• Non ci sono risultati.

Conclusioni Con il modello transdiagnostico dei Disturbi Alimentari ipotizzato da Fairburn, abbiamo visto

come le diverse categorie diagnostiche dei DA condividano la maggior parte delle caratteristiche cliniche. L'eccessiva valutazione del peso, della forma del corpo e del controllo dell'alimentazione sono le caratteristiche comuni a tutti i DA e si osservano esclusivamente in questo tipo di disturbi.

La dieta ferrea riveste un ruolo centrale nell'esordio e nel mantenimento dei DA. Dal punto di vista psicologico e comportamentale, il Minnesota Starvation Experiment (Ancel Keys et al., 1950) è stato tra i primi a mostrare come gli effetti fisici e psicologici della dieta ferrea e del semidigiuno indotto in soggetti sani si avvicinino molto alle condizioni dei pazienti affetti da DA. La sintomatologia derivata dalla malnutrizione ha un ruolo chiave nel mantenere la psicopatologia del DA, poiché i pazienti la interpretano come una minaccia al controllo alimentare: possono percepirla come un fallimento di tale controllo (ad esempio per il senso di pienezza gastrica avvertito come troppo precoce), o come necessità di aumentare il controllo sul cibo (a causa ad esempio dell'abbassamento del metabolismo basale e dunque una maggiore lentezza percepita nello "smaltire il cibo") (Linee di indirizzo nazionali per la riabilitazione nutrizionale nei DA, 2017).

Per quanto riguarda in particolare l'AN, la marcata restrizione alimentare sia cognitiva che calorica, che porta i soggetti che ne sono affetti ad avere un basso peso corporeo (BMI < 18,5), è proprio il comportamento centrale che mantiene questa patologia.

Il persistente “stare a dieta” ha le caratteristiche comportamentali dell'abitudine: la dieta ferrea è un comportamento acquisito e non innato, avviene ripetutamente e una volta imparato diventa sempre più automatico. Questi comportamenti sono appresi attraverso il rinforzo e la ripetizione e una volta che il comportamento assume le caratteristiche dell'abitudine (e quindi diventa indipendente dall'esito) è sotto il controllo dei sistemi neurali che includono il striato dorsale (ganglio basale, nucleo caudato e putamen) e associato alla corteccia dorsolaterale e frontale. Questi circuiti si pensa siano di particolare rilevanza in comportamenti maladattivi persistenti visti in diverse malattie mentali e anche per quanto riguarda l'AN risultano proponibili disfunzioni nel sistema dorsale e fronto-striatale (Robbins TW. Et al., 2012). Inoltre i soggetti con AN imparano a stare a dieta ferrea tipicamente durante l'adolescenza, uno stadio della vita dove la salienza della ricompensa è inusualmente elevata: il dieting viene quindi rinforzato ancor più in questo periodo per molteplici motivi, come il piacere di raggiungere la perdita di peso, il ricevere complimenti, il senso di soddisfazione nell'aver raggiunto un obiettivo ambizioso, un aumentato senso di autocontrollo. Ma i comportamenti

determinato risultato, dunque il comportamento abituale può continuare anche se non è più diretto al raggiungimento dell'obiettivo: una volta che tale comportamento si è consolidato, richiede un enorme sforzo da parte dell'individuo per cambiarlo. Tra gli individui con AN, gli effetti della fame sul cervello probabilmente contribuiscono anche ad alterare il processo decisionale circa le scelte relative allo stare a dieta.

Per capire meglio cosa promuova dal punto di vista neurobiologico questo comportamento chiaramente maladattivo è stata presa in esame la letteratura riguardante gli studi sui meccanismi neurali che promuovono la scelta costante di un introito energetico non adeguato. Da circa 30 anni si hanno prove fisiologiche a sostegno dell'ipotesi che l'AN possa essere considerata una dipendenza da fame, dovuta ad anomalie del circuito mesolimbico della ricompensa. La teoria della dipendenza nei DA è supportata dal fatto che sia la disfunzione dell'appetito sia l'intensa attività fisica stimolano l'attività delle endorfine nell'80% dei soggetti affetti da AN. Questi oppioidi endogeni potrebbero essere rilasciati a partire dalle prime diete e il feedback ricevuto rinforzerebbe la dieta ferrea in alcuni soggetti a rischio (Gorwood et at., 2016).

Oltre all'appetito e all'attività fisica, anche le forme corporee sembrano essere valutate in maniera disfunzionale: le risposte a task comportamentali relativi alla valutazione di uno stimolo visivo relativo alle forme corporee e fatto percepire come autoriferito supportano ancora una volta l'esistenza di un'alterazione del circuito della ricompensa nell'AN, verosimilmente dovuta a un effetto rinforzante della fame dovuto all'aumento del piacere per la sensazione di sottopeso e a una diminuzione del sentimento positivo nella sensazione di normopeso (Fladung et al., 2010, 2013). Diversi risultati sperimentali suggeriscono anomalie nel sistema dopamino-striatale nell'AN e questo potrebbe spiegare la mancanza di piacere associato all'assunzione di cibo, ma anzi un aumento dell'ansia in seguito al rilascio di dopamina dopo un pasto. A sostegno di questa posizione, inducendo un rilascio di dopamina usando amfetamine, è stata osservata un'aumentata ansia in soggetti guariti da AN e questo potrebbe spiegare perché il rilascio di dopamina associato all'alimentazione generi ansia in pazienti affetti da AN mentre sia piacevole in soggetti sani (Bailer et al., 2012). Riguardo al rilascio di dopamina, studi sui roditori suggeriscono che sia anche la dieta ferrea a sensibilizzare i circuiti di ricompensa: ad esempio, dopo una settimana di restrizione alimentare, i ratti hanno mostrato un aumento del rilascio di dopamina in risposta alla cocaina e alle amfetamine (Cadoni C. et al., 2003). Tale risultato potrebbe far ipotizzare un'aumentata risposta dopaminergica in soggetti con AN e la conseguente amplificazione della sensazione

L'ansia collegata all'assunzione di cibo porta i soggetti con AN a cercare di ritardare quanto più possibile l'atto alimentare. Si osserva ad esempio che pazienti affetti da AN preferiscono una gratificazione ritardata (premi in denaro più sostanziosi e tardi piuttosto che più piccoli e prima) rispetto a soggetti sani e questo comportamento ha il suo correlato neurale in una maggiore attività dello striato ventrale come rilevato nello studio di Decker et al., 2015. Oltre alle rilevate anomalie nella risposta dopaminergica e alla generazione di sensazioni di ansia nei soggetti con AN, altri studi mostrano alterazioni del circuito della ricompensa dal punto di vista neuro-anatomico. Studi condotti con MRI funzionale hanno infatti mostrato anomalie volumetriche nelle aree cerebrali del circuito della ricompensa sebbene non ci sia accordo sulla “direzionalità” di queste anomalie (aumento vs. diminuzione dei volumi) (Olga E Titova, et al., 2013), e sono state rilevate variazioni anche nell'organizzazione di questo circuito, che mostra una connettività aumentata tra nucleus accumbens e corteccia orbitofrontale (JE Steinglass et al., 2016). Uno studio basato sulla PET ha indicato un incremento della densità dei recettori dopaminergici nel nucleus accumbens di 10 donne guarite da AN (Frank GK et al., 2005).

Ampliando l'indagine ad altre aree cerebrali, comunque in relazione al circuito della ricompensa, è stata presa in esame l'area ipotalamica laterale che contiene i neuroni oressigeni che esprimono Oressina, MCH e 26RFa: questi neuropeptidi ipotalamici, coinvolti nell'assunzione di cibo, agiscono sul sistema della ricompensa e sembra che lo possano alterare in soggetti con AN (P. Gorwood et al., 2016).

La diminuzione dell'ingestione di cibo associata alla dieta ferrea induce una stimolazione dell'attività neuronale dell'LHA che rilascia neuropeptidi oressizzanti, MCH e 26RFa nell'area tegmentale ventrale. Ciò si traduce in un aumento del rilascio di dopamina nel nucleus accumbens che come è stato esposto precedentemente nei pazienti con AN, determina un'avversione al cibo associata a un'aumentata ansia che, a sua volta, rafforza la diminuzione dell'assunzione di cibo (P. Gorwood et al., 2016).

Concentrandosi sui livelli di oressina, gli studi non sono pienamente concordi: alcuni dati riportano un aumento significativo della concentrazione plasmatica a digiuno di Oressina A in soggetti con AN prima della rialimentazione, altri ne registrano invece una diminuzione (Bronsky et al., 2011)(Janas-Kozik et al., 2011). C'è accordo invece nell'osservare una diminuzione progressiva dei livelli di oressina A circolanti durante la rialimentazione, suggerendo che il sistema delle oressine risulti sovra regolato in AN.

un ruolo importante nel controllo della ricompensa legata al cibo e che potrebbe fornire importanti informazioni sui meccanismi alla base dello sviluppo e del mantenimento dell'AN. Al momento non ci sono però studi di questo peptide in soggetti affetti da AN (P. Gorwood et al., 2016), e si tratterebbe di un'importante tema da ampliare.

Per quanto riguarda il 26RFa, le osservazioni neuroanatomiche hanno rivelato che i neuroni che lo esprimono sono localizzati principalmente nei nuclei ipotalamici coinvolti nel controllo del comportamento alimentare (Chartrel et al., 2003). I recettori per questo peptide sono espressi nell'amigdala, nel nucleus accumbens e nell'area tegmentale ventrale, cioè nelle aree coinvolte nel circuito della ricompensa: questo suggerisce che, analogamente a quanto osservato per oressine e MCH, anche 26RFa possa essere coinvolto nell'assunzione di cibo basata sulla ricompensa (Bruzzone et al., 2007) e dunque le sue concentrazioni siano alterate nei pazienti AN. Ad esempio, i dati mostrano che, monitorando la concentrazione plasmatica circadiana, i suoi livelli sono sempre significativamente superiori in pazienti con AN restrittiva rispetto ai soggetti sani (Galusca et al., 2012).

Oltre alle anomalie comportamentali e neurali già rilevate, tra le anomalie fisiologiche collegate al mantenimento della dieta ferrea nei pazienti affetti da AN, si rilevano anche cambiamenti nel rilascio di ormoni coinvolti nel metabolismo energetico e nella regolazione del comportamento alimentare: in particolare risultano aumentati i livelli plasmatici di grelina, un ormone oressigeno prodotto dallo stomaco avente come bersaglio il recettore (GHS-R1a) dell'ormone della crescita (GH). Un tale aumento può essere adattivo a un feedback causato della mancanza di nutrienti: se nel soggetto sano ciò porterebbe ad un maggiore introito alimentare, nei soggetti affetti da AN si rileva lo sviluppo di una grelino-resistenza, la cui genesi è ancora da stabilire (Schaeffer et al., 2013; Denis et al., 2014; Abizaid et al., 2006; Jiang et al., 2006; Kern et al., 2012; Sharpe et al., 2016). Dunque, l'aumento della grelina sembra non indurre l'atteso aumento dell'appetito ed essere quindi inefficace per stimolare l'assunzione di cibo nei pazienti con AN. Le indagini sugli effetti farmacologici della grelina in questi pazienti, infatti, non sono ancora conclusive: il vero effetto di questo peptide rimane difficile da valutare a causa della mancanza di gruppi di controllo adeguati, del numero limitato di pazienti trattati, delle difficoltà nel valutare correttamente la reale motivazione dei pazienti a mangiare a prescindere dalle azioni ormonali (Ueno et al., 2010).

Globalmente, è possibile affermare che i neuropeptidi oressigeni tra cui la grelina, le oressine e il 26RFa sono sovra-regolati nell'AN. Tale sovraregolazione è un meccanismo adattivo che il corpo mette in atto per promuovere l'assunzione di cibo, cercando di contrastare la

l'anomalo funzionamento del sistema della ricompensa, sviluppando nel soggetto ansia e avversione al cibo in un circolo vizioso che perpetua il comportamento della dieta ferrea. Non si può dire ancora se le alterazioni del sistema della ricompensa, dei neuropeptidi prodotti nel nucleo laterale dell'ipotalamo e della grelina giochino anche un ruolo nell'esordio della malattia o si manifestino soltanto in seguito, dovute alla progressione e al mantenimento della stessa: risulta però evidente la loro cooperazione al mantenimento della dieta ferrea, che abbiamo visto avere ruolo centrale nello sviluppo di questa patologia.

Inoltre non è noto in che modo i circuiti neurali che sono collegati alla scelta dei cibi cambino con il cronicizzarsi della malattia, né come possano modificarsi dopo il trattamento riabilitativo. Ci sono forti evidenze che fattori psicologici ed emotivi abbiano un impatto marcato nella restrizione alimentare in AN, ed è ancora da indagare ulteriormente come tali fattori entrino in relazione con i circuiti neurali associati alla scelta alimentare.

Da un punto di vista clinico emerge da questi dati come la riabilitazione nutrizionale dei pazienti con DA debba avere come obiettivo generale quello di affrontare la restrizione calorica e il sottopeso che ne consegue, poiché come abbiamo visto entrambi contribuiscono in maniera sostanziale a mantenere la psicopatologia di questo disturbo. E' fondamentale anche affrontare la restrizione dietetica cognitiva (ovvero il tentativo di limitare l'assunzione di cibo selezionandolo rigidamente ed eliminandone totalmente alcune tipologie) per controllare peso e forme corporee, indipendentemente dal fatto che essa produca o meno deficit energetico, poiché anch'essa contribuisce al mantenimento del disturbo di AN.

In mancanza di certezze sulle dinamiche di esordio della malattia, sia dal punto di vista psicologico che neurobiologico, la comprovata centralità della dieta ferrea nello sviluppo e nel mantenimento dell'AN è di guida per una sorta di prevenzione dello sviluppo del disturbo in persone (anche con quadro clinico altrimenti sano) che manifestino il desiderio di perdere peso, soprattutto se adolescenti: per loro sono assolutamente da evitare le restrizioni caloriche importanti, e al contrario occorre procedere con restrizioni opportunamente moderate e calibrate, per evitare il pericolo di un irrigidimento progressivo e quindi abitudinario della dieta, al di fuori delle indicazioni del nutrizionista. È di fondamentale importanza, inoltre, incoraggiare la scelta tra vaste tipologie di alimenti senza vietarne rigidamente alcuni, per scongiurare il pericolo di indurre tendenze alla restrizione dietetica cognitiva, altro elemento che se mantenuto potrebbe favorire lo sviluppo e il mantenimento del disturbo dell'AN.

Bibliografia

Documenti correlati