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CAPITOLO IV L’approccio delle capacità e la politica sociale.

4.1 La concezione della persona

Il tentativo dell’approccio di Nussbaum è di individuare quali capacità e funzionamenti fondamentali debbano essere degni di tutela da parte dei pubblici poteri. Sen invece, a tale proposito, si limita a mostrare come sia possibile un accordo per l’intersezione di ordinamenti di valore. Questa risposta si dimostra insufficiente in quanto l’intersezione di ordinamenti non fornisce soluzioni univoche ai frequenti conflitti che si riscontrano tra le diverse ricette di sviluppo economico, e neppure alle diverse interpretazioni dei termini “standard di vita”, “bisogno”, “povertà” che attribuiscono valore ad alcuni funzionamenti (come la disponibilità di risorse o di servizi) a discapito di altri (partecipazione politica). In secondo luogo il dialogo tra culture morali può avvenire soltanto nel caso in cui si condividano alcune caratteristiche rilevanti dell’essere umano come individuo dotato di alcune pretese. Se manca tale riconoscimento il rapporto tra culture morali, come insieme di concezioni della giustizia e del bene, fallisce in quanto i rispettivi ordinamenti di valore risultano inconciliabili. Di fronte a tale incomunicabilità il comunitarismo, ad esempio, elegge ad ultimo tribunale delle questioni di giustizia le singole comunità, finendo

per considerare le culture come delle monadi etiche senza alcun rapporto tra loro.

Questa situazione di immobilità del dibattito richiede all’approccio delle capacità un ordinamento di capacità e funzionamenti. L’indice eticamente universale, individuato da Nussbaum, si fonda su una particolare concezione della persona e del bene che l’autrice definisce come “thick vague conception of the good”87. Per l’autrice questa soglia costituisce la base

minima attraverso la quale le culture morali possono entrare in comunicazione, formulando le loro diverse ipotesi sul modo di realizzare una valida concezione della persona e dei suoi bisogni. Sen non accetta tale posizione. Pur considerando la teoria di Nussbaum un utile approfondimento all’approccio per capacità, non ritiene necessaria l’elaborazione di una concezione della persona che sia valida per le diverse culture morali.

Eppure se la teoria di Sen vuole fornire degli argomenti utili a risolvere il conflitto tra tesi relativiste e oggettiviste del benessere, della povertà, dello sviluppo, non sembra potersi sottrarre al dover fornire una concezione della persona e del bene. La soglia delle capacità per Nussbaum rappresenta il risultato di anni di discussioni interculturali che hanno prodotto una sorta di iter evolutivo dell’elenco, la cui giustificazione primaria è la concezione intuitiva di un funzionamento veramente umano.

Prima di presentare l’ultima versione dell’elenco, è utile

analizzare le ragioni che hanno portato l’autrice a scegliere proprio quelle capacità. Nel suo saggio Human Capabilities,

Female Human Being88 si trova la prima versione della lista ispirata all’insegnamento aristotelico. La concezione della persona utilizzata da Nussbaum è ripresa da Aristotele e dal suo catalogo di virtù proprie dell’essere umano. In tale concezione si mettono in evidenza le “circostanze costitutive dell’essere umano”: i limiti e i poteri che lo caratterizzano.

Nussbaum individua alcune caratteristiche della natura umana che si dispiegano in poteri di ragionamento e astrazione e bisogni fondamentali.

La prima caratteristica analizzata dall’autrice è quella della mortalità. Tutti gli esseri umani sono coscienti della propria natura mortale e per questo provano avversione e paura89.

La virtù appropriata a questa circostanza è il coraggio come capacità di cogliere il giusto mezzo tra l’eccessiva paura delle conseguenze delle azioni e la smisurata temerarietà di fronte ai pericoli90. La seconda caratteristica consiste nel fatto di possedere un corpo la cui esperienza, pur essendo culturalmente determinata, può avere delle proprietà comuni a tutti gli esseri umani. La prima di queste proprietà è la necessità vitale di bere, di nutrirsi e di trovare un riparo; necessità che rimane identica per tutti, nonostante i diversi modi che le varie culture hanno per soddisfarla.

88 Nussbaum, Human Capabilities, Female Human Being, in Nussbaum M.-Glover J., Women, Culture and

Development, Clarendon Press, Oxford, 1995,

89 Ibi, pp. 76-77

90Cfr. Aristotele, Etica Nicomachea, III, 6.

Altre peculiarità dell’esperienza di avere un corpo sono il poter esperire piaceri e dolori, il percepire pulsioni sessuali nei confronti di altri esseri umani e la capacità di potersi muovere autonomamente. Alla caratteristica di possedere un corpo corrispondono le virtù della temperanza e della moderazione.91 La terza caratteristica è la cosiddetta “capacità cognitiva”, ossia la capacità dell’uomo di immaginare, pensare, percepire. Tali capacità rendono un individuo propriamente umano, ad esse si riferiscono le virtù dianoetiche aristoteliche92. La quarta caratteristica è la circostanza della particolare debolezza e dipendenza che gli appartenenti al genere umano provano nei primi anni della loro vita. Tale stato di dipendenza spiega la dinamica di diverse emozioni come l’amore, l’odio e in generale la formazione dei nostri desideri93. Un’altra caratteristica dell’essere umano è il possesso della capacità di formare un piano di vita. L’esercizio della ragion pratica, dell’abilità di distinguere ciò che è bene da ciò che non lo è, costituisce una proprietà distintiva dell’essere umano in ogni cultura.

La peculiarità dell’affiliazione, è la percezione che il proprio benessere sia legato a quello degli altri, familiari, amici, parenti o semplici appartenenti alla specie umana, di essa Sen ha discusso a proposito dei criteri della scelta razionale. Tale sentimento di affiliazione si prova anche nei confronti di altre specie viventi o dell’ambiente che ci circonda. L’essere umano

91 Cfr. Nussbaum-Glover, Women, Culture and Development, op.cit. 92

Ibi, pp.77-78 e Aristotele, Etica Nicomachea, VI, 3.

che qui Nussbaum prefigura, come in completa sintonia con la natura e il regno animale, è un’idea di uomo che rappresenta il punto di arrivo di tutta la sua teoria.94

Altra caratteristica propria del genere umano è la capacità di giocare, di intraprendere attività al solo scopo di divertirsi, di socializzare, di crescere. Il gioco ha una grande importanza sia per la crescita e lo sviluppo dei bambini, che nella vita degli adulti: basti immaginare, ad esempio, quanto spesso il gioco aiuti le relazioni durevoli, come il matrimonio, a conservarsi nel tempo. Le ultime due caratteristiche individuate in questa versione iniziale di soglia delle capacità sono la separatezza, cioè l’essere distinto da altri individui, e la separatezza forte, cioè la facoltà che ogni individuo ha di produrre un piano di vita che è diverso da quello di altri, di decidere autonomamente su di un ambito in cui la sua è l’unica opinione di cui tener conto.

Queste caratteristiche della persona supportano perfettamente le intuizioni morali che Sen ha opposto all’utilitarismo. La peculiarità dell’affiliazione rafforza la tesi di Sen contro la concezione della persona come homo oeconomicus. Essa si riferisce infatti ad un soggetto agente che non ha per fine soltanto la massimizzazione dell’utilità personale, in quanto il suo benessere dipende anche da quello d’altri essere umani con i quali condivide dei legami. La considerazione della separatezza degli individui e l’intangibilità dei loro piani di vita quando questi concernono ambiti personali, si oppone all’ipotesi utilitarista secondo la quale l’etica ha per fine soltanto la

94 L’autrice sostiene vivamente l’importanza del riconoscimento dei diritti degli animali, cfr. M. Nussbaum,

realizzazione di stati di cose in cui la somma delle utilità è più alta non importa se alcune sfere protette vengono violate.

La descrizione del soggetto morale fatta da Nussbaum presenta il quadro di un essere vivente che non è soltanto un animale, in quanto è fornito di ragion pratica, ma è caratterizzato da limiti intrinseci alla sua natura: possedere un corpo con desideri ineliminabili, come quello di nutrirsi, di bere e di provare piaceri sessuali che lo rendono un essere fragile e bisognoso degli altri.

Tale concezione è definita come “spessa” (thick) in quanto si oppone a concezioni del bene parziali o “sottili” (thin), come quella rawlsiana che elenca una serie di obiettivi da raggiungere senza preoccuparsi di sapere a quali fini tende il soggetto agente. La concezione dell’autrice è spessa perché insegue le finalità cui il soggetto tende nel suo agire.