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Conclusioni

Nel documento Come mi comp...orto? (pagine 39-43)

Per trarre le conclusioni della mia ricerca, inizierò dal riprendere la domanda iniziale:

In che modo una didattica per progetti, basata sulla divisione del lavoro a gruppi distinti, permette di motivare gli allievi e di promuovere competenze trasversali e disciplinari in una classe considerata sfidante?

Tutto il percorso dell’orto è stato costruito cercando di dare grande spazio ai singoli e ai loro interessi, permettendomi di valorizzare ogni componente della classe nelle sue diversità. Le dinamiche all’interno della classe sono migliorate, così come la gestione del gruppo. Questo cambiamento non posso con certezza attribuirlo unicamente al “progetto orto”, ma certamente questo ha aiutato lo sviluppo delle competenze trasversali e ha favorito il lavoro cooperativo. In particolare sono sicura, invece, che tale progetto ha senz'altro aumentato la motivazione al lavoro dei miei allievi e ha fatto sì che tra gli stessi si creasse una forte sinergia.

Quest’aspetto va dunque a confermare la mia ipotesi iniziale, ovvero che lavorare perseguendo una pedagogia per progetti basata sulle tecniche di Freinet, potesse incentivare gli allievi a trovare delle risposte a una problematica comune iniziale, stimolati anche dall’idea di poter lavorare con i propri pari.

Grazie alla didattica per progetti e alla differenziazione degli apprendimenti nei quattro gruppi, gli allievi, come confermano le mie osservazioni e i vari strumenti di raccolta dati, sono riusciti ad andare maggiormente d’accordo e a tralasciare tutte quelle piccole liti e incomprensioni che caratterizzavano il clima della classe prima dell’inizio del progetto. Quanto affermato ritrova nuovamente conferma nelle parole di Freinet (1969), che sostanzialmente scriveva che le fondamenta di una pedagogia per progetti le ritroviamo motivando il lavoro degli allievi, dunque facendo compiere agli stessi un lavoro vivo che sfocia in un reale prodotto. Parafrasando Freinet, ritengo che grazie a questa ricerca, caratterizzata da sperimentazioni concrete e lavori pratici, una nuova vita sia penetrata nella nostra classe.

Indice di una maggiore motivazione al lavoro sono sicuramente tutti quei momenti in cui quando arrivavo in classe o durante lo svolgimento di attività legate al percorso dell’orto i bambini mi chiedevano:

“Maestra oggi facciamo l’orto?”, “Maestra possiamo far vedere ai compagni che cosa abbiamo scoperto?”.

Ciò viene anche confermato dal momento di verifica finale (creazione dei cartelloni) in cui gli alunni erano visibilmente motivati a raccontare ai compagni le scoperte fatte con il proprio gruppo.

Dare la possibilità ai bambini di lavorare a gruppi avendo molta libertà di scelta ha perciò incoraggiato gli stessi ad agire, ad ascoltarsi per prendere una decisione, a potersi esprimere e confrontare con i propri compagni così come ha dato loro la possibilità di essere parte attiva in un progetto concreto, in cui ognuno è importante e necessario per il funzionamento dello stesso.

Questo progetto ha dato la possibilità anche a quei bambini considerati “sfidanti” di trovare motivazione verso il lavoro e di mostrare alla classe le loro qualità, dimostrandosi per una volta non più elementi di disturbo ma vere e proprie risorse per l’intero progetto. Un chiaro esempio è stato il momento in cui l’allievo che frequenta il CPE ha portato uno spaventapasseri da lui costruito per aiutare il gruppo spaventapasseri. Questo è un indicatore di come l’itinerario didattico abbia catturato l’attenzione dello stesso, motivandolo anche al di fuori della scuola a occuparsi del “progetto orto”.

Lavorare cercando di sviluppare le competenze trasversali del PdS permette di vedere i propri allievi nella loro totalità di persone uno differente dall’altro. Se si cerca di perseguire un lavoro che tiene conto dei bisogni degli allievi si ottiene sicuramente un maggiore tasso d’interesse, dando la possibilità agli stessi di esprimersi liberamente, perché non vincolati a norme e strutture preconfezionate.

A questo proposito Freinet (1969) afferma: “Ecco dunque in che modo, a poco a poco, e partendo dal nulla, siamo passati dai metodi tradizionali ai metodi moderni d’insegnamento. Non si cada in errore: ognuna delle nostre nuove esperienze ci è molto costata di lavoro, ha richiesto molta riflessione e preparazione, ha sollevato molti problemi. Ma questa è la regola del debutto in qualsiasi impresa.” (p. 121)

Grazie a quanto detto dai bambini nel testo libero, si ha una conferma di come una didattica per progetti possa permettere di sviluppare anche competenze disciplinari (in questo caso scientifiche). Questa conclusione è confermata anche da quanto osservato nei prodotti finali (cartelloni, schede e progetto finale).

Limiti

I limiti di una ricerca di questo tipo sono sicuramente legati alle tempistiche. Per portare avanti un progetto così ampio, è necessario avere a disposizione molto tempo. Inoltre, il docente deve anche essere flessibile ai cambiamenti, poiché la didattica per progetti è una metodologia

consapevoli del fatto che le situazioni che si creano non sempre rispecchiano ciò che avevamo pensato inizialmente.

Un altro aspetto riguarda il materiale. Portare avanti questo tipo di ricerca richiede sia la preparazione di vario materiale didattico differenziato, sia quella di materiale concreto per lo svolgimento dei vari esperimenti all’interno dei gruppi. A dipendenza dell’istituto e della classe in cui ci si trova ad operare, non sempre è possibile acquistare materiali e perseguire una didattica differenziata.

Un ultimo limite riguarda il contesto. La creazione di un orto didattico implica un posto di lavoro in cui gli spazi ne permettano la coltivazione, purtroppo non tutte le scuole hanno a disposizione degli spazi per questo scopo.

Inoltre, bisogna ricordare che la ricerca presentata è una ricerca qualitativa basata sulla ricerca-azione affrontata con un campione di riferimento di soli diciassette alunni, dunque i dati riportati non possono essere generalizzati.

Possibili sviluppi

Ritengo che la presente ricerca offra molte possibilità di sviluppo. Il primo, fondamentale, sarà quello di uscire dall’aula per iniziare la coltivazione all’esterno.

Un progetto di questo tipo può anche andare avanti per tutti gli anni di scolarizzazione elementare. Mediante la creazione di turni di lavoro si potrebbe pensare di curare l’orto scolastico anche durante l’estate, per poi ritornare a scuola in settembre e continuare il percorso, andando ad approfondire tutti gli aspetti scientifici che un ecosistema di questo tipo comporta. Il “progetto orto” nel secondo ciclo può diventare altresì uno strumento interdisciplinare interessante, in cui discipline come matematica e italiano ne entrano a far parte. Il calcolo del perimetro e della superficie, il testo descrittivo come quello narrativo, sono solo alcune delle proposte didattiche che possono ampliare il percorso sull’orto.

Inoltre, il focus sulle competenze trasversali rimane sempre acceso, tematiche come la collaborazione, lo sviluppo dell’autonomia e della comunicazione non si estinguono così brevemente e uno strumento didattico multidisciplinare come l’orto ne permette il continuo sviluppo.

Nel documento Come mi comp...orto? (pagine 39-43)

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