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CONCLUSIONI: QUALE AUTONOMIA

3 LA VITA QUOTIDIANA DEI BAMBINI 3.1 La popolazione studiata

Tavola 11 Durata delle attività in percentuale sulle 24h per livello di autonomia

4. CONCLUSIONI: QUALE AUTONOMIA

I risultati dell’indagine effettuata con i bambini di quinta elementare consegnano una molteplicità di dati e informazioni che in parte confermano le ipotesi di base e le teorie condivise in letteratura di settore e in parte consegnano nuovi e interessanti spunti di riflessione.

Si è partiti dall’immagine, proposta dalle recenti ricerche sull’uso del tempo quotidiano, di un bambino espulso dalla città e ritirato a vita privata, che impiega il suo tempo in modo costruito, programmato, rigido ed iper-articolato, che è eccessivamente protetto e controllato, che non ha margini di libera espressione e autonomia in alcuna attività svolta (compresa quella ludica).

Gli interrogativi posti alla base del lavoro di ricerca sono stati dunque i seguenti: la suddetta immagine del bambino contemporaneo è generalizzabile a tutti i bambini italiani, ovvero anche a bambini residenti in centri medio-piccoli del centro-sud Italia caratterizzati da un complessivo stato di tranquillità e benessere? Se si, che margine di tempo libero, e liberato, essi hanno nell’arco delle 24 ore di una giornata tipo? All’interno di questo lasso di tempo, sono realmente liberi di esprimersi, quindi autonomi? Si può affermare che autonomia e tempo libero sono interdipendenti? Quali sono, infine, i fattori che influiscono sull’autonomia?

L’analisi è stata effettuata sui risultati di un’indagine censuaria condotta con bambini di quinta elementare. La scelta di questo criterio di inclusione è stata dettata dalla opinione che tali bambini rappresentino un gruppo particolare, della categoria infanzia, in termini di autonomia: vivendo infatti una fase della vita “di transizione” da un ordine scolastico ad un altro, con tutto ciò che ne consegue in termini di competenze come pure di permessi, abitudini, ecc., hanno un livello di autonomia, intesa come autodeterminazione e autogestione, molto labile (Vogler, Crivello et al., 2008; Istat, 2007a; Hillman, Adams et al., 1990).

L’interpretazione data alle numerose informazioni rilevate attraverso le tecniche proprie delle Indagini di uso del tempo ha consegnato il seguente quadro.

In riferimento alla gestione del tempo quotidiano infantile a tutto tondo, i risultati sono in linea con la letteratura, e mostrano che la quasi totalità di esso è caratterizzata da una precisa scansione tra una molteplicità di attività (Belloni e Carriero, 2007). In riferimento alla mattina si evince una certa routine quotidiana, simile a quella degli adulti (parallelismo nei tempi della sveglia, dell’uscire di casa, dello stare a scuola/posto di lavoro, del rientro a casa e del pranzo). In riferimento alle ore pomeridiane (fascia oraria che va dalle 14,00 alle 20,00) risulta che i bambini sono impegnati nei compiti scolastici, quindi si dedicano al gioco, frequentano corsi strutturati, si spostano, guardano la televisione, si intrattengono con passatempi tecnologici e fanno vita sociale. Nelle ore serali, infine, si evince che la maggior parte è impegnata in attività di cura personale (cena e preparazione per la notte) e guarda la televisione. Dalle 24,00 alle 6,00, infne, dormono tutti.

Dall’analisi del tempo quotidiano mediamente impiegato dalla nostra Popolazione nelle diverse attività risulta, tuttavia, che nei giorni feriali le attività principali necessarie, o obbligate, predominano: in percentuale sulle 24 ore, esse coprono l’83% circa del totale. Il tempo dedicato ad “attività libere”, non connotate cioè da obbligo, è invece molto limitato, essendo pari solo al 17% del totale, e si manifesta principalmente in luoghi e in attività al chiuso. Il suddetto tempo libero si riduce ulteriormente se considerato in riferimento alla assenza di supervisione e controllo da parte degli adulti: risulta, infatti, realmente “tempo liberato”, ossia emancipato sia da obbligo sia da adulti, solo il 3% del tempo quotidiano di un bambino di 11 anni. Si è, dunque, perso il cosiddetto “tempo perso” proprio dei bambini? Il tempo del bambino ha realmente smarrito le sue tre condizioni fondamentali individuate da Francesco Tonucci (2005), ossia la disponibilità di tempo, di spazio pubblico, di autonomia? Purtroppo la risposta è affermativa: il tempo libero è quasi interamente organizzato, lo spazio pubblico è praticato pochissimo, l’autonomia è pressochè assente essendo l’adulto sempre partecipe o vigile.

Tutto ciò può avere ripercussioni negative: “Se un adulto è presente il bambino non correre alcun rischio (l'adulto è lì apposta per evitare che ciò accada) e non può esplorare, scoprire, o sorprendersi, dal momento che l'adulto è lì anche con il proposito di spiegare, anticipare e rispondere (…). Inoltre i bambini non hanno nulla di speciale e unico da raccontare più tardi, dal momento che tutto ciò che hanno fatto durante la giornata è stato in presenza di altri testimoni e vigilanti” (Tonucci, 2005: 188). Così il bambino, deprivato della giusta libertà, spontaneità e spensieratezza in un una fase di crescita in cui l’autodeterminazione è considerata di fondamentale importanza, avrà serie ripercussioni nel suo benessere fisico, cognitivo, emotivo e sociale sia nell’immediato sia nel futuro (Hillman, Adams et al., 1990; Larson e Verma, 1999; Tonucci, 2005; Ginsburg, 2006; Paglieri, 2006; Gleave, 2009). I genitori non sembrano tuttavia condividere tali osservazioni, avendo la maggior parte degli stessi dichiarato che il proprio ruolo genitoriale è di controllare e proteggere il bambino (il 71%) piuttosto che di favorirne l’autonomia (21%).

In riferimento alle modalità di uso del tempo libero o discrezionale e ai livelli di autonomia posseduti dal bambino (così come definiti e analizzati nel presente lavoro), l’analisi dei dati a disposizione dimostra che ad un maggior livello di autonomia corrisponde una maggiore disponibilità di tempo libero. Ciò può significare che avere determinate caratteristiche permette al bambino di disporre di un maggior margine di autogestione del tempo giornaliero. Quali sono queste caratteristiche? Poiché in letteratura non sono presenti tracce esplicative al riguardo, né è disponibile una definizione chiara ed univoca del concetto di autonomia, nel presente lavoro sono state esaminate alcune variabili significative che, combinate tra loro in un unico indicatore, hanno consegnato una interessante traccia interpretativa dell’autonomia dei bambini di quinta elementare. Il bambino più autonomo è quello che ha fratelli e/o sorelle ed ha un’età centrale rispetto agli stessi: ciò può voler dire essere meno “iper- protetto” dai genitori, essere considerato meno come un luxury good da crescere in modo “iper-programmato”, significa avere maggiori possibilità di confronto con bambini/ragazzi di età diverse. Il bambino più autonomo è, ancora, il bambino che ha una madre che lavora regolarmente, e che certamente non ha la possibilità di stare ininterrottamente con il bambino, sorvegliarlo in ogni momento della giornata o

accompagnarlo ovunque. È un bambino, quindi, che è responsabilizzato nelle varie azioni di vita quotidiana (es. spostamenti, uso delle chiavi di casa, ecc.). Tale tesi viene confermata anche da un’altra caratteristica del bambino più autonomo: il non poter contare su alcuna rete familiare e sociale di supporto esterna al nucleo per la cura quotidiana ordianaria o straordianaria. Tale aspetto dimostra, pertanto, che l’avere parenti a disposizione, nonni ad esempio, che si sostituiscono al genitore iper- protettivo laddove questi è impegnato in altro, genera livelli di autogestione e autodeterminazione molto bassi. Il bambino più autonomo ha, inoltre, una madre piuttosto giovane, un padre piuttosto anziano. Ciò vuol dire che, probabilmente, la giovane età delle madri consente alle stesse di essere meno “debitrici” alla vita per aver ricevuto un dono tanto prezioso come un figlio (effetto dell’alto tasso di denatalità presente nel Paese) e di essere meno dipendenti dalla vita dello stesso figlio in termini di realizzazione, investimenti, speranze, ecc. L’età più avanzata del padre, nello stesso tempo, può incidere positivamente in termini di autonomia del bambino in virtù di una maggiore saggezza legata all’esperienza. Il bambino più autonomo è, ancora, quello la cui famiglia è ricca o benestante, quindi è in una condizione economica e sociale considerabile positiva. Ciò può voler dire che i genitori, probabilmente occupati lavorativamente, ammettono per necessità una maggiore emancipazione del bambino negli ordinari atti di vita quotidiana; può voler dire, inoltre, che il bambino gode di un tenore di vita piuttosto elevato, che gli consente sia di disporre e gestire liberamente di maggiori beni (es. denaro) sia di poter contare su un menage familiare che, non condizionato negativamente da preoccupazioni economiche, ha la possibilità di seguire la sua crescita quotidiana in modo ragionato. Infine, il bambino più autonomo ha dei genitori che non hanno la fobia dell’estraneo (stranger danger) e che quindi lo guidano verso l’autodeterminazione e l’espressione libera, magari con la concessione di un’ “autonomia controllata”.

Nel complesso, si può sostenere che genitori (madri in particolare) più indipendenti hanno figli più indipendenti.

Purtroppo, come già sottolineato, non è possibile in questa sede effettuare delle comparazioni con altri dati e altre popolazioni, non essendo disponibili allo stato attuale informazioni analoghe in merito al tema indagato, ma l’auspicio è che nel

prossimo futuro ciò venga fatto. Ulteriori analisi potranno, inoltre, essere condotte sui dati ottenuti sia per approfondire il tema affrontato sia per indagare su temi diversi. Una riflessione sugli aspetti della vita quotidiana dei bambini partendo dalla ordinaria organizzazione dei tempi e degli spazi giornalieri degli stessi può comunque sostenere la pianificazione di nuove politiche più attente alle esigenze e richieste del bambino, nonché della famiglia, della città e della società.