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1.   INTRODUZIONE 3

1.5   LE COLTURE CELLULARI 33

La coltura cellulare è un metodo che consente la crescita di cellule umane o animali separatamente dall’organismo che le ha generate in supporti di plastica, vetro, membrane; le colture sono mantenute in vita per tempi anche molto lunghi, seguendo gli accorgimenti sperimentali più appropriati. Le cellule si moltiplicano in vitro, per una o più generazioni, avendo però perduto l’architettura del tessuto e, di solito, avendo subito un certo grado di differenziazione. Esistono due grosse categorie di colture cellulari: le colture primarie e le linee cellulari. Le prime, derivano direttamente per dissociazione di tessuti di varia origine (sia embrionali che adulti); le linee cellulari, invece, sono gruppi di cellule morfologicamente uniformi che possono essere propagate in vitro per un tempo indefinito.

Ottenere colture cellulari partendo dai tessuti di organismi superiori è un’operazione complessa in quanto tali tessuti mostrano una spiccata eterogeneità (cioè presentano tipi cellulari diversi tra loro). Generalmente i protocolli di isolamento prevedono una prima fase di separazione dei diversi tipi cellulari presenti nel tessuto, demolendo la matrice extracellulare e le giunzioni intercellulari che le mantengono unite. A tale scopo, il tessuto viene incubato con enzimi proteolitici (collagenasi, tripsina) dissociando le singole cellule mediante tecniche meccaniche. Alla fase di dissociazione segue la fase di separazione. Per separare i vari tipi cellulari da una sospensione cellulare mista si può procedere in vari modi:

 Separando le cellule in base alle loro dimensioni o al loro peso, centrifugandole a bassa velocità con l’ausilio di sostanze che possono anche essere stratificate in gradienti a diversa densità;

 Sfruttando la diversa attitudine dei diversi tipi cellulari ad aderire su superfici di vetro o plastica;

 Marcando le cellule con anticorpi coniugati e separando le cellule marcate da quelle non marcate;

 Utilizzando terreni di coltura selettivi che favoriscano la crescita solo di alcuni tipi cellulari e/o aggiungendo al terreno di coltura ormoni che favoriscono la crescita di determinati tipi cellulari.

La sospensione cellulare, così ottenuta, viene posta in “coltura”, cioè trasferita in un contenitore di vetro o di plastica, a fondo piatto (capsula di Petri, fiasca ecc.) con un terreno liquido, contenente miscele di sostanze organiche ed inorganiche che sono necessarie per il sostentamento delle cellule. In queste condizioni, le singole popolazioni cellulari costituenti la sospensione, hanno la possibilità

substrato, di cambiare forma e distendersi grazie ad una nuova organizzazione del citoscheletro. Dopo un periodo di tempo variabile, quindi, inizia la divisione mitotica e si sviluppa una coltura primaria. L’adesione ad un supporto rigido è indispensabile per la crescita delle cellule normali (dipendenza dall’ancoraggio). Le colture primarie vengono mantenute cambiando il terreno due o tre volte in una settimana. Quando la superficie di crescita non risulta più sufficiente alla sistemazione di nuove cellule figlie la coltura si definisce confluente. A causa dell’inibizione da contatto, in una coltura confluente, le moltiplicazioni cessano e si ha, per questo motivo, un rallentamento del metabolismo, con conseguente accumulo di prodotti tossici. Esiste, quindi, una cinetica di crescita che comprende quattro fasi (Fig. 14):

Fig. 14 La cinetica di crescita delle colture cellulari in vitro.

1. Fase di latenza: in cui le cellule si riprendono dallo “shock” della subcoltura. In tale fase è presente un aumento dell’attività cellulare ma è assente la crescita;

2. Fase esponenziale: vie è un aumento esponenziale del numero di cellule ed un’elevata attività metabolica. Il numero delle cellule raddoppia ad ogni divisione, ma il tempo che impiegano a far ciò è caratteristico di ciascuna linea cellulare;

3. Fase stazionaria: non è presente nessun incremento della crescita a causa dell’accumulo di prodotti tossici e della mancanza sia delle sostanze nutritive che dello spazio necessario per lo sviluppo;

Per permettere alle cellule di continuare a crescere è, quindi, necessario procedere con periodiche sostituzioni del mezzo di coltura con terreno fresco. A tale scopo, si utilizza un procedimento indicato come tripsinizzazione (Fig. 15), che consente di staccare le cellule dal substrato al quale sono adese, risospenderle in soluzione ed infine, trapiantarle in mezzo fresco ossia, ricco di tutti quei componenti necessari alle cellule per le loro attività metaboliche (vitamine, sali inorganici, proteine e costituenti serici). Il distacco delle cellule dal substrato d’adesione è reso possibile dall’impiego di un particolare enzima proteolitico, la tripsina, che digerisce il materiale glicoproteico presente sulla membrana cellulare, responsabile dell’adesione, senza distruggere o uccidere le cellule. Aliquote di sospensione cellulare così ottenute vengono utilizzate per iniziare una coltura secondaria.

Le cellule in coltura tendono a mantenere alcune caratteristiche del tessuto di origine, ad esempio: sottili ed allungate (simil-fibroblastiche) o poligonali e tendenti a formare fogli (simil-epitelioidi). Le cellule di una coltura primaria generalmente possono essere passate in serie diverse volte. Questo processo può portare alla selezione di alcuni tipi di cellule che diventano predominanti. Si dice, in questo caso, che la coltura primaria ha dato origine ad un ceppo cellulare. Queste cellule crescono in monostrato, hanno inibizione da contatto e una forte dipendenza dai fattori di crescita del siero presente nel terreno di coltura. Dopo un certo numero di passaggi queste cellule vanno incontro ad un processo detto di senescenza cellulare in quanto effettuano in coltura un numero di cicli limitato (inferiore alle 10 duplicazioni). Durante la moltiplicazione, di un ceppo cellulare alcune cellule possono andar incontro ad alterazioni: cambiano morfologia, crescono più velocemente e possono dare inizio ad una coltura partendo da un numero minore di cellule. Il clone derivato da queste cellule costituisce una linea cellulare, che ha una possibilità di vita illimitata (immortalizzazione), detta anche continua, la quale risente meno dell’inibizione da contatto e della dipendenza dai fattori di crescita.

Il mantenimento delle cellule in coltura richiede alcune condizioni di laboratorio che mimano nel miglior modo possibile l’ambiente in vivo, cioè uno stato fisiologico simile a quello all’interno dell’organismo vivente. All’interno dell’organismo, le funzioni vitali (nutrizione, controllo di pH, protezione, mantenimento della temperatura, ecc.) sono regolate nei tessuti da differenti sistemi di controllo. Una volta che le cellule sono nel terreno di coltura, queste funzioni devono essere sostituite dal medium e dall’incubatore a CO2, una camera chiusa al cui interno sono ricreate, nei limiti del possibile, le condizioni fisiologiche dei tessuti in cui le cellule vivevano prima dell’isolamento. Le colture cellulari richiedono condizioni chimico-fisiche ottimali che comprendono:

 elementi nutritivi di base (glucosio, amminoacidi, sali minerali);  fattori di adesione e di crescita (presenti nel siero);

 stabilità di pH e di temperatura;  ambiente sterile;

 tensione gassosa (5% di CO2).

La temperatura (T) è uno dei parametri più importanti per il mantenimento delle cellule di organismi viventi. Infatti, nell’organismo, la temperatura è mantenuta entro limiti molto stretti. Le cellule dei mammiferi possono sopportare l’ipotermia (dimostrato dal fatto che possono essere conservate congelate) anche se la loro attività metabolica è notevolmente disturbata, ma non possono sopportare l’ipertermia. Anche piccoli aumenti di temperatura, per brevi periodi, possono far morire le cellule. Per cui le cellule coltivate richiedono un controllo di temperatura rigoroso

quanto quello dell’organismo vivente. Il controllo della temperatura (che deve essere mantenuta costante a 37°C) viene assicurato da un termostato ed un sistema di ventole, per la circolazione forzata dell’aria, garantisce che la temperatura sia uniforme in tutti i punti della camera. In un incubatore a CO2, il parametro della temperatura è direttamente collegato con l’umidità relativa (RH %). L’energia fornita dall’incubatore serve sia a mantenere la temperatura sia a far evaporare l’acqua dall’apposito vassoio, per portare il livello diell’RH alla giusta percentuale.

L’umidità relativa (RH, che deve essere maggiore al 98%) è un parametro che deve essere mantenuto sotto controllo per limitare l’evaporazione dell’acqua, contenuta nei terreni di coltura, per non provocare un aumento della pressione osmotica che sarebbe incompatibile con la vita. Il pH è il parametro meglio regolato dall’organismo con un valore che si aggira intorno a 7.0–7.4. Il metabolismo attivo delle cellule in coltura produce grandi quantità di ioni H+ che provocano in poche ore un’eccessiva acidificazione del terreno di coltura, se non viene aggiunto un tampone. Un sistema tampone è un dispositivo chimico che è in grado di mantenere un predeterminato pH nonostante grandi variazioni di [H+]. Il sistema tampone più usato nella coltura delle cellule è quella base di bicarbonato.

Quando il metabolismo delle cellule ha prodotto H+ sufficienti a provocare una riduzione del pH, il sistema tampone, contenuto nel terreno di coltura, permette al pH di rimanere stabile fino a che la quantità di H+ non diventi troppo elevata per poter essere attenuata. La presenza di CO2 permette al sistema tampone del terreno di mantenere la sua efficacia: infatti diminuendo la pressione della CO2, l’efficacia del tampone si riduce (ciò è visibile con il viraggio dell’indicatore presente nel terreno). Con queste condizioni chimiche-fisiche l’incubatore riproduce le naturali condizioni di sviluppo delle cellule.

Le cellule in vitro sono mantenute in mezzi di coltura appropriati: per studi a breve termine si possono utilizzare delle soluzioni saline mentre per studi più prolungati sono necessari nutrienti organici.

Il terreno di coltura viene scelto in base alle caratteristiche ed alle esigenze del tipo cellulare con cui si sta lavorando. Può essere liquido oppure in polvere (in tal caso deve essere ricostituito), ma in ogni caso il terreno deve avere le seguenti caratteristiche:

 deve avere determinati valori di pH o osmolarità;  non deve essere tossico;

 deve contenere tutti i composti necessari al metabolismo cellulare, e precisamente: ioni per mantenere il bilancio osmotico, zuccheri come fonte di energia, amminoacidi per la formazione di proteine, vitamine e cofattori enzimatici.

Il terreno, inoltre, può contenere il Rosso Fenolo, quale indicatore di pH, e prima del suo uso vengono aggiunti un miscela di antibiotici a largo spettro (di solito penicillina/streptomicina) e un antimicotico (generalmente amfotericina B).

La prevenzione delle contaminazioni è uno dei punti più critici nella coltura delle cellule in quanto la presenza indesiderata dei microrganismi nel terreno di coltura è dannosa perché essi possono competere con le cellule di interesse, interferire con le loro funzioni cellulari oppure produrre sostanze tossiche. I diversi tipi di contaminazione possono essere distinti in:

 Contaminazione di microrganismi dispersi nell’aria: è molto semplice limitare questo tipo di contaminazione basta osservare semplici misure d’igiene prima della manipolazione delle cellule;

 Contaminazione da biofilm: dovuta ad una insufficiente pulizia dell’incubatore;

 Contaminazione proveniente dal campione: è la più frequente. È generalmente il risultato di una cattiva manipolazione del campione e più raramente dalla contaminazione del terreno di coltura. Questo tipo di contaminazione si può evitare utilizzando terreni e piastre Petri sterili e con l’aggiunta di antibiotici nel mezzo di coltura;

 Contaminazione crociata: corrisponde alla contaminazione di un campione “pulito” a causa di un campione contaminato tramite l’effetto dell’aerosol creato dal movimento dell’aria. Gli agenti inquinanti più comuni sono: i funghi con uno sviluppo piuttosto lento, i batteri che si replicano velocemente e spesso presentano resistenza agli antibiotici ed i micoplasmi, i quali, sono agenti difficili da scoprire ma molto comuni nelle colture cellulari, dotati di resistenza specifica. Siccome, i terreni di coltura sono molto “appetibili” per questi microrganismi il problema della sterilità deve essere affrontato su diversi livelli a partire dal fatto che tutte le operazioni che includono l’utilizzo delle colture cellulari devono essere svolte in cappe a flusso laminare. Questi strumenti sono provvisti di filtro e, perciò, sono in grado di limitare la contaminazione occasionale di microrganismi trasportati dall’aria. Inoltre, tutti i materiali utilizzati per la manipolazione delle cellule devono essere sterili e, di norma, monouso.

Per contrastare le contaminazioni vengono anche impiegati nella routine di laboratorio mezzi fisici di sterilizzazione: i raggi ultravioletti ed il calore. L’uso dei raggi UV è possibile grazie all’esistenza di particolari lampade (lampade UV) che vengono accese all’interno della cappa sterile overnight, dopo il loro utilizzo. Il calore, invece è impiegato a livello della vetreria e per strumenti di metallo e plastica che sono sterilizzati in autoclave mediante l’uso di vapor acqueo a 121°C.

1.5.1 Conservazione delle cellule

Poiché i ceppi cellulari tendono ad esaurire il loro potenziale di crescita, in seguito a ripetuti passaggi di divisione, è utile conservare le cellule dei primi passaggi mediante congelamento e stoccaggio. Il periodo di conservazione delle cellule dipende dal grado di raffreddamento; ad esempio, per quanto riguarda la crioconservazione che utilizza l’azoto liquido (196°C) può durare anche per anni. Per la conservazione delle cellule è necessario aggiungere al terreno di base degli additivi, che consentano alle cellule di sopravvivere al congelamento che può provocare alterazioni letali al loro interno. Uno degli agenti crioprotettivi più utilizzati è il DMSO (dimetilsulfossido), aggiunto al 10% nel liquido di congelamento che, impedisce i cambiamenti di pH, la concentrazione degli elettroliti e soprattutto la formazione di cristalli di ghiaccio all’interno delle cellule (il DMSO abbassa il punto di congelamento e previene la loro generazione). Questi ultimi, durante lo scongelamento, potrebbero provocare la rottura della membrana citoplasmatica e, quindi, indurre la morte cellulare. Per il congelamento, le cellule appena tripsinizzate vengono risospese nel mezzo di conservazione e successivamente vengono portate prima a 4°C, poi a -20°C, con successivi passaggi fino alla temperatura desiderata. Ciò, viene effettuato in quanto il processo deve essere il più lento possibile per non provocare danni alle cellule. La crioconservazione è molto importante perché permette di:

 Creare banche di cellule,

 Ridurre il rischio di aberrazioni geniche e morfologiche,  Utilizzare materiale che sia di qualità costante,

 Condurre esperimenti usando colture dello stesso range di passaggi,  Mantenere le cellule in coltura solo quando necessario.

1.5.2 Scongelamento delle cellule

Le cellule, conservate all’interno di criotubi, ad una temperatura di -196°C, vengono scongelate (Fig. 16) ponendo gli stessi criotubi ad una temperatura di 37°C, all’interno di un bagnetto termostatico, in modo tale da permettere un rapido scongelamento. Questo è un passaggio estremamente delicato, poiché potrebbe influire sulla vitalità delle cellule. Il contenuto dei criotubi viene trasferito in una falcon con l’aggiunta di circa 5 ml di terreno; la falcon viene quindi centrifugata e, una volta ottenuto il pellet, lo si risospende nello specifico mezzo di coltura, previa eliminazione del supernatante. La sospensione cellulare viene così piastrata in una petri. Il passaggio in centrifuga è necessario per eliminare la percentuale di DMSO presente nel terreno di congelamento. Le cellule vengono infine incubate a 37°C fino alla confluenza della piastra.

1.5.3 Vantaggi derivanti dall’uso delle colture cellulari

Le colture costituiscono un materiale abbondante ed omogeneo per lo studio delle cellule sia in condizioni fisiologiche che in seguito al trattamento con agenti chimici, fisici e biologici. Si possono ottenere da esse cloni e varianti della cellula originale (mantengono le caratteristiche delle cellule in vivo) che possono essere congelate e, successivamente, recuperate anche a distanza di anni. È possibile riuscire a testare contemporaneamente anche un gran numero di condizioni sperimentali (analisi dei meccanismi cellulari e molecolari) con risparmio di tempo. L’uso delle colture permette di evitare la vivisezione ed il sacrificio di animali ed, inoltre, è un sistema nettamente più economico rispetto al mantenimento di uno stabulario.

1.5.4 Svantaggi derivanti dall’uso delle colture cellulari

Le colture forniscono una visione un po’ “ristretta” della realtà in quanto, non è possibile tener conto di tutte le variabili che intervengono in vivo, e nemmeno riprodurle in vitro. Su determinate linee cellulari non possono essere effettuati alcuni tipi di studio (ad esempio studi sull’inibizione da contatto non possono essere effettuati sulle cellule tumorali). Inoltre, un parametro molto importante è il pericolo delle contaminazioni. Infine, è anche da tener presente il numero delle divisioni cellulari che è limitato per il fenomeno della senescenza e l’isolamento delle cellule a partire da un tessuto umano è piuttosto complesso.

1.6 IL DOSAGGIO IMMUNOENZIMATICO

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