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Conciliare lavoro e famiglia

Le esigenze di conciliazione hanno trovato un efficace sostegno nella legislazione sia europea che nazionale, oltre che nelle priorità delle politiche del lavoro dell’Unione Europea. Infatti la conciliazione è posta alla base dei programmi comunitari per aumentare la partecipazione al lavoro, in particolare delle donne (obiettivo del 60% nel 2010) e favorire risposte adeguate alle nuove e complesse esigenze di cura e di benessere dei cittadini e delle cittadine. In risposta a queste sollecitazioni strategiche, la conciliazione si propone di riconsiderare il lavoro professionale in termini dinamici secondo le fasi del ciclo di vita familiare e di promuovere una redistribuzione del lavoro di cura sia tra i generi che fra le generazioni.

Attraverso alcune domande la ricerca ha voluto sondare il tema della difficoltà di conciliazione fra i diversi timing della vita quotidiana, quelli legati agli impegni nel lavoro retribuito, nella cura dei figli, nell’assistenza di genitori divenuti fragili, e osservare le tipologie di risorse, formali e non formali, utilizzate per farvi fronte.

Circa il 60% del campione sostiene di avere avuto delle difficoltà nel conciliare i propri impegni di lavoro con i tempi della cura familiare, soprattutto quando i figli sono minori. I figli richiedono tempo ai genitori ed i genitori, come rilevano le indagini nazionali sull’uso del tempo, dedicano sempre più tempo alla loro crescita ed educazione con l’esito da un lato di sottrarre tempo ad altri ambiti (lavoro remunerato, tempo libero, attività fisiologiche) e dall’altro di sovrapporre molte attività, che acuiscono l’intensità e la fatica del ritmo quotidiano. In queste condizioni di criticità, i costi non si distribuiscono in modo uniforme né in relazione al genere, per cui le donne continuano ad avere mediamente giornate più intense ed eterogenee di quelle degli uomini, né lungo l’asse generazionale, con classi di età più sovraccaricate di responsabilità, come quelle adulte.

Tab.20

Difficoltà di conciliazione verso i minori

57,10%

42,90%

si no

Infatti fra le donne il dato raggiunge quasi il 67% a fronte di un 40% delle risposte maschili. Ed è ancora più accentuato nei nuclei monoparentali, quelli composti dalla madre sola con i figli/figlie ma anche fra coloro che, pur non avendo figli, sono del parere gli impegni familiari influiscano negativamente sulle possibilità di avanzamento di carriera. A conferma dei dati Istat, anche nel nostro campione sono le donne più istruite ad ammettere di incontrare difficoltà nella conciliazione fra il lavoro ed i bisogni di cura dei figli minori.

Anche le persone che accudiscono regolarmente anziani o malati vivono condizioni di criticità nel sommare attività lavorativa e attività di cura, che sono fonte di stress e di insoddisfazione non solo per il tempo dedicato al lavoro, al partner, ai figli, ma anche in generale per la qualità della propria vita.

Il 40% del nostro campione si trova coinvolto in questa delicata fase del ciclo di vita personale e familiare, incontrando difficoltà nel bilanciare i tempi della varie attività quotidiane proprio per le richieste di cura provenienti da genitori o parenti non più autosufficienti.

Tab. 21

Difficoltà di conciliazione verso genitori o parenti non autosufficienti

39,10%

60,90%

si no

L’invecchiamento della popolazione che ne rappresenta la conseguenza più evidente è un fenomeno a livello macro, ma soprattutto, come rileva C. Saraceno, comporta un invecchiamento delle parentele, che sposta le domande di cura in direzione della quota più vecchia e fragile della popolazione.

Sono le persone appartenenti alle coorti di età centrali, fra i 50 e i 64 anni, ad essere maggiormente coinvolte in questi dinamici scambi intergenerazionali e nelle responsabilità di cura che ne derivano, sia in direzione delle esigenze dei più giovani, che in direzione di quelle dei più vecchi, sperimentando una condizione di adultità complessa e compressa da una sovrapposizione di ruoli.

Ancora fra il personale regionale il care givers di parenti anziani è principalmente una donna (43.5% a fronte del 31% del dato maschile), inquadrata soprattutto nei livelli medio-bassi, che spesso deve aggiungere al lavoro della doppia presenza, quello oneroso e complesso del “manager della cura” negoziando bisogni, decisioni, disponibilità fra i livelli formali e quelli informali dei servizi di cura per i propri genitori.

Recenti indagini hanno messo in luce proprio le caratteristiche delle interferenze fra famiglia e lavoro nelle età più adulte (Abburrà, Donati, 2007): adulti inseriti tanto nella sfera esterna dell’occupazione e delle attività quanto nella sfera privata delle relazioni personali e familiari; adulti che sono nell’occhio del ciclone delle politiche di riforma del sistema previdenziale che prevedono nuove scadenze della vita lavorativa e sollecitano i dipendenti a continuare ad investire nel lavoro, a confrontarsi con le trasformazioni tecnologiche ed organizzative, ad aggiornare le loro competenze.

Nello stesso tempo adulti che sono in Italia i principali care-givers dei figli che crescono e dei genitori che invecchiano: entrambi, per affrontare le rischiosità delle loro età, fanno affidamento sulle risorse economiche, familiari, di tempo e di salute della generazione di

mezzo, soprannominata efficacemente “generazione pivot”, che deve sommare il compito di rimanere genitori sotto lo stesso tetto di figli-figlie adulti con quello di diventare figli e figlie che fanno da “genitori” ai loro genitori.

Quali risorse sono attivate dai care-givers di minori e di anziani o parenti non più autosufficienti?

Tab. 22

Risorse informali per la cura dei minori

89,30%

10,70%

nonni-nonne amici, vicinato

I dati mostrano quanto continua ad essere intenso il ricorso alla rete di aiuti informale e alla solidarietà intergenerazionale per la cura dei minori.

Quasi il 90% del personale dichiara di affrontare le necessità di conciliazione verso i figli minori ricorrendo all’aiuto dei nonni e delle nonne, a cui aggiungere un 10% di coloro che possono contare su amici e vicini di casa. Questo non vuol dire che i nonni rappresentino l’unica soluzione, ma che fanno parte attiva delle risorse utilizzate dai genitori: per determinate emergenze, in certi periodi dell’anno e quando le articolazioni orarie del lavoro della coppia rendono necessario appoggiarsi sulle loro disponibilità di tempo e di cure in modo più o meno esclusivo.

Oltre ad affidare i bimbi ai nonni e alle nonne, in modo regolare piuttosto che nelle emergenze e nel tempo lasciato libero dagli orari di funzionamento dei servizi socio-educativi per l’infanzia, le dipendenti ed i dipendenti regionali con figli-figlie utilizzano (o hanno utilizzato) l’asilo nido (circa il 30%), le scuole materne (25%), baby sitter (7.6%), tate familiari (circa 6%), garderie (5%) a cui aggiungere un 25% di coloro che fruiscono del servizio di tempo pieno scolastico.

Tab. 23

Risorse formali per la cura dei minori

29%

25%

27%

8%

6% 5%

Asili nido Scuole materne Tempi pieno scolastico Baby sitter

Tate familiari Garderie

I dati confermano che le strategie di cura utilizzate dalle coppie con figli si diversificano molto in relazione all’età di questi ultimi: quando sono molto piccoli, entro i due anni di vita, i nonni sono i principali fornitori di aiuto, con percentuali vicino al 60% nel Nord Ovest del Paese; l’asilo pubblico e privato sono la riposta per un quarto circa delle famiglie e le baby sitter per poco più dell’8%. Quando i figli sono in età prescolare aumenta la proporzione delle famiglie che si avvalgono dei servizi, sia pubblici che privati, e continua ad essere elevato il ricorso ai nonni. In età scolare, dopo le ore trascorse nella scuola dell’obbligo, i bambini vengono lasciati soli in casa molto più spesso.

Il ricorso così diffuso agli aiuti forniti dai nonni segnala da un lato l’inadeguatezza delle reti formali rappresentate dai servizi per l’infanzia, pur in una regione a welfare avanzato come la Regione Valle d’Aosta, dall’altro evidenzia come, in assenza di pacchetti più generosi in termini di welfare, le risorse private delle famiglie tendano a mantenere inalterate le diseguaglianze sociali oltre ad esaurire le stesse disponibilità di tempo dei nonni e soprattutto delle nonne che fra alcuni anni potrebbero assottigliarsi, causando deficit di cura difficilmente sostituibili.

In questa direzione risulta evidente che politiche del lavoro, politiche sociali e politiche previdenziali non possano disgiungersi se si vuole rispondere alle nuove domande di cura che l’invecchiamento della popolazione, unito all’invecchiamento delle parentele, determinerà.

Anche la cura delle persone non autosufficienti trova risposte nelle pieghe del welfare familistico che caratterizza il nostro Paese, con le famiglie che rispondono con una complessa combinazione di risorse informali, gratuite o pagate, e formali, tuttora territorialmente disomogenee.

Un recente film13 ha tracciato un affresco convincente di una situazione che molte donne e uomini di mezza età già vivono. Anziché avviati a prendere posto nel cosiddetto “nido vuoto”, uomini come Gianni, il protagonista del film, e soprattutto le donne di mezza età reggono e vivono una fase dove le necessità di cura dei genitori anziani sembrano rendere impossibile mantenere un’occupazione e una vita relazionale e familiare propria (non parliamo di tempo per sé!).

La questione della conciliazione delle responsabilità familiari e del lavoro remunerato non riesce nel nostro paese ad acquisire una giusta rilevanza, in particolare quando le esigenze di cura riguardano anziani fragili.

Eppure gli obiettivi europei della strategia di Lisbona prevedono un incremento proprio dell’occupazione di quei soggetti che sono i tradizionali care-givers delle persone anziane, ovvero le donne (il tasso di occupazione femminile dovrebbe crescere in Italia di 13 punti per passare dall’attuale 47% al 60%) e i cosiddetti “older workers” (tra gli over 55 il tasso di occupazione dovrebbe aumentare di quasi 20 punti per raggiungere l’obiettivo del 50%).

Inoltre, come previsto negli stessi orientamenti legislativi la conciliazione non ha solo un obiettivo di riequilibrio delle responsabilità familiari e lavorative, ma mette in luce anche una domanda di tempo da dedicare ad altre dimensioni, altrettanto essenziali per la qualità di vita, dentro e fuori i luoghi di lavoro. È del 2008 la ricerca della Fondazione di Dublino14 che indica che le condizioni lavorative devono sempre di più incorporare gradi di compatibilità per consentire a chi lavora la contemporanea partecipazione ad attività di istruzione, formazione e alle attività di riproduzione e cura delle persone.

Sommando il ruolo gratuito dei parenti (71%) a quello delle badanti, che sono un servizio informale pagato dalle famiglie (21%), constatiamo che il benessere dei parenti più fragili è affidato dai dipendenti regionali prevalentemente alle proprie risorse, materiali, familiari e soprattutto di tempo.

13 Si tratta del film: “Pranzo di ferragosto” del regista Gianni Di Gregorio, premiato al festival del cinema di Venezia, edizione 2008.

14 European Foundation For The Improvement Of Living And Working Conditions, Working conditions of an ageing workforce, Luxembourg, 2008.

Tab. 24

Risorse informali per la cura di genitori e parenti

71%

21%

8%

parenti badanti vicinato

I dipendenti e le dipendenti regionali che si affidano a strutture sanitarie e socio-assistenziali presenti nel territorio utilizzano principalmente servizi di assistenza domiciliare (63%), micro-comunità e case di riposo (17.2%), centri diurni (8.5%), Rsa (residenze sanitarie assistite) (6.2%) e centri sociali per anziani (4.6%).

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