• Non ci sono risultati.

Come mi comp...orto?

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Come mi comp...orto?"

Copied!
134
0
0

Testo completo

(1)

TESI DI BACHELOR DI

CATERINA MEYER

BACHELOR OF ARTS IN INSEGNAMENTO PER IL LIVELLO ELEMENTARE

ANNO ACCADEMICO 2017/2018

COME MI COMP...ORTO?

PROGETTO ORTO PER LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE

TRASVERSALI

RELATORE

(2)
(3)

I miei più sinceri ringraziamenti vanno a:

Alessio Carmine e Daniele Milani per avermi aiutata e sostenuta, credendo nelle potenzialità di questo lavoro di ricerca.

Tiago Poretti per il lavoro di collaborazione, lo scambio di opinioni e il sostegno grazie ai quali questo progetto si è trasformato in qualcosa di concreto.

Gli allievi della 2A, gli esperti ortolani protagonisti della ricerca.

Le donne della mia famiglia, coraggiose e curiose che mi hanno insegnato l’impegno e mi hanno trasmesso l’amore per la Natura.

(4)
(5)

Abstract

Caterina Meyer

Bachelor of arts in Insegnamento per il livello elementare

Come mi comp...orto?

Alessio Carmine

Il presente lavoro di ricerca documenta un progetto svolto nella classe seconda di Lamone. Attraverso la pedagogia per progetto, guidata dalle tecniche di Freneit, si è cercato di avvicinare i bambini alla riflessione sul lavoro cooperativo e tramite la realizzazione di un orto scolastico. Attraverso il lavoro a gruppi gli allievi hanno imparato a curare un orto, sperimentando quali siano le condizioni migliori di crescita per un seme, costruendo un sistema d’irrigazione e uno spaventapasseri, con l’obiettivo finale di poter preparare con le piantine dell’orto aromatico un tè per la festa di fine anno.

L’analisi dei dati è stata effettuata con un approccio qualitativo tipico della ricerca-azione. Lo strumento principale per l’analisi sono state le osservazioni del docente durante lo svolgimento delle attività, accompagnate da momenti di metariflessione sulla collaborazione, un questionario con domande aperte e la redazione di un testo libero.

I risultati ottenuti dimostrano come, perseguendo una didattica per progetti, basata sulla divisione del lavoro in gruppi, questa motivi gli allievi e li metta in condizione di sviluppare sia competenze trasversali quali la collaborazione, l’autonomia e la comunicazione, sia competenze scientifiche.

(6)
(7)

Sommario

1. Introduzione ... 1

1.2. La domanda di ricerca ... 3

2. Quadro teorico di riferimento ... 4

2.2. La didattica per progetto ... 6

2.3. Le competenze trasversali del Piano di Studio della scuola dell’obbligo ticinese ... 9

2.4. La differenziazione e il lavoro a gruppi ... 10

3. Quadro metodologico ... 13

3.1. Ricerca azione ... 13

3.2. Il campione di riferimento ... 13

3.3. Strumenti e tecniche per l’analisi degli interventi ... 14

3.4. I luoghi di lavoro ... 15

3.5. Strategie didattiche ... 15

3.5.1. I brevetti ... 15

3.5.2. La differenziazione del lavoro a gruppi ... 16

4. Descrizione del progetto ... 17

4.1. Aspetti motivazionali: l’orto dei miei sogni ... 18

4.2. L’intervista ... 18

4.3. I brevetti ... 19

4.4. La presentazione del progetto e la scelta dei gruppi ... 19

4.5. Il diario dell’orto ... 20

4.6. Lancio della situazione problema ... 20

4.7. Riflessione sulla collaborazione ... 21

4.8. La condivisione delle scoperte ... 21

4.9. Sviluppo – Brevetto del buon ortolano, siamo pronti a piantare! ... 22

(8)

5.1. L’osservazione in classe ... 23

5.2. Il questionario ... 26

5.3. La sintesi dei momenti di metariflessione prima e dopo gli interventi ... 27

5.4. Le produzioni degli allievi ... 28

6. Conclusioni ... 31

7. Bibliografia ... 35

8. Allegati ... 37

Sommario allegati ... 37

(9)

1. Introduzione

1.1. Da dove nasce questo progetto

Dopo le prime settimane di scuola trascorse nella seconda elementare di Lamone, mi sono da subito accorta che alcune dinamiche instauratesi tra i bambini già dal primo anno scolastico, rendevano particolarmente difficoltosa la gestione della classe.

Dovendo compiere una scelta riguardo al tema da trattare nel lavoro di diploma, ho iniziato a interrogarmi su vari aspetti che caratterizzano il contesto in cui mi trovo a lavorare, come ad esempio la gestione di situazioni difficili o di momenti caotici. Viste le particolari dinamiche di questo gruppo, ho deciso che avrei focalizzato la ricerca del mio lavoro di diploma nel trovare una nuova strategia per migliorare la gestione del gruppo, così da poter rendere il clima di classe più calmo e coeso. Ma come trattare questa tematica cercando di tenere alta la motivazione degli allievi? Quali le strade percorribili?

Spesso, di fronte a una classe problematica si pensa che un approccio frontale, strutturato e ritmato in tutte le sue parti sia un metodo di lavoro efficace per entrambi gli attori coinvolti. Mi sembrava però una scelta facile e già sperimentata in precedenza, accorgendomi anche dei limiti che questo approccio comporta per quel che concerne lo sviluppo di competenze, soprattutto trasversali. Per la mia crescita personale e per il mio sviluppo professionale volevo provare qualcosa di diverso. Volevo uscire da questa logica e da questo paradigma, sentivo il bisogno di realizzare un progetto che andasse veramente a valorizzare le differenze di questi bambini, cambiando le mie e le loro prospettive al fine di trovare una nuova strategia vincente.

Poiché nell’istituto in cui lavoro il tema di ambiente per le classi del primo ciclo è il sottosuolo, ho iniziato a riflettere proprio su questo: l’ambiente naturale.

Pensando alla mia infanzia, ai tempi in cui ero bambina, ciò che subito mi torna in mente sono le lunghe giornate passate in giardino, insieme ai cugini, sugli alberi ad arrampicarsi, a osservare quello che ci circondava, le varie “pozioni magiche” create dal miscuglio di petali di fiori. Ricordo quei momenti come i più spensierati della mia vita, dove non esistevano problemi e malumori, dove la Natura che mi circondava era l’unica a potersi mettere in contatto con me.

Entrando in relazione con questi bambini disarmonici, ho pensato che una buona soluzione per il loro animo, a volte rabbioso, a volte demotivato, sarebbe potuta essere quella di fargli “lavorare la terra”. Durante la realizzazione di questo lavoro di diploma, i bambini non sono perciò stati immersi unicamente in un percorso didattico costituito da singole attività più o meno legate fra

(10)

loro. Alla base di questa ricerca vi è un progetto di più ampio respiro: la realizzazione dell’orto di sede.

Confrontandomi con il mio compagno Tiago Poretti ci siamo subito accorti di trovarci in situazioni analoghe e, quando abbiamo scoperto di avere entrambi la possibilità di coltivare un orto in sede, abbiamo deciso di iniziare questo lavoro in collaborazione. Infatti, lo studio qui presentato è stato progettato comunemente per due classi che stavano vivendo situazioni simili.

Nata l’idea di dare nuova vita all’orto scolastico si è dovuto pensare a come realizzare questo progetto, pensando ad un primo punto: come motivare i miei allievi?

Come afferma Célestin Freinet, pedagogista francese dal quale ho preso ispirazione per la creazione di questa ricerca, era necessario cercare di trovare il modo di compiere un lavoro vivo, nel quale i bambini fossero motivati alla scoperta, alla ricerca e all’esperienza e nel quale i rapporti, tra pari e non, riuscissero a mutare, bisognava creare una nuova atmosfera di classe. (Freinet, 1969)

Attraverso questo “progetto orto” l’intento era quindi quello di sviluppare nei miei allievi un maggiore senso di cooperazione, autonomia e motivazione al lavoro, educandoli al contempo ad avere pazienza. Ritengo che questi siano apprendimenti fondamentali di educazione alla cittadinanza che gli allievi devono poter sviluppare per diventare in futuro membri attivi della nostra società.

Citando Vanzo et al., “La natura offre un modello: non è possibile vedere subito gli effetti delle azioni che si compiono. Per osservare i cambiamenti occorre molto tempo, ci vuole pazienza, saper attendere: la preparazione del terreno, la semina, la germinazione, la nascita della piantina, lo sbocciare del fiore e la maturazione del frutto comportano momenti di osservazione, riflessione, confronto, attesa.” (Vanzo, Trabuio, Delloste , 2007, p. 4)

Grazie ad alcune letture mirate sull’argomento, come ad esempio “Le mie tecniche” di Célestin Freinet, mi sono resa conto che una didattica per progetti era una via percorribile per quello che stavo cercando. In modo particolare l’autore, grazie all’attivazione di alcune tecniche all’interno di un progetto di classe e svolgendo svariate esperienze pratiche riporta nel suo scritto un miglioramento del clima di classe.

Il “progetto orto” è stato dunque il campo di lavoro in cui concentrare l’attenzione, in modo particolare per dare un senso alla collaborazione tra pari, imparando a convivere all’interno del gruppo-classe.

(11)

1.2. La domanda di ricerca

Da questa idea, nasce quindi la domanda a cui vorrei dare risposta al termine di questo studio: - In che modo una didattica per progetti, basata sulla divisione del lavoro a gruppi distinti,

permette di motivare gli allievi e di promuovere competenze trasversali e disciplinari in una classe considerata sfidante?

(12)

2. Quadro teorico di riferimento

2.1. L’orto didattico

Coltivare un orto didattico non significa limitarsi a riprodurre un orto come potrebbe essere quello che si coltiva durante il tempo libero limitando questa pratica alla produzione di ortaggi. “[...] il senso dell’orticultura didattica a scuola è quello di porre l’orto al servizio dei fabbisogni della scuola e va visto come un laboratorio all’aria aperta [...] ”(Bertoncini, 2015, p.25)

Chiaramente una fortissima componente educativa è legata alla questione ambientale e ad aspetti agronomici attraverso il quale si può apprendere il metodo scientifico.

Le ricerche di Emilio Bertoncini (2015) sulla presenza di orti didattici nel passato ci permettono di avere un panorama più completo, pur limitandosi al solo contesto italiano.

Bertoncini non trova fino al 2004 traccia di progetti aventi una natura organica su scala nazionale. In questo anno Slow Food1 ha proposto il progetto Orto in condotta favorendo attività di educazione alimentare e ambientale.

Nel 2008 la Fondazione Campagna Amica ha proposto percorsi educativi legati all’orto, tale progetto lascia alle scuole che ne aderiscono tanta libertà, non imponendo un percorso strutturato da perseguire. Come sostenuto da Bertoncini (2015) “In questa iniziativa c’è una maggiore attenzione alla scuola e alle proprie esigenze che si concretizza nel tentativo di collegare le attività nell’orto alle didattiche ordinarie.” (p. 13).

Associazioni ambientaliste come WWF e Legambiente hanno proposto iniziative legate all’orticultura, utilizzandola come strumento di educazione alimentare e ambientale dando però importanza anche alla relazione tra uomo e territorio.

Tutti i progetti citati finora avevano come target scuole con terreni coltivabili nelle vicinanze, ma oggi è possibile trovare progetti di questo tipo che mostrano la loro utilità anche in contesti più urbani.

Nel nostro cantone si trovano invece i progetti sostenuti dall’associazione “Orto a Scuola” e dalla fondazione ProSpecieRara. La prima si occupa di promuovere gli orti scolastici nella Svizzera italiana, la seconda promuove la diversità socio-culturale e genetica dei vegetali e degli animali. Le

(13)

due organizzazioni citate, con il sostegno della fondazione Éducation21, hanno redatto il libro “Lo Scrigno dell’Orto – Dossier didattico per realizzare e curare un orto scolastico.”(2016). Il libro propone diverso materiale didattico oltre ad approfondimenti tematici per il docente, portando l’esperienza di chi ha già coltivato e sostenendo gli insegnanti nella realizzazione di un orto didattico.

Oggi l’orto si presta alle scuole anche come strumento per promuovere la multidisciplinarietà. Durante la preparazione e la lavorazione di un orto bisogna osservare, scrivere, manipolare, rappresentare, calcolare e dividere parti di terreno. Questi sono solo alcuni esempi di attività necessarie per l’orticultura che hanno bisogno di materie come matematica, geometria, italiano, disegno e aspetti trasversali legati alla crescita personale come lo sviluppo di capacità organizzative, relazionali e affettive.

“A livello didattico l’orto è uno strumento utile al raggiungimento di diversi obiettivi, conoscenze e competenze di base. Attraverso l’orto è possibile veicolare insegnamenti relativi a differenti discipline.” (Bonura, 2015, p. 9)

Nel caso di questa ricerca l’orto è stato centrale in quanto spunto per riflessioni di carattere trasversale che hanno portato gli allievi a ragionare su aspetti personali come la collaborazione e l’autonomia. Come sostenuto da Bonura (2015) un orto didattico non è infatti l’orto di un solo bambino o del docente ma è l’orto di un intero gruppo, mettendo in luce la componente relazionale: “L’attività [...] orticulturale stimola le capacità affettive, [...] aiuta a migliorare l’autonomia, richiede momenti di progettazione partecipata e la condivisione di microprogetti da parte di ogni componente del gruppo, stimola la persona a formulare proposte sui lavori da eseguire, […] il confronto e la collaborazione, offre un’attività gratificante attraverso lavori creativi e piacevoli.” (p.20)

La coltivazione di un orto offre inoltre la possibilità di apprendere attraverso situazioni complesse e stimolanti, restando ben ancorati ad un progetto reale e praticando esperienze concrete. Operando in questo modo si dà la possibilità ai bambini di creare un legame personale con la natura entrando in relazione con una realtà complessa. Il sapere non è dunque fornito loro in piccole parti semplificate e separate una dall’altra, ma è acquisito partendo da un contesto ampio e stimolante. Come sostiene Nadia Nicoletti (2009) nel libro “L’insalata era nell’orto”, troppo spesso le attività restano slegate dall’esperienza diretta e concreta, restando incomprensibili ai bambini.

La coltivazione di un orto è infatti un’autentica sfida per i bambini e viene fin da subito percepita come realizzabile malgrado le numerose difficoltà e l’oneroso lavoro richiesto. Una situazione così complessa presentata ai bambini è dunque un ottimo stimolo per attuare una pedagogia fondata sui principi della didattica per progetto in cui gli allievi sono chiamati a

(14)

collaborare, progettare e concretizzare le proprie idee perseguendo obiettivi comuni. Questo permette loro di prendersi delle responsabilità allo loro portata e di riflettere sul proprio operato, accrescendo così progressivamente l’autonomia di lavoro.

2.2. La didattica per progetto

Come illustrato precedentemente, questo lavoro di diploma si basa sulla didattica per progetti. Per approfondire questa tematica, il primo riferimento è Célestin Freinet (1969), celebre pedagogista francese che nel libro “Le mie tecniche” ha illustrato e descritto in dettaglio alcune pratiche utilizzate da lui nella scuola primaria, dove il lavoro si innestava su differenti progetti, caratterizzando così il suo approccio. “Storicamente la didattica per progetti trova le sue origini nelle idee di W. H. Kilpatrick che già nel 1918, sulla scia della didattica progressiva di Dewey, individuò le caratteristiche di una didattica finalizzata a creare una continua partecipazione dello studente in forma progettuale.” (Magnoler, 2016, p.2). In questa ricerca il focus verrà posto su quanto illustrato da Freinet.

Secondo Freinet (1969) il lavoro scolastico non interessa più gli allievi perché, non inserendosi più nel loro mondo, richiede per questo motivo la modernizzazione degli strumenti della scuola.

“All’origine delle mie ricerche vi è dunque la necessità in cui mi trovai di migliorare le mie condizioni di lavoro per una possibile maggiore efficacia.” (Freinet, 1969, p. 11)

La didattica per progetti nasce dunque come bisogno di rinnovamento a quello che prima era considerato un lavoro non del tutto funzionale, una didattica più nozionistica e meno applicata, in cui gli allievi erano chiamati a imparare tramite modelli prestabiliti.

Come illustrato da Patrizia Magnoler (2016), la didattica per progetti “nasce come ricerca di un diverso sviluppo della conoscenza, non più e non solo acquisizione di informazioni ma anche la loro contestualizzazione e applicazione.” (p.1)

Perciò quello che risulta importante in questo tipo di didattica è la pratica, l’esperienza concreta, gli svariati tentativi che precedono l’acquisizione di un sapere o il prodotto finale di un progetto legato alla realtà e al contesto in cui vivono i bambini.

Nell’ottica dei cambiamenti scolastici in corso, questa metodologia didattica si avvicina a ciò che viene esplicitato nel Piano di Studi della scuola dell’obbligo (PdS). Sia nell’area tematica delle scienze naturali che nella parte dedicata alle competenze trasversali si parla infatti di applicare delle tipologie didattiche che permettano agli allievi di prendere parte attiva ai progetti proposti

(15)

Con l’introduzione del paradigma dell’insegnamento per competenze diventa essenziale capire come poterle definire. De Vecchi (2000) propone questa definizione: “le competenze corrispondono, in una data situazione, all’impiego da parte degli allievi di un insieme coordinato di conoscenze, di abilità e/o di comportamenti collegati a un’azione.” (p.77)

Un approccio per competenze richiama dunque situazioni più globali, appartenenti al reale che permettono la risoluzione di problemi concreti. Queste situazioni possono essere paragonate a problemi e situazioni di vita quotidiana.

Partendo dalla scelta dalle competenze in relazione al contesto lavorativo, il docente propone situazioni di apprendimento che possono essere complesse (situazioni problema) e durante le sue osservazioni pone l’attenzione anche sui processi, mettendoli sullo stesso piano dei saperi.

“Progettare a scuola vuol dire sottoporre tutte le scelte a verifica empirica. Nel progetto infatti, gli obiettivi educativi e didattici si materializzano in un prodotto concreto e tangibile, che è cosa diversa dal prodotto di apprendimento” (Quartapelle, 1999, citato da Magnoler, 2016, p.1)

Nell’ambito di questo lavoro di diploma, la didattica per progetti permette di attivare differenti aspetti, ovvero:

- Avere una reale motivazione al lavoro

Secondo Freinet è necessario poter sviluppare un prodotto reale e concreto al termine del progetto. L’operato degli allievi non deve quindi essere fine a se stesso. Avere uno scopo reale e concreto con obiettivi da raggiungere crea negli alunni una reale motivazione al lavoro.

“Ristabilendo i circuiti di vita e motivando il lavoro, superiamo ormai la scolastica per raggiungere un’altra ideale forma di attività, che arricchisce e ridona equilibrio, così da preparare la vera cultura.” (Freinet, 1969, p. 21)

- Fare riferimento a una problematica iniziale

La nascita di un progetto è intimamente legata a un problema da risolvere. Per farlo bisogna innanzitutto formulare una prima ipotesi risolutiva. Questa viene poi messa in discussione raccogliendo informazioni interessanti, rivedendo infine l’ipotesi iniziale al fine di prendere nuove decisioni per trovare così una soluzione idonea al problema posto all’inizio (Magnoler, 2016). Questa modalità d’azione ben si identifica anche con il cosiddetto “metodo scientifico” che, seppur in modo semplificato, rappresenta la modalità d’azione in un’indagine scientifica. Anche il nuovo PdS promuove una didattica incentrata sulla

(16)

risoluzione di situazioni problema, attivando così una serie di processi chiave che andranno poi a caratterizzare le diverse competenze sviluppate permettendogli di applicare le nuove conoscenze anche in contesti diversi. “[...] un allievo è da ritenersi competente quando sa affrontare situazioni-problema in un contesto (possibilmente dotato di significato e adeguatamente complesso) analogo ma diverso da quello di apprendimento.” (PdS, 2015, p. 24)

- Condividere e confrontare l’esperienza fatta con il proprio gruppo

Nella condivisione dei risultati e delle ipotesi, ascoltando l’altro, si possono effettuare delle revisioni e delle rielaborazioni personali delle proprie teorie. Il bambino è al centro delle sue scoperte, ma il rapporto tra pari e con il docente è fondamentale per costruire nuove teorie e strategie, che andranno a creare un patrimonio di conoscenza disponibile per la risoluzione di altri problemi e situazioni (Magnoler, 2016).

La condivisione è fondamentale anche per fare in modo che alcuni saperi utili alla creazione del progetto non vengano persi. Attraverso la creazione di una vera e propria “comunità d’apprendimento” i momenti di conversazione e discussione permettono di condividere all’interno di piccoli gruppi e del gruppo classe ciò che viene scoperto e imparato. In questo modo, chiunque ne avesse bisogno può attingere alle diverse informazioni, necessarie alla buona riuscita del progetto.

Comprendendo quali siano le fondamenta di questa metodologia didattica, possiamo dunque capire più precisamente, grazie alla seguente citazione, cosa significa nello specifico perseguire una didattica per progetto:

“Progettare significa perciò attivare contemporaneamente e in sinergia diversi processi cognitivi: osservare, valutare, decidere, simulare, riformulare, costruire teorie, conoscere propri aspetti in relazione al compito, comprendere l’origine delle difficoltà, determinare l’uso degli strumenti e molte altre azioni cognitive e pratiche.”(Magnoler, 2016, p.2)

La didattica per progetti permette allo studente di attivare differenti competenze. Oltre a quelle disciplinari, risultano avere un ruolo di primo piano anche quelle competenze che non possono essere ricondotte ad una singola disciplina, che vengono per questo definite nel PdS come competenze trasversali.

(17)

2.3. Le competenze trasversali del Piano di Studio della scuola dell’obbligo ticinese

All’interno dell’approccio per competenze, come evidenziato nel nuovo PdS, sono state evidenziate tre grandi aree di sviluppo:

- Le competenze disciplinari, che vengono identificate da processi chiave e contenuti che sono definiti all’interno di diverse aree tematiche (italiano, matematica, ambiente, etc.). - Le competenze trasversali, che risultano essere delle competenze che non sono più

riconducibili alle singole discipline, ma che abbracciano lo sviluppo globale dell’allievo. Come competenze trasversali sono identificati: lo sviluppo personale, la collaborazione, la comunicazione, il pensiero riflessivo e critico, il pensiero creativo e le strategie di apprendimento.

- I contesti di formazione generale, ovvero i macro-contenitori adisciplinari che dovrebbero essere il collegamento tra la realtà che vive l’allievo fuori dal contesto scolastico e che ne caratterizzano lo sviluppo globale.

Durante questo lavoro di ricerca le competenze trasversali maggiormente attivate sono: la collaborazione, la comunicazione e il pensiero creativo.

Collaborazione:

“Sviluppare uno spirito cooperativo e le strategie necessarie per lavorare in gruppo.” (PdS, 2015, p.32)

Il bambino sarà chiamato a far parte di un gruppo, partecipando attivamente alla realizzazione di un progetto. Egli dovrà cercare di essere d’aiuto e di dare appoggio ai suoi compagni, tramite la condivisione degli scopi, portando il suo contributo e assumendo un ruolo definito all’interno del proprio gruppo (organizzazione del lavoro cooperativo). “Attraverso un intervento intenzionale e sistematico la scuola e i docenti possono favorire lo sviluppo delle competenze sociali fondate sui valori quali l’affermazione di sé nel rispetto dell’altro, l’apertura all’altro, l’apertura costruttiva al pluralismo e alla non violenza.”(PdS, 2015, p. 32)

Comunicazione:

È opportuno riportare che nel PdS la competenza della comunicazione è presente sia in forma di competenza trasversale, sia come processo chiave nella dimensione ambiente e negli standard di formazione per le scienze naturali Harmos.

(18)

Definizione di comunicazione quale competenza trasversale:

“Saper attivare le informazioni e le risorse che permettono di esprimersi utilizzando diversi tipi di linguaggio a seconda del contesto.” (PdS, 2015, p.34).

Il processo chiave comunicare nella dimensione ambiente è definito invece come segue:

“Il bambino impara a esternare e a comunicare ciò che ha elaborato mentalmente. L’esternazione si manifesta mediante tutti i tipi di linguaggio, da quello verbale a quelli non verbali. Le produzioni coinvolgono il bambino sia a livello individuale, sia a livello collettivo, e necessitano pertanto del coordinamento e della comunicazione di gruppo.” (PdS, 2015, p. 179)

La comunicazione è considerata come l’insieme dell’atteggiamento comunicativo e della sensibilità al contesto. Più nel dettaglio è necessario dapprima identificare uno scopo e un destinatario, per poi ideare e pianificare quanto si vuole comunicare, seguito dall’elaborazione del messaggio e da una sua revisione.

Attraverso il progetto didattico di questa ricerca, i bambini sono stati chiamati ad assumere una comunicazione differenziata (allievo-allievo, docente-allievo, allievo-classe) a dipendenza dei contesti in cui si sono trovati ad operare. È quindi risultato di fondamentale importanza che essi abbiano compreso il motivo dell’atto comunicativo e che abbiano identificato il destinatario, portandoli così al riconoscimento dell’intenzionalità comunicativa.

Pensiero creativo:

“Sviluppare l’inventiva, la fantasia e la flessibilità nell’affrontare situazioni problematiche.” (PdS, p.38, 2015)

Il bambino trovandosi di fronte a delle situazioni problematiche dovrà far fronte alla sua inventiva e alla sua creatività per poter sviluppare delle ipotesi e dei ragionamenti coerenti con quanto richiesto.

2.4. La differenziazione e il lavoro a gruppi 2

Differenziazione

Differenziare il lavoro didattico all’interno dell’aula scolastica significa tenere in considerazione diversi fattori: la differenza tra lavoro autonomo e il lavoro a gruppi,

(19)

l’organizzazione dei luoghi di lavoro, i materiali, il rispetto dei ritmi individuali, la collaborazione, il progetto globale, l’osservazione e le regolazioni da parte del docente, gli obiettivi e le competenze da sviluppare e infine la valutazione.

“Questo approccio implica l’uso di strategie pedagogiche e organizzative che permettono di facilitare la gestione della diversità in aula, garantendo contemporaneamente un miglioramento dell’apprendimento di tutti.” (DECS, 2014, p. 7)

Creando una situazione di apprendimento adatta alle competenze, ai bisogni e agli interessi dei bambini si possono ottenere delle condizioni in cui diventi più semplice accogliere le differenze da parte degli allievi; dando la possibilità a tutti di pensare e agire secondo le proprie possibilità. Il docente in questo caso è chiamato a organizzare il lavoro in modo funzionale e ha la possibilità di interrogarsi costantemente sul proprio rapporto con la diversità degli allievi.

A questo punto l’eterogeneità della classe diviene non solo un dato di fatto, ma una ricchezza in cui gli interventi di differenziazione si sviluppano all’interno di un discorso più ampio.

“Differenziare significa tenere conto delle diversità socioculturali, cognitive, affettive e comportamentali tra alunni, rifiutando nel contempo che queste ultime si trasformino in insuccesso scolastico, in differenze di opportunità nei confronti dell’apprendimento e della riuscita scolastica.” (DECS, 2014, p. 18)

Attribuzione di ruoli

Per riuscire ad adottare un lavoro basato sulla personalizzazione degli apprendimenti e la cooperazione è necessario attribuire dei ruoli ai propri allievi. Esistono due tipologie di ruoli: i ruoli orientati al compito e i ruoli orientati al mantenimento di un buon clima di classe e alla coesione del gruppo. Il docente nel lavoro cooperativo deve fare in modo che i bambini riescano ad assumersi entrambi i ruoli.

Lavorare per gruppi d’apprendimento

Il pedagogista francese Philippe Meirieu ha analizzato una serie di ricerche dimostrando che l’individuo progredisce a partire dal momento in cui si crea un conflitto di focalizzazione tra il proprio punto di vista e quello di un altro (Meirieu, 1987).

Per orientare i propri allievi al lavoro cooperativo, il docente dovrebbe quindi proporre attività basate sui gruppi di apprendimento di Meirieu, in cui gli allievi assumono dei ruoli definiti.

(20)

indispensabili per il resto della classe, in quanto l’apprendimento avviene nella relazione tra pari. Il compito del docente allora è quello di organizzare il lavoro facendo in modo che il singolo e la classe riescano a organizzarsi autonomamente, così che egli durante lo svolgimento delle attività funga solamente da mediatore. Per riuscire in questo compito è necessario promuovere all’interno della classe la cooperazione: “Si è più competenti insieme agli altri che da soli, si diventa più efficaci quando si è sostenuti e non criticati, si impara meglio quando si trovano autonomamente le risposte.”(Slide corso “differenziazione” tenuto da Magrini L., Galli J., Bernasconi L. e Bernasconi Pedrolini M.)

Il lavoro cooperativo è un metodo didattico in cui gli allievi lavorano insieme in piccoli gruppi per arrivare a raggiungere obiettivi comuni. L’obiettivo, per essere raggiunto, ha bisogno del contributo di ciascun membro del gruppo e all’interno dei gruppi gli allievi assumono un ruolo ben preciso, hanno una responsabilità nei confronti dei compagni, del processo d’apprendimento e del progetto.

(21)

3. Quadro metodologico

3.1. Ricerca azione

La ricerca presentata segue il metodo della ricerca azione. Tale tipo di ricerca viene definita da Cambi (2007) “come una ricerca empirica radicata nella situazione reale della classe, o più in generale nella scuola, e condotta dagli insegnanti per gli insegnanti (veri protagonisti della ricerca e attori del cambiamento)” (p.1). L’insegnante, mentre svolge il proprio lavoro di educatore, assume anche il ruolo di ricercatore.

Venendo applicata in casi specifici ed unici non è possibile generalizzare i risultati di una ricerca di questo tipo. Tuttavia, come sostengono Bruno Losito e Gabriella Pozzo (2005) “se documentata in modo puntuale, la ricerca può contenere molti elementi di significatività per altri insegnanti." (p.33)

A partire da una situazione problematica identificata, l’insegnante si occupa di trovare una soluzione pensata prettamente per la propria classe. Questo tipo di ricerca risulta essere un ottimo mezzo per gli insegnanti poiché gli permette di riflettere sui propri metodi e di avviare cambiamenti educativi a partire dal basso, quindi senza che vengano imposti dalle istituzioni.

3.2. Il campione di riferimento

Il campione di riferimento della ricerca presentata sono stati i diciassette allievi di una seconda elementare di Lamone, in cui sono stata incaricata come docente titolare al cinquanta percento nell’anno scolastico 2017/2018.

Bisogna premettere che già dal primo anno scolastico nella classe sono sorte diverse dinamiche disfunzionali a livello di gruppo.

La classe si conosce dalla prima elementare e nei vari ambiti scolastici risulta essere eterogenea. I bambini conoscono le regole di classe che insieme abbiamo costruito, anche se spesso non vengono ancora rispettate. La limitazione di chiacchiere e distrazioni così come il richiamo al rispetto dei turni di parola, sono necessari. Gli allievi faticano a creare un gruppo unito basato sull’ascolto, sulla collaborazione e sull’aiuto reciproco. Come docenti ci troviamo spesso a dover intervenire per gestire situazioni inadeguate, liti, mancanze di rispetto nei confronti dei compagni e dei materiali (propri e altrui).

La 2A è una di quelle classi che generalmente verrebbero definite “sfidanti”, non solo perché alcuni allievi necessitano di attenzioni particolari, ma proprio perché all’inizio della prima

(22)

elementare tra di loro si sono create delle dinamiche disfunzionali. Non si parla di soli casi specifici ma di un insieme ancora poco coeso. Vi sono poi alcuni allievi che hanno bisogni particolari, e sono seguiti da questi enti: il centro Pisco-educativo (CPE), i servizi medico psicologici (SMP), il servizio di psicomotricità scolastica e il servizio di sostegno pedagogico.

Al fine di migliorare questa situazione, sin dall’inizio dell’anno scolastico io e la mia collega in collaborazione con la docente di sostegno, abbiamo sviluppato diversi progetti volti allo sviluppo delle competenze trasversali. Alcuni di questi sono ad esempio: “Il momento del cuore” ovvero un momento della settimana dedicato all’ascolto e alla discussione, una sorta di consiglio di cooperazione. Un progetto basato su degli obiettivi personali differenti per ciascun allievo, nel quale ogni bambino è impegnato nel perseguimento dello sviluppo del proprio obiettivo, al fine di vivere meglio insieme agli altri. Il “progetto orto”, inteso come strumento volto alla riflessione sulla collaborazione.

3.3. Strumenti e tecniche per l’analisi degli interventi

Per analizzare i dati della mia ricerca ho utilizzato principalmente quattro metodologie differenti: - L’osservazione in classe

- La sintesi dei momenti di metariflessione prima e dopo gli interventi - Le produzioni degli allievi

- Un questionario

La tipologia di strumenti scelta permette di analizzare la ricerca in modo qualitativo, sistema tipico della ricerca-azione. Il dettaglio del disegno di questa ricerca-azione è illustrato in allegato (Allegato “disegno di ricerca”).

Durante lo svolgimento degli interventi ho preso appunti cartacei su quanto potevo osservare in classe. Questa sorta di diario personale comprende citazioni dei bambini che ho ritenuto essere interessanti, come pure l’evoluzione di alcune situazioni e dinamiche particolari che ho potuto osservare con il proseguirsi delle attività.

L’utilizzo del questionario, i momenti di metariflessione e l’analisi delle produzioni dei bambini mi hanno permesso di avere una visione più ampia di quanto ciascun allievo pensava e apprendeva, una visione più specifica che la sola osservazione del gruppo durante lo svolgimento delle attività non può fornire.

(23)

3.4. I luoghi di lavoro

È facile pensare che affrontando la tematica dell’orto didattico i luoghi di lavoro di questa ricerca siano stati quelli del giardino scolastico. Il campo d’indagine invece, è stato prettamente l’aula scolastica. Questa scelta è stata determinata dai fattori metereologici; durante i mesi invernali il freddo impedisce la coltivazione all’esterno.

Il progetto si basa principalmente sul realizzare esperienze concrete per sperimentare e comprendere determinati aspetti legati al mondo dell’orto e creare manufatti utili alla sua cura. Le attività proposte in classe sono state quindi orientate verso le future lezioni che si svolgeranno all’aperto e avevano lo scopo di far comprendere agli allievi determinati aspetti che potranno venire applicati durante l’effettiva coltivazione. Aspetto questo che rappresenta però lo sviluppo futuro della ricerca presentata. Il progetto ha quindi avuto luogo lontano dallo spazio dell’orto vero e proprio (nel giardino della sede), restandone però vicino rispetto al senso e alla natura delle attività.

3.5. Strategie didattiche

3.5.1. I brevetti

Per preparare gli allievi a questo progetto di ricerca era necessario un lavoro preparatorio che permettesse loro di acquisire e incominciare a mobilitare le competenze trasversali necessarie per affrontare le future attività. Dunque, per iniziare a indirizzare i bambini verso una riflessione sul lavoro autonomo, la collaborazione e la comunicazione, ho proposto delle attività propedeutiche basate sull’acquisizione di tre brevetti (brevetto della collaborazione, brevetto dell’autonomia e brevetto della comunicazione).

Attraverso questo mini-itinerario l’intenzione era quella di iniziare a cambiare gradualmente le tecniche di lavoro con i bambini, ispirati dalle parole di Freinet (1969): “Cambiando le tecniche di lavoro, modifichiamo automaticamente le condizioni di vita scolastiche e parascolastiche; creiamo un nuovo clima; miglioriamo i rapporti fra i ragazzi e l’ambiente, fra ragazzi e maestro.” (p.36)

La struttura del lavoro si è basata sulla seguente metodologia didattica: - Prima attività d’introduzione alla tematica (es: la collaborazione); - Autovalutazione del proprio operato;

- Seconda attività di consolidamento; - Autovalutazione del proprio operato;

(24)

- Creazione di un cartellone che riassumesse le strategie da adottare al fine di riuscire; - Acquisizione del brevetto.

3.5.2. La differenziazione del lavoro a gruppi

Per instaurare una vera e propria comunità cooperativa d’apprendimento, ho cercato di dare ai miei alunni dei ruoli ben definiti attuando una divisione dei lavori in quattro gruppi distinti. Così facendo, il lavoro di ogni singolo gruppo risultava al servizio dell’intero progetto. Ogni individuo era chiamato a esprimere al massimo le proprie potenzialità per poter fornire il migliore aiuto al suo gruppo di lavoro e di conseguenza all’intera classe.

L’idea di fondo è che personalizzando l’apprendimento di ciascun gruppo su una tematica differente è possibile aumentarne la motivazione al lavoro. Inoltre, è da tenere in considerazione il fatto che sia possibile personalizzare l’apprendimento del singolo allievo, soprattutto nei casi in cui la gestione risultasse difficoltosa e il singolo faticasse a rimanere concentrato a lungo sullo svolgimento di un determinato compito. In questi casi si è cercato di assecondare le richieste del bambino permettendogli di svolgere compiti diversi rispetto ai compagni, ma sempre all’interno del progetto e portando comunque un elemento di sviluppo per l’intera classe.

(25)

4. Descrizione del progetto

Il lavoro si è svolto concretamente in classe tra novembre e maggio. La Tabella 1 illustra lo schema del percorso proposto. Seguirà una descrizione più dettagliata delle varie fasi di lavoro.

Tabella 1 - Schema del percorso proposto 1. Aspetti motivazionali

• Disegno orto dei sogni

• Mi interessa/piace l’idea di fare un orto perché... • Domande

2. Intervista

• Messa in comune di aspetti da approfondire sull’orticoltura • Creazione di un’intervista

• Intervista a chi ha/a avuto un orto • Messa in comune delle risposte 3. Brevetti, lavoro mirato sulla collaborazione

• Serie d’interventi sullo sviluppo della collaborazione • Serie d’interventi sullo sviluppo dell’autonomia • Serie d’interventi sullo sviluppo della comunicazione 4. Presentazione del progetto orto e scelta del gruppo di lavoro

5. Lancio della situazione problema – Creare una tisana fatta di erbe aromatiche 6. Inizio del lavoro differenziato

Sequenza di lavoro dei quattro gruppi • Progettazione

• Realizzazione e analisi dei risultati • Eventuali nuove domande • Nuove sperimentazioni à metodo scientifico

7. Condivisione delle scoperte con l’intero gruppo classe • Creazione di cartelloni per gruppi di apprendimento 8. Conseguimento del brevetto “Buon ortolano”

(26)

4.1. Aspetti motivazionali: l’orto dei miei sogni

Le fasi iniziali di questa ricerca avevano lo scopo di testare l’interesse degli allievi verso il tema dell’orto. Nel mese di novembre ho iniziato a trattare questo tema partendo dalla lettura del libro “Il leone e l’uccellino” di Marianne Dubuc al quale è seguita una discussione. Per verificare la motivazione verso l’orticultura i bambini hanno disegnato “L’orto dei loro sogni” e sono state formulate loro alcune domande. Queste due attività didattiche hanno permesso di raccogliere le prime concezioni dei bambini. Dalle risposte ottenute ho potuto notare fin da subito il coinvolgimento degli allievi verso il tema dell’orto. Una bambina ha completato così l’affermazione “Mi interessa/piace l’idea di fare un orto…”: “Perché mi piacciono molto le verdure e la frutta e perché la natura è bellissima.”. Un bambino invece riporta: “Mi intressa/piace l’idea di fare un orto perché…vedi nascere le verdure e perché mi piace annaffiare. Io penso che nell’orto crescono verdure, frutta, limoni, pomodori e una pianta di menta.” (vedi Allegato 1).

Dai loro disegni, invece, è emerso come avessero un’idea abbastanza precisa di che cosa venga coltivato in un orto. Un solo allievo pensava invece, che le piante da frutta, in particolare il ciliegio e il melo, si coltivassero nell’orto (vedi Allegato 1.1.).

4.2. L’intervista

Stimolati dall’idea di avere un orto di classe ho posto ai bambini alcune domande alle quali non sono riusciti a dare risposta. Gli allievi si sono così resi conto che non avevano ancora le competenze necessarie per iniziare la coltivazione di un orto, facendo così nascere l’esigenza di chiedere informazioni a qualcuno di più esperto. Abbiamo quindi identificato le domande principali a cui volevamo trovare risposta. Queste sono state raccolte e ne è nata un’intervista da porre a conoscenti che, attualmente o in passato, si sono occupati di un orto. Il fatto di poter chiedere a parenti e conoscenti ha stimolato molto gli allievi che si sono sentiti fin da subito protagonisti attivi di questo progetto.

Una volta riportate le interviste in classe (Allegato 2) abbiamo messo in comune le risposte e ne abbiamo identificato gli elementi comuni e differenti. Questo ha permesso agli allievi di iniziare ad avere più conoscenze e a sviluppare uno spirito critico sul tema. Grazie a queste attività ho potuto notare anche l’interesse da parte di alcuni genitori che si sono messi a disposizione per un eventuale aiuto concreto. Ecco alcuni esempi di quanto scritto dagli allievi nella parte dedicata ai consigli:

(27)

“Sarebbe divertente costruire uno spaventapasseri per tenere lontano gli uccelli.” (G. 7 anni) “Voglio fare l’orto per aiutare le piante!” (F. 7 anni)

4.3. I brevetti

Una volta confermata la possibilità di avere un orto di classe è stato detto ai bambini che, essendo un progetto ampio, sarebbe stato necessario ottenere dei brevetti per dimostrare di essere in grado di collaborare, di lavorare in autonomia e di comunicare con i compagni. Terminato il ciclo di attività inerenti un preciso tema (collaborazione, autonomia, comunicazione) è stato chiesto agli allievi di autovalutarsi sulla competenza trattata (Allegato 3). Infine, per ricevere concretamente i brevetti, i bambini hanno dovuto creare un cartellone (Allegato 4) che riassumesse le abilità necessarie per lavorare bene insieme: questo ha permesso di co-costruire delle strategie per gestire le sfide della collaborazione, del lavoro in autonomia e dell’interazione con i compagni. Solo allora i bambini hanno potuto ricevere il brevetto di capacità (Allegato 5).

Queste attività propedeutiche, pur non avendo come sfondo motivazionale l’orto, hanno però aiutato l’inizio della metariflessione da parte degli allievi sulle citate competenze trasversali. Questo tipo di attività ha permesso ai bambini di iniziare a comprendere che per un buon lavoro cooperativo la condivisione delle idee è indispensabile, così come ogni membro del gruppo.

4.4. La presentazione del progetto e la scelta dei gruppi

Dopo aver ottenuto i brevetti, è stato spiegato ai bambini che la classe, per progettare al meglio l’orto, si sarebbe dovuta dividere in quattro gruppi distinti con l’obiettivo di:

• Scegliere quali piante seminare (Allegato 6);

• Proteggere l’orto con uno spaventapasseri (Allegato 7); • Creare un sistema d’irrigazione goccia-goccia (Allegato 8); • Sperimentare le condizioni di crescita di una pianta (Allegato 9).

I gruppi sono stati presentati ai bambini che a questo punto hanno potuto scegliere quale fosse il lavoro che gli interessava maggiormente (Allegato 10). Sono quindi stati creati, nel limite del possibile, dei gruppi per interesse. Tutti i bambini hanno potuto essere inseriti nei gruppi che avevano indicato come prima o seconda scelta.

Le attività basate sulla divisione del lavoro in gruppi distinti sono state progettate in base alle competenze disciplinari del PdS, in particolare sui processi chiave e i traguardi di competenza di ambiente per il primo ciclo Harmos (Allegato 11).

(28)

Per rendere più coesi i gruppi e incentivare la motivazione verso questo progetto, ogni gruppo ha potuto inventare un logo e si è attribuito un nome di fantasia (Allegato 12).

4.5. Il diario dell’orto

Per tenere traccia delle attività svolte, è stato presentato ai bambini lo strumento del diario personale dell’orto. In questo quaderno i bambini potevano liberamente prendere appunti, disegnare e progettare in base alle esigenze individuali e del proprio gruppo. Oltre all’uso spontaneo e libero, a volte venivano fatti degli appunti collettivi dettati o veniva richiesta la risposta a precise domande (Allegato 13).

Alcuni bambini hanno preso seriamente questo strumento e dopo alcune attività l’hanno utilizzato liberamente anche se in maniera piuttosto disordinata. Altri non l’hanno trovato effettivamente necessario, perciò hanno utilizzato il diario solo quando vi erano delle consegne specifiche. Il disinteresse degli allievi verso il diario dell’orto può essere riconducibile al fatto che ogni attività era già supportata da schede dove venivano riassunte le scoperte o gli esperimenti attuati. Scrivere le proprie considerazioni sul diario poteva talvolta essere un esercizio ridondante. Dunque, chi l’ha utilizzato l’ha fatto appuntato soprattutto le proprie impressioni o alcune scoperte di cui era particolarmente fiero (Allegato 14).

Una bambina in particolare ha amato molto questo strumento, infatti, durante le vacanze di Pasqua mi ha chiesto se poteva portarlo a casa per fare un riassunto di tutti quello che aveva fatto con il proprio gruppo e per farlo vedere ai suoi genitori.

4.6. Lancio della situazione problema

Per orientare il progetto dell’orto e dare un prodotto finale atteso, sono state fatte assaggiare agli allievi due tisane, entrambe composte da erbe aromatiche. Ai bambini il compito di provare a riprodurre la tisana che maggiormente gli era piaciuta, partendo dalla coltivazione nell’orto di classe delle erbe aromatiche necessarie. I bambini non hanno però apprezzato nessuna delle due tisane. Hanno così deciso che il gruppo “semenze” si sarebbe occupato di inventarne una della classe, provando a creare varie miscele di erbe aromatiche e facendo fare alla classe una nuova degustazione (Allegato 15). La scelta di creare una tisana del tutto nuova, inventata dagli allievi stessi, li ha motivati a proseguire il lavoro dell’orto con maggiore impegno, poiché totalmente protagonisti dell’intero progetto. In seguito i bambini hanno potuto assaggiare la proposta fatta dai

(29)

nuovamente la tisana. Personalmente penso che questa scelta sia stata legata soprattutto al fatto che la miscela di erbe sia stata creata da loro e non tanto per il gusto.

La tisana autoprodotta sarà poi consumata in occasione di una festa di classe alla fine dell’anno scolastico.

Dopo aver scelto la tisana, tutti i gruppi si sono messi al lavoro, grazie anche alla possibilità di manipolare diversi materiali:

- Gruppo spaventapasseri: stoffa, carta alluminio, paglia, legni, etc. (Allegato 16).

- Gruppo condizioni di crescita di un seme: terricci differenti, vasetti, palette, lenti d’ingrandimento, semi di crescione (Allegato 17).

- Gruppo sistema d’irrigazione: tubi, bottiglie di PET, secchi, punteruoli, acqua, etc. (Allegato 18).

- Gruppo semenze: diverse spezie (Allegato 19).

4.7. Riflessione sulla collaborazione

L’elemento cardine di questo lavoro di ricerca è stata la riflessione sulla collaborazione, per questo motivo al principio e/o al termine di ciascun’attività abbiamo svolto dei momenti di riflessione sul lavoro cooperativo. Gli allievi hanno più volte avuto la possibilità di autovalutarsi riflettendo criticamente sul proprio operato ed identificando strategie per migliorare il lavoro cooperativo nelle attività future.

Come descritto a pagina 13, nel capitolo strumenti e tecniche per l’analisi degli interventi, i bambini per autovalutarsi sulla capacità di collaborazione, oltre ai vari momenti di metariflessione avvenuti in precedenza, hanno risposto alle quattro domande del questionario “Come ho collaborato?” (Allegato 20) al termine del progetto.

4.8. La condivisione delle scoperte

Terminati i vari momenti di sperimentazione e giunti a delle conclusioni per tutti i gruppi di lavoro, i bambini hanno presentato il loro operato ai propri compagni. La modalità scelta per far presentare il lavoro ai bambini è stata la suddivisione nei gruppi di apprendimento di Meirieu: i gruppi sono stati rimescolati e si sono formati quattro nuovi insiemi composti da esperti. Ciò significa che in ogni gruppo era presente un rappresentate di ogni gruppo di lavoro (semenze, cura di un seme, etc.). Gli alunni avevano il compito di condividere con i compagni le scoperte fatte nel proprio ambito. In questa fase del percorso si è messa in luce l’essenzialità di ciascun membro del

(30)

gruppo, l’apprendimento è avvenuto tra pari e il compito degli allievi era proprio quello di creare insieme un cartellone che sintetizzasse il lavoro di tutti.

Durante lo svolgimento del compito gli allievi si sono dimostrati da subito volenterosi di raccontare ai propri compagni le esperienze fatte, al fine di creare un cartellone accattivante. Hanno saputo mettersi d’accordo e ogni bambino è riuscito a dare il suo contributo.

Questo prodotto (Allegato 21) è stato per me docente anche un elemento di valutazione molto significativo. Attraverso i cartelloni ho potuto osservare i miei allievi all’opera, verificando quanto ciascun bambino aveva appreso grazie al “progetto orto”. Tramite quest’attività ho potuto notare anche una buona capacità organizzativa del lavoro all’interno di quattro nuovi gruppi. Anche questo risultato è stato per me un elemento importante di bilancio per quanto riguarda lo sviluppo di competenze trasversali, in particolare della collaborazione.

4.9. Sviluppo – Brevetto del buon ortolano, siamo pronti a piantare!

Mediante l’acquisizione del brevetto “Il buon ortolano” (Allegato 22) ciascun allievo è pronto a tuffarsi fuori dalle mura scolastiche per mettere in pratica le competenze sviluppate e iniziare così l’ineguagliabile avventura della coltivazione. Siamo così usciti per preparare (Figura 1 e 2) concretamente l’orto di sede. I gruppi di lavoro sono stati mantenuti anche nei momenti di lavoro all’esterno, diventando però esperti di una specifica pianta aromatica.

(31)

5. L’analisi dei dati

5.1. L’osservazione in classe

La mia osservazione durante lo svolgimento degli interventi si è focalizzata su tutti e quattro i gruppi di esperti. Si trattava di un’osservazione mirata del lavoro cooperativo. Di seguito un’analisi dettagliata di ciascuno dei quattro gruppi e di alcune dinamiche che ho potuto notare. Gruppo semenze

Il gruppo semenze, composto da quattro membri ha iniziato il proprio lavoro all’orto in maniera piuttosto autonoma. Le prime attività più dinamiche e supportate da materiali (erbe aromatiche, tisana dei Ghiacci e tisana Olivone) hanno catturato l’attenzione dei bambini che, impegnati, hanno creato una miscela per una nuova tisana. Un solo allievo non era del tutto soddisfatto del gruppo in cui si trovava a lavorare, in quanto il gruppo semenze era stata la sua seconda scelta (v. capitolo la presentazione del progetto e la scelta dei gruppi pag. 18). Durante un momento di discussione F., sette anni, mi dice: “Non mi piace molto lavorare al gruppo semenze, ci sono dei compagni che non sono molto miei amici, tipo le femmine.”

Dopo aver creato la miscela della tisana, i membri di questo gruppo si sono concentrati in particolare sulla creazione di quattro calendari per la semina (delle erbe aromatiche che hanno scelto di piantare) e sulla comprensione di testi contenti informazioni sulle semenze da coltivare (prezzemolo, menta, salvia e timo). Ciò che ho notato è stato che la seconda parte delle attività, maggiormente strutturata e teorica, è stata per i bambini meno appassionante. Durante queste attività gli allievi hanno avuto più difficoltà a mettersi d’accordo, gli alunni lavoravano secondo ritmi differenti: le due bambine riuscivano a collaborare bene, mentre i due maschi spesso si lamentavano, dicendo di non aver capito o che le compagne non li aspettavano.

Una bambina, A., 8 anni, afferma che: “All’inizio dell’orto lavoravamo bene poi non siamo andati tanto d’accordo e abbiamo perso la concentrazione sul lavoro.”

B., 9 anni dichiara: “Alla fine ci abbiamo messo tanto, ci siamo un po’ distratti, abbiamo lavorato ma con un po’ di fatica.”

D., 9 anni, sul proprio gruppo dice: “Abbiamo lavorato insieme ma era un po’ difficile”.

In questo gruppo la separazione maschi-femmine è stata netta e ha prevalso sulla volontà di superarla in favore della collaborazione. Nonostante questo, sono riusciti a portare a termine il loro lavoro e hanno comunque dato il loro prezioso contributo al progetto.

(32)

Gruppo irrigazione

Il gruppo irrigazione, composto da cinque alunni, al principio del lavoro a gruppi è riuscito a collaborare solo in parte: è stato per loro molto faticoso mettersi d’accordo. Durante gli interventi dedicati alla manipolazione dei materiali con lo scopo di costruire un sistema d’irrigazione, gli allievi hanno deciso di dividersi in due sottogruppi composti da tre e due allievi, senza che ci sia una separazione maschi-femmine. La modalità scelta si è verificata essere vincente, in quanto gli allievi hanno poi saputo unire le idee sviluppate nei sottogruppi. Quando ho chiesto ai membri del gruppo come mai avessero scelto questa modalità di lavoro, Fe. mi ha risposto: “Quando ci siamo divisi i compiti abbiamo avuto tante idee.”.

Fa. mi ha spiegato quanto segue: “Abbiamo lavorato bene perché io e M. abbiamo lavorato insieme e gli altri hanno lavorato anche insieme, abbiamo fatto così per dividerci i compiti e lavorare più in fretta.”. I. aggiunge: “All’inizio non abbiamo lavorato, e poi (abbiamo lavorato) benissimo, ci siamo messi a collaborare dividendoci i compiti.”.

A., un alunno con alcune difficoltà comportamentali, nelle fasi iniziali del progetto si è dimostrato abbastanza oppositivo. Con il susseguirsi degli interventi è riuscito però a portare il suo contributo al resto del gruppo, anche se ogni tanto cercava di prevalere sui compagni, facendo fatica ad abbandonare le proprie idee a discapito di quelle altrui.

Quanto emerge dalle mie osservazioni fa comprendere che tutti e cinque i bambini insieme faticavano a trovare una modalità di lavoro adatta, ma, una volta deciso al loro interno di suddividersi in due sottogruppi sono riusciti a svolgere quanto richiesto, provando una modalità di lavoro nuova che gli ha permesso di portare avanti il loro operato correttamente e sviluppando comunque uno spirito cooperativo.

Gruppo cura di un seme

Il gruppo cura di un seme, composto da quattro bambini, ha collaborato attivamente fin dal principio del “progetto orto”. Un allievo, motivato dall’idea di scoprire cosa avesse bisogno un seme per crescere nel migliore dei modi, ha portato da casa alcune semenze da provare a piantare. Un solo allievo del gruppo ha faticato alcune volte ad andare d’accordo con i propri compagni, egli un giorno mi ha riferito: “ A me piace fare l’orto, però faccio un po’ fatica perché litigo un po’.” (G., bambino di 7 anni). Questa sua difficoltà non è particolarmente legata al progetto, poiché generalmente questo allievo fatica ad andare d’accordo con i suoi compagni. Ho trovato molto interessante che durante le attività di questo progetto sia riuscito a riconoscere le sue difficoltà e che ora, anche grazie al lavoro svolto con il proprio gruppo, ne sia più consapevole.

(33)

Durante lo svolgimento di un’attività ho chiesto ai bambini se fossero soddisfatti di trovarsi in questo gruppo di lavoro. Ecco alcune delle loro risposte:

“Lavorare in questo gruppo è bellissimo, era il mio desiderio.” (V., bambina di 7 anni)

“È bello collaborare con questo gruppo, è divertente. Bisogna collaborare se vogliamo fare un orto fatto bene soprattutto noi che siamo un gruppo così importante.”, sempre la stessa bambina aggiunge: “Prima avevamo un’idea, ad esempio a me non piaceva, allora al D. è venuto in mente di metterle insieme e farne solo una ma con due idee!”.(G., bambina di 8 anni)

“Mi piace molto, perché stiamo collaborando insieme e abbiamo fatto tante idee insieme, ad esempio avevamo due idee che erano diverse e le abbiamo messe insieme.” (D., bambino di 7 anni riferendosi alla scelta di un esperimento da provare).

A dimostrazione della motivazione verso il progetto il bambino che frequenta il CPE, nei pomeriggi in cui si dedica al laboratorio con i suoi educatori, ha voluto costruire un piccolo spaventapasseri (Allegato 23) da portare nel nostro orto. Mi è stato riferito dagli educatori che il bambino ha costruito lo spaventapasseri seguendo la metodologia vista in classe, in cui veniva chiesto di progettare prima di realizzare.

“Ho costruito un piccolo spaventapasseri per aiutare il gruppo spaventapasseri, così adesso hanno un modellino.”

Nonostante i membri del gruppo non siano riusciti sempre ad andare d’accordo, pensando all’intero “progetto orto”, ritengo che il gruppo “cura di un seme” abbia affrontato nel giusto modo la sfida. Essi hanno provato a collaborare per trovare delle strategie comuni per compiere il lavoro cooperativo come meglio credevano. Per quel che concerne la motivazione, molti membri di questo gruppo si sono fatti anche portatori di curiosità e interesse fuori dall’aula.

Gruppo spaventapasseri

Il gruppo spaventapasseri, composto da quattro allievi, ha sostenuto la sfida di creare uno spaventapasseri con motivazione e abbastanza autonomia sin dall’inizio del percorso. Questo gruppo era composto da membri uniti da stretti legami, veri e propri amici. Ogni tanto si è perso in chiacchiere e distrazioni, trascurando così l’obiettivo del progetto. Loro stessi, dopo uno degli ultimi interventi, hanno affermato che: “Oggi non abbiamo lavorato bene, abbiamo chiacchierato troppo.” (E., bambino di 8 anni). “All’inizio lavoravamo, ma uscire a “ricre” ci ha distratto.” (A., bambino di 7 anni).

Nonostante questi momenti di distrazione ho potuto osservare dei bambini che hanno messo in campo molta creatività, disposti a mettersi in discussione e pronti ad accogliere le idee di ciascuno dei membri del proprio gruppo. Grazie alla manipolazione dei vari materiali a loro

(34)

disposizione, gli alunni hanno potuto provare concretamente diverse possibilità per costruire lo spaventapasseri e quando non erano soddisfatti del risultato ottenuto hanno potuto cambiare le loro idee. Ritengo che vedere realizzate concretamente le varie parti dello spaventapasseri abbia favorito la discussione all’interno del gruppo. Infatti, durante lo svolgimento dei vari interventi, i bambini spesso dicevano: “No guarda, è meglio fare così, non pensi?”, “Perché non proviamo a mettere questo qui e vedere come viene.”, etc.

A conferma di quanto osservato, in uno dei primi interventi, mentre passavo tra i vari gruppi, ho chiesto loro se gli piacesse il “progetto orto” e come stavano lavorando. E. ha risposto: “Il mio gruppo sta lavorando bene perché ci aiutiamo e non litighiamo. Alcune volte però chiacchieriamo.” (8 anni)

5.2. Il questionario

Quando mi sono trovata a scegliere quali domande porre ai miei allievi per creare il questionario, (Allegato 20), mi sono in primo luogo posta io stessa alcuni quesiti: che cosa volevo comprendere sottoponendo questo questionario ai miei allievi? All’interno dei vari gruppi gli allievi avrebbero riportato la stessa idea di collaborazione? Qualora il lavoro cooperativo fosse risultato positivo o negativo sarebbe stato segnalato da tutti membri del gruppo? Quanto emerso dai questionari si avvicina a quanto ho potuto osservare in classe?

Identificato lo scopo del questionario, dopo averlo realizzato e sottoposto ai bambini, ho cominciato l’analisi delle risposte suddividendo le schede dei bambini nei quattro gruppi di lavoro. Leggendo le loro risposte ho verificato se vi fosse coerenza o meno tra i vari pareri all’interno dei gruppi.

Sostanzialmente ciò che emerge dall’analisi dei questionari è un quadro molto simile a quanto ho potuto osservare in classe durante lo svolgimento delle varie attività. In primo luogo nelle risposte dei bambini spesso si ritrovano le affermazioni che gli stessi facevano durante lo svolgimento del progetto in classe. Secondariamente si può costatare come le risposte all’interno dei gruppi siano state coerenti. La maggior parte dei gruppi dichiara di aver lavorato bene e dalle risposte di un solo gruppo (gruppo semenze) emerge come gli stessi abbiano avuto maggiori difficoltà nel lavoro cooperativo: “Il mio gruppo sta collaborando così così”, “Il mio gruppo

(35)

all’inizio il F. e il D. facevano gli sciocchi”, “Il mio gruppo lavora abbastanza bene”3. Anche quest’aspetto vede conferma nelle mie osservazioni.

Per quanto riguarda le strategie da mettere in atto al fine di collaborare in armonia, molti alunni sottolineano che “l’ingrediente segreto” della cooperazione sia andare d’accordo. Interessanti risultano essere alcune delle loro risposte, nelle quali scrivono che per riuscire ad andare d’accordo bisogna: ascoltarsi, rispettarsi, essere gentili, aiutarsi, non fare tutto sa soli, discutere insieme parlando uno per volta, mettere insieme le idee, etc. Questo dimostra come uno spirito cooperativo e delle strategie da mettere in atto per collaborare siano state trovate, almeno intenzionalmente.

Infine, ho potuto notare un aspetto che ritengo particolarmente rilevante per lo sviluppo di uno spirito cooperativo. Il gruppo spaventapasseri alla domanda “All’interno del vostro gruppo come fate a prendere una decisione?” ha risposto all’unanimità “votiamo”. Ciò significa che tale gruppo, al fine di andare d’accordo e di non fare prevalere la decisione di uno su quella degli altri, promuove l’idea di portare avanti il proprio progetto in maniera democratica.

5.3. La sintesi dei momenti di metariflessione prima e dopo gli interventi

I momenti di metariflessione prima e dopo gli interventi sono serviti soprattutto a sviluppare negli allievi un senso di autocritica, andando ad identificare i momenti in cui il lavoro cooperativo aveva più o meno funzionato e aiutandoli a riconoscere strategie da poter adottare per rendere il proprio lavoro sempre più funzionale all’obiettivo del progetto. All’inizio di un’attività chiedevo ai bambini quali fossero i comportamenti o le strategie da utilizzare al fine di svolgere un lavoro cooperativo (Figura 3).

Figura 3 - Strategie da mettere in atto per collaborare.

(36)

Al termine dell’attività insieme ai bambini rivedevamo quanto avevano detto all’inizio del lavoro e ripercorrevamo quanto fatto. I bambini erano chiamati a svolgere una sorta di autovalutazione sulla loro capacità di collaborare all’interno del gruppo (Figura 4), dove erano quindi chiamati non solo a valutare se stessi.

Figura 4 – Autovalutazione dei gruppi al termine dell’attività

Nell’autovalutazione hanno utilizzato il colore verde quando tutto è andato bene, arancione se hanno collaborato ma con alcune difficoltà e il rosso se il gruppo non è riuscito a svolgere il proprio lavoro cooperando. Come si può notare dall’immagine (Figura 4) i bambini sono riusciti ad autovalutarsi mettendo in luce anche le difficoltà incontrate (non tutti hanno utilizzato il colore verde, ma sono riusciti a valutarsi criticamente). Il momento di attribuzione dei colori era un momento di scambio in cui gli allievi spiegavano come mai si stavano attribuendo quel determinato colore, come mai l’attività nelle sue parti è funzionata più o meno bene e che cosa avrebbero potuto fare la volta seguente per migliorarsi.

5.4. Le produzioni degli allievi

Tutti i materiali prodotti dagli allievi, specialmente quelli funzionali al progetto, sono stati considerati per una valutazione globale che rientrerà nella nota di ambiente. Ai fini di questo lavoro di ricerca ho analizzato i testi scritti dagli allievi al termine del progetto.

“Per me il progetto orto è...” (Allegato 25) è il testo libero in cui gli allievi hanno espresso le loro preferenze riguardo all’intero “progetto orto”. Gli alunni avevano la libertà di scegliere una delle sei tematiche riassuntive illustrate mediante un fiore (la tisana, essere degli inventori, un

(37)

progetto solo della nostra classe, il lavoro a gruppi, progettare e realizzare esperimenti e l’orto e i semi) e in base alla scelta compiuta scrivere un testo libero che spiegasse la loro preferenza.

Nella Figura 5 è illustrato un istogramma con le preferenze dei bambini. Il primo aspetto rilevante è che la maggior parte degli allievi (11) identifica come aspetto significativo del percorso svolto il petalo “progettare e realizzare esperimenti”.

Figura 5 - Istogramma "Per me il progetto orto è..."

Quattro allievi scelgono poi il petalo “lavoro a gruppi”, una bambina sceglie “essere degli inventori” e un altro il petalo “l’orto e i semi”. I temi “un progetto solo della nostra classe” e “la tisana” non sono stati scelti da nessun bambino.

Dal punto di vista delle tematiche scientifiche, questa netta preferenza conferma che l’approccio scelto, ovvero quello della didattica per progetto, oltre a permettere ai bambini di lavorare su aspetti legati alle competenze trasversali, permette loro di sperimentare con un buon grado di libertà. Il fatto di poterlo fare diventando protagonisti e autori delle proprie indagini è risultato essere l’elemento più apprezzato e considerato dai bambini stessi. Aspetto altrettanto interessante è il risultato ottenuto dal mio collega Tiago Poretti in un’altra classe, dove si è sviluppato un progetto simile al mio. Anche in quel caso “progettare e realizzare esperimenti” è risultato essere l’aspetto maggiormente scelto dai bambini.

Nonostante la maggior parte degli allievi si sia concentrata sulla sperimentazione, l’aspetto della collaborazione (lavoro a gruppi) è stato scelto da quattro alunni. Tale aspetto emerge spesso però anche in altri elaborati. In particolare, altri sei alunni nelle loro redazioni hanno menzionato anche la “questione del gruppo”.

0 1 1 0 11 4 0 2 4 6 8 10 12

La tisana L'orto e i semi Essere degli

inventori Progettare e realizzare esperimenti Lavoro a gruppi Un progetto solo della nostra classe N u me ro al li evi

Riferimenti

Documenti correlati

La pianta può essere allevata a due o tre branche, avendo l’accortezza di allevare 1 o 2 femminelle alla base della pianta, formando con esse uno o due steli secondari da

Ogni eventuale cambiamento della propria residenza o del recapito o dell’indirizzo di posta elettronica indicato nella domanda di ammissione dovrà essere comunicato

In città la pioggia è più forte, quasi come se cadesse tutta di un colpo, ma anche i venti sono più forti e in generale ci sono maggiori contrasti.. Perché avviene

Primo modulo: in preparazione alle attività nell'orto gli insegnanti seguiranno delle lezioni teoriche e pratiche sull'orticoltura e sulla scoperta degli

non s'era più fatto vedere; — poi, la notte, quella prima notte senza il figliuolo in casa, con la casa che sembrava vuota e paurosa, come vuoto e pauroso l'animo di lui ; e le ore

Passarono ancora degli anni, che furono sempre sereni perché noi vivevamo nella nostra casa isolata e ci dedicavamo sempre all’orto, anche se lo zio Bruno mi sembrava sempre più magro

A cura di Orto botanico di Padova Durante Risvegli, l’Orto botanico propone al pubblico visite guidate gratuite: esperte guide naturalistiche accompagnano i visitatori

Il sostegno alla produzione di questa pubblicazione non costituisce un'approvazione del contenuto, che riflette esclusivamente il punto di vista degli autori, e la