materiali di epoca protodinastica finale.

Come già per il settore meridionale, non disponia-mo di dati stratigrafici e puntuali relativi allo scavo del complesso, dunque procederemo ad una descri-zione delle strutture in base alle planimetrie e alle misurazioni elaborate negli ultimi anni. Potremo poi integrare queste osservazioni con i dati ottenuti tra-mite sondaggi condotti dalla missione italiana sulla fronte e a lato del tempio.

Dell’edificio in questione possiamo sottolineare la sua posizione dominante, al di sopra di una terrazza accessibile dalle rampe scalari descritte nel paragrafo precedente (per quanto queste si debbano riferire ad una fase più antica del complesso: II.2), unitariamente al fatto che si tratta di un complesso monumentale, del quale rimane solo l’ala occidentale con cortile e ambienti disposti intorno. I bolli di mattoni con iscrizione ancora visibili in situ (presso la soglia di un ingresso)2 ricordano Nabucodonosor II quale re-stauratore di altri grandi templi (si menzionano l’Esa-gil e l’Ezida)3. Un altro carattere distintivo di questo edificio è la sua facciata meridionale, ritmata a larghe nicchie e lesene, mentre meno sicura è la presenza di

un kisu (v. oltre). Immediatamente a est delle strutture conservate corre infine un camminamento in mattoni cotti ricoperti di bitume che “attraversava” in senso sud-nord l’edificio che verosimilmente continuava anche più ad est.

Alcuni di questi aspetti, uniti alla natura di alcuni ritrovamenti effettuati dagli iracheni4, sembrerebbero riportare ad un contesto sacrale, sebbene l’impian-to generale delle strutture ad oggi note non presenti confronti puntuali con edifici templari di età neoba-bilonese (v. oltre).

Il complesso riportato alla luce durante gli scavi iracheni si estende su di un’area di circa 40 m in direzione est-ovest per 45 m in direzione nord-sud, ma era verosimilmente più esteso almeno sui suoi lati nord e est. I muri, il cui spessore non è sempre costante, sono interamente eseguiti in mattoni crudi quadrati di 32x32x13 cm, legati da malta di argilla e conservati per un’altezza massima di circa 2 m, incluse le fondazioni.

Il blocco conservato e riportato alla luce, imper-niato attorno ad un cortile quadrangolare centrale, presenta una facciata (M1: Fig. 61) rivolta verso sud e articolata in nicchie e piatte e larghe lesene che mi-surano circa 3 m ciascuna (Figg. 62, 63). Il muro di facciata, largo anch’esso circa 3 m, è stato indagato per una lunghezza di 25 m ovvero fin dove le strutture erano ancora conservate in alzato.

In posizione decentrata, circa a 18 m di distanza dalla via mattonata e bitumata a est, si apre un ingres-so la cui larghezza è di 1,80 m, dimensioni piuttosto esigue per un ingresso principale di un edificio mo-numentale (Figg. 61, 62, 64). Esso costituisce comun-que, ad oggi, l’unico accesso noto alla corte centrale del blocco. La sua soglia era pavimentata con un filare di mattoni cotti quadrati (30-31x30-31x7 cm) recanti

1 L’area è indicata nei rapporti preliminari interni iracheni come Punto 2 (Aree F9, F10) e Punto 4 (Aree H9 e G2).

2 Altri mattoni cotti con iscrizione sono presenti, impilati, contro la faccia sud del cortile, forse in questo caso in posizione secondaria.

3 devecchi 2016, 136-141.

4 Tra questi, si ha notizia di una placca litica votiva (con la rappresentazione frammentaria di un’aquila ad ali spiegate) che seppure ritrovata in un livello superficiale era evidentemente connessa all’edificio.

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edificio sul sommo di tb1

Fig. 59 - TB1, settore centrale, veduta aerea dell’edificio sul sommo della collina.

Fig. 60 - TB1, settore centrale, edificio sul sommo della collina, da sud.

Fig. 61 - TB1, facciata meridionale dell’edificio sul sommo della collina, da sud-ovest.

Fig. 62 - TB1, facciata meridionale dell’edificio sul sommo della collina, da sud.

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edificio sul sommo di tb1

l’iscrizione di Nabucodonosor II (Fig. 65). Il piano di questi mattoni fornisce un’indicazione (in assenza di altri dati stratigrafici dagli scavi) di quale fosse la quota del livello di calpestio e di come la maggior parte dell’alzato oggi conservato appartenga, di fatto, alle fondazioni dell’edificio.

Alla base del tratto di facciata compreso tra la stra-da bitumata e l’ingresso si addossano tre filari di mat-toni crudi che aggettano per circa 80-90 cm rispetto alla linea di facciata del muro e formano una sorta di zoccolo di protezione (Figg. 61, 66). Più che un kisu vero e proprio, è verosimile pensare che questo dispositivo servisse da piattaforma di regolazione e livellamento del terreno, dal momento che esso non corre lungo tutta la facciata. Il sondaggio italiano (S6, v. oltre) condotto davanti all’ingresso al tempio ha dimostrato che questa zoccolatura si interrompe a 1,90 m a est dello stipite dell’ingresso e non è presente davanti alla prosecuzione occidentale della facciata.

Fig. 64 - TB1, edificio sul sommo della collina, ingresso lungo la facciata meridionale.

Fig. 63 - TB1, facciata meridionale dell’edificio sul sommo della collina, dettaglio da sud.

Fig. 65 - Soglia d’ingresso con mattoni iscritti di Nabuco-donosor II.

A est, oltre la strada bitumata che corre in dire-zione sud-nord (Figg. 59, 67; v. oltre), il muro di facciata continua, seppure fortemente eroso, per altri sette metri circa. È dunque evidente che il comples-so continuava vercomples-so est in un settore oggi purtroppo irrimediabilmente eroso e perduto (II.3.5).

Pur senza descrivere l’impianto delle strutture ri-portate alla luce e i loro caratteri specifici, possiamo avanzare alcune preliminari osservazioni. Innanzitut-to, l’impianto dell’edificio neobabilonese ha un orien-tamento leggermente disassato rispetto a quello delle strutture più antiche (in particolare a quello dei corpi scalari di accesso alla terrazza) e un andamento irre-golare, soprattutto sul lato occidentale che peraltro è quello meno noto. Per quanto si tratti di una struttura di un certo rilievo mancano quei caratteri di monu-mentalità e regolarità che contraddistinguono i settori centrali di altri templi coevi. L’accesso che si apre lungo la facciata meridionale, inquadrato tra nicchie e lesene solo poco aggettanti, non ha i caratteri di un ingresso principale (per quanto questa sia la fac-ciata rivolta verso quella che verosimilmente era la via d’accesso alla terrazza anche in epoca neobabi-lonese). Nessuno degli altri muri del complesso, né all’esterno né all’interno, presenta un’articolazione a nicchie. Qualora si volesse intendere il blocco con-servato come settore centrale di un edificio religio-so, la cella non potrebbe collocarsi che sul suo lato settentrionale, purtroppo quello oggi meno conser-vato e conosciuto. Verrebbero però, anche in questo caso, a mancare alcuni tratti distintivi dell’architettura religiosa del I millennio nel centro-sud della Me-sopotamia, quale la presenza di corridoi perimetrali attorno al nucleo della cella (si vedano i templi di Babilonia) e la scansione delle facciate sul cortile e degli ingressi in nicchie e aggetti. Seppure esistano alcuni generici elementi di confronto con gli edifici

sacri della Babilonia del I millennio, la pianta del complesso di TB1 pare piuttosto anomala. Può essere comunque curioso notare che il confronto più vicino alle strutture in questa sede considerate è costituito dal tempio babilonese di Nin-maḫ, uno dei tanti nomi della sumerica Nin-ḫur-saĝ.

Al momento, dunque, possiamo interpretare queste strutture sulla collina di TB1 come facenti parte di un più esteso edificio quasi sicuramente di carattere sacrale che si estendeva ancora più a nord e a est, settori questi ultimi oggi fortemente erosi e che tut-tavia hanno restituito lacerti di murature e dispositivi verosimilmente databili al III millennio.

Sulla base dell’osservazione di quanto ancora esi-stente e dei sondaggi effettuati (S5, S6, S8 v. oltre) pare che la “ricostruzione” di epoca neobabilonese sia stata piuttosto consistente e che abbia asportato e tagliato le strutture preesistenti; le nuove fondazioni sembrano infatti scendere oltre il livello di sommo

dente dai recenti sondaggi italiani condotti a lato del tempio, laddove un sottile strato polveroso (con spes-sore di 10-15 cm al massimo) copre quanto resta delle fondazioni delle strutture più antiche: queste murature si conservano solo all’altezza del filare inferiore di fondazione o, addirittura, ne rimane la sola impronta lasciata sul terreno. É verosimile che forti fenomeni di erosione eolica e idraulica (in questa regione le piogge possono essere, seppure non frequenti, mol-to violente) fossero già attivi in antico e che dunque già al momento della ricostruzione neobabilonese le strutture di III millennio fossero in precario stato di conservazione.

Analizzeremo ora, sempre sulla base della mera osservazione autoptica e dei parziali dati stratigrafici (disponibili dai sondaggi italiani), quei settori dove si sono incontrati resti di murature riconducibili alle più antiche fasi edilizie.

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