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Possono essere identificate come tre le condizioni essenziali perché una città possa dirsi tale a tutti gli effetti:

5.8. La comunità civile

La comunità civile106, come agenzia educativa, rimanda alla rete di relazioni che “tiene insieme” gli

individui al primo livello della società, a quella dimensione in cui l’io e l’altro si incontrano cominciando a strutturare la possibilità dell’esistenza di un “noi” consapevolmente vissuto. La comunità sociale riflette dunque la condizione primaria del nostro essere umano: io non posso ignorare l’altro perché io sono l’altro.

106 In questo paragrafo sintetizziamo il contributo di P. MILANI, La comunità, in D. ORLANDO CIAN (a cura di), Lineamenti di

In questo senso nasce la solidarietà, la cura per l’altro. Se l’educazione si caratterizza per essere un fatto relazionale, tale fatto relaziona e rimanda alla natura dialogica dell’uomo stesso, per cui la prima esperienza della persona è l’esperienza della seconda persona. La comunità è allora il luogo dove è possibile la

prossimità, è cioè il modello che cerca di valorizzare l’io e l’altro, superandone l’antinomia, in quanto non li

pone in contrasto tra loro, ma in un rapporto di sollecitudine reciproca. L’interdipendenza tra soggetti e tra soggetti e azioni risulta quindi essere il primo fattore costitutivo della comunità. Per definire il termine “comunità” ci sono fondamentalmente due ambiti da tenere presenti:

1. La dimensione geografica: la comunità è un’unità territoriale con dei confini precisi, in cui ogni soggetto ha la possibilità di interagire con gli altri;

2. La dimensione psicologica: la comunità è il gruppo sociale in cui sono definiti dei legami che condividono un senso di appartenenza e di “connessione emotiva” rispetto a problemi e situazioni comuni.

Comunità, educazione, ecologia dello sviluppo umano

Nel 1972 il Rapporto Faure propose un modello di società comunitario, con una scuola legata alla realtà storica e sociale e integrata con le altre agenzie educative. Si parla perciò di “ sistema formativo integrato” come meta ideale a cui tutte le istanze formali e informali della società devono tendere, costruendo interazioni e connessioni fra loro fino a divenire un “ecosistema”. Secondo Bronfenbrenner costruire un ambiente “ecologico” significa consentire ai giovani di fruire di tutta la ricchezza delle diverse situazioni ambientali che influenzano la loro esistenza. Secondo il pedagogista bolognese Franco Frabboni occorrono pratiche di integrazione, continuità e raccordo tra i diversi soggetti educativi (famiglia, scuola, servizi) presenti in un territorio.

Reti sociali e psicologia di comunità

Secondo il sociologo Pierpaolo Donati (autore della “teoria relazionale della società”) le reti sono relazioni sociali in senso pieno, cioè modalità che richiedono riferimenti simbolici, intenzionalità, progettualità, valutazione umana. La società quindi è pensata come rete, come società delle “solidarietà autonome”, intendendo per solidarietà la promozione di quel bene comune costituito dalle relazioni sociali che realizzano una comunità. Secondo Donati si può definire “integrata” una politica sociale ed educativa se si rivolge agli individui non come atomi sociali, ma alle loro relazioni sociali, se mantiene la partecipazione di tutti i soggetti interessati, in quanto un sistema è sinergico quando opera mobilitando anziché frenando le proprie risorse materiali e umane. La psicologia di comunità nacque per sperimentare nuove forme di intervento rispetto al problema della malattia mentale. Presto l’attenzione fu spostata dalla patologia alle risorse dell’ambiente di vita del paziente. La comunità è considerata competente, con un suo potere di rendere le persone appartenenti ad una comunità consapevoli delle proprie competenze (empowering

community).

Approccio di comunità e discorso pedagogico

Il concetto di “sviluppo di comunità” (processo mediante il quale una comunità realizza condizioni di progresso attraverso la partecipazione attiva dei suoi abitanti e il più possibile mediante le loro stesse iniziative) insiste proprio sul potenziale interno della comunità, sulla sua capacità di autodeterminarsi e di non essere eterodiretta. La comunità segue una modalità di intervento nel sociale che insiste sulla promozione della salute delle persone e dei gruppi, nei loro contesti di vita, rafforzando le loro reti sociali, attivando la partecipazione, cioè la possibilità per la persona di agire in quanto soggetto protagonista del suo cambiamento. Il soggetto diviene quindi “partner” dell’azione sociale, attore e autore della sua storia sociale. Pratiche educative di comunità

C’è un problema, dal punto di vista pratico, di come giungere ad un progetto globale che coinvolga i diversi attori sociali (famiglia, scuola, servizi, associazioni). Si deve trovare una combinazione positiva di influenza in modo che l’operatività di ogni elemento accresca il potenziale apporto di ciascun altro. In questa tensione risultano di primaria importanza le pratiche comunitarie dell’intersoggettività, della negoziazione, dell’informazione reciproca, della comunicazione bidirezionale e infine della concertazione in cui ogni soggetto tiene conto dell’intenzionalità e delle finalità altrui e non solo delle proprie. Ci sono tre principali paradigmi d’intervento:

1. Soggetto – utente: l’operatore è al centro della relazione, il soggetto è esterno alle decisioni che lo riguardano, le sue motivazioni e la sua intenzionalità non sono tenute in considerazione, egli riceve dei beni dall’operatore. È l’intervento sull’altro, il paradigma dell’assistenza. Ha avuto una storia lunga, ma attualmente sembra destinato a declinare.

2. Soggetto – cliente: l’operatore, con il cliente, decide cosa fare per il suo ben – essere. Il soggetto è al centro della relazione, in quanto è considerato nella sua globalità, con i suoi fini, la sua intenzionalità, la

sua cultura. È l’intervento per l’altro, il paradigma dell’aiuto. In molti servizi pubblici ha preso il posto del paradigma dell’assistenza, mantenendo però sempre ben distinti i ruoli tra operatore e soggetto per cui operare.

3. Soggetto - partner: l’operatore aiuta il partner della relazione a inserirsi in una rete sociale in cui trovare risposte ai suoi bisogni ed essere risorsa per la comunità: egli diviene attore – autore del suo cambiamento. La comunità, e non il soggetto singolo, è al centro dell’intervento. È l’intervento con l’altro, il paradigma dello scambio. E’ il paradigma a cui ci si ispira nei servizi innovativi, nei quali l’operatore, pur mantenendo il suo ruolo, promuove l’emancipazione a partire da un ruolo attivo del soggetto.