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Nel presente lavoro di tesi, è stato effettuato uno studio retrospettivo degli accessi al pronto soccorso pediatrico dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Pisa nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2008 e il 31 dicembre 2013, per un totale di sei anni. Sono stati considerati tutti gli ingressi al pronto soccorso pediatrico per prima crisi convulsiva non febbrile, di pazienti in età evolutiva, bambini e adolescenti, di età compresa fra 1 mese di vita e 18 anni. Non è stata prevista la raccolta delle prime crisi convulsive afebbrili verificatesi nei neonati fino a 1 mese di vita, in quanto tali casi afferiscono primariamente al dipartimento di Neonatologia. Sono stati esclusi, inoltre, dalla raccolta, tutti i casi di ingresso per convulsione febbrile e tutti quelli in cui la manifestazione convulsiva non rappresentasse, per il paziente, il primo episodio clinico (ad esempio bambini con precedente diagnosi di epilessia e ingresso al pronto soccorso per ricorrenza di crisi, nonostante la terapia antiepilettica).

La raccolta dei dati ha previsto la consultazione del referto stilato dal medico di pronto soccorso al momento dell’accesso, durante la valutazione in urgenza del paziente: monitoraggio dei parametri vitali, condizioni cliniche, esami ematochimici, EEG ed eventuali TC o RMN encefalo eseguite in urgenza. Una prima crisi convulsiva, specialmente se afebbrile, è una condizione clinica che richiede particolare attenzione da parte dei medici, non solo per quanto riguarda il primo approccio in urgenza, ma anche per la necessità di un successivo corretto inquadramento. Per tutti i casi studiati, dopo l’accesso in pronto soccorso è stato disposto il ricovero del paziente presso la Clinica Pediatrica dell’Azienda Ospedaliera. Ai fini del lavoro è stato possibile studiare, quindi, anche la cartella clinica compilata nel corso dell’osservazione in regime di ricovero. Da tale documento sono state ricavate notizie riguardanti l’anamnesi familiare

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e l’anamnesi personale fisiologica e patologica, remota e prossima, del paziente e sono stati studiati tutti gli accertamenti diagnostici, strumentali e non, eseguiti durante i giorni di osservazione. In seguito alla dimissione, la maggior parte dei bambini inclusi nello studio è stata, poi, seguita nei mesi e anche negli anni successivi, presso l’ambulatorio di Neuropediatria della Clinica Pediatrica. Pertanto, sono state consultate anche le cartelle ambulatoriali dei singoli pazienti, al fine di studiarne il follow up successivo al periodo del ricovero e poter rilevare l’eventuale ricorrenza di crisi e gli ulteriori accertamenti diagnostici disposti in elezione.

Alcuni pazienti non hanno seguito, dopo la dimissione dalla Clinica, il percorso ambulatoriale; per tali pazienti il periodo di follow up era pari a zero e si è resa obbligatoriamente necessaria la loro esclusione dalla casistica. In assenza di follow up, infatti, è stato impossibile inquadrare correttamente questi episodi da un punto di vista diagnostico, come crisi isolate oppure come primi episodi di una possibile forma di epilessia.

In base alla data di manifestazione dell’episodio convulsivo, i pazienti inseriti nella casistica hanno un periodo di follow up progressivamente crescente, a partire dai pazienti che hanno presentato l’episodio nei vari mesi dell’anno 2013, fino ai pazienti in cui il primo episodio risale all’anno 2008. Ai fini dello studio sono stati inclusi, quindi, quei pazienti seguiti ambulatorialmente, per i quali fosse disponibile un periodo di follow up minimo di sei mesi. Per i pazienti che hanno avuto la prima manifestazione convulsiva negli anni 2008, 2009 e 2010 è stato, invece, stabilito un periodo massimo di 36 mesi per lo studio del follow up.

Dall’analisi di tutti i documenti suddetti, sono state ricavate, per ogni paziente, le seguenti informazioni:

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- morfologia, durata e momento di insorgenza della crisi convulsiva; - eventuali sintomi associati ed eventuali fattori precipitanti la crisi;

- esame neurologico al momento dell’ingresso al pronto soccorso e stato post- critico;

- eventuali recidive a breve, nell’arco delle successive 24-48 ore;

- eventuali diagnosi pregresse e presenza di segni clinici di sindromi neurocutanee o genetiche;

- presenza di familiarità per convulsioni febbrili o epilessia; - pregresse convulsioni febbrili;

- presenza di fattori di rischio pre-perinatali: a) le settimane di età gestazionale;

b) la modalità di espletamento del parto, se eutocico o distocico;

c) l’eventuale asfissia pre-perinatale, con rianimazione o ventilazione meccanica alla nascita;

- eventuali traumi, avvelenamenti o infezioni pregressi o recenti;

- eventuale ritardo nell’acquisizione delle principali tappe dello sviluppo psicomotorio o presenza di disturbi del comportamento;

- indagini diagnostiche effettuate: esami ematochimici (leucociti, sodiemia, potassiemia, calcemia, cloremia, PCR, glicemia), EEG, TC o RMN encefalo (eseguiti in urgenza o successivamente in elezione), prove neurometaboliche, ricerca degli indici di infettività e di eventuali antigeni virali, screening per la celiachia, analisi del liquido cefalorachidiano;

- sviluppo di eventuali sequele neurologiche successive all’episodio critico convulsivo;

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- diagnosi dell’evento, stabilita, oltre che sulla base della manifestazione clinica della crisi, anche sulla base degli accertamenti eseguiti successivamente nel corso del follow up.

La raccolta anamnestica ha permesso di indagare, oltre alle caratteristiche cliniche della manifestazione convulsiva, tutti i possibili fattori scatenanti o di rischio, mentre gli accertamenti eseguiti, strumentali e non, hanno permesso di inquadrare l’episodio dal punto di vista diagnostico.

Le crisi convulsive inquadrate come crisi isolate, in quanto prive di ricorrenza nel corso del periodo di follow up considerato, sono state distinte tra crisi provocate e crisi non provocate, sulla base di quanto esposto nella recente “Definizione pratica di epilessia”, proposta dalla ILAE nel 201435.

Per la definizione della morfologia della crisi convulsiva è stata seguita la classificazione proposta da Engel nel 200118, mentre per la classificazione delle epilessie e sindromi epilettiche, si è fatto ricorso, oltre alla classificazione proposta da Engel18, alla classificazione eziologica delle epilessie proposta da Shorvon nel 201130. I risultati degli esami ematochimici sono stati invece confrontati con i valori di riferimento internazionali, distinti per le diverse fasce di età54.

Tutte le notizie e i dati raccolti per ciascun paziente sono stati necessari per l’inquadramento diagnostico di ogni singolo caso.

Al termine della raccolta, i dati sono stati esposti in parte in maniera descrittiva e in parte tramite la presentazione dei risultati dell’elaborazione statistica effettuata. L’elaborazione statistica è stata condotta mediante il programma SPSS Statistics v.21 della IBM. Per il confronto di gruppi di variabili categoriali sono stati usati il test del chi quadrato (χ2

) o il test esatto di Fisher, quando appropriati. Nel caso di variabili quantitative sono stati, invece, eseguiti i seguenti test: test t di Student per campioni

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indipendenti, quando il numero dei gruppi a confronto era pari a due; l’analisi della varianza, seguita dal test post-hoc di Bonferroni, se il numero dei gruppi a confronto era maggiore di due. Sono stati considerati significativi valori di p<0,05.

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