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Lo sportello conciliazione e le politiche territoriali

Le preferenze espresse dai lavoratori e dalle lavoratrici per meglio bilanciare i loro molteplici ruoli e responsabilità disegnano la necessità di azioni diversificate, che coinvolgano diversi aspetti della vita quotidiana, su cui l’attore Regione è chiamato a produrre uno sforzo ideativo sia nel ruolo di datore di lavoro che nelle funzioni di governo del territorio.

La visione ampia della conciliazione, indicata sia dalle raccomandazioni europee sia dalla legislazione nazionale, considera la ricerca di un miglior equilibrio fra i diversi ambiti della vita un problema non solo delle donne, ma una condizione per garantire alle persone, nelle diverse età e fasi biografiche, margini di libertà e di scelta con i quali comporre la loro esistenza e fronteggiare le varie e mutevoli rischiosità del vivere (capacità di agency degli individui).

La conciliazione non è pertanto una condizione soggettiva, individuale o di genere, come sottolinea il rapporto Isfol, ma l’esito di un complesso di politiche in grado di offrire risposte articolate e flessibili a esigenze che si differenziano in relazione al ciclo della vita lavorativa e alle fasi della vita personale e familiare. Le politiche devono, quindi, prima di tutto disegnare una strategia capace di rimuovere gli ostacoli rappresentati dalle discriminazioni e dagli svantaggi che ancora pesano soprattutto sul genere femminile e che impediscono alle donne a gli uomini di agire e scegliere in modo consapevole.

Come suggerisce il Consiglio Europeo occorre creare le condizioni per “vivere il territorio come risorsa in cui si integrano i valori in una visione programmatica costruita per obiettivi condivisibili e concertati”. Sono pertanto molteplici le politiche e le azioni di governo di un territorio che possono migliorare le strategie di conciliazioni di coloro che vi abitano: da quelle familiari a quelle sociali, del lavoro e della sua organizzazione, della scuola e dei trasporti, a quelle di pianificazione urbanistica e di promozione culturale.

A livello individuale, come anche la presente ricerca ha contribuito a far emergere, si delineano sia i vari problemi e le specifiche necessità ma anche le risposte adattative dei soggetti, la loro capacità di comporre le risorse, poche o molte, per rispondere a domande di benessere e di cura che continuano a crescere, e richiedono costante interpretazione e ridefinizione, in contesti che rimangono tenacemente resistenti e rigidi.

I lavoratori e le lavoratrici ci hanno tratteggiato attraverso le loro risposte ai questionari e le testimonianze nei focus groups, la dimensione profondamente organizzativa delle loro strategie di conciliazione, che li porta a mettere in essere combinazioni inedite e flessibili delle varie risorse, decidendo fra opzioni alternative e affrontano difficoltà impreviste.

Come li definisce L. Balbo, sono attori coinvolti in meccanismi di apprendimento, di auto-organizzazione, di “agency” entro contesti mutevoli, flessibili, spesso precari, quando non

“unfriendly”!

Queste competenze diffuse sono conoscenze utili per ripensare al funzionamento organizzativo dei vari settori e uffici, perché nascono come soluzioni individuate dai lavoratori e dalle lavoratrici, insieme spesso a colleghi e responsabili, nella pratica quotidiana di negoziazione fra esigenze di flessibilità personali e obiettivi aziendali: vanno fatte emergere dall’informale attraverso un coinvolgimento che faccia prevalere le soluzioni positive individuate per garantire opportunità per tutti, con risposte flessibili e diversificate secondo i vari bisogni.

Potrebbe essere questa una indicazione utile per il funzionamento dello sportello conciliazione, istituito nell’ente alcuni anni fa e che ha al suo attivo oltre 600 contatti di richieste di informazioni e aggiornamento sulla normativa e le politiche aziendali in materia di conciliazione. Più di 1000 dipendenti conoscono l’attività dello sportello: è un servizio recente che si è rapidamente radicato nella struttura regionale.

Tutti coloro che si sono rivolti allo sportello ne danno un giudizio molto positivo: è un servizio necessario, ben impostato e da migliorare.

Valutazioni del servizio “Sportello per la conciliazione”:

- è un servizio necessario: 63%

- è un servizio ben impostato: 17,4%

- è un servizio da migliorare: 19.6%

Sulla base delle risposte rilevate si potrebbe pensare di attribuire al servizio un commitment più elevato da parte del vertice della Regione.

Da un lato si suggerisce, infatti, di mantenerne la sua funzione essenziale di punto informativo per favorire la cultura della conciliazione come azione organizzativa consapevole a tutti i livelli dell’ente; dall’altro di farlo evolvere come un punto di competenza capace di monitorare le soluzioni e le risposte individuate nei vari settori, di accogliere le indicazioni del personale e dei responsabili, di fornire dati utili per delineare strategie finalizzate alle politiche di conciliazione all’interno dell’ente, avendo attenzione anche all’osservazione dell’ambito delle risorse e politiche territoriali.

Qui si inserisce un secondo livello di azione per l’ente regione, che è quello che deriva dalle responsabilità in materia di produzione normativa e di funzioni amministrative.

Le indicazioni vengono dall’Isfol, con riferimento a due specifiche leggi: la legge n.

53/2000 per prevedere incentivi finanziari per i Comuni per predisporre i piani territoriali degli orari e della costituzione delle banche dei tempi; istituire comitati tecnici composti da esperti sempre in tema di piani territoriali e di valutazione degli effetti sulle comunità locali e la promozione di corsi di qualificazione del personale impegnato nella progettazione dei piani territoriali degli orari. A cui aggiungere una funzione di sollecitazione verso altri attori territoriali per promuovere lo sviluppo di azioni di conciliazione intese come politiche per la vita attiva intesa, nell’accezione degli organismi internazionali, come complesso di responsabilità sia verso la produzione dei reddito che la cura ed il benessere di minori e di anziani.

In riferimento invece alla legge n. 328/2000 le regioni esercitano le funzioni di programmazione coordinamento e indirizzo degli interventi sociali e adozione del Piano sociale Regionale. In questo ambito ha la funzione di definire politiche integrate e sperimentare modelli innovativi di servizi, metodi e strumenti.

Anche considerando questi strumenti, la Regione potrebbe farsi promotrice di una maggiore integrazione fra le politiche del lavoro, quelle sociali, scolastiche, delle pari opportunità, perché si realizzino iniziative concertate di potenziamento della rete dei servizi socio-educativi per i minori, centri estivi, si potenzi l’assistenza domiciliare per gli anziani ed i servizi di sollievo per coloro che si prendono cura di loro, per migliorare l’efficienza del sistema dei trasporti, per istituire dei piani orario a livello di comunità montane che prevedano anche un forte ruolo del volontariato.

Gli sforzi richiesti al nostro Paese dai processi di cambiamento demografico e sociale sono ancora notevoli in tema di politiche per le famiglie e per le pari opportunità: in assenza di leggi quadro nazionali, sono soprattutto le politiche locali a dare risposte ai bisogni delle famiglie. Alcuni territori, come la valle d’Aosta, hanno assunto impegni di spesa consistenti e promosso diverse e interessanti forme di auto organizzazione delle famiglie.

17Occorre migliorare ancora, in questa direzione, l’offerta pubblica dei servizi in funzione del crescente ingresso delle donne nel mercato del lavoro e per sostenere le responsabilità negli impegni di lavoro e di cura che donne e uomini devono e vogliono assumersi, indipendentemente dal tipo di famiglia in cui vivono e in una prospettiva di affermazione delle pari opportunità.

17 Art. 20 Legge Regionale n. 44/1998 “Iniziative a favore della famiglia”, modificato dalla DGR n.

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