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Il presente lavoro di tesi si è posto l’obiettivo di studiare il fenomeno “prima crisi convulsiva non febbrile” in età evolutiva. Tale disturbo è presente nei bambini, soprattutto nei primissimi anni di vita, ma è ben rappresentato anche negli anni dell’infanzia più tarda e dell’adolescenza. Il tasso di incidenza della prima crisi convulsiva non febbrile nei bambini è compreso tra 89 e 134 su 100.000 per anno12, mentre l’incidenza dell’epilessia è approssimativamente di 41 su 100.000 per anno13

. L’incidenza dell’epilessia varia notevolmente con l’età, con tassi elevati nella prima infanzia e un secondo picco nella popolazione anziana sopra i 65 anni. La prevalenza puntuale dell’epilessia è di circa l’1% sia nei Paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo61. L’epilessia è il disordine neurologico grave più comune e, sebbene nella maggior parte dei pazienti l’epilessia possa essere controllata dalla terapia farmacologica, i soggetti affetti presentano un tasso di mortalità 2-3 volte più elevato rispetto al numero atteso di morti nella popolazione generale62.

Nonostante la frequenza e la rilevanza clinica del fenomeno “prima crisi convulsiva non febbrile” nell’ambito della patologia neurologica pediatrica, pochi sono gli studi al riguardo presenti in letteratura.

Nel presente lavoro di tesi è stato condotto uno studio retrospettivo su un totale di 98 pazienti che hanno avuto accesso al pronto soccorso pediatrico a causa di una prima manifestazione critica convulsiva insorta in assenza di febbre. Si è cercato di studiare, nel dettaglio, la clinica e il contesto d’insorgenza della prima manifestazione convulsiva afebbrile e la diagnosi che ha fatto seguito a ciascun evento, al termine del percorso di inquadramento diagnostico clinico, EEG e neuroradiologico e di un dato periodo di follow up.

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Una prima manifestazione convulsiva afebbrile può essere un evento isolato che insorge durante la crescita di un bambino e che può riconoscere svariate cause sottostanti oppure può rappresentare la manifestazione di esordio di una forma di epilessia.

Si stima che una percentuale di bambini compresa tra il 4 e il 10 % abbia almeno una crisi nel corso dei primi 16 anni di vita4. Il rischio di ricorrenza dopo una prima crisi convulsiva non febbrile non provocata ammonta al 26 % dopo 12 mesi e al 36% dopo 36 mesi59.

Dal presente studio è emersa una prevalenza del fenomeno prima crisi convulsiva afebbrile nel sesso maschile, rispetto al sesso femminile.

L’età media di insorgenza di tale disturbo è risultata di 6,64 ± 5,02 anni e il maggior numero di crisi si è avuto nel gruppo dei bambini in età prescolare, con età compresa fra 1 e 6 anni.

La durata media della crisi, calcolata sul totale dei pazienti è stata di 5,35 minuti.

Le tipologie di crisi maggiormente rappresentate fra i pazienti dello studio sono la crisi parziale con secondaria generalizzazione e la crisi tonico-clonica generalizzata.

Al termine dell’inquadramento diagnostico e del periodo di follow up, sul totale dei 98 pazienti, 27 episodi sono rimasti crisi isolate (10 provocate e 17 non provocate), mentre i restanti 71 episodi di prima crisi convulsiva non febbrile, sono stati inquadrati come prima manifestazione di esordio di una forma di epilessia.

Dallo studio è emersa una prevalenza delle epilessie idiopatiche (40,82%), sulle epilessie sintomatiche (21,43%) e criptogenetiche (7,14%). Una minoranza dei casi è rappresentata da Epilessie riflesse e Sindrome di Dravet (3,03%).

Nei bambini tra 1 mese e 1 anno di età sono prevalenti, come frequenza, le epilessie sintomatiche, mentre nelle altre fasce, comprendendo anche gli adolescenti fino a 18 anni, sono maggiormente rappresentate le epilessie idiopatiche.

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I fattori di rischio considerati nel presente studio sono stati: - età gestazionale;

- nascita con parto espletato tramite taglio cesareo; - presenza di sofferenza pre-perinatale;

- familiarità per convulsioni febbrili o epilessia; - presenza di pregresse convulsioni febbrili; - presenza di ritardo dello sviluppo psicomotorio.

Per tutti i suddetti fattori di rischio non è emersa significatività statistica, considerando, tuttavia, anche i limiti dell’elaborazione condotta sulla base della casistica raccolta e della suddivisione categoriale effettuata. Solo nelle crisi isolate è emersa una significatività statistica nella differenza fra le medie dell’età gestazionale dei pazienti con crisi provocata e dei pazienti con crisi non provocata.

Dall’analisi dei dati è emerso, tuttavia, che:

- nei pazienti con familiarità positiva per convulsioni febbrili o epilessia è più frequente la diagnosi di epilessia idiopatica e per quanto riguarda le crisi isolate, sono più rappresentate le crisi isolate non provocate;

- fra i pazienti che hanno avuto sofferenza pre-perinatale, il numero maggiore di soggetti ha avuto una diagnosi di epilessia sintomatica e criptogenetica;

- fra i soggetti con pregresse convulsioni febbrili in anamnesi, è più frequente la diagnosi di epilessia idiopatica;

- fra i soggetti con ritardo dello sviluppo psicomotorio, prevalgono le diagnosi di epilessia sintomatica.

Nella casistica oggetto di studio, viene rispettato il trend di distribuzione età-correlato specifico delle varie forme di epilessie idiopatiche o altre sindromi epilettiche come ad

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esempio la sindrome di West o la sindrome di Dravet, riscontrate unicamente nei bambini con meno di 1 anno d’età.

Come risulta anche dalla letteratura al riguardo52, la diagnosi di Epilessia Rolandica è quella più frequente, anche nella casistica oggetto di questo studio.

La fascia d’età maggiormente rappresentata, nel presente lavoro, è quella fra 1 e 6 anni, che comprende 47 pazienti. In tale gruppo, sono prevalenti la diagnosi di epilessia idiopatica (21,43%) e la diagnosi di crisi isolata non provocata (9,18%), crisi che tipicamente si manifesta, con maggiore facilità, sotto i 3 anni di età, a causa di una più bassa soglia neuronale di attivazione e di scarica.

Nell’ambito delle epilessie sintomatiche (prevalenti e ugualmente rappresentate nelle fasce fra 1 e 6 anni e fra 6 e 12 anni, con una percentuale del 7,14%), l’eziopatogenesi prevalente è rappresentata dalle displasie corticali per le forme parziali; mentre le forme generalizzate si inseriscono nel contesto di anomalie sistemiche genetiche- cromosomiche o di sindromi dismorfogenetiche.

Da quanto esposto nel presente lavoro di tesi, emerge come il fenomeno prima crisi convulsiva non febbrile, possa essere espressione di una serie di condizioni cliniche neurologiche, alcune a prognosi più favorevole, altre meno. Occorre un approccio accurato e attento da parte dei medici di pronto soccorso, al momento dell’accesso del paziente, a causa dei rischi potenziali di tale situazione d’emergenza.

Anche durante l’inquadramento diagnostico del paziente e nel successivo periodo di follow-up, bisognerebbe sempre sottolineare anche ai genitori l’importanza di eseguire un attento monitoraggio clinico ed elettroencefalografico dei piccoli pazienti poiché una diagnosi errata o mancata di epilessia può determinare una serie di ripercussioni psicologiche e cognitive53.

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Nella maggioranza dei casi di “prima crisi convulsiva non febbrile”, è noto che non è indicato l’utilizzo immediato di farmaci antiepilettici, se non ancora inquadrata correttamente con un adeguato follow-up clinico, EEG e con l’ausilio di tecniche neuroradiologiche.

Qualora sia indicato il trattamento antiepilettico, è necessario adottare la terapia più opportuna per il paziente con l’obiettivo di controllare la fenomenologia critica che, non raramente, può associarsi a ripercussioni importanti.

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