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Conclusioni personali: L’Arte contro l’Accademia.

Condividendo, in pieno, la visione dell’abbandono di Cicognara per motivazioni politiche, riteniamo valide le stesse per giustificare parzialmente anche il no dell’Accademia. S’intende che, essendo la posizione del Presidente particolarmente in bilico aggravava l’avvallo del progetto dello Jappelli, già di per sé nuovo, e quindi di difficile accettazione da parte del Governo. Ribadendo per l’ennesima volta che, atta la partecipazione del segretario alle sorti dell’Accademia, difficilmente ci si potrebbe aspettare un’avversione per motivi personali al progetto. A queste considerazioni che si ritengono difficilmente contestabili, aggiungiamo due documenti apparentemente trascurati utili a gettare ulteriore luce sul caso. Primo tra questi, l’anticipazione di Diedo a Cicognara del giudizio negativo degli accademici219:

“[per ] fare sotto vari rapporti delle gravissime eccezioni al Piano, bisogna che queste sieno appoggiate alli principi dell’arte, e concepite con molta nobiltà e delicatezza, è forza contestare che la novità e singolarità della cosa ha non poco illuso, per non dire abbagliato: né si dubita ch’ella che applaudì all’istante con noi non sia egualmente per convenire nel formare un diverso giudizio dopo che avrà ben ponderati i motivi della decisione[…] Troppo esposto è l’onor nostro, ed il decoro dell’Accademia per non dover dire imparzialmente quel che si sente: molto più che il giudizio nostro può andar soggetto alla revisione d’altri tribunali. Siamo ben tutti di ciò dolenti a segno che vorremmo poter rinunziare all’incarico anziché trovarci in questa dura alternativa; nella quale però il partito da prendermi non è un problema.[quello contrario]

218

Mazzocca, Canova, Cicognara e Hayez. La tutela del patrimonio e la promozione dell’arte

contemporanea., in Canova, Hayez Cicognara, l’ultima gloria di Venezia, 2017-2018, p. 34.

219

In questo atto non istituzionale ci suggerisce una posizione di vicinanza a Cicognara nonostante un sentire diverso per la votazione in corso.

Ho voluto prevenirla con qualche parola per torle in parte la sorpresa che potrebbe produrle questa scoperta, e colla solita stima affettuosa passo a segnarmi.”220

È questo il giudizio di Diedo, le motivazioni sono divisibili in due branche. Se le prime trattano dell’adeguamento ai principi dell’arte, dobbiamo considerare che queste non sono altro che una ripresa del quesito posto all’Accademia. Infatti veniva chiesto in prima persona dal Conte d’Inzaghi Governatore del Veneto, dopo l’apprezzamento fatto da Ranieri al progetto Jappelli, di valutarne la validità, prestando attenzione:

“…tanto sotto il punto della convenienza dell’edificio per l’uso cui è destinato, quanto sotto quello della perfetta corrispondenza alle regole d’architettura in linea di solidità e di bellezza221”

Quindi al di là del formalismo iniziale, volto a troncare sul nascere ogni possibile impugnamento degli atti presentati dagli accademici e non tirare avanti all’infinito una vicenda delicata, dobbiamo ritenere più interessanti le seconde motivazioni poiché mai richieste. La sostanza di queste motivazioni “secondarie” ruota attorno ai timori legati al dover decidere. Timore derivante in primis da un interessamento per l’ampliamento dell’università che coinvolgeva direttamente l’imperatore già nel 1820222.inoltre , come dimostrato dalla procedura che aveva accompagnato la valutazione del progetto Boni, tra gli interessati troviamo anche: la Ragioneria Centrale; commissione degli studi, Consiglio aulico delle fabbriche. Oltre ad un passaggio finale, di cui non sappiamo se l’Accademia veneziana fosse al corrente, al giudizio dell’Accademia milanese. Il cui appoggio per inciso dimostra un appoggio tra segretari, Diedo e Fumagalli, artefici della stabilità delle istituzioni, più dei professori e del Presidente stessi. Sulla scia di quanto veniamo detto s’innesta l’altro documento che ci pare inedito, e che ci dimostra come all’interno della stessa Università di Padova, destinataria del progetto, le cose fossero

220

BMCVe, p.d.c. 585, fasc. Cicognara, n. 19: lettera 16 gennaio 1825.

221

ABAVe, Atti d’ufficio, 1825: nella comunicazione del I. R. Presidio Governiale, in data 4 gennaio 1825.

Puppi dice di non aver reperito l’autografo, confermiamo invece la sua presenza presso l’archivio dell’Accademia di Belle Arti in data 18 dicembre 2017.

222

confuse, e che in ottica di mantenere buoni rapporti tra le istituzioni cugine, anche la loro soddisfazione fosse da inserire nel novero delle influenze “politiche” sulla decisione veneziana, visto che gli ostacoli gravanti sul progetto si accumulavano da tempo:

“Sento che il piano di riforma per l’Università, che costò a noi tanto studio, sia quasi abortito. Noi portiamo la pena degli altrui peccati atteso il poco buon ordine da principio tenutosi su questo affare. Ciò non mi fa maraviglia sapendo le strane pretese, e l’inquieto carattere di alcuno di cotesti Professori, che avrà messo dei torbidi. Ella si armi di pazienza, od usi quella di cui è fornito.”223

Lettera di Antonio Diedo al Sig. Antonio Boni, Venezia 10 gennaio 1822.

223

Inoltre, chiedendoci quali potevano essere le conseguenze di un’opera “sbagliata” agli occhi del Sovrano, Un esempio ci viene fornito da:

“la vicenda di uno sterminato e farraginoso dipinto storico [di De Min], L’eccidio di Ezzelino e della sua famiglia, ordinatogli da una società di padovani amanti delle belle arti capeggiata dal conte Fabrizio Orsato, e sollecitato nel 1825 da Cicognara, ancorché non finito, per l’esposizione dell’Accademia a cui avrebbe dovuto far visita l’imperatore.”224

La stroncatura arrivò presto dall’imperatore che ne consigliò il ritiro e il rifiuto dei bravi padovani di “questa schifosa scena da settembristi”.225

E si parlava qui di un quadro, pur di sei metri, ma che non coinvolgeva la valutazione di tre città e non costava più di un milione di lire alle tasche dello Stato.

Queste preoccupazioni non sembrano però investire Cicognara la cui vita era stata caratterizzata da una continua tensione a raggiungere grandi glorie di livello europeo. E che anche a livello accademico aveva visto il privilegiarsi di poche figure di spicco sulle quali puntare “tutto”:

“A Cicognara interessava però allora più una che una produzione che ritornasse competitiva nel settore del mercato e del collezionismo, per cui a Venezia non esistevano davvero le condizioni, un’arte di ricerca, perseguita dai giovani, Hayez, De Min, Baruffaldi, Rinaldi, inviati a Roma, dove avrebbero potuto misurarsi, al di là dell’antico e dei classici, con nuovi linguaggi, per poi confrontarli al rientro in patria con quello della propria tradizione.” 226

Siamo ora cavallo tra il 1824 e il 1825 e Cicognara cerca in Jappelli una nuova figura di campione assoluto della propria arte, incarnata precedentemente da Canova ed Hayez, il primo però muore nel ’22 e l’altro

224

Mazzoca, Gli artisti e la politica nel Veneto asburgico, in L’ideale classico…, 2002, p. 341.

225

Idem.

226

nello stesso anno sostituisce Luigi Sabatelli alla cattedra di pittura presso l’Accademia di Brera227.

Dall’altra parte Diedo, che a livello di gusto e di valutazione dei meriti artistici ha una visione quasi sovrapponibile a quella del Presidente228, a vedere come priorità quella della sopravvivenza dell’Accademia, in quanto solo da lì presumeva potessero nascere le future grandi glorie. Non è un caso se i due punti di vista si concretizzeranno in due discorsi, uno contro le Accademie (Cicognara)229 e uno a favore ed in risposta al primo (Diedo)230231. Superlativo nello spiegare le due parti in causa, un estratto di una lettera inviata da Diedo a Cicognara:

“Quella sua memoria che combatte l’utilità delle Accademie, è presa sotto viste grandi, generali, ed interessanti la prosperità dello stato: io guardo la cosa dal lato che mi conviene”232

E ci porta ad affermare in ultima istanza di come questa non fosse una battaglia contro Cicognara o contro Jappelli ma semplicemente una battaglia per l’Arte che per l’Accademia non aveva senso incominciare. È quindi su posizioni intellettuali che si scinde, senza infrangersi, il sodalizio tra Diedo e Cicognara. In una valutazione quasi inconscia dell’Accademia, che tra le due figure diversamente importanti per la vita dell’Istituzione, aveva ritenuto solo Diedo necessario.

227

Di Monte, 2004, Vol. 61

228

BMCVe, P.D.C. 585, Cicognara Leopoldo, n. 4: Lettera del 14 Agosto 1813. Vedi infra nota 159.

229

Cicognara [senza autore nel testo originale], Della istituzione delle accademie di belle arti in

Europa, in “Antologia”, Vol. XXI, n. 61, 1826, pp. 92- 118.

230

[L’opera è pubblicata postuma dallo Zanotto] Diedo, Sulla utilità delle Accademie, in “Emporeo artistico-letterario, ecc.”, 1847, pp. 339-342.

231

Il testo non era stato pubblicato da Diedo per motivazioni di rispetto nei confronti del Presidente, stando alle parole dello Zanotto questo doveva essere letto in Accademia: “Questa memoria poi il Cav. Diedo non pubblicò per rispetto a quell'uomo chiarissimo, col quale visse sempre in armonia di pensieri e in amicizia sincera ed affettuosa, e solo pensava di leggerla in iscuola, dopo fatte alcune aggiunte e correzioni comprese in quella che or

pubblichiamo.” (Zanotto, Antonio Cav. Diedo, in “Emporeo artistico-letterario, ecc.”, 1847, p. 339.

Grande merito va allo Zanotto per aver pubblicato

232

3.4 Cicognara e Diedo, la convivenza di due visioni dell’arte.