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1.2 Linee della ricerca sul linguaggio

2.2.3 Comunicazione e approccio non direttivo

Il modo in cui il bambino si relaziona con l’adulto e il modo in cui l’adulto si pone nei confronti del bambino appare di fondamentale importanza per un miglioramento del linguaggio del bambino stesso.

La scuola è caratterizzata da una rigida divisione dei ruoli e richiede frequentemente l’adeguamento dell’alunno al modello di comportamento della cultura dominante. Gli alunni si devono, quindi, uniformare a schemi rigidi che spesso sono molto distanti dalla loro cultura.

Diventa, pertanto, fondamentale analizzare quali siano i criteri per la realizzazione di una comunicazione linguistica adeguata a un rapporto educativo non autoritario.

Un rapporto educativo non autoritario richiede che vi sia una relazione di potere simmetrica, non soltanto in momenti di ricompensa, ma in maniera costante, attraverso il comportamento dell’insegnante che deve essere coerente e consapevole.

Lumbelli255 afferma che la pedagogia non autoritaria presuppone la rinuncia da parte dell’insegnante a utilizzare il potere che il suo ruolo gli metterebbe a disposizione. Mantovani256 ritiene che la scuola sia fondata, fin dall’inizio, su rapporti di tipo verbale e che la comunicazione verbale risulti essere il solo ambito di intervento dell’insegnante sul bambino. L’Autrice afferma che in sua ricerca aveva confermato la relazione tra egocentrismo verbale e apprendimento e che il primo costituisca un ostacolo per lo sviluppo del secondo257. L’ambiente e la situazione interpersonale influenzano l’egocentrismo e l’adulto è in grado di favorirlo o diminuirlo. Anche la conoscenza tra bambini, il gioco con compagni e eguali promuovono il superamento di questo fenomeno.

255 L. Lumbelli (a cura di), Pedagogia della comunicazione verbale, Milano, FrancoAngeli, 1974. 256 S. Mantovani, “Egocentrismo verbale e approccio non direttivo”, in L. Lumbelli (a cura di), op. cit. 257 S. Mantovani, “Egocentrismo verbale e classe sociale”, in Scuola e città, 1973, pp. 447-454.

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Piaget ritiene che l’egocentrismo aumenti nel momento in cui l’adulto ha un atteggiamento di autorità e di costrizione verso il bambino. Lo psicologo svizzero afferma che il rapporto di costrizione implica “un elemento di rispetto unilaterale, di autorità, di prestigio”, mentre l’atteggiamento di collaborazione implica “un semplice scambio tra individui uguali”258.

Un rapporto autoritario non permette al bambino la reciprocità, la possibilità di riconoscere come eguali le esperienze delle persone, non favorisce il confronto di punti di vista.

Blank e Solomon259 puntualizzano quali siano le funzioni intellettive che favoriscono il decentramento nei bambini: l’attenzione selettiva, l’immaginazione di eventi e conseguenze future, la distinzione tra parola e oggetto e l’uso non automatico del linguaggio260.

Nella ricerca che ha condotto Mantovani, svolta con bambini di 4 e 5 anni d’età, l’ipotesi da verificare era se per i bambini di provenienza socioculturale svantaggiata una situazione non direttiva avrebbe prodotto degli effetti positivi rispetto a una situazione rigida e direttiva.

La ricerca di Brandis e Bernstein ha dimostrato che le classi sociali differiscono261 nei pattern di comunicazione e controllo.

La tecnica rogersiana propone di utilizzare il più possibile un approccio non direttivo e, in particolare, l’uso della “risposta-riflesso” che consiste nella ripresa delle parole del bambino e nella riorganizzazione dei contenuti da lui espressi. La tecnica non direttiva implica che l’adulto accetti in modo empatico ciò che il bambino dice.

I risultati della ricerca di Mantovani evidenziano che esista una correlazione significativa tra il tipo di colloquio e la classe sociale: il colloquio non direttivo ha provocato una diminuzione dell’egocentrismo, rispetto al colloquio direttivo, nei bambini che provengono dalle classi sociali svantaggiate, mentre non esistono differenze per coloro che provengono da classi sociali medio - alte.

Rogers nel suo testo “Terapia centrata sul cliente”262 riporta alcune ricerche relative al ruolo dell’insegnante. Emerge che l’insegnante dovrebbe tentare di capire l’alunno invece di giudicarlo; dovrebbe dare priorità ai problemi dello studente, anziché ai suoi, e che dovrebbe favorire lo sviluppo della motivazione dello studente.

Il processo educativo che mette in atto i principi della terapia centrata sul cliente rinuncia ad una cultura autoritaria, in quanto deve mirare ad un’educazione democratica che aiuti

258 J. Piaget, Le jugement moral chez l'enfant, Paris, PUF; (trad. it. Il giudizio morale nel fanciullo, Firenze, Giunti Barbera,

1972, p. 68).

259

M. Blank - F. Solomon, “How shall the disadvantaged child be taught?”, in Child Development, 1969, pp. 47-61, in L. Lumbelli (a cura di), op. cit.

260

Secondo gli Autori l’attenzione selettiva viene stimolata chiedendo ai bambini di scegliere oggetti dotati di qualità diverse; l’immaginazione di eventi domandando ai bambini di immaginare le conseguenze di determinate azioni; la distinzione tra parola e oggetto facendo ripetere ai bambini, ad esempio, le consegne che sono state impartite e, infine, l’uso non automatico de linguaggio quando si chiede al bambino di compiere operazioni di reversibilità.

261

B. Bernstein - W. Brandis, “Social class differences in communication and control”, in W. Brandis - D. Henderson. (a cura di), Social Class, Language and Communication, London, Routledge &Kegan Paul, 1970, pp. 93-125.

262 C. R. Rogers, Client-Centered Therapy, Boston, Houghton Mifflin Company, 1951; (trad. it. Terapia centrata sul cliente (a

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gli studenti a diventare persone in grado di agire con iniziative proprie e essere responsabili delle proprie azioni, apprendere in modo critico, adattarsi con flessibilità a nuove situazioni problematiche, collaborare con gli altri e risolvere in modo creativo i problemi che si presentano.

Questi principi nella nostra scuola sono condivisi da pochi insegnanti. La situazione diffusa è, invece, quella di far sì che lo studente sappia riprodurre certi contenuti e che ripeta ciò che l’insegnante ha trasmesso.

Rogers formula alcune ipotesi relative ad un insegnamento che sia centrato sullo studente:

 “non possiamo insegnare a un’altra persona direttamente; possiamo solo facilitare il suo apprendimento;

 una persona impara in modo significativo solo le cose che percepisce come strettamente connesse con la conversazione o il miglioramento della struttura del sé;

 le esperienze la cui assimilazione implicherebbe un cambiamento nell’organizzazione del sé tendono ad essere evitate attraverso il rifiuto o la distorsione del loro contenuto simbolico;  la struttura e l’organizzazione del sé diventano più rigide in condizioni minacciose mentre le

barriere si allentano in condizioni completamente prive di minaccia. Le esperienze che sono percepite come incongruenti rispetto al sé possono essere assimilate solo se la struttura del sé in quel determinato momento è rilassata e tanto flessibile da espandersi in modo da includerle;

 la situazione educativa che più efficacemente promuove un apprendimento significativo è quella in cui (a) la minaccia del sé di colui che apprende è ridotta al minimo e (b) viene facilitata una percezione differenziata del campo dell’esperienza”263.

L’insegnante dovrebbe, quindi, permettere agli studenti di esprimere i propri sentimenti e atteggiamenti in libertà, evitando di giudicarli in modo negativo, e creare in classe un clima di accettazione, progettando le attività con loro anziché per loro. Se l’insegnante operasse in questa direzione i risultati scolastici sarebbero molto diversi da quelli attuali. Se si crea in classe un clima di tolleranza, gli studenti sono liberi di agire e non si sentono minacciati, ma diventano responsabili delle proprie azioni. Un tale clima stimola, inoltre, una maggiore comprensione e tolleranza verso i pari e favorisce un miglioramento delle relazioni interpersonali.

Il clima della classe è il risultato del comportamento dell’insegnante, di che cosa fa e di come lo fa e questo ha un’influenza sulla qualità dell’apprendimento e dell’esperienza scolastica.

Per molti insegnanti comportarsi con flessibilità durante la lezione è un compito particolarmente difficile. Se l’insegnante si sente a suo agio nel permettere una discussione completamente libera e fluida significa che il docente possiede un “elevato grado di genuina tolleranza”264.

Rogers concepisce il ruolo del leader, che nel nostro caso è il docente, secondo una serie di scopi che abbiano l’obiettivo di orientare il processo educativo, tenendo conto dell’evoluzione degli alunni. Il leader deve dimostrare fiducia nel gruppo classe e

263 Ibid., pp. 222-223-224. 264 Ibid., p. 234.

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considerare la motivazione degli alunni un requisito fondamentale per l’apprendimento. Egli deve rappresentare una risorsa a disposizione degli allievi e accettare da questi sia contenuti intellettuali, sia atteggiamenti emotivi, cercando di restituire loro il significato ritenuto importante da ciascuno. Tenta, inoltre, di comprendere in maniera autentica i punti di vista di tutti gli alunni.

In un tale approccio il tema della valutazione degli apprendimenti non viene risolto mediate una valutazione da parte dell’insegnante, ma anche attraverso l’autovalutazione dello studente. Rogers afferma che “la nostra esperienza ha confermato la teoria che l’autovalutazione è il migliore metodo di valutazione in un corso centrato sullo studente”265.

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Capitolo 3

Scuola e immigrazione

3.1 L’immigrazione in Italia e in Francia