CAPITOLO II – Giustizia ed equità attraverso la lettura di Rawls e Smith
2.5 Beni primari e capacità
Un’altra variabile di cui si tiene conto nelle valutazioni di Rawls sulla giustizia distributiva è l’accesso ai cosiddetti primary goods, l’assunzione tacita di questa istanza è che tutti i differenti soggetti abbiano uguale capacità di trasformare i beni in benessere e in libertà. Le opportunità possedute dagli individui vengono calcolate in base ai mezzi di cui essi dispongono senza tenere conto, sottolinea Sen, delle differenze date dalla capacità di convertire i beni primari in una buona qualità della vita. Pur potendo contare su un identico livello di reddito e di beni primari una persona disabile, ad esempio può non riuscire a raggiungere gli stessi standard di una persona senza quel tipo di difficoltà. Nel suo Liberalismo politico Rawls elabora le critiche ricevute al sistema esposto nell’opera Una teoria della giustizia e riformula la sua posizione rispetto ai beni primari come unità di misura per valutare l’eguaglianza. I beni primari sono considerati come condizioni imprescindibili per l’esercizio dei due poteri morali, l’essere liberi e l’essere uguali, che identificano la persona come membro pienamente cooperante nella società. Il rapporto tra beni primari e concezione della persona risulta quindi circolare: la concezione politica della persona come membro libero ed uguale della società fa da base alla teoria dei beni primari e questi a loro volta guardando alla suddetta concezione della persona ne specificano i bisogni necessari all’esercizio dei poteri di
autonomia. Rawls individua quattro possibili differenze che devono essere considerate rispetto alle persone che utilizzano i beni primari64:
1. differenze concernenti le capacità morali e intellettuali 2. differenze concernenti le capacità fisiche
3. differenze concernenti le concezioni del bene 4. differenze concernenti le preferenze e i gusti.
La prima diversità tra individui presa in considerazione presuppone comunque che gli individui posseggano già le capacità morali e intellettuali per essere membri cooperanti della società, il fatto che esse producano differenza di reddito non costituisce, secondo tale teoria, un problema ma un semplice corollario della libertà di occupazione e di accesso alle pubbliche cariche. Il principio di differenza giustifica inoltre i processi meritocratici. Per il secondo aspetto, lo svantaggio fisico in cui si trovano a vivere alcune persone, la teoria dell’uguaglianza liberale è riconosciuta dall’autore come insufficiente a risolvere il disagio: a questo punto Rawls deve rivolgersi alla soluzione prospettata da Sen con la sua teoria delle “capacità fondamentali” di cui si tratterà oltre. Le differenze di utilizzo delle risorse dovute a disabilità possono, ancora, essere oggetto di deliberazione delle assemblee parlamentari. Il terzo punto non costituisce un nodo problematico: la teoria del liberalismo politico vuole infatti che i soggetti destinatari della distribuzione abbiano inizialmente accettato delle condizioni, per cui esiste già un insieme di concezioni del bene, secondo un ragionevole
64 Rawls, Liberalismo politico, trad. it. Di G. Rigamonti, a cura di S. Veca, Edizioni di Comunità, Milano,
pluralismo, selezionate unanimemente e una volta per tutte. Rawls sostiene che l’ineguale sviluppo delle culture non può essere addebitato ad un trattamento ingiusto ma è il risultato di libere scelte individuali. Anche l’ultimo punto non costituisce per l’autore una questione da risolvere non vi è infatti nessuna prescrizione su come utilizzare i beni primari. Quando i gusti o le preferenze dovessero interferire con il potere del soggetto alla cooperazione in società il problema esiste ma viene collocato da Rawls nelle questioni di health care.
Queste differenze, seppur citate, non ricevono l’attenzione che dovrebbero nell’approccio dei beni primari. La diversità degli esseri umani non viene considerata adeguatamente neanche, come si è visto, dall’utilitarismo. Se le persone fossero veramente simili in termini di funzioni di utilità la preoccupazione utilitaristica per la massimizzazione della somma totale delle utilità condurrebbe verso l’uguaglianza dei livelli di utilità. Di fatto però le persone hanno bisogni diversi che variano a seconda delle diverse condizioni di vita, di salute, di ambiente sociale ecc. Giudicare il vantaggio sulla base dei livelli di utilità conseguiti o dei beni primari posseduti conduce a valutazioni problematiche. La struttura rawlsiana, rispetto all’utilitarismo, ha un difetto in più, contiene un elemento di “feticismo”65
:
Rawls considera i beni primari come l’espressione del vantaggio, anziché considerare il vantaggio come una relazione tra le persone e i beni. L’utilitarismo, o il leximin, o – piú in generale- il welfarismo
sono esenti da questo feticismo, poiché le utilità riflettono un tipo di relazione tra le persone e i beni. Per esempio, nell’ambito dell’utilitarismo, il reddito e la salute non sono valutati come unità fisiche, ma secondo la loro capacità di creare felicità umana o di soddisfare desideri umani. Anche se si ritiene che l’utilità non sia il punto chiave della relazione tra le persone e i beni, avere a che fare con una struttura interamente orientata verso i beni fornisce un modo insolito di giustificare il vantaggio.66
Se l’utilità, intesa come felicità o soddisfacimento dei desideri, è una guida inadeguata all’urgenza della valutazione l’approccio dei beni primari la considera addirittura irrilevante. Se il rifiuto del welfarismo non richiede infatti di delegittimare completamente il ruolo dell’utilità, risulta più difficile giustificare che l’interesse di una persona non abbia a che fare con la sua felicità o con il soddisfacimento dei suoi desideri. Sen67 si domanda come sia possibile che quel principio a priori dell’accettabilità prudenziale nella “posizione originaria” non comprenda una riflessione sui diversi stati d’animo degli individui in relazione alle posizioni particolari che potrebbero occupare. Per quale ragione la loro preoccupazione per queste gioie o sofferenze debba restare indifferente o moralmente irrilevante? La tesi dell’autore è che persino il concetto di
bisogno non riceve una copertura adeguata dalle informazioni sui
beni primari e sull’utilità.68
Si consideri il caso di un individuo con disabilità motoria con uno svantaggio di utilità marginale. L’utilitarismo non risolverebbe i suoi problemi, egli riceverebbe infatti meno reddito del soggetto fisicamente sano. Anche il principio differenziale resterebbe indifferente alla sua situazione,
66
Ibi pp. 355-356
67 Ibi, p. 356 68 Ibidem
mentre il leximin, e più in generale i criteri che promuovono l’uguaglianza totale gli offrirebbero un trattamento preferenziale: la sua rivendicazione è fondata sul suo basso livello di utilità totale. Supponendo che, nonostante il suo handicap fisico, egli disponga di altre caratteristiche come un’innata allegria, un basso livello di aspirazione o un forte sentimento religioso che gli permettono di accettare di buon grado la sua situazione in questo caso, malgrado il suo svantaggio in termini di utilità marginale, egli non sperimenterebbe più una privazione di utilità totale. In tale situazione il leximin, come qualsiasi altro criterio che si concentra sull’utilità totale, non è efficace. La pretesa di dare valore ai bisogni specifici di quell’individuo non può poggiarsi né sul mancato raggiungimento di adeguati livelli di utilità né sulla privazione di beni primari. Sen ritiene che si debba spostare l’attenzione dai beni primari al concetto di “capacità fondamentali”, quest’ultimo riesce finalmente a raccogliere la nozione d’urgenza che si esprime, rispetto al caso portato ad esempio, nella capacità di circolare.
L’attenzione per le capacità fondamentali- scrive Sen- può essere interpretata come un estensione della preoccupazione di Rawls per i beni primari, con l’avvertenza di spostare l’attenzione dai beni a ciò che i beni fanno agli esseri umani.