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La realtà universale e l’ambiente naturale

Nel documento Sviluppo (in)sostenibile (pagine 20-23)

I. S VILUPPO SOSTENIBILE : CONCETTO O CONCEZIONE ? 19

1.1. La realtà universale e l’ambiente naturale

Tutti gli esseri viventi interagiscono con il proprio ambiente. Esso comprende fattori biotici (esseri simili, altre specie viventi…) e abiotici (temperatura, flussi energetici, composizione chimica, morfologia del territorio). Nella realtà e nell’ambiente ogni cosa è connessa con qualsiasi altra.12 L’ambiente non è mai uguale a sé stesso, bensì in continuo divenire. Mentre il divenire universale è quello dell’entropia, il divenire naturale è dato dall’evoluzione.

Entropia ed evoluzione si trovano costantemente in lotta fra loro.

Su larga scala il divenire è caratterizzato dai fenomeni interplanetari, dalle attività delle stelle, dalla rotazione del pianeta, dai terremoti. Nel piccolo invece ci sono continue reazioni chimiche, ogni singolo essere vivente si muove nel proprio spazio. Le specie viventi si evolvono o si estinguono, mentre i singoli individui nascono, crescono, si riproducono, invecchiano e muoiono. L’ambiente è rappresentato da una enorme complessità, ma essa è ben lungi dall’essere caos.

12 Barry Commoner (1986): Il cerchio da chiudere. Milano: Garzanti. Pp. 119 – 125.

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Già le forme di galassie e dei sistemi solari lascia riconoscere regolarità. Le leggi della termodinamica affermano che l’equilibrio assoluto di un sistema è però impossibile, così come è impossibile il completo isolamento di un sistema dal proprio ambiente. Ciò che è vero per l’Universo (il tutto), vale anche per la Terra (la parte).

Il fatto che la natura sia riuscita a sopravvivere per miliardi di anni in un sistema semi-chiuso e limitato come quello del pianeta Terra, dimostra che essa è riuscita ad elaborare una strategia particolarmente efficace di sviluppo sostenibile.

Questa è una buona notizia per l’umanità: sul pianeta Terra esistono condizioni sufficienti per realizzare lo sviluppo sostenibile. Come ha fatto la natura a compiere tutto il lavoro necessario al suo sviluppo, al suo mantenimento e alla sua riproduzione, per tre miliardi di anni, senza esaurire le risorse del pianeta? Come può la natura produrre ogni anno 225 miliardi di tonnellate di materiale organico,13 senza creare un solo chilogrammo di rifiuti?

La natura è il prodotto di una continua compresenza e della complessa interazione fra mutamento e ordine. Mentre l’evoluzione biologica ha un’importanza fondamentale nell’adattamento a nuove situazioni ambientali, nell’aumentare le capacità autoregolative del sistema, evitando la sua degradazione entropica, l’equilibrio naturale assicura il funzionamento del sistema.

Il principio della sostenibilità naturale sembra semplice, ma è in realtà troppo complesso per essere riprodotto artificialmente. Innanzitutto, la natura ha evolutivamente imparato a far circolare le risorse, senza consumarle. Lo scarto di una specie vivente viene utilizzato da un’altra come alimento. Tutte le sostanze che circolano in natura vengono così riciclate al 100 percento, evitando sia l’esaurimento delle risorse che l’accumulazione di rifiuti. Inoltre, la natura ha imparato ad utilizzare una fonte di energia praticamente inesausiribile e pulita.

L’energia solare è il carburante del “motore” della natura. Questa energia è resa utilizzabile dai processi di fotosintesi nelle piante.

Infine, il DNA rappresenta il “software” che gestisce e guida i flussi di materia e di energia nella natura e nella vita. Questo software ha impiegato miliardi di anni di creatività ed esperienza evolutiva per riuscire a perfezionarsi, fino al punto da: (a) creare una varietà tale di specie viventi, da assicurare sia la distribuzione capillare di energia, che il 100 percento di riciclaggio delle risorse; (b) riuscendo ovunque a mettere queste specie in relazione tale fra loro, da chiudere ovunque il cerchio dei flussi.

La vita stessa è un flusso, resa possibile non solo dalla nascita, ma anche dalla morte: cercare di impedire ed ostacolare la morte naturale, significa interrompere il flusso della vita. Il fatto

13 Cfr. Paul Hawken (1996): Kollaps oder Kreislaufwirtschaft (Collasso oppure economia dei cicli). Berlin:

Siedler. P. 41.

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che l’uomo del XXI secolo si appresti a manipolare il DNA non può che essere considerata come un gioco dell’apprendista stregone.

Senza evoluzione biologica, la natura non sarebbe mai riuscita a sviluppare e realizzare un’economia solare dei cicli. Questo stato non è però da considerarsi come un semplice punto di arrivo dell’evoluzione. C’è invece un continuo bisogno di ritocchi, sperimentazione e perfezionamenti, in modo da tener testa ai continui cambiamenti dell’ambiente, evitando ancora una volta la tendenza al degradamento entropico. L’evoluzione biologica è il modo in cui la natura riesce ad evitare continuamente il pericolo di una crisi ambientale.

L’immensa varietà biologica delle specie viventi ha una funzione fondamentale, che purtroppo viene spesso estremamente sottovalutata:

• L’energia solare può essere utilizzata nel modo più efficiente ed efficace attraverso una decentralizzazione e una moltiplicazione orizzontale (estensiva) di piccoli recettori sul territorio.

• La distribuzione orizzontale dei piccoli recettori deve adattarsi alle diverse condizioni ambientali: mare, montagna, pianura, acquitrino, clima temperato, piovoso, arido.

• La varietà biologica delle piante verdi costituisce a sua volta l’ambiente, a cui si devono adattare le specie che da queste dipendono (insetti, erbivori, pesci…). Da queste specie dipendono altre specie, a loro volta adattate alle condizioni della propria nicchia, e così via, fino agli uccelli, i carnivori, i funghi e gli organismi decompositori. La varietà degli uni corrisponde ogni volta ad una nuova varietà degli altri, in modo che l’adattamento reciproco sia garantito all’interno dell’equilibrio dell’ecosistema.

• Ogni specie vivente costituisce un anello in una catena alimentare. La complessità delle catene alimentari deve essere sufficiente a garantire il 100 percento del riciclaggio delle sostanze, ma allo stesso tempo non deve superare il limite oltre il quale l’energia solare, immagazzinata negli zuccheri e nei grassi, viene completamente esaurita nella successione dei consumi. Ogni specie ha una funzione fondamentale nel chiudere i flussi circolari dell’economia naturale.

• Come si è visto, l’ambiente cambia continuamente: maggiore è la varietà di specie presenti in un ecosistema, meglio questo ecosistema riuscirà ad adattarsi e a tener testa ai cambiamenti dell’ambiente. Ogni nuova varietà biologica corrisponde infatti alla possibilità della natura di occupare una nicchia vuota. Ciò che oggi sembra essere inutile, può avere una funzione decisiva domani.

La natura ha quindi già imparato che la globalizzazione e l’omologazione sono la strada sbagliata. Non si possono risolvere problemi diversi, in luoghi e in tempi diversi, utilizzando sempre la stessa soluzione. La varietà biologica (e non il potere di una specie sulle altre) è il fondamento della forza riequilibrante della natura, paragonabile ad una fitta rete di fili, che si

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intersecano in nodi complessi. Una rete fitta è flessibile, facile da adattare e allo stesso tempo difficile da rompere. Mentre le monoculture sono estremamente vulnerabili, la diversità biologica rende gli ecosistemi più resilienti.

Nulla è inutile in natura, anche quando sembra tale all’uomo. Ci si potrebbe infatti chiedere: a che cosa serve avere cromosomi doppi, se uno solo potrebbe essere più che sufficiente? A che cosa servono due sessi diversi, il maschile e il femminile, se sarebbe molto più semplice fare come i lombrichi, che si riproducono dividendo semplicemente il proprio corpo?

Se la natura si fosse basata solo sugli assunti del funzionalismo, è probabile che l’evoluzione si sarebbe fermata ai batteri. La varietà, la creatività, l’imperfezione, il sentimento, il conflitto, la morte e l’errore, tutto ciò che sembra inutile al funzionamento dell’ordine, ma gioca invece un ruolo fondamentale nella sua evoluzione. Questo è il motivo per cui la natura continua a nutrire anche i parassiti.

Il doppio gene non è solo un elemento di sicurezza contro mutazioni dannose. Il secondo rene non serve solo ad evitare al primo sopralavoro. Il raddoppio garantisce invece il funzionamento del sistema anche durante l’evoluzione, mentre una parte sonda creativamente strade nuove. Attenzione però: in natura non esiste sempre una divisione del lavoro, con professionisti del funzionamento e funzionari del cambiamento. È molto più probabile invece che l’ordine e il mutamento vengano praticati alternativamente dagli stessi elementi, così come teoria e prassi nella concezione marxista dell’uomo.

Anche l’esistenza dei due sessi gioca un ruolo importante nell’evoluzione, perché crea un numero maggiore di combinazioni genetiche, vale a dire fra DNA diversi. Ogni nuova combinazione costituisce a sua volta un nuovo tentativo della natura di sondare nicchie evolutive scoperte.

Tutto lascia quindi pensare che la natura non consideri la diversità e l’apertura evolutiva come un pericolo per l’esistenza – come spesso fanno invece uomini e società. Proprio la diversità e l’apertura costituiscono invece i fondamenti della sua sostenibilità. Al contrario, la semplificazione, l’appiattimento e il livellamento delle differenze riduce invece la resilienza e mette in pericolo ecosistemi - e società. L’apertura non è un sinonimo di negazione di confini, di limiti e di identità, ma la possibilità di relazioni oltre i confini, i limiti e le identità.

Nel documento Sviluppo (in)sostenibile (pagine 20-23)