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Laura Pennacchia

3. Gli elementi della fortificazione

3.5. Completamento del circuito

L’ultimo intervento di modifica consistente al castello vede la soprelevazione della parete meridionale del recinto adiacente alla torre sud- est. Alla realizzazione di questa parete non

corrisponde la costruzione di un edificio interno al recinto come negli altri casi, poiché non vi si rilevano tracce di finestrature, ma essa viene realizzata solo per ragioni fortificatorie, a completamento della linea di difesa tra la torre nord-occidentale e quella sud-orientale, anch’essa successivamente soprelevata. 4. La poliorcetica nel castello di Ninfa: forma, funzione ed evoluzione delle feritoie In questa sede ci si vuole soffermare in particolare sui caratteri morfologici e costruttivi delle feritoie presenti nel castello, che riflettono l’evoluzione delle tecniche costruttive e dei sistemi difensivi nei secoli di sviluppo delle strutture. Le feritoie, infatti, sono presenti in tutti i macroelementi che costituiscono la fortificazione e appartengono a tipologie differenti per collocazione e configurazione all’interno della sezione muraria, apparecchiatura dei blocchi e conformazione del piede. L’analisi di tali varianti ha condotto a risultati interessanti dal punto di vista storico-tecnologico e costruttivo. La prima fase del recinto era caratterizzata, come si è detto, da un coronamento con merli a coda di rondine alternati a feritoie a sommità aperta. L’alternanza dei due elementi non è comune, perché generalmente i tagli nella muratura vengono realizzati all’interno dei merli, permettendo agli arcieri di tirare attraverso le feritoie protetti dai merli stessi, oppure affacciandosi dagli intermerli. Questa alternanza si spiega dunque ammettendo la presenza di ventiere lignee di protezione degli arcieri che dovevano essere appese ai merli con grappe o perni10. La sommità aperta delle feritoie, inoltre, si riscontra raramente nei coevi esempi laziali e rimanda a modelli angioini11. Dal punto di vista costruttivo le feritoie del recinto sono realizzate con blocchi in calcare compatto a spigoli smussati e forma parallelepipeda irregolare posizionati sia verticalmente che orizzontalmente. In pianta le aperture hanno configurazione trapezoidale per accogliere l’arciere e in sezione sono inclinate verso il basso rispetto al piano di camminamento. Il piede di queste feritoie è costituito da un blocco orizzontale con uno

scasso rettangolare al centro per il tiro verso il basso. Le torri angolari presentano morfologicamente lo stesso coronamento della prima fase del recinto a merli e feritoie alternati e un livello inferiore di feritoie alla quota di quelle del recinto. Anche queste hanno il piede realizzato con un blocco lapideo avente uno scasso rettangolare al centro, sagomato per il tiro verso il basso. Le feritoie della torre mastio, diversamente, si possono ricondurre a tre tipologie: si riscontra una fusione di modelli presenti sul territorio12 e modelli provenienti dalla Francia, dovuti alla presenza a Roma della corte angioina. Le feritoie del livello più basso sui fronti est, nord e ovest sono realizzate con blocchi rettangolari verticali alternati a blocchi orizzontali e non presentano particolari soluzioni al piede, costituito dall’ultimo filare della muratura sottostante. Sul fronte sud si individua invece una feritoia senza particolari soluzioni al piede, la cui fenditura è realizzata con blocchi rettangolari posati solo in orizzontale. Questa soluzione costruttiva si riscontra in tutte le feritoie del terzo livello, che presentano un blocco al piede con uno scasso rettangolare del tipo descritto precedentemente. In sezione tali feritoie sono fortemente inclinate verso il basso e separate dal piano di calpestio interno da un parapetto in muratura13 profondo 50-60 cm, probabilmente realizzato per l’appoggio dell’estremità delle balestre [Salamagne 1999]. Finestre e feritoie si trovano all’interno di nicchie14 che presentano la tipica configurazione antropomorfa stretta in basso e ampia in alto [Manenti Valli, 2002] che produce una risega nella muratura. Al quarto livello le feritoie si differenziano da tutte le altre tipologie descritte. Sono quattro per lato, con piede alla stessa quota e sommità ad altezze differenti15. Non è possibile osservare la forma originaria delle aperture dall’interno, perché un intervento successivo ha modificato le centrali e occluso le laterali. All’esterno queste feritoie presentano una particolare soluzione nel blocco costituente il piede: lo scasso centrale per il tiro dall’alto ha una particolare forma a coda di rondine. Il cosiddetto piede a staffa, che si ritrova nel Lazio nella Torre del Piano a Piglio, è di

derivazione angioina16 e si attribuisce alla seconda metà del XIII secolo [Fiorani, 1996; Salamagne 1999]. Per quanto riguarda il palatium, la realizzazione del primo nucleo dell’edificio mette fuori uso il sistema a merli e feritoie del recinto, demolendo i primi e occludendo le seconde con muratura. La torre sud-ovest viene invece inglobata nel sistema difensivo dell’edificio, che viene realizzato con un camminamento di ronda alla stessa quota della sommità della torre, creando un sistema continuo per la difesa dall’alto. Sulla parete sud, inoltre, si conservano tracce di muratura che permettono di ipotizzare una merlatura in quota con quella della torre angolare. Due ulteriori punti per la difesa cono costituiti dai tagli presenti all’interno delle finestre con sedili, del tipo di quelle che si ritrovano sul fronte sud-orientale del palazzo di Capo di Bove. L’ampliamento del palatium, realizzato soprelevando la parete occidentale del recinto, ne ha inglobato il coronamento, permettendo, oggi, l’osservazione dei merli originari. In questa fase non sono stati inseriti dispositivi per la difesa nelle strutture. E’ stata garantita anche in questo caso una continuità nel camminamento di ronda, ma del relativo parapetto sono conservati solo alcuni lacerti che non permettono di ipotizzare la configurazione del coronamento. L’ultima fase di modifica del castello, come si è detto, vede la soprelevazione del recinto sul lato meridionale, a chiusura completa del fronte verso la città. Qui la realizzazione della parete ha previsto la demolizione dei merli del recinto originario e il mantenimento in uso di quattro delle sue feritoie. In sommità si è mantenuta la quota del cammino di ronda, restituendo continuità al sistema difensivo con il collegamento continuo di tre torri angolari. Il camminamento era protetto da un parapetto in muratura, probabilmente danneggiatosi e sostituito con una muratura in bozze di pietra e tufo all’interno della quale si evidenziano i resti di una latrina su mensole e due merli. Tra questi si collocano due archibugiere i cui stipiti sono costituiti da singoli blocchi di pietra di forma irregolare disposti verticalmente, raffrontabili a quelli che si rilevano nella torre dei Colonna (XV sec.),

appartenente a quella che era la cinta muraria di Serrone. Se si osserva lo stato di conservazione dei blocchi di bordo delle feritoie delle prime fasi del castello, inoltre, si nota una particolare forma di scasso dei blocchi, che denuncia l’utilizzo di balestre e bombarde attraverso le fenditure realizzate per l’uso come arciere [Mesqui, 1979]. Un’ulteriore fase difensiva è costituita dalla modifica della sommità della torre sud- orientale. Qui è stata realizzata una volta a botte appoggiata sul piano di calpestio originario, con tagli per mantenere in funzione le feritoie della prima fase. Il parapetto è stato soprelevato inglobando i merli preesistenti con una muratura a piccole bozze di tufo. All’interno delle pareti sono visibili tre feritoie, una per lato, realizzate mediante l’apparecchiatura della muratura.

5. Conclusioni

Le diverse configurazioni descritte per elementi di largo utilizzo nelle fortificazioni come le feritoie costituiscono un significativo supporto all’analisi dell’edificio, permettendo l’istituzione di confronti tipologici, morfo- logici e costruttivi con altri casi e fornendo conferme alle ipotesi che si delineano sulla base dello studio dei documenti e dell’analisi stratigrafica delle strutture. Il castello di Ninfa presenta una casistica di soluzioni formali e costruttive degli elementi difensivi in uso nel medioevo di rilevante interesse per lo studio dei flussi d’influenza tra le consuetudini romane, quelle della Terra di Lavoro e quelle di derivazione angioina.

Note

1. Torri scudate simili si osservano nella cinta del Castrum Caetani di Capo di Bove (inizio XIV sec.) e nei castelli Scaligeri di Villafranca e Sirmione (XIII – XIV sec.).

2. Presso l’Archivio della Fondazione Camillo Caetani è reperibile una fotografia che riporta la data del 1924 e ritrae la torre con la sommità irregolare priva di merli, che sono stati aggiunti quindi posteriormente, forse sulla base di tracce di una merlatura danneggiata.

[Archivio Caetani, Fondo Fotografico. Scheda n. 837; Serie Ninfa, giardino; Neg. N. 1039]. 3. La torre mastio è ritratta in molte delle fotografie conservate presso l’Archivio Caetani. I numerosi interventi di restauro eseguiti sul castello sono databili facendo riferimento alle indicazioni cronologiche annotate sulle fotografie. La sommità della torre si presenta gravemente danneggiata nel 1905 e restaurata nel 1923, per cui la ricostruzione deve essere attribuita ad un periodo compreso tra questi capisaldi.

4. Torri di questo tipo presentano generalmente una volta a botte alla base, solai lignei intermedi e una volta a crociera in sommità [De Rossi, 1969].

5. Sarebbe necessario approfondire attraverso uno scavo archeologico l’effettiva consistenza di questo basamento. Gallo [Gallo, 1995] presenta casi di basamento ampio realizzato con lo scopo di evitare tentativi di scalzo delle torri, ma potrebbe trattarsi di un consolidamento della base della torre realizzato successivamente [Pistilli, 2004]. 6. Per la configurazione dell’accesso alla torre si rimanda alle ricostruzioni di Viollet Le Duc nella sua Encyclopedie [Viollet Le Duc, 1978]. 7. L’ipotesi è supportata da osservazioni di carattere tipologico, costruttivo e stratigrafico in corso di verifica e approfondimento. 8. Il confronto con torri della stessa area geografica nei secoli XIII-XIV spingerebbe a ipotizzare un coronamento a sporto ligneo su

mensole in pietra (Torre del Piano a Piglio, Torre Sant’Eleuterio ad Arce, Torre della Rocca di Pofi, Torre di Ventosa).

9. Si ricordano il Castello di Sermoneta, il Palazzo di Bonifacio VIII ad Anagni, il Palazzo del cardinal Gottifredo ad Alatri. 10. A conferma della possibilità che fossero in uso ventiere di questo tipo si ricordano le mensole forate che caratterizzano i merli del Castrum di Capo di Bove.

11. Feritoie a sommità aperta sono osservabili sulla cinta della fortezza di Lucera, realizzata tra il 1269 e il 1283.

12. Finestre sovrapposte a feritoie si ritrovano in molti casi, tra cui si citano la torre Noverana a Ferentino, la torre S. Eleuterio ad Arce, la torre dei mulini a Scauri, la torre mola a Sgurgola, la torre di Castelforte e la torre di Ventosa.

13. Si riscontra lo stesso tipo di parapetto a Carcassonne [Salamagne, 1999] e a Provins [Mesqui, 1979].

14. Le arciere a nicchia iniziano a diffondersi in Francia nella seconda metà del XIII secolo, quando si differenziano per funzione [Mesqui, 1979].

15. Anche a Carcassonne si alternano feritoie lunghe e corte allineate al piede [Salamagne, 1999].

16. Feritoie con piede a staffa si riscontrano a Pierrefonds, Carcassonne, nella cinta di Lucera e nelle mura di Melfi.

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Stratification and metamorphosis of an urban landscape: