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L’evoluzione della scuola dell’infanzia francese e italiana

3.2 Il sistema scolastico francese e italiano

3.2.1 L’evoluzione della scuola dell’infanzia francese e italiana

Francia

L’originalità dei metodi di Oberlin lo ha reso celebre in tutta l’Europa quando nel 1770 ha fondato le école à tricoter, dove si insegnava ai bambini dai 4 ai 7 anni il lavoro a maglia, alcune preghiere in francese e la cura di piante che permetteva di apprendere alcuni concetti di storia naturale e di geografia. Queste scuole erano luoghi di socializzazione, di educazione al rispetto reciproco e miravano alla conoscenza degli ambienti di vita.

Verso la fine del XVIII secolo sono state fondate le prime strutture di custodia per rispondere ai profondi cambiamenti in atto nella società in quel tempo in conseguenza della rivoluzione industriale.

In Francia nel Settecento l’educazione della prima infanzia avveniva soprattutto ad opera della beneficienza privata come la salle d’hospitalité di Parigi, fondata dalla marchesa de Pastoret che accoglieva i bambini dei genitori che lavoravano.

Nel 1816 in Scozia l’industriale Owen organizzò una Infant School nella quale riuniva i bambini dai 2 ai 6 anni. L’insegnamento partiva da attività concrete e variegate quali camminare seguendo un ritmo preciso, cantare, leggere, scrivere, eseguire calcoli e studiare la geografia.

Sulla base dell’esperienza della Infant School Cochin, avvocato e sindaco dell’ottavo arrondissement di Parigi ha fatto costruire un’ampia istituzione che comprendeva

“quatre logements de maîtres, une salle d’asile, une école de filles et une école de garçons. (..) Cette « maison-modèle » innove : elle accole aux écoles mutuelles de filles et de garçons un asile, préfigurant les groupes scolaires ; elle offre par ailleurs de nouveaux service : instruments de

294 E. Nardi, Come leggono i quindicenni. Riflessioni sulla ricerca OCSE-PISA, Milano, FrancoAngeli, 2002. 295 Ibid., p. 125.

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gymnastique dans le cours, bibliothèque, cousine servant gratuitement des soupes chaudes aux élèves nécessiteux dans les préaux couverts”296.

Cochin ha pubblicato nel 1833 “un manuel de référence dans lequel il s’efforce de populariser le modèle imaginé dans la capitale è partir de l’exemple anglais; il dirige, depuis sa création en 1835, la revue « L’Ami de l’enfance »297”.

Alcuni decenni dopo, il ministro dell’istruzione pubblica Ferry, che non si rassegnava alla soluzione delle sale d’asilo per l’accoglienza di bambini, con decreto del 2 agosto 1881, ha sostituito il termine salle d’asile con école maternelle e nello stesso anno ha integrato le scuole dell’infanzia, che diventavano gratuite, laiche, e non obbligatorie298, nel sistema delle scuole primarie.

Kergomard299, allora ispettrice della scuola materna, si era impegnata affinché l’école maternelle non fosse identificata come una scuola che mirasse all’istruzione dei bambini, ma che avesse come obiettivo l’educazione materna.

Nei Programmi del 28 luglio 1882 sono stati specificati gli obiettivi della scuola dell’infanzia, tra i quali l’importanza di tenere conto della diversità dei bambini e di dare loro il tempo necessario a svolgere le attività a seconda della maturità di ognuno. La scuola materna aveva il compito di favorire l’acquisizione di abitudini sulle quali la scuola elementare avrebbe potuto successivamente inserirsi.

Nel 1908 sono stati emanati i primi Programmes et instructions in cui si precisavano gli obiettivi e i metodi della scuola dell’infanzia e, per quanto riguarda l’apprendimento, si puntualizzava l’importanza dell’educazione intellettuale e delle attività sensoriali.

Nel 1910 in ogni dipartimento è stato creato un ispettorato delle scuole dell’infanzia. Nel 1921 sono stati emanati dei nuovi orientamenti sulla scuola dell’infanzia rimarcando in particolare l’obiettivo di favorire lo sviluppo dei sensi e dell’educazione del corpo. Successivamente è stata la circolare del mese di agosto del 1977 che ha precisato quali fossero le finalità della scuola materna: il ruolo educativo, l’apprendimento dei saperi strumentali, la custodia e l’importanza delle attività di educazione fisica.

Sarà poi con i Programmi del 2002 che la competenza linguistica e l’educazione civica diventeranno gli assi centrali della scuola dell’infanzia300.

Italia

Per quanto riguarda l’evoluzione della scuola dell’infanzia in Italia, Aporti è stata una figura di spicco nella storia della nascita e dello sviluppo di una cultura pedagogica italiana. Al centro degli interessi di Aporti vi era la cura per l’infanzia e l’emancipazione culturale dei bambini, compresi quelli che provenivano dalle fasce sociali più deboli. Il primo asilo è stato fondato nel 1828 a Cremona ed era aperto ai bambini dai 2-3 anni ai 6

296 M. Loison, op. cit., p. 183. 297

Ibid., p. 183.

298 Legge del 16 giugno 1881.

299 P. Kergomard, L’Éducation maternelle dans l’école, Paris, Hachette, 1888.

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anni. Trattandosi di un asilo privato era rivolto solo alle persone che avrebbero potuto pagare il canone per la frequenza.

Successivamente gli asili con il modello aportiano si diffusero principalmente in Piemonte, Lombardia e Toscana, ma vi fu un arresto nel 1848 a causa di motivi di carattere politico e anche pedagogico: Aporti è stato accusato di nozionismo, di astrattezza dei programmi e di eccessiva pratica religiosa.

Il modello aportiano prevedeva per le sezioni maschili la presenza di due insegnanti ogni cento alunni, impegnati rispettivamente nel turno antimeridiano e pomeridiano, mentre per le sezioni femminili era prevista una sola insegnante coadiuvata da un’inserviente. I suoi programmi dedicavano molta attenzione all’educazione morale, tramite lo studio delle preghiere, all’educazione linguistica, mediante l’apprendimento dell’alfabeto, della lettura e della scrittura e le attività di memorizzazione, e alla matematica, con lo studio delle operazioni aritmetiche. A tali attività si aggiungevano l’educazione fisica, attraverso giochi ginnici, e l’educazione all’ascolto e al canto. Aporti riteneva che il fisico dovesse essere temprato e, quindi, i bambini erano seduti su banchetti rigidi, tenuti lontano dal fuoco durante l’inverno e portati a svolgere le attività fisiche all’aperto anche d’inverno.

Una legge sabauda del 1853 aveva definito gli asili come delle istituzioni di beneficienza e di assistenza ed erano stati affidati al Ministero dell’Interno, mentre il Ministero della Pubblica Istruzione avrebbe dovuto solo controllare gli aspetti pedagogici e didattici. Cives301 ritiene che tale atteggiamento dello Stato fosse dovuto a cause di

“varia natura, politica, economico-finanziaria, culturale. Le prime, politiche, vanno ricercate nel generale atteggiamento di prudente estraneità, se non moderata ostilità, che la classe dirigente espresse verso le iniziative a favore delle classi popolari (..). Le seconde, economiche, giacché lo Stato non disponeva di una copertura finanziaria che assicurasse la creazione di una rete nazionale di scuole per l’infanzia, in anni per giunta in cui il suo sforzo era tutto concentrato nello sviluppo degli altri ordini di scuola, ritenuti più necessari e quasi indispensabili (..). Le terze, culturali, antropologiche, producevano una diffusa concezione dell’asilo che non usciva dalle secche del filantropismo e che nemmeno lo prefigurava come servizio pubblico in una prospettiva concreta di progresso sociale e culturale”302.

Dopo l’Unità d’Italia la Legge Casati del 1859 non aveva previsto alcun intervento per la scuola dell’infanzia e gli insegnanti erano esonerati dal presentare titoli di idoneità per l’attività di insegnamento ai bambini di età inferiore ai sei anni.

In Italia si diffusero i Giardini d’infanzia, anche se con un certo ritardo rispetto agli altri Paesi europei. Froebel aveva una prospettiva dell’educazione decisamente diversa da quella di Aporti, in quanto gli elementi di fondo su cui basò la sua proposta pedagogica erano l’attenzione al divino, lo spontaneismo infantile, la valorizzazione del gioco e il simbolismo del materiale didattico.

301 G. Cives (a cura di), La scuola italiana dall’Unità ai giorni nostri, Firenze, La Nuova Italia, 1990, in N. Capaldo,

Lineamenti di storia della scuola dell’infanzia, Milano, Fabbri, 1998.

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La sua proposta, però, in Italia non è stata pienamente accolta anche a causa di un atteggiamento molto critico da parte del mondo cattolico che riteneva che Froebel avesse sottovalutato l’impegno intellettuale e dedicato troppa attenzione all’attività ludica. Gli ambienti culturali positivisti erano, invece, molto favorevoli allo sviluppo della pedagogia froebeliana e nel 1889 il Ministro Gabelli stabilì che a ogni scuola normale dovesse essere annesso un Giardino d’infanzia per consentire il tirocinio didattico alle studentesse impegnate a conseguire il titolo all’insegnamento.

Purtroppo, nel mettere in pratica tale legge pesarono, tra le varie difficoltà, la costante assenza di un’organica politica statale.

Di notevole importanza nello sviluppo delle scuole dell’infanzia italiane sono state le esperienze delle sorelle Agazzi e quelle di Montessori, la cui proposta educativa si basava su tre fondamenti: la cura per l’ambiente, l’utilizzo di materiale scientifico e la ridefinizione della figura dell’insegnante.

Solo nel 1914 verranno emanati i primi programmi, i Programmi Credaro, che specificavano quali fossero i compiti dell’asilo: “formare il bambino sano, buono, lieto, associato ad altri bambini sani, buoni e giocondi come lui”.

Durante il regime fascista, che si dimostrò poco interessato all’educazione prescolastica, le scuole dell’infanzia avevano ancora una natura giuridica di enti di beneficienza, finalità incerte, che oscillavano tra quelle ludiche del modello froebeliano e quelle dell’istruzione precoce del modello aportiano. Tale situazione ha pesantemente condizionato l’applicazione dei Programmi Credaro.

Nel 1940 furono emanati i Programmi Bottai303 che prevedevano l’istituzione di una scuola materna biennale con caratteristiche di scuola pre-elementare e lo studio dell’educazione politica al fine di formare la coscienza e la fede fascista.

Gli Orientamenti del 1958304 erano ancora incentrati ad una concezione pedagogica agazziana, ribadivano l’importanza della centralità della famiglia nell’educazione dei bambini e l’educazione religiosa; inoltre, la scuola materna era considerata il luogo delle attività spontanee e indifferenziate.

Fu soltanto con l’istituzione della scuola materna statale nell’anno 1968305 che si delinearono i principi pedagogici e i fini dell’educazione, che sono stati resi attuativi con gli Orientamenti del 1969306. Tali finalità erano: lo sviluppo della personalità infantile e la preparazione alla frequenza della scuola dell’obbligo, integrando l’opera della famiglia.

Gli Orientamenti del 1991307 avevano come principi cardine dell’educazione lo sviluppo dell’identità, dell’autonomia e delle competenze, principi mantenuti anche nelle attuali Indicazioni per il curricolo.

303 C.M. 23 settembre 1940, n. 14910. 304

“Orientamenti per la scuola materna”. D.P.R. 11 giugno 1958, n. 784.

305 Legge 18 marzo 1968, n. 444.

306 “Orientamenti dell’attività educativa”. D.P.R. 10 settembre 1969, n. 647.

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