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La concezione postmoderna

Nel documento Sviluppo (in)sostenibile (pagine 82-85)

I. S VILUPPO SOSTENIBILE : CONCETTO O CONCEZIONE ? 19

2. Le concezioni come progetti di mondo

2.7. La concezione postmoderna

La specie umana rappresenta probabilmente un punto dell’evoluzione naturale in cui è stato raggiunto il grado di coscienza riflessiva. Gli esseri umani non si limitano a subire o a trasformare l’ambiente, ma costruiscono il proprio mondo sulla base del disegno contenuto nei concetti e nelle concezioni. Nonostante queste capacità la coscienza umana rimane però una coscienza limitata. L’uomo ha una comprensione parziale della complessità della realtà.

Le crisi ambientali dimostrano la limitatezza dei progetti mentali di mondo. Nonostante questi limiti, l’uomo è però capace di apprendere.118 Un sinonimo di apprendimento è evoluzione culturale. La mancanza di apprendimento ha per gli individui e per le società conseguenze simili alla mancanza di evoluzione nelle specie: in ambedue i casi si finisce prima o poi in un vicolo cieco.

Per molti millenni l’impronta dell’uomo sulla Terra è stata contenuta. La popolazione umana era molto più piccola di quella attuale, la tecnica e il potere limitati. Erano però le concezioni stesse del mondo a provocare un’autolimitazione. Gli antichi greci credevano nell’“armonia naturale”, mentre i cristiani attendevano la salvezza nei cieli. L’uomo si vedeva come sottomesso a poteri molto più forti di lui, quello della natura o quello di Dio. Il benessere dell’uomo proveniva dal culto di queste entità superiori. Il superamento di certi limiti veniva considerato come peccato o tabù.

Le cose cambiano radicalmente con la concezione moderna. La sua fede nel progresso elimina ogni tabù verso i limiti posti all’uomo. L’uomo ora si ritiene padrone del mondo e del proprio destino - quindi dello “sviluppo”. L’uomo si affibbia il diritto (per Locke addirittura il dovere) di esercitare il proprio potere prima sulla natura (Bacon) e poi sulla società (Macchiavelli, Hobbes, Comte, Spencer). Nell’Illuminismo l’essere umano è la fonte della ragione e quindi delle idee: su questa base egli crea, forma, ordina, ottimizza, perfeziona il mondo, allo scopo di massimalizzare il benessere, ma soprattutto il profitto.

Presto si comincia a pensare che l’umanità non sia un’unità solidale e uniforme. Non tutti gli uomini possono strutturare il mondo, molti subiscono lo sviluppo. Ai tempi di Marx l’èlite dominante era quella dei borghesi, mentra il proletariato rappresentava quella dei dominati. Ai tempi del Colonialismo e dell’Imperialismo vigeva invece la disuguaglianza fra paesi colonizzatori e colonizzati, più tardi fra Nord e Sud.

Sebbene la teoria darwinista, nella sua versione originale, avesse relativizzato la grandezza dell’uomo (un discendente delle scimmie), essa venne interpretata e utilizzata per affondare gli assunti dell’analisi marxista: la disuguaglianza fra gli uomini non era una colpa del

118 Toynbee (1998), pp. 13-18.

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capitalismo e della colonizzazione, bensì una conseguenza dell’evoluzione naturale, che aveva prodotto uomini forti da una parte e uomini deboli dall’altra.

Un’ultima concezione, che merita di essere qui presentata, è quella postmoderna. Per Arnold Toynbee il carattere principale dell’epoca postmoderna è data dall’interdipendenza mondiale fra le nazioni.119 Il sociologo Gianfranco Morra sostiene invece che “postmoderno” non si riferisca ad un periodo “dopo la modernità” oppure “contro la modernità”, bensì ad un esito nichilistico della modernità:120 “manca il fine; manca la risposta sul ‘perché’”. Nichilismo significa “che i supremi valori si svalorizzano”.121 Il postmoderno è il risultato della decomposizione del “sistema unitario e rigido del moderno”. Queste alcune delle cause:

• »Anzitutto il sapere scientifico ha perso la sua pretesa di assolutezza e si è ridotto ad un sapere senza certezza; ad un insieme di ipotesi con la valigia pronta, visto che, senza mai poter essere “verificate”, tutte saranno prima o poi “falsificate”. Accade così che quel sapere, che la modernità aveva innalzato nella sfera iperuranica della certezza, si accorge di essere un gioco linguistico come tanti altri, senza alcuna possibilità di fare corrispondere ai suoi enunciati dati oggettivi. Scienza e superstizione, tecnica e magia, progresso e dissipazione non costituiscono più opposizioni, ma corrispondono a due approcci diversi alla realtà. La scienza moderna era monarchica ed autarchica, la scienza postmoderna è anarchica e “fondata sulle palafitte”.

• Se l’assoluto scientifico è in frantumi, l’assoluto filosofico è archeologico. “Dio è morto” – questa affermazione di Friedrich Nietzsche dell’anno 1882 non si riferisce a Dio, ma al sistema delle “grandi narrazioni” della modernità. Significa: le grandi verità della metafisica – le idee, i valori, gli ideali – hanno perduto la loro efficacia;

non esistono verità ultime, principi primi, criteri di certezza; la struttura monolitica del vero si è frammentata in molti piccoli veri parziali, che solo temporaneamente rimangono veri. La verità non si distingue più dalla favola, al punto che neppure la favola è più possibile. In questo continuum di verità e favola si aggira l’uomo senza storia […] che vive nella istantaneità, in quanto ha sostituito l’unica anima immortale con molte anime mortali«.122

119 Arnold Toynbee (1950): La civiltà nella storia. Torino: Einaudi. P. 68.

120 Morra (1992), p. 17.

121 Ibidem, p. 18.

122 Ibidem

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L’uomo postmoderno è un uomo moderno abbacchiato e s-fondato (senza fondamenti), edonistico e narcisistico, pluralistico e ludico, audiovisivo e istantaneo, consumistico e spudorato, senza paese e senza storia, senza miti e senza ideali:123

»L’uomo […] postmoderno non è più l’uomo della produttività e del lavoro, ma del consumo edonistico e della espressività estetizzante. È l’uomo del “gioco”, non del

“lavoro”, che trova nei mass-media la sacralizzazione della vita in un “eterno ritorno”

sottratto al divenire temporale della storia […]. È l’uomo che ha lasciato alle spalle ogni ideale utopico, in quanto vive in una insuperabile quotidianità apatica, senza memoria, senza dramma e senza tragedia, senza senso e senza nostalgia di senso.

L’individualismo moderno, che era ascetico e religioso, è divenuto edonistico e consumistico, una strategia narcisistica di sopravvivenza, aperta a tutto e insieme indifferente a tutto. È inevitabile che ogni progetto rivoluzionario di mutamento del lavoro e della società paia obsoleto. La rivoluzione passa dal sociale al personale:

sesso, viaggi, dieta, sport, giovanilismo, mistica del corpo e delle “nuove esperienze”

– dall’avanguardismo contestativo alla fruizione consumistica«.124

Un piacere senza interesse e finalità senza scopo: questo sembra essere il senso della vita dell’uomo postmoderno. Soprattutto dopo la caduta dei regimi comunisti dell’Est, si è cominciato a parlare di “fine della storia” e di fine dell’“era delle ideologie”. Bisogna fare attenzione però a non ridurre queste affermazioni al dominio dell’uomo postmoderno. Questa verità è infatti complementare ad una seconda. Urlare la fine dell’era delle ideologie può essere infatti anche un modo soft sia per dichiarare terminata l’era della critica e dei conflitti di idee, sia per (ri-)affermare il dominio, finalmente completamente privo di alternative solide e valide, di un’unica grande ideologia: quella del “libero” mercato, del capitalismo, della globalizzazione, dell’interesse economico e della crescita economica. La postmodernità potrebbe quindi essere il risultato di un mondo, che non permette più alternative a sé stesso.

123 Ibidem

124 Ibidem, p. 91.

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