• Non ci sono risultati.

Note La composizione è stata sentita per una struttura musicale integra tiva L’elencazione degli strumenti è puramente indicativa.

Subway: metropolitana, twentyseventh: ventisettesima, river: fiume, my

job: mio lavoro, fast: presto, to morrow [sic]: domani, money: danaro, love:

amore, I go: io vado, god: bene [sic], gold: oro, old: vecchio, golf: gioco

con mazza e palla, goal: scopo (gioco del calcio), skyscrapers: grattacieli.

Poemetto di 213 vv. di varia misura, dal bisillabo (vv. 15, 32, 212, 213) ai versi lunghi e doppi (settenario+settenario, il v. 191), suddiviso in sette sezioni identifi- cate da un titolo. Rimano i vv. 6-7 (mondi: sprofondi), 13-14 (lamiere: portiere), 76- 77-78 (cantare: andare: suonare), 113-114 (Eterno: governo), 115-117 (mercanzie:

finìe), 151-152 (lontan: pan), 153-156 (lori: fiori), 162-163 (contenti: coscienti); rime

mento, costruito su allitterazioni e ripetizioni di parole, è ricco di figure di suono, tra cui si segnalano i vv. 25 e 26 rispettivamente giocati sulla parola monta e su

via; la paronomasia del v. 42 «Danài danée danài danée», accosta vocaboli di due

dialetti (il trev. e il lomb.), producendo un bisticcio quasi da cantilena infantile; le figure etimologiche dei vv. 126 e 127 (ai s-ciopetieri se ghe s-ciopa el s-ciopo |

ai bombardieri le bombe); le anafore e i bisticci (v. 43: Su… su…, vv. 55-56: amor mato… | amor moto, vv. 96-97: Canta… |canta… conta, e passim). La punteggiatura

è ridotta a qualche punto interrogativo.

Scritto nell’estate del 1976 durante un soggiorno a New York, questo componi- mento – il più lungo di tutta la raccolta – riscrive il mito di Orfeo, qui raffigurato nella metropoli americana «in chiave moderna, assolutamente fuori da tutte le tradizioni letterarie» (così Calzavara all’amico De Palchi, nella lettera del 18 di- cembre 1976). La poesia è concepita come una «cantata popolare a più voci», in cui i vari strumenti intersecano attivamente il gioco dei protagonisti (Coro, Orfeo,

Dominedio, L’Eco), significativamente chiuso, nella prima e nell’ultima sezione, da

un colpo di GONG. Spunto per questa orchestrazione è la rappresentazione dell’Or-

feo di Francesco Carluccio Leante alla Biennale Musica del 1976, come attestato

dai documenti raccolti dal poeta nel Fondo delle «Carte del Contemporaneo». Sul piano linguistico, il Ritorno de Orfeo «crea equivoci apocalittici plurilingui: l’accu- mulazione capitalistica produce confusione in Orfeo, in trasferta a New York, tra la lira, suo strumento mitico, e la nuova elettrolira in un bisticcio tra vari codici (trevigiano, italiano, lombardo e inglese con qualche scrizione fonetica), in cui il coro intona in controcanto il suo ‘dannati denari’ «danài danée danài danée» (Gri- gnani 2007, p. 26). Il plurilinguismo calzavariano assume connotati ben specifici, poiché, a differenza di altre composizioni in cui il poeta utilizza una lignua ibrida a base dialettale, qui i diversi registri restano separati, connotando i vari personag- gi: il Coro parla il dialetto, le Voci metropolitane l’inglese, mentre a Orfeo e alla divinità (Dominedio) è destinato l’italiano.      1-15: La prima sequenza, dal titolo 

Sveia all’inferno, interamente “cantata” dal Coro, è dedicata alla rinascita di Orfeo,

che dai meandri dell’Erebo (v. 10) risale in un mondo di macchine e lamiere (vv. 13-14), dove «more la tera» (v. 11). L’accenno alla terra violata dai moderni mac- chinari richiama la «tera, perforada dai cavi» della poesia Sera socialista (A 47, v. 22).      16-32: La seconda scena è dedicata alla metropolitana di New York, dove  l’Orfeo calzavariano si risveglia.      27-28: I due vv. riportano la trascrizione dei  nomi delle stazioni via via attraversate dalla metropolitana newyorkese, espediente già utilizzato da Calzavara nelle altre poesie che raccontano i viaggi in treno (Sta-

zione di Mestre, vv. 17, 3 e 6; Quei conti, v. 9); inoltre, la triplice ripetizione di una

stessa parola nei due vv. successivi (29 e 30) vuole riprodurre anche visivamente i vagoni del treno che si muovono uno dietro l’altro, come in Stazione di Mestre, v. 38 («Portogruaro gruaro gruaro»).      33-60. La terza sequenza descrive La City (v. 33), la cui peculiare caratteristica è la corsa sfrenata al guadagno, espressa in particolare con la triplice ripetizione del verbo corrono, al v. 34.      44. skyscra-

pers: per il significato simbolico dei grattacieli nell’opera di Calzavara si rinvia alla

poesia A Tottenham court, vv. 40-47.      45-46. Le case della città come alveari è  immagine anche della poesia (Sera Socialista, A 47, vv. 39-40).      60. altoparla: verbo denominale (da altoparlante), neologismo calzavariano. Si vedano anche ra-

dioparlar e radiobale, ai vv. 159 e 160.      61-106. Orfeo emerge dal sottosuolo 

metropolitano ritrovandosi nel mezzo della città. In questa situazione è aiutato dal

in contatto.      79. L’elettrolira sta qua. In questa nuova realtà in cui tutto è moderno e tecnologico, Orfeo è costretto a sostituire la tradizionale lira, con una più attuale elettrolira. Alla menzione di questo strumento “inventato”, che tuttavia Calzavara inserisce nella sezione metatestuale della cantata dedicata all’orchestra, si può affiancare l’aforisma 144 di Rtp: «La sonata in SI bemolle Maggiore, le 33 Variazioni sul tema di Diabelli, sono scritte per uno strumento che non esiste e che non esisterà mai. Questi pezzi ci introducono in un mondo di suoni puramente astratti. Queste due opere sono la creazione più immateriale che l’arte umana abbia prodotto fino a oggi. La musica strumentale, arrivata al sommo del suo sviluppo, cerca di smaterializzarsi. Essa rinnega anche il suono reale e va fino in fondo a spe- rimentare l’uso di astrazioni sonore che solo il cervello può percepire” (un giudizio di Alfred Julius Becher sull’ultimo Beethoven)» (p. 105).      107-119. El ponte. Capovolgimento del mito di Orfeo, che è invitato dal coro a percorrere il Ponte di Brookling e a girarsi a metà percorso (v. 110). Dalla visione di «Manahattan […] | Le case dell’eterno» (vv. 112-113) scaturisce il nuovo canto di Orfeo.      120-173. 

L’incantamento: sezione dedicata al canto di Orfeo. Commenta Borsetto (2007, p.

68): «Nella contaminazione di Eschilo (Agamennone) ed Euripide (Baccanti), di Ovidio (Metamorfosi, 11) e Virgilio (Georgiche, 4) con i Fioretti di San Francesco prodotta nella riscrittura parodico-sarcastica del mito che vi si legge, l’età dell’oro degli antichi ritorna negli inferi di New York per opera dell’antico vate. Interpellati dalla forza travolgente del suono e del canto, uomini e animali della City ritrovano le emozioni perdute dell’ascolto, stregati dal fascino dell’universale linguaggio, rico- noscono nell’inferno della Polis la Poesis, fanno dell’estetica un’etica, si conciliano tra loro, ridiventano creature dell’Eden».      174-213. Euridice. Come nel mito classico, anche per l’Orfeo contemporaneo è impossibile raggiungere Euridice, la cui salvezza è stata compromessa da Orfeo che, ammaliato dalla contemporanea metropoli, si è voltato per offrirle il suo canto.

[49]

Psicanalisi

Se l’esse del si te sveia l’es