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Ruolo della dieta ferrea nell'Anoressia Nervosa

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Academic year: 2021

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Corso di laurea in Scienze della Nutrizione Umana

Il ruolo della dieta ferrea nell'Anoressia Nervosa

RELATORE CANDIDATO

Prof. Tiziano TUCCINARDI Eleonora TORRE

ANNO ACCADEMICO 2017-2018

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Riassunto Capitolo 1 Introduzione...pag.1 1.1 Epidemiologia...pag.1 1.2 Eziopatogenesi...pag.4 Capitolo 2 Quadri clinici...pag.8

2.1 Criteri diagnostici dell'Anoressia Nervosa...pag.8 2.1.1 Complicanze mediche...pag.11 2.2 Criteri diagnostici della Bulimia Nervosa...pag.12 2.2.1 Complicanze mediche...pag.15 2.3 Criteri diagnostici Disturbo da Binge Eating...pag.15 2.3.1 Complicanze mediche...pag.18

Capitolo 3

La dieta ferrea nell'Anoressia Nervosa...pag.20

3.1 Disturbi dell'alimentazione: la visione transdiagnostica...pag.20 3.2 Il Minnesota Starvation Experiment...pag.24 3.3 L'importanza del comportamento alimentare nell'AN ...pag.27 3.4 Neuroscienze cognitive dell'AN...pag.29 3.5 La neurobiologia dei sistemi fronto-striatali nell'AN...pag.29 3.6 La neurobiologia della ricompensa nell'AN...pag.31 3.6.1 Neuropeptidi oressigeni e sistema della ricompensa nell'AN ...pag. 37 3.7 Resistenza alla grelina nell'AN...pag.40 3.7.1 Prove cliniche della resistenza alla Grelina...pag.41 3.7.2 Resistenza alla Grelina: antagonismo di altri peptidi derivati dalla

Grelina...pag.42 3.7.3 Altri possibili meccanismi per spiegare la resistenza

all'alimentazione...pag.43

Capitolo 4.

Conclusioni...pag.45

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I Disturbi Alimentari (DA) condividono un nucleo psicopatologico comune caratterizzato da un'eccessiva valutazione data al peso, alla forma del corpo e al controllo dell'alimentazione. L'Anoressia Nervosa è caratterizzata da un peso corporeo molto basso (BMI <18.5) e il comportamento centrale che mantiene questo DA è il ricorrere costantemente ad un'alimentazione inadeguata tramite una dieta ferrea. Gli effetti psicologici, fisici e comportamentali della restrizione sia cognitiva che calorica sono stati studiati per la prima volta tramite il Minnesota Starvation Expriment. Per capire meglio questo disturbo è importante conoscere i meccanismi neurali che permettono o promuovono il persistere della scelta di un introito alimentare non adeguato.

Tramite studi di neuroimaging sia strutturali che funzionali sono state descritte anomalie nei sistemi coinvolti nell'elaborazione della ricompensa e nello sviluppo dell'abitudine.

Il cervello e il comportamento sono stati esaminati direttamente studiando le basi neurali della scelta restrittiva del cibo. E' stato preso in considerazione anche il ruolo dei peptidi oressigeni dell'ipotalamo laterale che proiettano sul centro della ricompensa e il ruolo della grelina nel mantenimento della restrizione alimentare.

Questi dati recenti suggeriscono che, tra gli individui con AN, i circuiti frontostriatali e dorsali giocano un ruolo maggiore nel guidare le decisioni su cosa mangiare che tra individui sani. Questo progetto di tesi vuole prendere in esame la letteratura più recente riguardo i progressi nel campo delle neuroscienze cognitive per approfondire la comprensione di quali possano essere i meccanismi neurobiologici che mantengono il persitere delle scelte maladattive in soggetti con AN, nella speranza che tali progressi possano aiutare nello sviluppo di nuovi trattamenti per questo disturbo.

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1. Introduzione

E’ possibile definire i disturbi dell’alimentazione come “persistenti disturbi del

comportamento alimentare e/o di comportamenti finalizzati al controllo del peso, che danneggiano la salute fisica o il funzionamento psicologico e che non sono secondari a nessuna condizione medica o psichiatrica conosciuta”1.

I disturbi alimentari sono un gruppo di patologie estremamente complesse che, nelle loro diverse forme, esprimono un disagio psicologico attraverso una profonda alterazione del rapporto con il corpo, il cibo e l’esperienza del nutrirsi. L’eccessiva importanza attribuita al peso, alle forme corporee e al controllo dell’alimentazione e la paura di ingrassare costituiscono il nucleo psicopatologico centrale dei disturbi dell’alimentazione, presente in maniera pressoché identica sia tra i maschi che le femmine che ne sono affetti.

I DA sono una condizione patologica ad eziologia multifattoriale che coinvolge fattori genetici, biologici, psicologici, evolutivi e socio-culturali. Tali fattori sono spesso di difficile identificazione e possono presentarsi a seconda dei casi con un insieme di combinazioni molto eterogenee. Di particolare importanza sono i fattori socio-culturali tipici del mondo occidentale: la spinta verso la magrezza vista come un valore positivo, lo stigma per l’obesità, la pressione per risultati e prestazioni elevate, i miti estetici. I disturbi del comportamento alimentare presentano frequenti complicanze mediche, un’elevata comorbidità psichiatrica e una notevole tendenza alla cronicizzazione e alle recidive.

L'ultima edizione del DSM-5 (American Psychiatric Association, 2013), manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali, identifica tre disturbi dell'alimentazione principali: Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa e disturbo da Binge Eating. Vi sono inoltre classificati altri disturbi della nutrizione e dell'alimentazione2

1.1 Epidemiologia

I disturbi alimentari vengono considerati una vera e propria emergenza sanitaria nei paesi occidentali industrializzati e, secondo molti autori, sono in continuo aumento.

Secondo le stime ufficiali il 95,9% dei soggetti colpiti da un disturbo alimentare sono donne. Nella popolazione generale di età maggiore ai 18 anni viene stimata una prevalenza lifetime 1

C. Fairburn

2 Il DSM-5 ha unito in un’unica categoria diagnostica i disturbi della nutrizione e i disturbi dell’alimentazione. I primi colpiscono prevalentemente, ma non esclusivamente, l’infanzia e includono le seguenti categorie

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dello 0,9% per l’AN, dell’1,5% per la BN e del 3,5% per il BED.

Nel sesso femminile si stima un’incidenza annua di AN pari ad almeno 8 nuovi casi per 100.000, mentre per gli uomini è compresa tra 0,02 e 1,4 nuovi casi. Per quanto riguarda lai BN si registrano 12 nuovi casi per 100.000 all'anno per le donne e circa 0,8 nuovi casi tra gli uomini.

L’incidenza più alta è stata riscontrata nella fascia di età che va dai 15 ai 19 anni per l’anoressia (80/100.000) e dai 20 ai 24 anni per la bulimia (82/100.000).

Nel sesso maschile l’incidenza si colloca tra 0.02 e 1.4 per 100.000 per l’AN e intorno allo 0.8 per 100.000 per la BN.

Negli studi condotti su popolazioni cliniche, i maschi rappresentano tra il 5% e il 10% dei casi di AN, tra il 10% e il 15% dei casi di BN e tra il 30% e il 40% dei casi di BED.

Da questi dati emerge come i DA siano un insieme di patologie maggiormente rappresentato nel sesso femminile: il rapporto femmine/maschi è di circa 10:1 per l’anoressia e 30:1 per la bulimia. E’ da sottolineare l’assenza di differenze di genere per quanto riguarda età di insorgenza, insoddisfazione nei confronti del proprio corpo, metodi di controllo del peso e caratteristiche cliniche ed evolutive della patologia.

La fascia di età più colpita è quella adolescenziale-giovanile anche se ormai non sono rare le forme tardive (30-40 anni) e precoci (bambini).

Si è riscontrato infatti un aumento dei casi ad esordio precoce di queste patologie. Questo aumento è giustificato dall’abbassamento dell’età del menarca registrato negli ultimi decenni, ma potrebbe anche essere legato a un’anticipazione dell’età dell'esposizione degli adolescenti alle pressioni socioculturali alla magrezza, attraverso i social media. Un esordio più precoce comporta un rischio maggiore di danni permanenti dovuti alla malnutrizione, soprattutto a carico di quei tessuti che non hanno ancora raggiunto una piena maturazione, come le ossa e il sistema nervoso centrale (quaderni ministero della salute, 2013).

I DA sono patologie a forte caratterizzazione socioculturale. E’ stato osservato che il grado di urbanizzazione del luogo di residenza è associato a una maggior prevalenza di disturbi del comportamento alimentare, in particolar modo di BN. Questo può essere dovuto a una maggior pressione sociale verso la magrezza, una maggior disponibilità di fast-food, una diminuzione del lavoro manuale e al mantenimento di uno stile di vita sedentario nelle zone più urbanizzate.

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La tabella 1 riassume la distribuzione dei DA.

Distribuzione dei disturbi dell'alimentazione

Anoressia Nervosa Bulimia Nervosa

Distribuzione mondiale Società occidentali in modo predominante

Società occidentali in modo predominante

Origini razziali Soprattutto razza bianca Soprattutto razza bianca

Età media di esordio Adolescenza (alcuni giovani adulti)

Giovani adulti (alcuni adolescenti)

Sesso 90% femmine Femmine in modo

predominante

(proporzione incerta)

Classe sociale Possibile maggior

prevalenza

nelle classi sociali elevate

Distribuzione uniforme in tutte le classi

Prevalenza 0,3% (nelle adolescenti) 1% (nelle femmine tra

16-35 anni)

Incidenza (per 100.000

abitanti/anno) 19 nelle femmine, 2 nei maschi 29 nelle femmine, 1 nei maschi

Modificazioni secolari Possibile incremento Incremento

Tabella 1. Adattata da Fairburn C.G. e Harrison P.J. (2003) Lancet. Eating Disorder. 361, 407-416

Se si osserva l’andamento temporale dei DA si può notare come non sia infrequente il passaggio da un disturbo all’altro. Studi longitudinali hanno evidenziato che tra i pazienti che non guariscono dall’AN è frequente il passaggio alla BN, con il risultato che circa un quarto dei soggetti bulimici ha una storia pregressa di anoressia. A variare sono i fattori di mantenimento del disturbo, ma non la psicopatologia centrale. Numerosi studi di follow-up riguardanti l’evoluzione di anoressia e bulimia mostrano come circa il 50% dei pazienti guarisca dal disturbo (anche se frequenti sono le ricadute), il 20% non presenti remissione dei sintomi e cronicizzi e un 30% presenti qualche miglioramento ma non la completa guarigione. Nell’AN studi di follow-up superiori ai 10 anni hanno rilevato una mortalità superiore al 10% , che in studi a più lungo termine tende ad essere attorno al 15-21%. Le cause di morte più frequenti sono le complicanze mediche e il suicidio (27% dei casi). Da ciò emerge come il rischio di morte di una persona affetta da AN sia 10 volte maggiore rispetto a quello di soggetti sani della stessa età e sesso. I DA sono la seconda causa di morte tra gli adolescenti dopo gli incidenti stradali e l'AN ha il tasso di mortalità più alto tra tutti i disturbi psichiatrici. Per quanto riguarda la BN studi a lungo termine hanno mostrato una mortalità dello 0.4%, mentre relativamente al BED non esistono ancora dati sulla mortalità.

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1.2 Eziopatogenesi

I Disturbi Alimentari hanno un’eziologia multifattoriale dovuta a fattori predisponenti, precipitanti e perpetuanti.

1.2.1 Fattori predisponenti

I fattori di rischio predisponenti sono condizioni antecedenti al disturbo dell’alimentazione che ne aumentano la probabilità di sviluppo. Si possono distinguere in generali (condizioni non modificabili che aumentano in generale il rischio di sviluppare il disturbo), in specifici (presenti solamente nei DA) e generici (si trovano anche in altri disturbi mentali).

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Nella tabella 2 sono elencati i principali fattori di rischio.

Fattori di rischio generali Fattori di rischio generici Fattori di rischio specifici

Sesso femminile Autosvalutazione/ scarsa autostima

Membro della famiglia a dieta per qualsiasi motivo

Adolescenza o prima età adulta

Timidezza Membro della famiglia a dieta

per peso o forme corporee Vivere nella società

occidentale Perfezionismo clinico Critiche familiari per peso, alimentazione e forme corporee

Accondiscendenza Commenti ripetuti da parte di altri per peso, alimentazione e forme corporee

Assenza di amici Essere presi in giro per peso, alimentazione e forme corporee

Fobie- paure scolastiche Obesità genitori

Disturbi psichiatrici

(depressione, disturbi d’ansia, alcoolismo, abuso di sostanze, auto aggressività)

Obesità personale nell’infanzia

Disturbi psichiatrici dei genitori

Frequentazione di ambienti che enfatizzano la magrezza

Problematiche relazionali in famiglia (separazione dei

genitori, litigi in famiglia, criticismo dei genitori, alte aspettative dei genitori, alta proiettività, scarse

manifestazioni d’affetto)

DA in famiglia

Abusi sessuali o fisici Eventi distruttivi (malattia

cronica o morte di un genitore, gravi problemi di salute)

Tabella 2. Fattori di rischio predisponenti

E’ possibile notare come i fattori predisponenti siano di tipo socio-culturale, familiare e individuale.

La cultura, intesa come l’insieme delle regole e dei valori che governano le strutture, i processi e gli ideali di una società, è tra i maggiori determinanti del peso corporeo in quanto

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gli attribuisce un preciso significato individuale e sociale: nelle società occidentali in cui generalmente vi è abbondanza di cibo, la magrezza è iperapprezzata e ipervalutata, mentre l’obesità è stigmatizzata e rifiutata. Essere magre oggi non significa solamente essere belle, ma anche avere più facilmente successo e competitività sociale. Tutto questo costituisce una notevole pressione alla magrezza che spinge le adolescenti a iniziare diete dimagranti che molto spesso sono il punto di partenza per l’instaurarsi di un disturbo dell’alimentazione. L’influenza dei fattori familiari si esercita a vari livelli, tra quelli predisponenti si ricordano l’ereditarietà, la presenza di disturbi dell’umore o di abuso di sostanze e l’obesità.

Tra i fattori di rischio individuali sicuramente giocano un ruolo importante tratti della personalità di tipo perfezionista e ossessivo compulsivo ed anche il narcisismo inteso come necessità di attenzione e di ammirazione da parte degli altri. Anche una ridotta autostima è considerata un fattore di rischio predisponente per anoressia e bulimia: il controllo dell’introito alimentare e del peso può essere interpretato come una dimostrazione a se stessi e agli altri di essere in grado di “fare qualcosa”.

1.2.2 Fattori precipitanti

I fattori precipitanti si verificano nell’anno che precede l’esordio del disturbo e, secondo la teoria cognitivo comportamentale, agiscono attivando uno schema di autovalutazione

disfunzionale attraverso cui l’individuo attribuisce un’eccessiva importanza al peso, alle

forme corporee e al controllo dell’alimentazione.

Sono in genere dei cambiamenti che minano l’autostima e il senso di autoefficacia, il senso del proprio valore e delle proprie capacità.

Nella tabella 3 sono riportati i principali fattori di rischio precipitanti.

Tabella 3. Fattori di rischio precipitanti

Fattori di rischio precipitanti specifici per DA

- Cambio di città o paese

- Soffrire di una malattia importante - Avere una gravidanza o aver avuto un

bambino

- La morte di una persona cara - La malattia di una persona cara - Cambio di casa

- L’abbandono della casa da parte di una persona cara

- Un abuso sessuale - Un abuso fisico

- Fallimenti scolastici o sportivi

- Esami scolastici, o un anno scolastico, impegnativi

- L’inizio di una relazione sentimentale - Impegno lavorativo intenso

- Stress

- Commenti critici per alimentazione, peso, forme corporee

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1.3.3 Fattori di mantenimento

Sono i fattori che permettono il perpetuarsi del disturbo. Il prolungarsi della malattia determina un’ulteriore perdita di peso, problemi di interazione familiare, isolamento sociale, l’alimentazione diviene sempre più caotica e i processi cognitivi sempre più distorti e ossessivi.

Tabella 4. Fattori di mantenimento

Fattori di mantenimento specifici per DA

- Eccessiva importanza attribuita al peso, alle forme corporee e al controllo dell’alimentazione

- Pensieri e preoccupazioni per il peso, le forme corporee e l’alimentazione

- Dieta ferrea (ridurre le porzioni, saltare i pasti, eliminare i cibi)

- Attività fisica eccessiva

- Basso peso e sintomi da digiuno - Abbuffate

- Comportamenti di compenso (vomito autoindotto, utilizzo di diuretici e lassativi, digiuno)

- Food checking (contare le calorie, pesare il cibo controllare quello che mangiano gli altri)

- Body checking (pesarsi spesso, misurarsi parti del corpo etc)

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2. Quadri clinici

Il DSM-5 rinomina i Disturbi del Comportamento Alimentare:“Disturbi della Nutrizione e Alimentazione” e vi incorpora disturbi tipici dell’infanzia. Vengono classificati i seguenti disturbi: Pica, Disturbo di Ruminazione, Disturbo dell’Alimentazione Evitante/Restrittivo, AN, BN, Disturbo da Alimentazione Incontrollata (Binge Eating Disorder), Altri disturbi specifici della nutrizione e dell’alimentazione (Night Eating Syndrome), Disturbi della Nutrizione e dell’alimentazione non specificati.

In questo lavoro di tesi prenderemo in esame solamente i criteri diagnostici di AN, BN e Binge Eating.

2.1 Criteri diagnostici dell’AN

Il DSM-5 ha introdotto due cambiamenti importanti nei criteri diagnostici dell’AN: l’abolizione del criterio amenorrea, perché non può essere applicato ai maschi, alle donne in menopausa, premenarcali e perché alcune persone esibiscono tutti gli altri segni tipici dell’AN ma continuano ad avere il ciclo mestruale; il cambiamento del criterio A, che nel DSM-IV richiedeva un IMC < 17,5 mentre nel DSM-5 è richiesto un peso significativamente basso inferiore al minimo normale (cioè IMC <18,5) o, per i bambini e gli adolescenti, inferiore a quello minimo atteso (cioè < 5° percentile). Sono stati introdotti dei criteri per valutare il livello di gravità attuale sulla base dell’IMC.

I criteri diagnostici secondo il DSM-V per l’AN sono:

A.

Restrizione dell’apporto energetico rispetto al necessario, che conduce a un peso corporeo significativamente basso tenendo conto dell’età, del sesso, della traiettoria evolutiva e dello stato di salute fisica. Si intende per peso significativamente basso un peso che è inferiore al minimo normale o, per i bambini e gli adolescenti, inferiore a quello minimo atteso.

B. Intensa paura di acquistare peso o di diventare grasso, o comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, anche in presenza di un peso significativamente basso.

C. Alterazione del modo in cui il soggetto vive il proprio peso o la forma del proprio corpo, eccessiva influenza del peso o della forma del corpo sui livelli di autostima, o persistente rifiuto di ammettere la gravità della attuale condizione di sottopeso

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Specificare il sottotipo:

Tipo restrittivo: Durante gli ultimi 3 mesi, l’individuo non ha avuto ricorrenti crisi bulimiche

o condotte di eliminazione (cioè vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi). Questo sottotipo descrive quei casi in cui la perdita di peso è ottenuta primariamente attraverso la dieta, il digiuno e/o l’esercizio fisico eccessivo

Tipo con crisi bulimiche/condotte di eliminazione: Durante gli ultimi 3 mesi, l’individuo ha

avuto ricorrenti crisi bulimiche o condotte di eliminazione (cioè vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi)

Specificare il livello attuale di gravità: Il livello minimo di gravità è basato, per gli adulti,

sull’attuale indice di massa corporea (vedi sotto) o, per i bambini e gli adolescenti, sul percentile dell’indice di massa corporea. Il livello di gravità può essere aumentato tenendo conto dei sintomi clinici, del grado di disabilità funzionale e del bisogno di supervisione

Lieve: BMI ≥ 17 kg/m2

Moderato: BMI16-16,99 kg/m2 Grave: BMI 15-15,99 kg/m2 Estremo: BMI < 15 kg/m2

L’esordio dell’AN è più frequentemente di tipo graduale e insidioso: spesso nasce dall’inizio di una dieta in età adolescenziale o in seguito a un’osservazione su qualche parte del corpo o sul proprio peso. Altre volte viene negata l’insoddisfazione per l’aspetto fisico ma la restrizione alimentare è fatta risalire a problemi digestivi, lamentele ipocondriache o a un’inspiegabile perdita di appetito. Più raramente invece l’esordio è acuto in relazione ad eventi significativi di perdita, di separazione o di insuccessi scolastici o lavorativi.

Inoltre nell’anamnesi di queste pazienti sono frequenti casi di abuso fisico o sessuale che acuiscono i sentimenti di colpa e di bassa autostima.

A differenza di ciò che comunemente si potrebbe pensare, la maggior parte dei pazienti ammette di aver avuto fame nelle fasi iniziali, ma di non permettersi di mangiare per paura di aumentare di peso. La restrizione alimentare riguarda principalmente cibi ricchi di lipidi e carboidrati che vengono sostituiti quasi completamente da verdura e frutta o alimenti a basso contenuto calorico e ricchi di fibre. Gli alimenti vengono pesati accuratamente, spesso ne viene calcolato l’apporto calorico e vengono poi assunti con estrema lentezza. Spesso i pazienti si rifiutano di consumare il cibo cucinato da altri per paura di dosi eccessive di condimenti. Il pasto è generalmente vissuto come un momento di ansia e spesso, se costretti a

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mangiare, i pazienti tendono a sminuzzare il cibo in pezzi piccolissimi e a giocarci per molto tempo.

All’inizio della patologia sono frequenti stati di euforia e di maggior estroversione dovuti ai rinforzi positivi ricevuti dall’ambiente. In seguito, a causa del progressivo scadere delle condizioni fisiche, il paziente anoressico riceve critiche e pressioni da parte dell’ambiente che tenta di convincerlo a mangiare, rinforzando così il proposito di digiuno e la tendenza all’isolamento sociale.

La negazione della fame porta ad avere pensieri ossessivi sul cibo che si manifestano ad esempio con il collezionare ricette e foto di alimenti, cucinare pietanze molto elaborate per gli altri o addirittura nascondendo alimenti considerati proibiti nella propria stanza. Alla restrizione alimentare spesso è associata un’intensa attività fisica prevalentemente di tipo aerobico, svolta al fine di bruciare calorie e praticata anche per delle ore.

Con il progredire della malattia le condotte di controllo del peso si fanno sempre più stereotipate nonostante rimangano immutate la paura di ingrassare e la convinzione di essere sovrappeso.

A questo proposito la misurazione del peso e delle forme corporee diventa sempre più frequente ed ossessiva fino ad essere vissuta con angoscia in attesa di sapere se c’è stata o meno una variazione di peso da cui deriverà il mantenimento o meno della stima di sé. Infatti un’importante caratteristica dei pazienti con DA è quella di fondare il proprio livello di autostima sulla base di una distorta percezione della propria immagine fisica. Questa polarizzazione ideativa sull’immagine corporea è resistente ad ogni tentativo di confutazione in molti pazienti fino ad assumere le caratteristiche di un vero e proprio delirio.

Esistono due sottotipi diagnostici di AN: il sottotipo con restrizioni, che spesso associa le rigide restrizioni alimentari all’iperattività fisica e il sottotipo binging/purging, in cui sono presenti crisi bulimiche più o meno frequenti.

Il sottotipo bulimico si distingue significativamente dal sottotipo con restrizioni: presenta tentativi di suicidio, comportamenti impulsivi, familiarità, presenza e gravità di depressione e disturbi della personalità che l’avvicinano maggiormente alla categoria diagnostica della BN. Inoltre in questo sottotipo si ha una maggiore gravità del decorso e della prognosi e un più frequente discontrollo degli impulsi (cleptomania, automutilazioni o autolesionismo) e di condotte di abuso (alcolismo ed utilizzo di stupefacenti).

Per quanto riguarda il sesso maschile, le caratteristiche pre-morbose e le modalità di esordio sono sovrapponibili a quelle delle ragazze con AN. La prognosi risulta generalmente più grave.

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Tipica del sesso maschile è la forma della reverse anorexia nella quale l’insoddisfazione per le proprie forme corporee si manifesta con la convinzione di essere troppo piccoli o gracili che porta ad un eccessiva attività ginnica volta a potenziare la muscolatura.

L’AN si associa comunemente a disturbi dell’umore, in particolar modo con la depressione maggiore e la distimia che possono precedere o seguire l’esordio della malattia.

In questi pazienti sono presenti spesso tratti ossessivo-compulsivi che si manifestano con comportamenti ritualistici e ripetitivi.

Il decorso di questa patologia è variabile. Presentano una prognosi più favorevole e una remissione più o meno completa i soggetti che presentano un episodio singolo in giovane età e che hanno un migliore adattamento sociale e lavorativo. In genere il decorso è irregolare con remissioni e riesacerbazioni. Fattori prognostici sfavorevoli sono una lunga durata della malattia prima del trattamento, un’età di esordio più elevata, l’appartenenza al sottotipo binging/purging, una riduzione del peso marcata e scarso sostegno familiare.

La possibilità di guarigione varia dallo 0% al 30%. Nella metà dei casi si presenta una risoluzione incompleta: malgrado un ripristino dei valori di peso corporeo nei limiti della normalità (nel 64% dei casi) spesso possono rimanere anomalie del pattern alimentare e una relazione distorta con il cibo. L’amenorrea si risolve nel 33-66% dei casi.

2.1.1. Complicanze

L’AN può avere ripercussioni molto gravi sulla funzionalità di organi e apparati. Tali alterazioni si presentano generalmente dopo l’inizio di una severa restrizione alimentare con un conseguente calo importante del peso corporeo.

Frequenti sono le alterazioni della cute e degli annessi cutanei: la pelle diventa secca e fredda con un colorito giallo-brunastro ed è spesso ricoperta da una sottile peluria (lanugo) soprattutto in corrispondenza di faccia, gambe e braccia. Il colorito giallastro è dovuto principalmente all’ipercarotenemia secondaria all’eccessivo consumo di carote.

I capelli diventano fragili e cadenti. Sulla superficie delle mani è possibile identificare il cosiddetto “segno di Russel” caratterizzato da callosità in corrispondenza delle articolazioni metacarpo-falangee dovute allo sfregamento di tali zone contro il palato dovuto alla stimolazione per indursi il vomito.

I pazienti anoressici vanno in contro anche a numerose alterazioni dell’apparato gastroenterico.

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smalto dentale soprattutto in corrispondenza della superficie palatale, secondaria ad un’esposizione cronica ai succhi gastrici. Correlate alla cronicità del vomito sono anche l’ipertrofia delle ghiandole salivari (sialoadenosi), specialmente delle parotidi e la presenza di erosioni ed ulcere dell’esofago.

La parete muscolare dello stomaco diventa precocemente atonica e atrofica avendo come conseguenza un ritardato svuotamento gastrico per cibi solidi o liquidi ipertonici.

La stipsi è molto frequente ed è una causa diretta della scarsa assunzione di cibo e del rallentamento del transito intestinale.

Anche l’apparato cardiovascolare risente pesantemente della malnutrizione causata dall’anoressia. Nel 90% delle pazienti si hanno alterazioni cardiovascolari. Si hanno spesso bradicardia e ipotensione arteriosa. A questo si aggiunge una riduzione del volume del cuore senza modificazioni della sua forma (cuore a goccia) che può essere responsabile del prolasso della valvola mitrale. Gli squilibri elettrolitici presenti soprattutto in pazienti del sottotipo binging/purging, possono portare ad aritmie gravi con collasso cardiocircolatorio e morte improvvisa.

Mentre tutte queste alterazioni biologiche possono essere riscontrate anche nella BN, appannaggio esclusivo dell’AN sono le alterazioni ossee e muscolari. Demineralizzazione ossea, osteopenia, osteporosi e fratture patologiche sono frequenti nell’anoressia. L’apparato muscolare appare ipotrofico nonostante l’iperattività fisica.

La leucopenia è la principale alterazione ematologica insieme all’anemia normocitica e normocromica dovuta a modificazioni midollari o all’anemia da carenza di B12 o ferro. Si presentano anche alterazioni metaboliche ed elettrolitiche. L’ipoglicemia e l’ipercolesterolemia sono abbastanza frequenti. Anche le alterazioni elettrolitiche come ipopotassemia, iponatremia e ipocloremia spesso associata ad acidosi metabolica sono frequenti.

Si hanno anche numerose alterazioni endocrine la più importante delle quali l’ipogonadismo ipogonadotropo, un’alterazione dei ritmi circadiani di gonadotropine, che provoca l’amenorrea.

2.2 Criteri diagnostici della Bulimia Nervosa

Il DSM-5 ha mantenuto gli stessi criteri diagnostici del DSM-IV, modificando solamente la frequenza e la durata delle abbuffate: si devono verificare entrambe in media almeno una volta alla settimana per 3 mesi, mentre nel DSM-IV si dovevano verificare almeno due volte la settimana per tre mesi. Sono inoltre stati introdotti i criteri di gravità in base al numero di

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episodi a settimana e è stata tolta la differenziazione in sottotipi (con o senza condotte di eliminazione).

I criteri diagnostici secondo il DSM-V per la BN sono:

A. Ricorrenti crisi bulimiche. Una crisi bulimica è caratterizzata da entrambi gli aspetti seguenti:

1. Mangiare, in un periodo definito di tempo (es. un periodo di 2 ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili.

2. Sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (es. sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o di non controllare che cosa o quanto si sta mangiando).

B. Ricorrenti e inappropriate condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici o altri farmaci, digiuno o esercizio fisico eccessivo

C. Le abbuffate e le condotte compensatorie inappropriate si verificano entrambe in media almeno una volta a settimana per 3 mesi

D. I livelli di autostima sono inappropriatamente influenzati dalla forma e dal peso del corpo

E. Il disturbo non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di AN

Specificare il livello attuale di gravità: Il livello minimo di gravità è basato sulla frequenza

delle condotte compensatorie inappropriate (vedi sotto). Il livello di gravità può essere aumentato tenendo conto degli altri sintomi e del grado di disabilità funzionale.

Lieve: Una media di 1-3 episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana Moderato: Una media di 4-7 episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana Grave: Una media di 8-13 episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana Estremo: Una media di 14 o più episodi di condotte compensatorie inappropriate per

settimana

Dalla quarta edizione del DSM-IV in presenza di crisi bulimiche viene diagnosticata l’AN di tipo binging/purging nei casi in cui vi sia più del 15% di sottopeso, mentre in casi di normopeso o sovrappeso la diagnosi è di BN. La convinzione di dover regolare l’apporto alimentare, per quanto possa essere fondata da un reale sovrappeso, porta a meccanismi

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estremi di controllo del peso. La paziente bulimica non riesce a portare sempre a termine questi meccanismi di controllo e si trova costantemente di fronte a una serie continua di fallimenti che la portano a sviluppare sentimenti di autosvalutazione e colpa.

La malattia si origina spesso da una dieta dimagrante che la paziente inizia presto a ridurre fino ad arrivare a stati di semidigiuno. Così come per l’AN, il terreno comune su cui si sviluppa la BN sono i reiterati tentativi di restringere l’alimentazione. La restrizione alimentare severa porta in breve tempo alla comparsa di abbuffate che vengono inizialmente compensate con ulteriori restrizioni o un incremento dell’attività fisica. Con il tempo lo schema alimentare diviene un’alternanza continua di digiuni e di abbuffate fino a arrivare ad un completo discontrollo degli stimoli di fame e sazietà da parte delle pazienti.

Le crisi bulimiche sono episodi caratterizzati dall’ingestione di grandi quantità di cibo in un periodo di tempo limitato, alle quali seguono generalmente caratteristiche alterazioni dell’umore come senso di colpa, depressione, e sentimenti di autosvalutazione. L’abbuffata può essere indotta da stati d’animo spiacevoli come solitudine, ansia, noia, tristezza, rabbia o anche dalla visione di cibi considerati proibiti. Nelle fasi più avanzate della malattia si perde questa correlazione con stati d’animo particolari e le abbuffate arrivano ad essere meticolosamente programmate.

I cibi consumati durante gli episodi bulimici, che avvengono in solitudine, sono generalmente quelli considerati proibiti. Di solito non richiedono una preparazione elaborata e possono essere ingeriti rapidamente. L’abbuffata è oggettiva e quindi la quantità di cibo ingerita è elevata (dalle 5.000 alle 20.000 Kcal); l’ingestione è caotica e compulsiva, con scarsa attenzione per i sapori ed è accompagnata dalla sensazione di perdita di controllo tanto che spesso l’abbuffata termina per cause esterne alla volontà come dolore addominale, l’esaurimento del cibo o l’interruzione da parte di terzi. La conclusione è il vomito autoindotto, anche se spesso sono presenti altre condotte di eliminazione come l’abuso di lassativi (dal 20% al 40% dei casi), di diuretici e il ricorso all’esercizio fisico praticato compulsivamente.

Nelle fasi più avanzate della malattia il pensiero dell’abbuffata può arrivare ad essere talmente pervasivo da interferire seriamente con le attività della vita quotidiana fino a compromettere il rendimento lavorativo e i rapporti interpersonali. I sentimenti di autosvalutazione che nascono dall’incapacità di controllare l’assunzione di cibo in alcuni casi possono portare ad atti autolesionistici come graffiarsi, tagliarsi, mordersi e bruciarsi.

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2.2.1 Complicanze

Le complicanze della BN si sovrappongono a quelle presenti nell’anoressia di tipo binging/purging. Le pazienti presentano numerose alterazioni dell’apparato gastrointestinale causate dalla cronicità del vomito autoindotto. Sono presenti infiammazioni del cavo orale ed erosioni dello smalto dentario, carie, sialoadenosi, segno di Russell, petecchie in zona periorbitale, ulcere buccali. Sono frequenti anche lesioni esofagee ed erosioni della giunzione gastroesofagea indotte dal vomito o dalla presenza di reflusso gastroesofageo secondario ad ipotonia cardiale. L’abuso di lassativi può determinare stipsi e in rari casi anche il cosiddetto “colon catartico” caratterizzato da ispessimento, atrofia, ulcerazioni superficiali della mucosa e cisti e infiltrazioni di cellule mononucleate nella sottomucosa. L’utilizzo cronico di lassativi è inoltre associato a meteorismo gastrointestinale.

Anche nelle pazienti bulimiche possono essere presenti alterazioni dell’apparato cardiovascolare. Gli squilibri elettrolitici come l’ipopotassemia e ipomagnesiemia possono portare ad aritmie severe e a collasso cardiocircolatorio e morte improvvisa.

A differenza delle pazienti anoressiche non si riscontrano compromissioni del metabolismo glucidico, mentre si può riscontrare ipercolesterolemia dovuta all’aumento delle LDL.

Le alterazioni elettrolitiche sono il risultato combinato di più fattori: digiuno, vomito ripetuto, malnutrizione, abuso di diuretici e lassativi con conseguente perdita di liquidi ed ipovolemia. Queste pazienti vanno spesso in contro a ipopotassemia, iponatremia e ipocloremia che spesso si associa ad alcalosi metabolica con aumento della pCO2.

Nella BN le complicanze mediche sono generalmente meno severe e meno frequenti rispetto all’anoressia. Le situazioni più pericolose sono causate da rotture esofagee nel corso di abbuffate consistenti, dalla presenza e rottura di varici esofagee e dalle aritmie causate dallo squilibrio elettrolitico.

2.3 Criteri diagnostici per il Disturbo da Binge Eating (o Alimentazione Incontrollata)

Nel DSM-5 il disturbo da Binge Eating ha mantenuto i criteri diagnostici simili a quelli del DSM-IV con l’eccezione del criterio D (frequenza e durata abbuffate). Nel DSM-5, le abbuffate si devono verificare, almeno una volta alla settimana per 3 mesi, mentre nel DSM-IV almeno due giorni la settimana per 6 mesi. Sono stati introdotti dei criteri per valutare il livello di gravità attuale sulla base del numero di episodi di abbuffate per settimana.

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A. Ricorrenti episodi di abbuffate. Un episodio di abbuffata è caratterizzato da entrambi gli aspetti seguenti:

1. Mangiare, in un periodo definito di tempo (per es., un periodo di due ore) una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui mangerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili.

2. Sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (per es., sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa o quanto si sta mangiando). B. Gli episodi di abbuffata sono associati a tre (o più) dei seguenti aspetti:

1. Mangiare molto più rapidamente del normale. 2. Mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni.

3. Mangiare grandi quantità di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati. 4. Mangiare da soli perché a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando. 5. Sentirsi disgustati verso se stessi, depressi o assai in colpa dopo l’episodio. C. È presente un marcato disagio riguardo alle abbuffate.

D. L’abbuffata si verifica, in media, almeno una volta alla settimana per 3 mesi.

E. L’abbuffata non è associata alla messa in atto sistematica di condotte compensatorie inappropriate come nella BN, e non si verifica esclusivamente in corso di BN o AN. Specificare se:

In remissione parziale: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per il

disturbo da Binge Eating, gli episodi di abbuffata si verificano con una frequenza media di meno di un episodio a settimana per un consistente periodo di tempo.

In remissione completa: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per

il disturbo da Binge Eating, nessuno dei criteri è stato soddisfatto per un consistente periodo di tempo.

Livello di gravità attuale

Lieve: Da 1 a 3 episodi di abbuffata a settimana. Moderato: Da 4 a 7 episodi di abbuffata a settimana. Grave: Da 8 a 13 episodi di abbuffata a settimana. Estremo: 14 o più episodi di abbuffata a settimana

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Il disturbo da Binge Eating è caratterizzato da crisi bulimiche in assenza di regolari condotte di eliminazione o di compenso e, a differenza dei DA precedentemente trattati, conduce a variabili livelli di obesità. Rispetto ad anoressia e bulimia l’età al momento della diagnosi è più avanzata e varia tra i 30 e i 40 anni con un inizio dei disordini alimentari attorno ai 20 anni.

Il nucleo patologico del BED sono le abbuffate, che a differenza di quelle presenti in anoressia e bulimia, non sono circoscritte nel tempo ma possono durare giorni: si parla infatti di giorni binge, nei quali il soggetto ingerisce ingenti quantità di cibo durante l’arco della giornata, che si alternano a giorni in cui l’introito alimentare è normale o addirittura ristretto. Tali condotte vengono portate avanti in media 3-5 giorni a settimana. La caratteristica principale di questo disturbo dell’alimentazione è la sensazione di perdita di controllo sul cibo che spinge il paziente a mangiare senza freno e in modo compulsivo.

I soggetti con BED presentano rispetto a pazienti obesi una maggiore preoccupazione per il cibo e il peso corporeo e una minore capacità di autocontrollo sull’alimentazione. Inoltre in questi soggetti l’obesità si manifesta più precocemente ed è accompagnata da un ricorso precoce a diete ipocaloriche che vengono portate avanti per alcuni mesi per poi essere abbandonate con il conseguente recupero del peso precedentemente perso. I soggetti con DAI vanno in contro a maggiori fluttuazioni di peso, anche di decine di chili, e manifestano una concezione più negativa delle proprie forme corporee.

Uno dei motivi per cui il mantenimento del peso risulta problematico è dovuto alla natura stessa del disturbo: questi pazienti non si alimentano esclusivamente in risposta ad uno stimolo biologico di fame o sazietà, ma usano il cibo come strumento per regolare tensioni e conflitti interni ingerendo alimenti indipendentemente da reali stimoli biologici.

Durante lo sviluppo del DA le restrizioni alimentari e le abbuffate portano ad un’introduzione caotica di nutrienti che determina l’innescarsi anomalo di risposte fisiologiche. Questo comporta una grave disorganizzazione dei processi che regolano fame e sazietà con desincronizzazione di comportamento e fisiologia, processi fisiologici e attività neurotrasmettitoriale.

In questi soggetti l’incremento ponderale risulta essere progressivo nel tempo poiché sembra che l’atteggiamento alimentare compulsivo si aggravi con l’aumentare del livello di adiposità. La presenza di binge eating è un fattore prognostico negativo per il decorso della condizione di sovrappeso. L’insorgenza delle abbuffate è da ascrivere sia alla restrizione alimentare che porta ad un meccanismo di disinibizione nei confronti del cibo, sia ad una difficoltà dei soggetti di regolare le tensioni emotive che può indurre all’uso compulsivo dell’atto

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alimentare come strumento di sedazione (emotional eating). Quindi il discontrollo alimentare può essere presente già prima della restrizione alimentare e venire poi esasperato da questa. Sul piano terapeutico sembra che la riduzione di peso determini un miglioramento sia della frequenza che della gravità delle abbuffate.

Numerosi studi hanno rilevato la presenza di comorbidità con altri disturbi psichiatrici: è stata riscontrata una più elevata prevalenza di depressione, distimia, disturbo bipolare, disturbo di panico, disturbo d’ansia, disturbo borderline ed evitante di personalità. La presenza di comorbidità non sembra essere collegata al sovrappeso, bensì con il disturbo della condotta alimentare.

2.3.1. Complicanze

Per quanto riguarda il Disturbo da Binge Eating, l’assunzione caotica di ingenti quantità di cibo in un breve arco di tempo senza attuazione di condotte di compensazione, porta il paziente ad un aumento progressivo del peso che si può arrestare ad un lieve sovrappeso, ma che nella maggior parte dei casi diventa obesità conclamata.

In risposta a questo consistente aumento di peso molto spesso i soggetti con BED si sottopongono a diete ferree volte a ottenere un cospicuo calo ponderale in un breve lasso di tempo. Questi soggetti non riescono però a mantenere il decremento ponderale nel tempo, andando in contro ad un oscillazione del peso corporeo che può compromettere gravemente la composizione corporea con perdita di massa muscolare e rallentamento del metabolismo basale. Le complicanze mediche più evidenti di questo disturbo sono quelle dovute allo stato di obesità.

Questi pazienti presentano una maggiore incidenza di diabete mellito di tipo II: l’incremento della massa adiposa produce infatti un’alterazione della risposta insulinica che nel tempo può portare ad insulino-resistenza e diabete conclamato.

Anche a livello cardiologico questi soggetti possono andare in contro a numerose complicanze come ipertensione arteriosa, dislipidemie, aterosclerosi, scompenso cardiaco, angina, trombosi venosa profonda ed embolia polmonare.

L’ipertensione arteriosa e lo scompenso cardiocircolatorio possono a loro volta compromettere la funzione renale delineando un quadro di insufficienza renale irreversibile una volta instauratasi.

Anche a livello gastrointestinale questi pazienti possono avere complicanze come steatoepatosi, colelitiasi, ernia iatale e reflusso gastroesofageo.

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Questi pazienti possono presentare anche artropatie e osteoartrosi dovute al peso eccessivo. Nei soggetti obesi inoltre c'è maggiore incidenza di sviluppo di alcuni tumori, soprattutto a stomaco, colon, mammella, colecisti ed endometrio.

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3. La dieta ferrea nell'AN

3.1 Disturbi dell'alimentazione: la visione transdiagnostica

L'AN, la BN e il BED condividono un “nucleo psicopatologico” caratterizzato da una valutazione eccessiva data alle forme corporee, al peso e al loro controllo. Anziché valutare se stessi come la maggior parte delle persone, basandosi sulla percezione delle proprie prestazioni in diversi ambiti della vita (come le relazioni, le performance sportive, il successo professionale, etc.), i soggetti affetti da DA hanno una valutazione di sé centrata principalmente sulla capacità o meno di controllare il peso e le forme corporee.

Figura 1. Schema di autovalutazione disfunzionale e funzionale

Questo nucleo psicopatologico è identico sia nei maschi che nelle femmine, sia negli adolescenti che negli adulti. Si può manifestare in modi diversi: la maggior parte dei pazienti è estremamente preoccupata per il suo peso e ciò la porta a controllarlo frequentemente, anche

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più volte al giorno e a provare forte ansia e paura per ogni sua piccola variazione; altri invece evitano volontariamente di conoscere il proprio peso nel tentativo fallimentare di evitare la preoccupazione. Tale duplice approccio riguarda anche le forme corporee: in alcuni pazienti sono costanti i comportamenti di check corporeo e polarizzazione sulle parti del corpo che non amano, mentre altri evitano accuratamente di guardarsi ritenendosi disgustosi. Sia i controlli che gli evitamenti agiscono nel mantenere un'attenzione eccessiva sul peso e sul corpo che finisce per influenzare anche il funzionamento sociale e le relazioni intime. In un sottogruppo il nucleo psicopatologico assume la forma dell'eccessiva valutazione del controllo alimentare di per sé, con scarso evitamento del corpo ma con la messa in atto di continui regimi alimentari fortemente restrittivi, controllo dell'introito energetico (conteggio delle calorie) o evitamento del cibo. Di questo sottogruppo fanno parte principalmente le giovani pazienti all'esordio di malattia e le pazienti sottopeso.

Il nucleo psicopatologico dei DA influenza maggiormente le abitudini alimentari ed ha come risultante una restrizione dietetica cognitiva e calorica che è una delle caratteristiche peculiari di questi soggetti (ad eccezione dei pazienti con BED). Le regole alimentari che questi soggetti si impongono possono riguardare quando mangiare (es. non prima di un determinato orario), quanto mangiare (es. non più di 800 Kcal al giorno) e cosa, con una grande quantità di alimenti che vengono esclusi completamente dall'alimentazione (evitamento del cibo). Questo comportamento ha come risultato un'alimentazione ristretta e inflessibile. Questi pazienti hanno una concentrazione ridotta dovuta alla costante preoccupazione sul cibo, spesso non riescono a mangiare fuori casa e con altre persone. Diviene difficoltosa anche la scelta degli alimenti, fino ad arrivare a consumare sempre le stesse cose per evitare di scegliere tra cibi diversi.

Quando i pazienti riescono a mettere in atto con successo la restrizione dietetica il peso si riduce e si hanno così gli effetti psicologici, psicosociali e biologici della denutrizione che possono costituire una minaccia per la sopravvivenza (ad es. gli effetti cardiovascolari), essere difficilmente reversibili (come quelli sulle ossa), divenire un fattore di mantenimento, come l'eccessiva preoccupazione per il cibo e la precoce sensazione di riempimento, o anche essere invalidanti per i pazienti come un calo della concentrazione, l'insonnia e un aumento dell'ossessività.

La perdita di peso eccessiva porta all’insorgere della sindrome da digiuno che è caratterizzata da numerosi sintomi fisici e psicologici riassunti in tabella.

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Tabella 1. da: A. Keys et al., The Biology of Human Starvation. Minneapolis: University of Minnesota

Press,1950

Alcuni pazienti affetti da DA praticano un'attività fisica eccessiva che può diventare anche di tipo compulsivo (sentirsi obbligati a fare esercizio fisico o metterlo come priorità rispetto ad altre attività o allenarsi anche quando questo possa provocare un danno fisico). Questo è visto come un modo per controllare il peso e modificare le forme corporee, ma spesso l'esercizio fisico viene utilizzato anche per modulare l'umore.

La restrizione dietetica può portare alla perdita di controllo sul cibo tramite un'abbuffata. Questo comportamento può essere presente in tutti i DA ed avviene in un contesto di forte restrizione dietetica cognitiva (essere convinti di non poter consumare determinate tipologie di cibo) con o senza restrizione calorica. Spesso l'abbuffata è seguita da meccanismi di compenso come il vomito autoindotto, l'uso di lassativi o diuretici o l'attività fisica. Le abbuffate, soprattutto nei soggetti con AN, possono essere di tipo “soggettivo” ovvero consistere in quantità di cibo non realmente eccessive ma percepite come tali.

Anche il purging è un sintomo trasversale ai DA ad eccezione del BED. Può essere di tipo compensatorio (per ridurre al minimo gli effetti sul peso di un comportamento alimentare considerato eccessivo) o non compensatorio (se avviene indipendentemente da particolari episodi alimentari, ma viene utilizzato come una routine per il controllo del peso). Può inoltre

Sintomi della sindrome da digiuno Atteggiamenti nei confronti del cibo:

- Preoccupazione per il cibo

- Collezione di ricette e libri di cucina - Inusuali abitudini alimentari

- Incremento del consumo di caffè, tè, spezie

- Occasionale ingestione esagerata di cibo

Modificazioni emotive e sociali:

- Depressione - Ansia

- Irritabilità e rabbia - Labilità emotiva - Episodi psicotici

- Cambiamenti di personalità evidenziati dai test psicologici

- Isolamento sociale

Modificazioni cognitive:

- Diminuita capacità di concentrazione - Diminuita capacità di pensiero astratto - Apatia

Modificazioni fisiche:

- Disturbi del sonno - Debolezza

- Disturbi gastrointestinali

- Ipersensibilità al rumore e alla luce - Edema

- Ipotermia - Parestesie

- Diminuzione del metabolismo basale - Diminuzione dell’interesse sessuale

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servire a modulare il tono dell'umore.

Le caratteristiche psichiatriche sono simili nei soggetti con DA: depressione ed ansia sono comuni e spesso molti pazienti soddisfano i criteri diagnostici per un disturbo dell'Umore o di Ansia. Le caratteristiche depressive sono diffuse nei soggetti con perdita di controllo, mentre sintomi ansiosi aumentano nei soggetti che restringono molto l'alimentazione. Nei pazienti con grave sottopeso aumentano le caratteristiche ossessive. Il perfezionismo clinico e la bassa autostima sono due tratti di personalità che sono particolarmente comuni nei soggetti affetti da DA e sono precedenti all'esordio della malattia.

Mentre un piccolo sottogruppo di pazienti mantiene un pattern clinico costante, la grande maggioranza migra tra le varie diagnosi dei DA. Questa migrazione non è casuale ma è dovuta al fatto che i DA tendono ad esordire con la restrizione dietetica cognitiva e calorica, ma il controllo si interrompe e hanno inizio le abbuffate. Così si può avere una migrazione tra le diagnosi di AN, BN e disturbo dell'alimentazione con o senza specificazione.

Questi cambiamenti diagnostici hanno portato a chiedersi se riflettano la guarigione da un DA e lo sviluppo di un altro o se siano l'evoluzione di un singolo disturbo. (Fairburn et al., 2008) Anche Dalle Grave nel suo libro esplica come sia centrale il concetto di migrazione tra i disturbi alimentari:«Le caratteristiche cliniche di questi disturbi sono comuni alle diverse diagnosi e gli studi longitudinali a riguardo indicano che la maggior parte dei pazienti migra tra le diverse categorie diagnostiche dei DA: tale movimento temporale, insieme a una psicopatologia condivisa, ha portato a considerare i DA come un'unica categoria diagnostica più che come disturbi separati. Il fatto che i DA persistano ma evolvano nella loro forma suggerisce che i meccanismi “transdiagnostici” abbiano un ruolo chiave nel mantenimento della psicopatologia di questi disturbi. La teoria transdiagnostica sostiene che la tendenza a giudicare il proprio valore in modo predominante o esclusivo in termini di peso, forma del corpo e controllo dell’alimentazione, sia di primaria importanza nel mantenimento di tutti i disturbi dell’alimentazione. La maggior parte delle altre caratteristiche cliniche deriva infatti direttamente o indirettamente da questa psicopatologia specifica e centrale. Essa spiega, infatti, la restrizione dietetica cognitiva e calorica, gli episodi bulimici, il sottopeso e la sindrome da denutrizione, le preoccupazioni per il peso, la forma del corpo e il controllo dell’alimentazione, i check ripetuti del peso e della forma del corpo, l’evitamento dell’esposizione del corpo e l’utilizzo di metodi estremi di controllo del peso. Queste manifestazioni cliniche, a loro volta, mantengono e intensificano attraverso molteplici meccanismi la psicopatologia specifica e centrale».

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Figura 2: La teoria cognitivo comportamentale transiagnostica. G.Fairburn 2010

3.2 Il Minnesota Starvation Experiment

Il Minnesota Starvation Experiment è lo studio più importante condotto al fine di valutare gli effetti fisiologici e psicologici della restrizione dietetica grave e prolungata, della perdita di peso e l'efficacia delle strategie di riabilitazione alimentare. Scopo principale dello studio era quello di capire come assistere nel modo migliore le popolazioni soggette a carestia in Europa e in Asia durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale studiando i dati che sarebbero emersi da una simulazione in laboratorio di carestia.

Lo studio venne condotto da Ancel Keys e dai suoi collaboratori dal 19 novembre 1944 al 20 dicembre 1945 e coinvolse 36 uomini candidatisi volontariamente in alternativa al servizio militare, bianchi, di età compresa tra i 22 e i 33 anni in ottimo stato di salute sia fisica che psicologica.

Lo studio fu diviso in 4 fasi:

 Un periodo di controllo di 12 settimane, dove i soggetti ricevettero una dieta controllata di circa 3.200 Kcal di cibo ogni giorno e venne fatta una serie di test antropometrici, fisiologici e psicologici progettati per caratterizzare la salute fisica e mentale di ciascun partecipante in condizioni normali;

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 24 settimane di semidigiuno, durante le quali l'introito energetico dei partecipanti allo studio fu ridotto a circa 1560 Kcal al giorno;

 12 settimane di riabilitazione nutrizionale controllata, in cui i partecipanti divisi in 4 sottogruppi ricevettero una dieta riabilitativa strettamente controllata, costituita da uno di quattro diversi livelli di energia calorica;

 8 settimane di riabilitazione nutrizionale in cui l'apporto calorico e la qualità del cibo non erano limitati ma accuratamente registrati e monitorati.

Durante il periodo di dieta ferrea, i partecipanti ricevettero due pasti al giorno progettati per indurre lo stesso livello di stress nutrizionale per ogni soggetto. Poiché ogni partecipante aveva caratteristiche metaboliche distinte, la dieta fu tarata per produrre all'incirca una perdita di peso totale del 25% nel periodo delle 24 settimane.

Tutti gli uomini che parteciparono allo studio sperimentarono cambiamenti fisici, psicologici e sociali. Dal punto di vista comportamentale i soggetti iniziarono a dedicare ore a programmare come suddividere la quantità di cibo quotidiana, il tempo del consumo dei pasti si dilatò enormemente (fino a 2h per consumare un pasto che in precedenza richiedeva loro pochi minuti). Una parte dei soggetti iniziò a leggere libri di cucina e a collezionare ricette; ci fu un aumento del consumo di bevande come tè e caffè e acqua per riempire il più possibile lo stomaco. Ci fu inoltre un incremento notevole nell'uso di gomme da masticare, sale e spezie. Questi comportamenti rimasero anche nella fase di rialimentazione. Tutti i partecipanti riferirono un incremento della sensazione di fame che per alcuni iniziò ad essere un'intensa preoccupazione riferita come insopportabile. Molti dei partecipanti non riuscirono a seguire il piano restrittivo e ci furono episodi di abbuffata seguiti da sensi di colpa e auto svalutazione. Nella fase di recupero ponderale molti dei soggetti persero il controllo dell'appetito e riportarono un aumento della fame anche dopo un pasto abbondante. La maggior parte dei partecipanti durante il periodo di restrizione alimentare ridusse la propria attività fisica in seguito a stanchezza, debolezza e assenza di energia. Alcuni praticarono però saltuariamente esercizio fisico.

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Dal punto di vista psicologico molti partecipanti mostrarono modificazioni emotive e cognitive. La modificazione più rilevante fu una diminuzione della capacità di concentrazione e di comprensione che fu attribuita ai pensieri ricorrenti sul cibo e sull'alimentazione riportati dalla maggior parte dei soggetti. Molti dei partecipanti attraversarono periodi di depressione e frequenti furono i segni di irritabilità e le esplosioni di rabbia. I soggetti mostrarono alti livelli di ansia e 2 soggetti svilupparono disturbi psicotici (uno dei due si tagliò tre dita della mano in risposta alla sua angoscia). Queste alterazioni emotive rimasero per diverse settimane anche durante il periodo di riabilitazione. Ci furono anche dei cambiamenti dal punto di vista delle relazioni sociali, come una minor capacità di socializzazione e un aumento del senso di inadeguatezza. I soggetti partecipanti mostrarono inoltre una marcata diminuzione della libido, gli impulsi sessuali cessarono o diventarono sporadici.

Infine dal punto di vista fisico i partecipanti mostrarono diverse modificazioni: disturbi del sonno, digestione lenta e difficile, vertigini, diminuita tolleranza al freddo, ipersensibilità alla luce e al rumore, edema, perdita dei capelli, disturbi della visione e dell'udito. Ci fu anche una diminuzione del metabolismo basale, della frequenza cardiaca e di quella respiratoria.

Figura 3: Uno dei volontari del Minnesota experiment durante la restrizione alimentare e nella fase di

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Una delle osservazioni più importanti discusse dopo il Minnesota Experiment è quella che gli effetti fisici della dieta ferrea e del conseguente semidigiuno indotto nei partecipanti all'esperimento, si avvicinano molto alle condizioni dei pazienti affetti da DA come AN e BN. E' stato ipotizzato che molti degli effetti psicologici, sociali e fisiologici dei DA derivino dalla marcata restrizione alimentare e che la guarigione da queste patologie dipenda sia da una riabilitazione nutrizionale che psicologica (Ancel Keys et al., 1950).

3.3 L'importanza del comportamento alimentare nell'AN

“Stare a dieta” è un modo di dire colloquiale che identifica la restrizione dell'introito calorico o il tentativo di restringere le calorie al di sotto della quantità necessaria a mantenere il peso. Tentativi di perdere peso in maniera “fai da te” sono quasi universali tra le adolescenti e si verificano anche nel 75% della popolazione adulta sana. (Jeffery RW et al., 1991) Nella maggior parte degli individui la dieta è inefficace ad alterare il peso a lungo termine (Lowe MR et al., 2006; French SA et al., 1996). Per il 38% di chi si mette a dieta questo comportamento diventa esplicitamente patologico (Reba-Harrelson L. et al., 2009; Liebman M. et al. 2001) e un 25% di questi soggetti sviluppa un disturbo alimentare vero e proprio (Shisslak CM. et al., 1995). Lo stare a dieta è un comportamento caratteristico dei disturbi dell'alimentazione, dove tentativi di restringere l'introito calorico sono accompagnati da un disturbato funzionamento psicologico (Fairburn CG. Et al., 2008).

L'AN è caratterizzata dal mantenimento di uno stato di malnutrizione dato da una restrizione alimentare che ha come risultato un basso peso corporeo, paura e ansia relative all'aumento di peso e preoccupazioni relative al peso e alle forme corporee.

Il ricorso costante ad un'alimentazione inadeguata a mantenere un peso sano è il comportamento centrale che mantiene questa condizione. Per capire questo disturbo è utile considerare i meccanismi neurali che promuovono la scelta costante di un introito energetico non adeguato, comportamento che chiaramente è maladattivo.

L'alimentarsi è un comportamento complesso che viene influenzato da molteplici fattori sociali, psicologici e biologici. Il valore neurobiologico del cibo come ricompensa primaria è stato studiato da tempo e molto si sa sui meccanismi che regolano la fame e la sazietà in una normale alimentazione. Tuttavia i modelli di questi meccanismi neurali studiati nelle persone sane, non hanno contribuito molto nel comprendere meglio quanto accade nei disturbi alimentari, forse perché non riescono a chiarire cosa favorisca il comportamento maladattivo presente nei DA. La considerazione dell'importanza della dieta nei DA non è una cosa nuova e

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diversi approcci per sondare la neurobiologia dell'AN hanno utilmente incorporato ipotesi sulla relazione tra neurobiologia e dieta, possibilmente come "automedicazione" per l'ansia. (Kaye W. Et al., 2008, 2013)

Le anomalie del comportamento alimentare, presenti nei soggetti affetti da un DA, sono state esaminate tramite una serie di valutazioni oggettive in laboratorio. La maggior parte di questi studi ha paragonato il comportamento alimentare di individui non affetti da DA a quello di soggetti con BN e BED documentando che questi ultimi consumano significativamente più calorie rispetto ai soggetti di controllo quando viene loro chiesto di abbuffarsi e che alcuni segnali di sazietà sono anormali. Questi studi hanno anche riportato che nei momenti di alimentazione non discontrollata i soggetti con BN tendono a consumare meno calorie rispetto ai soggetti senza DA. Si è partiti da questi dati per esaminare in laboratorio l'anormale riduzione dell'introito alimentare che avviene nell'AN (Kissileff HR et al., 1986; Walsh et al., 2011).

La restrizione dell'introito energetico nell'AN è stata valutata oggettivamente: uno dei primi studi osservazionali ha mostrato un introito calorico minore in AN rispetto al gruppo di controllo (1289 ± 150 a fronte di 2220 ± 108 kcal del controllo, p < 0.05) così come una riduzione dell'introito di grassi (17.6 ± 2.3 % in AN e 28.4 ± 1.3 % nei controlli, delle calorie totali consumate p < 0.05). (Hadigan CM et al., 2000)

Ulteriori studi sul comportamento alimentare hanno mostrato un introito alimentare significativamente ridotto in soggetti con AN non solo in fase acuta, ma anche immediatamente dopo il recupero ponderale. In uno studio relativo al consumo di un pasto con un cibo non familiare, i pazienti con AN ne hanno consumato una quantità inferiore rispetto ai controlli (104 ± 102 a fronte di 490 ± 188 g, p < 0.01) e non hanno mostrato nessun aumento significativo dell'introito energetico nemmeno dopo essere tornati nel normopeso (178 ± 203 g, p = 0.85) (Sysko R et al., 2005).

I dati qui descritti dimostrano come il disturbo comportamentale saliente degli individui con AN sia la scelta di alimenti a basso contenuto calorico in modo notevolmente stereotipato da promuovere la persistenza della malattia. Il passo successivo logico è chiedersi cosa guidi questo comportamento dal punto di vista neurobiologico, dato che i meccanismi di restrizione calorica persistente e maladattiva, comportamento caratteristico dei diversi DA, non sono stati ancora esaminati rigorosamente.

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3.4 Neuroscienze cognitive dell'AN

Lo scopo delle Neuroscienze Cognitive è quello di chiarire le basi neurologiche del comportamento umano e di collegare il funzionamento psicologico con quello biologico. Questo approccio può essere molto di aiuto nel capire i meccanismi neurali dei comportamenti maladattivi tipici dell'AN.

Alcuni modelli hanno usato un approccio dal basso verso l'alto (“bottom-up”), in cui processi di base vengono studiati con lo scopo di valutare aberrazioni nel funzionamento cerebrale. Per esempio, lo studio dei domini cognitivi ha mostrato anomalie neuropsicologiche: gli individui con AN hanno più difficoltà a spostarsi tra compiti cognitivi, probabilmente questo è collegato ad una tendenza alla rigidità psicologica. (Lang K. Et al., 2014)

Comunque queste scoperte dal punto di vista cognitivo non sono completamente concordi tra i diversi studi e i deficit di funzionamento esecutivo non identificano specifici target neurali sottostanti. Un approccio simile dal basso verso l'alto ha preso in esame processi di base come il gusto e ha mostrato differenze nell'attivazione neurale correlata. (Oberndorfer TA et al., 2013)

Queste anomalie comportamentali e neurologiche non sono state direttamente collegate al comportamento dei DA, ciononostante questi studi hanno mostrato costantemente anormalità nel sistema della ricompensa e nel sistema fronto-striatale e hanno aperto la strada ad un approccio dall'alto verso il basso che sonda l'attività neurale direttamente collegata ai DA.

3.5 La neurobiologia dei sistemi fronto-striatali nell'AN

La formazione di un'abitudine è il processo tramite il quale un comportamento associato a una ricompensa, se ripetuto con una certa frequenza, diventa quasi automatico e molto meno dipendente dalla ricezione della ricompensa stessa (Graybiel AM, 2008).

Nel momento in cui il comportamento si trasforma da un comportamento orientato al raggiungimento di un obiettivo ad un comportamento abituale, si verifica un analogo passaggio nei i sistemi neurali che lo supportano (Balleine BW. Et al., 2010; O’Doherty J. et al., 2004; Daw ND. et al., 2008). Studi sia animali che umani indicano che una volta che il comportamento assume le caratteristiche dell'abitudine (e quindi diventa indipendente dall'esito) è sotto il controllo dei sistemi neurali che includono lo striato-dorsale (ganglio basale, nucleo caudato e putamen) e associato alla corteccia dorso-laterale e frontale. Questi circuiti si pensa siano di particolare rilevanza in comportamenti maladattivi persistenti visti in diverse malattie mentali e anche per quanto riguarda soggetti affetti da AN risultano

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proponibili disfunzioni nel sistema dorsale e fronto-striatale (Robbins TW. Et al., 2012). Studi fatti tramite PET hanno mostrato anomalie ipermetaboliche nel nucleo caudato se paragonato a controlli sani e una riduzione dei volumi di questo (Herholz K. Et al., 1987; Delvenne V. et al., 1996, 1999; Krieg JC. Et al., 1991).

Uno studio fatto con la MRI funzionale di un gioco di congetture monetarie ha mostrato un aumento dell'attività neurale nel nucleo caudato in pazienti ristabilitesi dall'AN (Wagner A. et al., 2007).

Uno studio che utilizza immagini di cibo per provocare delle reazioni ha mostrato una maggiore attivazione del nucleo caudato tra individui che erano guariti da AN rispetto a dei controlli sani (Sanders N. et al., 2015). Questi dati hanno prodotto diversi modelli che propongono una disfunzione fronto-striatale in AN (Walsh BT. 2013).

Nei DA è il persistente “stare a dieta” che ha le caratteristiche comportamentali dell'abitudine: la dieta ferrea è un comportamento acquisito e non innato, avviene ripetutamente e una volta imparato viene indotto da stimoli specifici per l'individuo (Walsh BT. 2013). Poiché questi comportamenti sono appresi attraverso il rinforzo e la ripetizione, il sistema di ricompensa mesolimbico è molto rilevante per comprendere lo sviluppo e la persistenza dell'AN. Il

dieting è un comportamento che si ripete e con la ripetizione diventa sempre più automatico in

modo tale che alla fine le routine comportamentali vengono provocate da determinate situazioni (es. l'inizio di un pasto porta a una serie di comportamenti ritualizzati che hanno come scopo minimizzare l'assunzione di cibo)(Balleine BW et al., 2010). I soggetti con un DA imparano a stare a dieta ferrea tipicamente durante l'adolescenza. L'adolescenza è uno stadio della vita dove la salienza della ricompensa è inusualmente elevata: il dieting viene rinforzato ancor più in questo periodo per molteplici motivi, come il piacere di raggiungere la perdita di peso, il ricevere complimenti, il senso di soddisfazione nell'aver raggiunto un obiettivo ambizioso, un aumentato senso di autocontrollo (Galvan A. et al, 2006; Somerville LH et al., 2011). Ma una volta acquisiti i comportamenti abituali, sono relativamente insensibili all'ottenimento di un determinato risultato, dunque si può continuare il comportamento anche se l'esito che si vuole ottenere è cambiato e cosa molto importante, una volta che il comportamento si è consolidato, richiede un enorme sforzo da parte dell'individuo per cambiarlo. Tra gli individui con AN gli effetti della fame sul cervello probabilmente contribuiscono anche ad alterare il processo decisionale circa le scelte relative allo stare a dieta.

L'ipotesi che l'assunzione restrittiva in AN sia associata all'attività nello striato-dorsale è stata valutata in un gruppo di adolescenti e adulti con AN: in questi soggetti è stato valutato il

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