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Le opere di Augusta Webster ed Amy Levy dimostrano l'attrazione per la figura di Medea nella generazione delle scrittrici della seconda metà dell'Ottocento, a cui la conquista del sofferto diritto all'educazione consentì l'accesso alla cultura classica e la cui scrittura ruppe successivamente la divisione tra il sapere delle classi superiori e la cultura popolare. I loro lavori mostrano come le scrittrici, nella seconda parte del secolo, si siano confrontate con la potente figura di Medea per articolare le proprie esperienze in un momento cruciale della storia femminile. I cambiamenti sociali stavano garantendo alle donne maggiori opportunità per la propria indipendenza e autodeterminazione, ma stavano anche provocando in loro una profonda frustrazione nei confronti delle istituzioni che ancora limitavano le loro menti e le loro vite112.

Leggendo insieme queste due opere si comprende come esse si integrino e si completino intorno alla figura di Medea per aiutare i lettori e le lettrici ad affrontare temi che sono ancora di stretta attualità e che richiedono un coinvolgimento sempre più esteso.

Webster e Levy furono attive durante un periodo di eventi decisivi come il primo Married Property Act (1870) e l'apertura di collegi femminili a Cambridge ed Oxford. Le versioni di Medea di Webster e Levy costituiscono un allargamento delle vedute sulla soggettività e sull'evoluzione sociale delle donne, ma vogliono essere anche una reazione alla moda letteraria e teatrale del sensazionalismo sul comportamento femminile. Questa moda, pur essendo giustificata dalla drammaticità delle ingiustizie patite dalle donne, rischiava di rinchiudere tutte coloro che si affacciavano alla modernità nello stereotipo di un comportamento aberrante, oscurando le molteplici sfaccettature delle istanze femminili e femministe113.

112 Cfr. Fiske 2008: 49. 113 Cfr. Fiske 2008: 50.

Nelle loro opere le autrici, invece, “recitano” ruoli e “coltivano” identità che si conformano o divergono dalle aspettative culturali, per riflettere su quelle che erano le rappresentazioni di genere in teatri pubblici e privati, immaginando però nuovi palcoscenici. Per le scrittrici, quindi, i closet dramas, e i monologhi drammatici che questi comprendevano, divennero uno strumento, anche se meno appariscente, per sfidare i confini imposti dai ruoli di genere tradizionali, sperimentando le alternative anche al di là della moralità convenzionale. Un tale spazio di prova divenne ancora più necessario alla fine del secolo XIX, quando nuovi ruoli sociali divennero disponibili per le donne e i contesti di cambiamento culturale richiesero una ridiscussione della soggettività femminile114.

In questo contesto, risultava fondamentale, per Levy e Webster, rivalutare la libertà e la profondità del sentimento amoroso delle donne.

Nell'opera di Webster, Medea, che è venuta a sapere della morte di Giasone, si lascia sfuggire di aver pensato, in passato, che a quella notizia lo avrebbe conteso alla morte, dimenticando Glauce (vv. 29-31):

I sometimes feared Should this day make me, not remembering Glaucé, Grudge him to Death as though he had died mine.

All'inizio della tragedia, la Medea di Levy sente pronunciare il nome di Giasone da Nicia ed Egeo e subito si preoccupa (vv. 46-50):

I know not why, whene’er his name is spoke, Once name of joy and ever name of love, I wax white and do tremble; sudden seized With shadowy apprehension. May’t forbode No evil unto him I hold so dear;

Entrambe, poi, convergono nell'espressione del sentimento amoroso della donna contrapposto a quello dell'uomo:

Webster vv. 220-221

And if, with the poor womanish heart that for the loving's sake will still love on,

Levy vv. 52-58

For this indeed is woman’s chiefest curse, That still her constant heart clings to its love Through all time and all chances ; while the man Is caught with newness; coldly calculates, And measures pain and pleasure, loss and gain; And ever grows to look with the world’s eye Upon a woman, tho’ his, body and soul.

Come ha osservato V. Di Benedetto, “[...] la modernità di Medea deriva dall'esasperazione della dimensione del soggettivo, che si pone come la più effettiva realtà, come il campo dove si realizzano gli scontri decisivi […] è il confronto con se stessa quello decisivo: ed è un confronto che il personaggio stesso rivela a se stesso e agli spettatori, con una capacità di autoriflessione dei propri contrasti interiori che in questa misura era sconosciuta alla letteratura greca.”115

Sia Webster che Levy hanno saputo cogliere e sviluppare la novità teatrale di Euripide e la forma del closet drama è risultata essere lo strumento più adeguato a loro disposizione.

Con le opere di Augusta Webster ed Amy Levy sembra avverarsi l'auspicio formulato da Euripide stesso attraverso il Coro della sua Medea:

Invero la fama muterà la mia vita, sì che buona risonanza essa abbia. Onore giunge ormai alla stirpe delle donne.

Non più fama di suono infausto peserà sulle donne.

E le Muse dei vati antichi cesseranno di cantare la mia perfidia.

Non infatti al nostro spirito il canto divino della lira concesse Febo, guida di melodie: giacché a mia volta avrei fatto risuonare un inno contro la razza maschile.

Il lungo volgere del tempo ha molte cose da dire sulla sorte nostra e degli uomini. (Euripide, Medea, I Stasimo, vv. 415-431)

Certamente Euripide era conscio della novità del proprio messaggio sociale e politico, ma probabilmente non si aspettava che sarebbero trascorsi più di duemila anni prima che, in Inghilterra, alcune donne raccogliessero finalmente il suo testimone. Il suo auspicio era probabilmente suffragato dalla conoscenza dell'opera di Saffo, i cui materiali poetici gli consentirono di esaltare la vis drammaturgica del personaggio di Medea.

Euripide cita uno dei passaggi più conosciuti di Saffo, proprio durante il primo incontro sulla scena tra Medea e Giasone:

Sei venuto. Hai fatto bene a venire. Hai dato refrigerio al mio cuore che bruciava di desiderio. (Saffo, Fr. 48 in Sappho et Alcaeus, Fragmenta, ed. E.M. Voigt, Amsterdam 1971)

Al pubblico più attento delle Dionisie non sarà sfuggito il voluto stravolgimento perpetrato dal drammaturgo per sottolineare, da una parte, la profonda disillusione di Medea e, dall'altra, il vile tradimento di Giasone:

sei venuto da me, sei venuto, odiosissimo agli dei, a me e a tutto il genere umano [...]

Ma hai fatto bene a venire: sarà un sollievo, un respiro di leggerezza per l'anima mia oltraggiarti insultandoti,(Euripide, Medea vv. 467-474)

Evidenziando la marginalità di Medea, le due autrici rappresentano, pur con coinvolgimento diverso, la propria posizione nei confronti della visione imperante nei riguardi delle relazioni di genere e di razza nella società del loro tempo.

Il lavoro di Levy è più vicino alla tradizione teatrale classica, mentre quello di Webster è decisamente moderno nella capacità di creare contesti drammaturgici nuovi, che danno agio espressivo alla psiche femminile.

Come sostiene anche S. Fiske, il lavoro di Webster esplora l'inafferrabilità della libertà della donna, nonostante i progressi nelle possibilità di educazione e lavoro, mentre Levy, nella descrizione dell'ostracismo sociale di Medea, riafferma il valore dell'individualità e della differenza razziale116. S. Fiske

condivide l'opinione di L. H. Beckman, secondo la quale Levy utilizza il personaggio di Medea non solo per denunciare il proprio ostracismo sociale, ma anche per esprimere la sua rabbia per quegli atteggiamenti della comunità letteraria del suo tempo che sentiva come un indiretto rifiuto del valore dei suoi contributi117.

Webster apparteneva ad una famiglia agiata, era sposata con uno stimato professore di Cambridge e ricopriva ruoli formali nell'ambito dell'educazione pubblica. Si sentiva parte integrante della società del suo tempo, per il cui progresso, meritoriamente e con grande coraggio, si batté.

La grande intelligenza e sensibilità di Levy trovarono, invece, un importante limite nella difficoltà di condividere il senso di appartenenza alla sua comunità religiosa e razziale e alla società in cui si era formata.

La Medea di Webster si rivolge alle donne per aiutarle a riflettere sulle proprie esperienze, anche negative, e dare loro la forza di rivendicare i propri diritti. La sua protagonista si è conquistata la libertà di stabilire un nuovo legame coniugale. La posizione di regina di Atene, che pur non sembra entusiasmarla, le

116 Cfr. Fiske 2008: 49. 117 Cfr. Fiske 2008: 61.

consente comunque di riconsiderare la precedente esperienza negativa con Giasone, di superarla e di riconquistare un proprio ruolo nella società. La Medea di Levy si rivolge a tutti, ponendo sotto gli occhi di ognuno le conseguenze che possono derivare dal non riconoscere ad ogni essere umano i propri diritti. La sua Medea ci mette di fronte all'irrompere nella società della negatività e dell'irrazionale quando viene negata ad un suo membro la piena partecipazione ad essa. La sua è un'opera sulle ingiustizie imposte alle donne e all'umanità discriminata. Il tema centrale è la giustizia morale e sociale, piuttosto che la riforma politica118, sebbene una riforma di costumi venga comunque

implicitamente richiesta: abusare dei diritti dei nostri simili è, in prospettiva, deleterio per ogni comunità civile, che si priva così di importanti contributi culturali e lascia diffondere al suo interno i veleni sociali del razzismo e dell'indifferenza. Levy sembra concordare con Seneca sul fatto che l'irrazionalità dell'uomo apra le porte al Male, sebbene nella sua opera non sia Medea ad agire contro ragione, bensì la città di Corinto e Giasone.

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