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Ma quale ruolo possono oggi svolgere i CF nella tutela e promozione della salute delle nuove generazioni? Per rispondere a questa domanda è necessario rivolgere lo sguardo all’esposizione degli adolescenti e dei giovani adulti alle conseguenze sociali e psicologiche della pandemia COVID-19 che sta emergendo in modo drammatico e chiama urgentemente in causa l’organizzazione dei sistemi sanitari, sociali ed educativi. Le rilevazioni degli accessi ai servizi per disturbi del sonno, comportamenti alimentari, ansia e depressione e disturbi dell’umore, atti di autolesionismo e tendenze suicidarie restituiscono uno scenario post pandemia che non si può sottovalutare (31). L’impatto negativo sul benessere scolastico e sugli apprendimenti derivanti dalla prolungata chiusura delle scuole per l’emergenza sanitaria e dalla necessità di sopperire con forme di didattica a distanza che hanno tra l’altro comportato un radicale cambiamento nelle forme abituali di relazione e interazione tra docenti e studenti e tra pari (32, 33), oltre a costituire un problema sociale ed economico, potrebbe incidere sulle traiettorie di salute e malattia delle

persone di questa generazione a seguito anche di una loro potenziale minore health literacy, competenza essenziale per utilizzare in modo appropriato i servizi e tutelare la propria salute (34).

Per queste ragioni, non si possono leggere i risultati emersi dall’indagine sui CF senza proiettarli sul panorama di salute che questa pandemia ha disvelato e che, al di là di alcuni tratti fortemente legati alle condizioni straordinarie di questo biennio 2020-2021, chiama in causa anche fattori e processi che sembrano in campo da ben più lungo tempo (35). Il post pandemia, per rispondere in modo adeguato ai bisogni delle nuove generazioni, dovrà dunque innanzitutto preoccuparsi di accompagnarle nel processo di crescita e di riconoscere e accogliere il disagio, supportando attraverso un approccio complessivo ed evitando di “saldare il sintomo alla persona”, riconoscendo e valorizzando, reindirizzandole, le risorse insite nei gruppi di adolescenti e dei giovani adulti, facilitando il tema della cooperazione, della solidarietà, del mutuo appoggio, della

“opposizione” ecologica per la cura del territorio e del mondo (36). Territorio inteso quale insieme delle relazioni interumane nei processi di prendersi cura, quale luogo delle pratiche della salute, verso la valorizzazione della “varietà delle normalità” in cui esprimere i progetti di vita per dispiegare pienamente l’accesso e lo sviluppo delle capabilities (37, 38).

A riguardo l’ultimo Piano sull’Adolescenza (13), in continuità con i precedenti, in merito a ciò ha ribadito il ruolo dei CF per garantire la prevenzione del disagio e la promozione del benessere integrale dei soggetti in età evolutiva con un approccio di messa in rete dei servizi e di programmazione di interventi; sottolineando anche l’urgenza di riorganizzare i servizi intorno al nucleo centrale delle comunità territoriali, capaci di autonomia, responsabilità, forza rigenerativa e di investire nel capitale umano e sociale che esse producono. Nel medesimo documento viene inoltre evidenziata la possibilità di accesso diretto dei minori ai servizi a tutela della salute e del benessere, rinforzando una visione dell’adolescente come competente ad esprimere un bisogno di salute e portatore del diritto a che la propria richiesta riceva accoglienza. Centrale in questa visione è il concetto di empowerment quale processo dell’azione sociale attraverso il quale le persone, le organizzazioni e le comunità sviluppano competenza sulle proprie vite, al fine di cambiare il proprio ambiente per migliorare l’equità e la qualità di vita (39, 40).

Alla luce di questa visione generale e dei risultati dell’Indagine, al fine di facilitare l’accesso ai CF da parte di questa fascia di popolazione appare indispensabile puntare alla riduzione delle differenze per area geografica nel numero di CF garantendo una maggiore disponibilità di spazi giovani e ideando strategie innovative per promuovere la loro conoscenza tra gli adolescenti e i giovani adulti. In questo potenziamento dei CF è auspicabile “un ritorno alle origini”

promuovendo le attività/programmi rivolti agli adolescenti e ai giovani nell’ambito di modelli organizzativi che legano le “funzioni” consultoriali alle strutture sanitarie di base (a partire dai Medici di Medicina Generale e i Pediatri di Libera Scelta), ai servizi sociali e educativi con un approccio orientato all’integrazione e al migliore coordinamento a livello aziendale/ distrettuale.

Il CF potrebbe quindi essere inteso in questa prospettiva come centro di regia degli interventi e dei servizi che nella loro riorganizzazione recuperi una piena integrazione delle dimensioni sociosanitaria, in quell’ottica dei servizi youth friendly (41) promossa dall’OMS che oltre ad una maggiore accessibilità e prossimità, rinnovi una comunicazione efficace per raggiungere le nuove generazioni ripensando anche i contesti di fruizione.

Nella valorizzazione del ruolo che i CF possono avere nella promozione della salute nelle scuole, se da una parte sembra necessaria una maggiore offerta di programmi d’intervento rivolti agli insegnanti, ai genitori e agli studenti, dall’altra è fondamentale che ciò avvenga adottando un approccio multisettoriale, integrandosi con gli altri servizi territoriali di prevenzione, assistenza e cura e con il terzo settore, e armonizzando le attività con i progetti di promozione della salute già presenti nelle scuole e nei Piani dell’Offerta Formativa (12). In questo ripensamento sarà necessario inoltre rileggere in prospettiva ecologica e post-sistemica le Life Skills promosse negli ultimi 30 anni dall’OMS ponendole al centro del patto «educativo», ridimensionandone l’ottica

socio-cognitiva individualista, enfatizzando i principi di cittadinanza critica e di consapevolezza ecologica; valorizzando le istanze sociali, di agency e di partecipazione alla vita e alla realtà politica dei territori e rinsaldando le prospettive di coesione sociale e di pari opportunità e

“fratellanza” (42-44). Infatti la proposta di una life skills education sembra possedere i requisiti per collocarsi in modo appropriato in questo spazio riflessivo, di attenzione al soggetto e ai suoi compiti di sviluppo. Le life skills quali aree di esplorazione delle relazioni complesse tra una personalità in crescita e i compiti evolutivi che impegnano i soggetti nel corso dello sviluppo prendendo consapevolezza delle intersezioni tra life skills e learning skills in prossimità dei touchpoint critici del proprio sviluppo (44).

Parallelamente è auspicabile un rafforzamento del lavoro di équipe multiprofessionale e un’attenta valutazione dei bisogni formativi dei professionisti, le cui competenze risultano carenti in alcune aree, come emerge anche dalla lettura critica dei dati dell’Indagine e che andrebbero rinforzate e aggiornati i percorsi di studio. La formazione degli operatori dovrebbe tener conto anche della attuale complessità dei contesti di vita degli adolescenti e dei giovani e delle indicazioni circa l’efficacia, l’accessibilità e la capacità di engagement di programmi e servizi youth friendly (45). Fra i contesti di vita degli adolescenti e dei giovani adulti in cui è potenzialmente possibile incontrarli, occorre annoverare anche gli ambienti sociali digitali (social network), nei quali vivono le relazioni con i pari (46), e che inoltre rappresentano un canale informativo sui temi della gestione della propria salute, in particolare per ciò che concerne l’affettività e la sessualità (22) oltre a fornire modelli di comportamento e stili di vita. È quindi importante cogliere anche le opportunità di osservazione, incontro, dialogo e coinvolgimento che il web 2.0 ci offre (47, 48). A questo riguardo in alcuni contesti territoriali, anche italiani, sono nate sperimentazioni per avvicinare i servizi ai giovani e per favorirne il coinvolgimento utilizzando forme di comunicazione, linguaggi e strumenti innovativi (es. attraverso blog, siti tematici sulla salute sessuale e riproduttiva, portali dedicati, applicazioni per smartphone, sportelli di ascolto online, in alcuni casi gestiti dagli stessi giovani con il supporto dei servizi, ecc.) che hanno riportato sviluppi promettenti, ma sulle quali non ci sono ancora evidenze robuste relativamente all’efficacia come strumenti di promozione della salute (49) .

Alla luce di queste considerazioni, nel ripensamento del ruolo dei CF a servizio degli adolescenti e dei giovani è necessario che venga fortemente sostenuto l’approccio partecipativo – identitario dei CF – in grado di intercettare le istanze e i bisogni degli adolescenti e dei giovani, attento ai contesti e alle culture locali, intrecciato e sensibile alla varietà delle risorse di salute nel territorio, in grado di sostenere l’autonomia dei progetti “di vita e salute” delle persone e delle comunità. In questa direzione appare centrale quindi, come raccomandato anche a livello internazionale (41), il coinvolgimento attivo degli adolescenti e dei giovani nelle azioni di programmazione, monitoraggio e nel fornire feedback sui servizi sanitari a loro rivolti.

Le azioni di promozione dell’empowerment tanto auspicate non devono e non possono essere calate dall’alto (40), ma partire da un’attenta analisi del contesto, dei vincoli e delle risorse disponibili ed essere costruite insieme alle persone e alle comunità a cui sono rivolte, attraverso una partecipazione attiva e consapevole, tramite la costituzione di spazi di elaborazione sociale, di lettura dei bisogni che potrebbero configurare veri e propri patti educativi nel territorio esercitando una responsabilità in una “rete”, che non può che vedere il consultorio come “nodo tra i nodi”, dotata di potere, responsabilità (accountability) e risorse che la rendano un soggetto credibile e con autonoma capacità di implementazione.

In conclusione in questo “nuovo mondo” che la recente pandemia ha ridisegnato e restituito, appare oggi necessario ribadire una visione della salute fortemente orientata a promuovere le risorse di sviluppo a livello individuale, familiare, di comunità e non solo a prevenire la malattia o “tutelare” la salute. Occorre dimostrarsi capaci di mettersi in ascolto, osservare e accogliere gli adolescenti e i giovani adulti, promuovendo la liberazione delle energie creative, individuali e

collettive, dello sviluppo per la costruzione condivisa di nuove norme e valori. Una sfida ma anche un’eccezionale opportunità da cogliere riconoscendo negli adolescenti e nei giovani un capitale umano per rinnovare la società promuovendo le istanze dell’agire collettivo, della socializzazione delle opportunità, della promozione delle potenzialità trasformative “divergenti”

e della creatività sociale proprie di questa età della vita. Nella programmazione futura dell’organizzazione dei servizi territoriali, i CF possono quindi rappresentare il crocevia per l’incontro tra le varietà delle titolarità sanitarie, sociali, educative formali e informali entro un approccio centrato sullo sviluppo di comunità e sul self-empowerment.

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