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“Omnis definitio in iure periculosa est, parum est enim ut non subverti possit”, avvertivano i romani128. Ogni definizione contiene, infatti, un imperativo che

127 Cass. civ., Sez. II, 12 marzo 2001, n. 3610. 128 L. GIAVOLENO PRISCO, in Digesto, 50.17.202.

vincola l’interpretazione di un determinato concetto tecnico, circoscrivendone la portata129.

Ciò risulta particolarmente vero con riferimento alle categorie giuridiche relative ai beni culturali. Le considerazioni fin qui esposte mostrano, infatti, come la nozione di bene culturale presenti connotati intrinsecamente relativi, connessi a complessi e mutevoli fattori di natura non solo culturale in senso stretto, ma anche politica, economica e religiosa.130 Di qui il moltiplicarsi di terminologie definitorie con cui i diversi ordinamenti hanno tentato e tentano di individuarli, riflettendo di volta in volta la sensibilità dei tempi e dei luoghi. Il diverso punto di equilibrio fra i contrapposti interessi ha portato alla proliferazione di locuzioni differenti, in un’autentica c.d. battle of concepts131 tesa alla ricerca di una espressione capace di rappresentare al meglio la sintesi tra i valori e gli obiettivi perseguiti dai diversi legislatori.

Sotto questo profilo la categoria “bene culturale” sembra presentare punti in comune con i c.d. concetti giuridici indeterminati. Infatti la necessità di adeguamento all’evoluzione dell’ambiente culturale di riferimento in considerazione del telos perseguito dal legislatore (sia esso nazionale o sovranazionale) fa sì che risulti impossibile trovare una definizione giuridica conclusiva che limiti il campo di applicazione dell’assetto normativo in tema di beni culturali.

La ragione prima di tale sfuggevolezza definitoria è data dal fatto che la nozione di bene culturale è di per sé liminale, necessitando del sapere di altre discipline (non giuridiche) per acquisire un significato proprio132. Dall’archeologia, alla numismatica; dalla storia dell’arte all’antropologia.

129 In questo senso, S. PUGLIATTI, ‘Beni immobili e beni mobili’, cit., pagg. 35-36.

130 Vd. G. SCIULLO, ‘Patrimonio e beni’, in: C. Barbati/M. Cammelli/L. Casini/G. Piperata/G. Sciullo (a cura di), Diritto del patrimonio culturale, il Mulino/Bologna, 2017, pagg. 32 ss.

131 Vd. M. FRIGO, ‘Cultural Property v. cultural heritage: A “battle of concepts” in international law’, cit.

132 In questo senso M.S. GIANNINI, ‘I beni culturali’, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1976, fasc. 1, pag. 8, spiega che si tratta di una “nozione a cui la normativa giuridica non dà un proprio contenuto, una propria definizione per altri tratti giuridicamente conchiusi, bensì opera mediante rinvio a discipline non giuridiche”.

In ogni caso, la locuzione prescelta viene poi in concreto calata nel testo legislativo di riferimento attraverso una definizione ad hoc133 così che una riflessione sul punto potrebbe apparire sterile134.

Peraltro in un sistema economico e normativo sempre più interconnesso, nel cui ambito la c.d. “Cultural Heritage Law” si sta sempre più proponendo quale autonoma disciplina del diritto, ragioni d’indole pratica e sistematica suggerirebbero di partire dal filo comune che identifica i beni culturali135 per ricercare un’unità di base su cui costruire la normativa di settore limitando per quanto possibile il rischio di obsolescenza.

Su tale nozione comune si potranno naturalmente innestare ulteriori specificazioni operative, che ne delineino il contenuto in funzione del campo d’applicazione dei singoli strumenti legislativi. In questo senso si trovano utilizzate categorie o elenchi di beni, limiti connessi all’età dell’oggetto, al suo valore economico, alla tipologia di utilizzo nonché alla sua provenienza.136

133 In tal senso A.LANCIOTTI, ‘La circolazione dei beni culturali nel diritto internazionale privato e comunitario’, cit., pag. 18, dichiara che “volendo fissare una nozione di bene culturale protetto, ciò è possibile solo avendo riguardo ad un ambito limitato, quale può essere l’ordinamento di un singolo Stato o il campo di applicazione di una convenzione internazionale; il che non esclude che siano riscontrabili notevoli analogie quanto ai criteri in base ai quali ciascuna normativa individua l’interesse giuridicamente tutelabile inerente ad una cosa che proprio per questo è considerata bene culturale”.

134 J. BLAKE, ‘International Cultural Heritage Law’, cit., pag. 6, “[i]n some sense, this is a false question since legal texts can and, to some extent, do dictate the meaning of any given term for the purposes of the instrument itself. There are, however, certain specific characteristics of these terms that are generally understood and so should be explored here. Moreover, the aforementioned treaties do not explicitly define either cultural property or cultural heritage as such and this leaves their meaning open to interpretation”.

135 M. GUILLAUME, ‘Invention et stratégie du patrimoine’, in: P.H. JEUDI (a cura di),

Patrimoines en folie, Éditions de la Maison des sciences de l’homme/Parigi, 1990, pag. 16, afferma che: “les objets du patrimoine sont hétéroclites et le deviennent de plus en plus, mais le simple fait d’être distingués des objets ordinaires maintient entre eux un fil rouge et donne au patrimoine son unité de principe”.

136 Sul punto I.A.STAMATOUDI,‘Cultural Property Law and Restitution – A Commentary to International Conventions and European Union Law’, cit., pag. 5.

In tale contesto, solo criteri che godano di un certo grado di elasticità saranno in grado di adeguarsi ai cambiamenti che l’evoluzione del sentire – a livello sociale, scientifico o politico – richiederanno137.

Dagli studi portati avanti finora traspare dunque come non sia possibile fornire una nozione giuridica chiusa in se stessa. Al contempo – come meglio si vedrà nel proseguo della trattazione che verrà limitata esclusivamente ai beni culturali mobili (intesi secondo un criterio naturalistico) – laddove la circolazione internazionale dei beni si va a scontrare con i particolarismi della pratica giuridica nazionale, l’assenza di alcuni punti fermi di base pone un freno allo sviluppo armonico della Cultural Heritage Law e, per l’effetto, alla circolazione lecita degli stessi beni.

CAPITOLO II

I

L MERCATO DEI BENI CULTURALI E

LA SUA REGOLAMENTAZIONE TRA PECULIARITÀ E PROBLEMATICITÀ

SOMMARIO: 0. Introduzione – 1. Il mercato dell’arte tra luci e ombre – 2. L’individuazione degli interessi protetti che informano la normativa di settore – 3. La regolamentazione del mercato a livello internazionale e la protezione dei patrimoni nazionali – 4. I limiti alla circolazione transfrontaliera e il loro riconoscimento – 5. Il problema del riconoscimento degli acquisti iure publico – 6. La questione della giurisdizione dell’azione di restituzione

0. Introduzione

Il primo capitolo ha esaminato i beni culturali in prospettiva ‘statica’, individuandone la dimensione ontologica. Il secondo capitolo mira a esaminare i beni culturali nella dimensione ‘dinamica’ connessa alla loro circolazione.

Questo comporta innanzitutto l’osservazione di interessi e dinamiche che informano il mercato dell’arte e della relazione tra circolazione lecita e traffico illecito. Come si vedrà, infatti, la pluralità di soggetti coinvolti nel mercato dell’arte determina una variegata composizione di interessi, spesso contrastanti, che implicano specifiche problematiche e peculiarità nella circolazione giuridica dei beni culturali rispetto a quella dei comuni beni mobili.

L’indagine evidenzia come tali specificità vengano considerate negli accordi commerciali di libero scambio e, in particolare, nell’ambito del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, alla ricerca di un punto di equilibrio tra libera circolazione e protezione dei patrimoni nazionali.

Si esaminano, quindi, i momenti di frizione tra esperienze giuridiche differenti, con specifico riferimento al riconoscimento dei limiti posti alla circolazione transfrontaliera e agli acquisti iure publico straniero.

Infine, si guarderà alla individuazione della giurisdizione dell’azione di restituzione, in quanto essa costituisce uno dei profili in grado più di ogni altro di

mostrare la diversità di esigenze che il mercato dell’arte comporta e i problemi che possono derivare dalla tradizionale distinzione tra beni mobili e immobili esaminata nel capitolo precedente.