• Non ci sono risultati.

Le piere dei vulcani de Padova Marciapiedi di trachiti euganee (rocce vulcaniche).

«GITA IN LAGUNA || Càntano [sic] spagnolo càntano a Rialto | ragazzi ragazze in vaporetto | ed un cagnetto bianco | che abbaia ad essi | e sparisce. || Eravamo stati tra la laguna e il mare | in mezzo agli orti | e si mangiava more sui rovi | pieni di spine e di ricordi tuoi. | Coi piedi nudi, due guardie di finanza gialle | spingevano in acqua una barca | àncore e ferri arrugginiti bidoni abbandonati | sulla riva. | Ma prima, fra i militari e la gente | analfabeta malfatta del luogo | piccoli slombati che ingolfavano miserie bestemmie | dentro vecchie corriere all’imbarco. | Nel canale d’acqua sporca, bragozzi | fermi tutti allineati si ingolfavano | di ricordi lontani Comisso | di ricordi | pesci di oggi | ingolfati di mercurio e di virus. | Bragozzi bra- che di pescatori ruote su fondamente. | Le brache tue celesti la tua camicia rossa. | Brache draghe nel porto. | Cespi d’erba povera sui muri crepati | cespi barbe. | Bragozzi bare | grandi cavalli con capelli-criniere d’alberi | in una stalla d’acqua nera-letame | acqua d’uteri pescatori miserie | sedute fuori su sedie di paglia | in calli piene di gatti magri | che camminano zoppi. | L’aria era bagnata, pioggia di laguna | pioggia di mare che non si vedeva | nascosto oltre i murassi. || Giù dal ponte di marmo | sulla colonna in alto, stilita | il Gatto di Chioggia che t’invita a ridere. | Ridevano di rosso le unghie fuori dei tuoi zòccoli [sic] | ridevano gli zoccoli sbattendo le pietre | dei vulcani di Padova | l’umidità marciva la sera di canne | e per i gabbiano eccitati sui gridi del vento | e le giade di Cina verdi e grigie-laguna [sic]. Bricole nere in qua in là | su dai campi di acqua | nuvole gonfie di montagne lontane | per temporali in terraferma | tagliati da lampi venivano | le tue unghie rosse dicevano parole | di carta velina | per bomboniere nozze | in liberty. | Sopra una tomba in duomo per terra | avevamo vista intagliata una elisse | non si capiva perché. L’infinito? || Stantuffava piano piano per Venezia | il vaporetto, toccava S. Pietro in Volta | scaricava ad Alberoni, più avanti a Malamocco. | Poi col muso della notte | si posava sfinito | sul Palazzo Ducale. || Dopo, una camminata a Rialto. | Al vaporetto abbaiava il cagnetto | tutti cantavano spagnolo | i ragazzi e le ragazze sull’acqua spose | sull’acqua sporca della notte uterina | si nascondevano le ombre | forestiere dei secoli | sedute sui marmi, in piedi sui ponti | con spade finte per giochi di scherma di sperma | generava con grani di more | piedi di morti di vivi con le unghie | pallide gelide che andavano su per gli scaloni | di tute le dolci vite | delle speranze infinite | che andavano sopra i bragozzi | sopra i cavalli indorati | pronti a prendere il mare» (coll. 31.164.91).

82 vv. di varia misura, dal ternario (v. 5) ai vv. lunghi (17 sillabe il v. 24), con netta prevalenza di vv. dalle dieci alle tredici sillabe, suddivisi in cinque strofe diverse (rispettivamente di 5, 32, 20, 5, 17 vv.). Un’unica vera rima (vv. 78-79: vite: infinite), a cui si aggiungono le rime imperfette dei vv. 1-3 (Rialto: bianco) e 28-29 (barbe:

bare, quasi rima identica) e le rime al mezzo dei vv. 9-10 (tui: nui), 12-16 (sban- donai: sderenai), 40-41 (stilita: t’invita), 42-43 (tampei, rima identica). Il tessuto

fonico della poesia si regge soprattutto sulle numerose ripetizioni di parole: canta

spagnolo (vv. 1 e, variato nel tempo verbale, 68), Rialto (vv. 1 e 66), tosi tose (vv. 2

e 69) cagneto (vv. 3 e 67), sbaia (v. 4 e, variato nel tempo verbale, v. 67), laguna (vv. 6, 36, 47), mar (vv. 6, 37, 82), more (vv. 8 e 75), ricordi (vv. 9, 20, 21), pìe (vv. 10, 73, 76), aqua (vv. 11, 31, 32, 49, 69) e aqua sporca (vv. 18 e 70), ingolfava (vv. 16,

19) e inglofai (v. 23), miserie (vv. 16 e 32), bragossi (vv. 18, 24, 29, 80), tuti (vv. 19, 68) e tute (v. 78), lontani (v. 20) e lontane (v. 50), braghe (vv. 24, 25, 26), pescaori (vv. 24, 32), rossa (v. 25) rosso (v. 42) e rosse (v. 52), bari (vv. 27 e 28), cavai (vv. 30, 81), ùteri (v. 32) e uterina (v. 70), sentae (vv. 33 e 73), fora (vv. 33 e 42), gati (v. 34) e gato (v. 41), camina (v. 35) e caminada (v. 66), piova (vv. 36 e 37), ponte (v. 39) e ponti (v. 73), marmo (v. 39) e marmi (v. 73), rìdar (v. 47) e rideva (vv. 42-43),

ongie (vv. 42, 53, 76), nere (v. 48) e nera (v. 31), vaporeto (vv. 61, 67) e vapor (v.

1), note (vv. 63, 70), andava (vv. 77, 80).

Primo di due componimenti consecutivi ambientati nella città di Venezia. In questa poesia, i rumori dei turisti e l’abbaiare di un cane durante una corsa in vaporetto a Rialto (1a strofa, vv. 1-5), evocano il ricordo di una «gita in laguna» (ed è un ricordo in cui le immagini si susseguono legate tra loro, come di consueto nella poesia calzavariana, da suggestioni acustiche e cromatiche, cfr. per es. i vv. 24-35), fino a Chioggia (della cittadina lagunare sono evocati i bragossi, v. 24, i

murassi, v. 38 e la statua-simbolo el gato de Ciosa, v. 41). Le immagini delineano

uno scenario decadente (cfr. bandoni sbandonai, v. 12; pìcoli sderenai che ingol-

fava miserie besteme, v. 16; canal d’aqua sporca, v. 18; pessi d’ancùo | ingolfai de mercurio e de virus, vv. 22-23; pescaori miserie | sentae fora su careghe de paia |

in cali piene de gati magri | che camina zoti, vv. 32-35), in cui morte (le bare del v. 29 e la tomba del v. 57) e amore (cfr. i tosi le tose su l’aqua sposei, v. 69; co’ spade

finte par zoghi de scherma de sperma, v. 74) si incontrano (tema che emergerà più

significativamente nella poesia successiva). Oltre che dalla toponomastica (fonda-

mente, v. 24 e murassi, v. 38) e dai tecnicismi marinareschi (bragossi, vv. 24 e 29; brìcole, v. 48), l’ambientazione veneziana è richiamata dal dialetto che, in maniera

minore rispetto ad altre liriche della raccolta, è disposto ad accogliere incursioni dell’italiano (come il sintagma speranze infinite, v. 79) o di altri idiomi, ma si man- tiene integro nella sua connotazione regionale, quasi gergale.      1-5. Strofa di  appena 5 vv., molto breve rispetto alle due successive. I tempi verbali al presenta (canta… sbaia) indicano che si tratta di una situazione contingente (un viaggio in vaporetto popolato da turisti stranieri e da un cagnolino che abbaia) che rievoca nella memoria del poeta una gita in laguna avvenuta tempo addietro.      6. Gèri-

mo: il cambiamento di tempo verbale (dal presente al passato) e di persona (il loro

è divenuto un noi) segna linguisticamente il passaggio dalla situazione contingente alla dimensione del ricordo.      12. bandoni: Calzavara traduce ‘bidoni’. Bandon è in realtà un arnese da cucina, una ‘latta circolare appesa alla catena del focolare per proteggere i cibi in pentola dalla fuliggine’ (Bellò s.v.). Il termine per ‘bidone’ è più propriamente bandòto (o bindòto: Bellò s.v. bandoto), ma l’impiego non preciso del termine permette la figura etimologica che chiude il verso.      16. sderenai: ‘sfiancati’. Dal lat. popolare derenare, da ren, ‘rene’ (Turato-Durante s.v. derenàre,

sderenare).      20. Comisso: Giovanni Comisso (Treviso 1895-1968), scrittore e

amico di Calzavara: al poeta dedicò il racconto Un pugno di terra, pubblicato su «Il Tempo» del 1 marzo 1950.       27. Bari: dal gallico barros, ‘ciuffo’, ‘estremità cespugliosa’ (Turato-Durante s.v. baro).      35. zoti: ‘zoppi’ (Bellò s.v. sòto, Boerio s.v. zoto). Corrispondente all’italiano antico ciotto, forse di origine onomatopei- ca (Turato-Durante s.v. sòto, zòto).      43-44 le piere | dei vulcani de Padova: allude alle tipiche pavimentazioni di trachite, pietra vulcanica estratta dai Colli Euganei.      46. cocai: cocàl o crocal, ‘gabbiano’ è voce onomatopeica dal suono del verso di questi uccelli (Turato-Durante s.v.).      61-62: San Pietro in Volta…

Venezia.      66-69:la ripresa dell’ambientazione con la quale si è aperta la poesia  è segno della conclusione del lungo flash-back del ricordo e del ritorno al presente.

[56]

Me piasaria

Me piasarìa ’ndar co’ ti

al çimitero tòsa